ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 28, comma 2,
 della legge 31 maggio 1990, n. 128 (Proroga di  termini  previsti  da
 disposizioni legislative), promossi con cinque ordinanze emesse il 14
 dicembre  1994  dal TAR della Puglia, rispettivamente iscritte ai nn.
 375, 376, 377, 378 e 379 del registro  ordinanze  1995  e  pubblicate
 nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n.
 26 dell'anno 1995;
   Visti gli atti di costituzione di Giovanni Gianciotta, Luigi  Como,
 Francesco Paolo Addario, Francesco Lagreca ed altro;
   Visto  l'atto di intervento di Giuseppe Leone ed altri, nonche' gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il giudice  relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  gli  avv.ti  Pasquale  Medina e Franco G. Scoca per Giovanni
 Gianciotta e per Giuseppe Leone ed altri; Alberto Bagnoli e Franco G.
 Scoca per Luigi Como, Francesco Paolo Addario, Francesco  Lagreca  ed
 altro,  nonche'  l'avvocato  dello  Stato  Adolfo  Mutarelli  per  il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           RITENUTO IN FATTO
   1. - Con cinque ordinanze di analogo contenuto, tutte emesse il  14
 dicembre  1994  (r.o.  nn.  375,  376,  377,  378 e 379 del 1995), il
 tribunale amministrativo regionale  della  Puglia  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt. 3, 97 e 113 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma  2,  della  legge  31
 maggio  1990,  n.  128  (Proroga  di termini previsti da disposizioni
 legislative), "nella parte in cui  dispone  che  fino  alla  data  di
 entrata  in vigore dei provvedimenti del Governo sono fatti salvi gli
 inquadramenti stabiliti nei ruoli nominativi  regionali  approvati  e
 resi  esecutivi  ai sensi della legislazione vigente alla data del 31
 dicembre 1987".
   Il giudice rimettente - premesso che i giudizi a quibus  riguardano
 la  legittimita' del provvedimento (n. 6903 del 1992) con il quale la
 regione Puglia ha annullato d'ufficio una propria precedente delibera
 (n. 8516 del 1984) e gli altri atti connessi, che avevano  consentito
 inquadramenti  del  personale  piu' favorevoli di quelli spettanti in
 applicazione dell'art. 64 del d.P.R. n. 761 del 1979 -  ritiene  che,
 alla luce della "clausola di moratoria o di salvaguardia disposta dal
 legislatore  nel  1990",  "gli  inquadramenti contestati non potevano
 essere rimossi".
   Tuttavia - osserva l'ordinanza -  la  disposta  salvaguardia  degli
 inquadramenti  in  questione, essendo collegata ad un evento futuro e
 incerto, consegnerebbe alla  volonta'  meramente  potestativa  di  un
 organo  amministrativo  (Governo)  la  permanenza nell'ordinamento di
 inquadramenti quanto meno sospetti  di  illegittimita',  sottraendoli
 non  solo  ai poteri di autotutela delle amministrazioni interessate,
 ma anche all'accertamento stesso del giudice.
