ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 342 del codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1996 dalla Corte di
 appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Bussoni Ilaria
 ed altri, iscritta al n. 828 del registro ordinanze 1996 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  37,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1996;
   Udito  nella  camera  di consiglio dell'11 dicembre 1996 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che la Corte  di  appello  di  Bologna  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt. 3, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  342
 del codice penale "in relazione alla misura del minimo edittale della
 pena";
     che  nella  ordinanza  di  rimessione  il  giudice  a  quo  si e'
 limitato, nella sostanza, a richiamare le considerazioni svolte nella
 sentenza  n.  341  del  1994,  con  la  quale  e'  stata   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 341 del codice penale nella
 parte  in  cui  prevedeva come minimo edittale la reclusione per mesi
 sei;
   Considerato che  questa  Corte,  con  sentenza  n.  313  del  1995,
 peraltro  del  tutto  trascurata  dalla  Corte  rimettente,  