   Secondo il rimettente sarebbe violato:
     1) l'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo  del  principio
 del buon andamento, in quanto si impedirebbe all'amministrazione "non
 solo  di  predisporre  una definitiva distribuzione del personale per
 una migliore soddisfazione delle esigenze  di  lavoro,  ma  anche  di
 utilizzare  il  personale in relazione alle qualifiche effettivamente
 spettanti",   considerato   che  con  gli  inquadramenti  oggetto  di
 contestazioni  agli  interessati   risultano   attribuite   posizioni
 funzionali   superiori  a  quelle  spettanti  in  base  alla  stretta
 interpretazione dell'art.  64 del d.P.R. n. 761 del 1979, in difetto,
 cioe', di quei requisiti dai quali deriva beneficio sia per  l'utenza
 che per la stessa amministrazione;
     2)  lo  stesso  art.  97  della  Costituzione  sotto  il  profilo
 dell'imparzialita' dell'azione amministrativa in  quanto  -  oltre  a
 risultare  fortemente minato il principio della certezza dei rapporti
 giuridici dalla mancanza per il Governo di un obbligo di  adempimento
 in  un  tempo  stabilito  -  potrebbe  verificarsi  che "il personale
 proveniente da alcuni enti  pubblici  ottenga,  in  qualche  regione,
 "equiparazione"  piu'  favorevole" rispetto a quella riscontrabile in
 altre regioni per personale con le medesime qualifiche,  con  effetti
 di   sostanziale  disparita'  anche  in  occasione  di  procedure  di
 copertura di posti mediante mobilita' interregionale;
     3) l'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto  l'incertezza  dei
 dipendenti   circa   il   proprio   status   giuridico-economico   si
 risolverebbe "in una ingiustificata  disparita'  di  trattamento  nei
 confronti degli altri appartenenti al servizio sanitario nazionale la
 cui   posizione  funzionale  e'  stata  definita  secondo  il  regime
 normativo ordinario" e, specularmente, a svantaggio di questi ultimi,
 per la circostanza che "a parita' di requisiti, per lungo tempo altri
 dipendenti, a causa dell'inerzia governativa, si trovino a  rivestire
 qualifiche  superiori  in  ipotesi  non  spettanti",  continuando  ad
 occupare posti che diversamente potrebbero  essere  "disponibili  per
 mobilita' o per concorso";
     4)   infine,   l'art.   113  della  Costituzione,  in  quanto  la
 disposizione denunciata, non consentendo ne' all'amministrazione  ne'
 ai  dipendenti  -  per un tempo che solo il Governo ha la potesta' di
 rendere determinato - "di far definire da un giudice la  legittimita'
 o    meno    degli   originari   provvedimenti   di   inquadramento",
 contrasterebbe sia con il diritto alla tutela giurisdizionale sia con
 il divieto di esclusioni o limitazioni della medesima.
   2. - Taluni dei ricorrenti nei giudizi che hanno  dato  luogo  alle
 ordinanze  di  rimessione,  segnatamente  quelle  di  cui al registro
 ordinanze nn. 375, 376, 377 e 378 - e cioe' Gianciotta Giovanni, Como
 Luigi, Addario Francesco Paolo, Lagreca Francesco e Rubino  Angelo  -
 si  sono  costituiti  innanzi  a  questa Corte chiedendo, con atti di
 analogo contenuto, una declaratoria di inammissibilita' o comunque di
 manifesta irrilevanza e infondatezza della questione proposta.
   La questione sollevata sarebbe infatti  inammissibile,  in  ragione
 della  sua  astrattezza,  dal  momento  che  il  vizio denunziato non
 risulterebbe lesivo degli interessi che la parte processuale  intende
 far  valere  in  sede  giurisdizionale.  Inoltre,  la  stessa sarebbe
 "abnorme", sia perche' lo stesso TAR Puglia ha gia' ritenuto  fondato
 il   motivo  di  censura  formulato  avverso  la  delibera  regionale
 impugnata con riferimento  al  vizio  di  violazione  di  legge;  sia
 perche'  la  questione risulta proposta "al solo e dichiarato fine di
 respingere una domanda" proposta "dall'unica  parte  titolare  di  un
 interesse qualificato fatto valere nel giudizio" a quo.
   Nel merito, la difesa delle parti private deduce:
     a)  che  la norma denunciata, proprio in ossequio al principio di
 buon andamento, intendeva assicurare "il normale funzionamento  degli
 uffici"  preposti  alla tutela della salute, scongiurando il pericolo
 del proliferare, fino all'adozione dei provvedimenti governativi,  di
 un inevitabile contenzioso;
     b) che le norme di favore, avendo "palese carattere derogatorio",
 "non  sono sindacabili dal giudice della legittimita' costituzionale,
 se non quando esse si appalesano ingiustificate o irrazionali";
     c) che la tutela  assicurata  dall'art.  113  e'  correlata  alla
 difesa  di diritti e interessi legittimi e non "alla possibilita' per
 la p.a.  di  vedere  accertata  in  giudizio  (...)  la  legittimita'
 dell'esercizio  del  potere dalla stessa esercitato con l'adozione di
 atti idonei a conculcare diritti e interessi legittimi di terzi".
   3. - In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato,   concludendo,   con   atti   di   identico   contenuto,   per
 l'infondatezza della questione.
   Premesso che lo stesso TAR Puglia ha riconosciuto (sentenza n.  312
 del  1992)  nella  norma impugnata "evidenti contenuti di sostanziale
 sanatoria fino a quando il  Governo  non  adottera'  i  provvedimenti
 relativi",   in  riferimento  ad  inquadramenti  "la  cui  perdurante
 operativita' e' espressamente prevista dalla legge" di cui  trattasi,
 la  difesa  erariale  rileva  che "la radicale riorganizzazione della
 sanita' pubblica ha comportato, nel primo periodo della  riforma,  la
 necessita' di una normativa transitoria".
   Tanto premesso la questione sarebbe infondata:
     1)  quanto  all'art.  97  della  Costituzione,  perche'  la norma
 impugnata   risulterebbe   "sufficientemente    giustificata    dalla
 particolarita'  della  situazione  da  disciplinare  e dall'obiettivo
 specifico del legislatore:  offrire un primo  assetto  del  personale
 delle UU.SS.LL. previa utilizzazione di quello degli enti soppressi";
     2)  quanto  all'art. 3 della Costituzione, poiche' se "da un lato
 la lamentata disparita' di trattamento non pare sussistere attesa  la
 natura  transitoria  della  normativa,  dall'altro lato e' proprio la
 transitorieta' della disposizione che  giustifica  il  riconoscimento
 dei   diritti   quesiti  del  personale  gia'  inquadrato  nei  ruoli
 nominativi regionali alla data del 31 dicembre 1990";
     3) quanto all'art. 113 della  Costituzione,  poiche'  la  censura
 "non  pare  rivolgersi  ad  ipotesi di limitazione o esclusione della
 tutela giurisdizionale,  quanto,  piuttosto,  alla  disciplina  delle
 modalita'  della  tutela  stessa",  si  configurerebbe  un'ipotesi di
 "giurisdizione   condizionata",   dove    la    condizione    sarebbe
 rappresentata  dall'emanazione  dei  provvedimenti governativi di cui
 alla norma in esame.
   4. - Nel giudizio introdotto dall'ordinanza di cui al r. o. n.  378
 del 1995, hanno depositato atto di intervento  Giuseppe  Leone,  Vito
 Lozito,  Mauro  Buonvino,  Donato  Ceglie,  Vittorio  Monaci,  Natale
 Patrone, Attilio Di  Turi,  Bruno  Caldaropoli,  Francesco  Paccione,
 Giacinto  Felle,  Filippo  Tota,  Giuseppe Sorrenti, Marco Azzolini e
 Ignazio Damiani, che, pur non  essendo  parti  nel  processo  a  quo,
 assumono l'esistenza di un interesse ad intervenire, per l'"oggettivo
 e  "condizionante"  collegamento fra i giudizi pendenti avanti al TAR
 Puglia ed attualmente sospesi ed  il  giudizio  di  costituzionalita'
 sollevato dallo stesso TAR Puglia con ordinanza n. 91 del 1995".
                        Considerato in diritto
   1.  -  Con le cinque ordinanze di cui in epigrafe, tutte di analogo
 contenuto, il tribunale  amministrativo  regionale  della  Puglia  ha
 sollevato,  in riferimento agli artt. 3, 97 e 113 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 2, della
 legge 31  maggio  1990,  n.  128  (Proroga  di  termini  previsti  da
 disposizioni  legislative), "nella parte in cui dispone che fino alla
 data di entrata in vigore dei provvedimenti del  Governo  sono  fatti
 salvi  gli  inquadramenti  nei ruoli nominativi regionali approvati e
 resi esecutivi ai sensi della legislazione vigente alla data  del  31
 dicembre 1987".
   Secondo  il  giudice  rimettente  la  disposizione  si  porrebbe in
 contrasto con:
     l'art. 97 della Costituzione, in quanto,  violando  il  principio
 del  buon  andamento,  impedirebbe  all'amministrazione  "non solo di
 predisporre  una  definitiva  distribuzione  del  personale  per  una
 migliore   soddisfazione  delle  esigenze  di  lavoro,  ma  anche  di
 utilizzare il personale in relazione alle  qualifiche  effettivamente
 spettanti",   considerato  che,  con  gli  inquadramenti  oggetto  di
 contestazione,  agli  interessati  risultano   attribuite   posizioni
 funzionali   superiori  a  quelle  spettanti  in  base  alla  stretta
 interpretazione dell'art.  64 del d.P.R. n. 761 del 1979, in difetto,
 cioe', di quei requisiti dai quali deriva beneficio sia per  l'utenza
 che per la stessa amministrazione;
     lo   stesso   art.   97  della  Costituzione,  sotto  il  profilo
 dell'"imparzialita'" dell'azione amministrativa, in quanto - oltre  a
 risultare  fortemente minato il principio della certezza dei rapporti
 giuridici dalla mancanza per il Governo di un obbligo di  adempimento
 in  un  tempo  stabilito  -  potrebbe  verificarsi  che "il personale
 proveniente da  alcuni  enti  pubblici  abbia  ottenuto,  in  qualche
 regione, "equiparazione" piu' favorevole rispetto a quella effettuata
 da  altre  regioni nell'inserire personale con le medesime qualifiche
 nei propri ruoli nominativi", con effetti di sostanziale  disparita',
 anche  in  occasione  di  procedure  di  copertura  di posti mediante
 mobilita' interregionale;
     l'art.  3  della  Costituzione,  in   quanto   l'incertezza   dei
 dipendenti   circa   il   proprio  status  giuridico-economico  e  la
 conseguente precarieta'  della  posizione  si  risolverebbe  "in  una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento nei confronti degli altri
 appartenenti  al  Servizio  sanitario  nazionale  la  cui   posizione
 funzionale  e'  stata definita secondo il regime normativo ordinario"
 e, specularmente, a svantaggio di questi ultimi, per  la  circostanza
 che  "a  parita'  di  requisiti,  per lungo tempo altri dipendenti, a
 causa dell'inerzia governativa, si  trovino  a  rivestire  qualifiche
 superiori,  in  ipotesi non spettanti", continuando ad occupare posti
 che diversamente potrebbero essere "disponibili per mobilita'  o  per
 concorso";
     l'art. 113 della Costituzione, in quanto non si consentirebbe ne'
 all'amministrazione  ne'  ai  dipendenti,  per  un tempo che e' nella
 potesta' del Governo di rendere determinato, di "far definire  da  un
 giudice  la  legittimita'  o  meno  degli  originari provvedimenti di
 inquadramento",  in  contrasto  sia  con  il  diritto   alla   tutela
 giurisdizionale  sia con il divieto di esclusioni o limitazioni della
 medesima, attraverso atti "demandati al potere del Governo".
   2.  -  Va  pregiudizialmente  disposta la riunione dei giudizi che,
 avendo ad oggetto la stessa  questione,  possono  essere  decisi  con
 un'unica sentenza.
   3. - Sempre in via pregiudiziale va dichiarato inammissibile l'atto
 di  intervento  proposto,  nel giudizio di cui al n. 378 del registro
 ordinanze 1995, da  Leone  Giuseppe,  Lozito  Vito,  Buonvino  Mauro,
 Ceglie  Donato,  Monaci  Vittorio,  Patrone  Natale, Di Turi Attilio,
 Caldaropoli Bruno, Paccione Francesco, Felle Giacinto, Tota  Filippo,
 Sorrenti   Giuseppe,  Azzolini  Marco  e  Damiani  Ignazio,  i  quali
 asseriscono, a fondamento dell'interesse  all'intervento  stesso,  la
 sussistenza  di  "un  oggettivo  e "condizionante" collegamento fra i
 giudizi pendenti avanti al TAR della Puglia ed attualmente sospesi  e
 il  giudizio  di  costituzionalita'  sollevato dallo stesso TAR", con
 riferimento, verosimilmente, a giudizi  dei  quali  i  predetti  sono
 parte, ma che sono diversi da quelli che hanno dato luogo al presente
 incidente di costituzionalita'.
   La  Corte  non ritiene qui di discostarsi dal ripetuto orientamento
 secondo il quale  nel  giudizio  incidentale  non  e'  consentita  la
 costituzione,  in  via  di principio, di soggetti che non siano stati
 parti nel giudizio a quo.
   4. - Ancora in via pregiudiziale, va disattesa l'eccezione proposta
 dalle parti private regolarmente costituite innanzi  alla  Corte,  le
 quali  assumono  l'inammissibilita' della questione sollevata perche'
 l'accoglimento della medesima avrebbe l'effetto di far respingere  la
 domanda proposta dai ricorrenti nel giudizio a quo.
   L'eccezione  si  fonda  infatti  su  un assunto che non puo' essere
 condiviso e  cioe'  che  le  questioni  incidentali  di  legittimita'
 costituzionale  siano  ammissibili  solo  in  quanto preordinate alla
 tutela o alla soddisfazione dell'interesse fatto  valere  innanzi  al
 giudice rimettente.
   Come  la Corte ha gia' avuto occasione di affermare (v. sentenza n.
 415  del  1991),  la  rilevanza  di  una  determinata  questione   di
 costituzionalita' prescinde dagli ipotetici effetti di cui potrebbero
 beneficiare  le  parti in causa, dovendo essere valutata in relazione
 alla semplice applicabilita' nel giudizio a quo della disposizione di
 cui si contesta la legittimita' costituzionale e quindi all'influenza
 che  sotto  tale  profilo  il  giudizio  di  costituzionalita'   puo'
 esercitare su quello dal quale proviene la questione.
   5. - Nel merito la questione e' fondata.
   Ai  fini  della  piu'  compiuta  valutazione della stessa, la Corte
 ritiene opportuno prendere le mosse dal contesto normativo nel  quale
 si  colloca  la disposizione censurata, di cui sono parte integrante,
 da un lato, l'art.  64  del  d.P.R.  20  dicembre  1979,  n.  761  e,
 dall'altro,  l'art.  116  del d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270. La prima
 disposizione, e cioe' l'art. 64 del d.P.R. n.  761  del  1979  -  nel
 regolare  il passaggio, nei ruoli nominativi regionali, del personale
 proveniente dagli enti e dalle amministrazioni le cui funzioni  erano
 state trasferite alle Unita' sanitarie locali ai sensi della legge 23
 dicembre  1978,  n.    833 - ne stabili' l'inquadramento in base alla
 tabella di equiparazione di cui all'allegato 2 allo stesso d.P.R.  La
 seconda  disposizione,  e cioe' l'art. 116 del d.P.R. 20 maggio 1987,
 n. 270, nel recepire le norme dell'accordo sindacale, per il triennio
 1985-1987, relativo al comparto  del  Servizio  sanitario  nazionale,
 dispose   che,  ove  i  provvedimenti  in  materia  di  promozioni  e
 inquadramento del personale dipendente - assunti nel periodo  fra  la
 emanazione  del  predetto  decreto  presidenziale  del  1979  e il 31
 dicembre 1985 - avessero formato oggetto di contestazioni, il Governo
 avrebbe  adottato,  "sentite  le  regioni,  l'ANCI,  l'UNCEM   e   le
 organizzazioni  sindacali  firmatarie"  dell'accordo  di categoria, i
 provvedimenti di sua competenza, entro il 31 dicembre 1987.
   L'art.  28,  comma  1,  della  legge  31  maggio  1990,   n.   128,
 ricollegandosi alle disposizioni teste' rammentate, ha prorogato fino
 al   31  dicembre  1990  detto  termine,  stabilendo  al  comma  2  -
 disposizione  sulla  quale  si  appuntano  le  censure  del   giudice
 rimettente - la salvezza fino alla stessa data, "e comunque fino alla
 data  di  entrata  in  vigore  dei  provvedimenti del Governo", degli
 "inquadramenti stabiliti nei ruoli nominativi regionali  approvati  e
 resi  esecutivi  ai sensi della legislazione vigente alla data del 31
 dicembre 1987".
   6. - Da quanto riferito emerge che la disposizione  censurata,  nel
 prevedere   la   salvaguardia,   ancorche'  in  via  provvisoria,  di
 inquadramenti  e  promozioni   che   abbiano   formato   oggetto   di
 contestazione,  ha  inteso  conferire  temporanea  efficacia  ad atti
 assunti in difformita' dai principi fissati dall'art. 64  del  d.P.R.
 n.  761  del  1979,  in attesa dell'adozione da parte del Governo dei
 provvedimenti di sua competenza.
   In via generale,  va  ricordato  che  la  Corte,  in  numerose  sue
 pronunzie,  ha  ritenuto  competere  al  legislatore  ordinario ampia
 discrezionalita' nel disciplinare l'inquadramento e la  carriera  del
 personale dipendente; ma questo non senza evidenziare l'indissolubile
 rapporto che, sul piano della razionalita' degli assetti in chiave di
 efficienza  degli  apparati  e  di  tutela  delle  aspettative  degli
 interessati, deve sussistere  fra  assegnazione  del  personale  alle
 varie   funzioni   e   professionalita'   posseduta   dai  dipendenti
 destinatari dell'inquadramento stesso (da ultimo sentenza  n.  1  del
 1996).
   La  disposizione  denunciata,  attraverso  il  generico richiamo ai
 "provvedimenti del Governo", comporta - specie se  considerata  nella
 sequenza  temporale  che  la  lega ai precedenti testi normativi - un
 rinvio sine  die  di  adempimenti  di  fondamentale  rilievo  per  il
 corretto   inquadramento   dei   dipendenti  del  Servizio  sanitario
 nazionale, materia da ritenere affidata precipuamente alle competenze
 amministrative delle Regioni.
   Ne deriva  un  assetto  del  tutto  precario  delle  posizioni  del
 personale,  a prescindere dal fatto che si tratti di provvedimenti di
 inquadramento piu'  o  meno  favorevoli,  con  ulteriore  conseguente
 paralisi  di  eventuali  iniziative,  anche  in via di autotutela, da
 parte delle amministrazioni, si'  da  non  potersi  individuare,  nel
 complesso, altra ratio ispiratrice, nella disposizione censurata, che
 non   sia   quella   diretta   al  consolidamento  di  situazioni  di
 illegittimita'.
   In tal modo la norma  appare  in  contrasto  con  l'art.  97  della
 Costituzione,  in  quanto  contraria  al principio del buon andamento
 nonche' alle esigenze  di  una  razionale  e  coerente  attivita'  di
 amministrazione,  contribuendo  a perpetuare - specie se si considera
 il tempo ormai trascorso  dagli  iniziali  inquadramenti  operati  ai
 sensi  dell'art.   64 del d.P.R. n. 761 del 1979 - una transitorieta'
 di disciplina che impedisce all'amministrazione di procedere  ad  una
 definitiva  distribuzione ed utilizzazione del personale in relazione
 alle  qualifiche effettivamente spettanti, con il rischio oltre tutto
 di situazioni di  disparita'  di  trattamento  fra  i  dipendenti,  a
 seconda dell'ente di appartenenza.
   L'accoglimento  della questione nei termini sopra precisati assorbe
 ogni altro profilo.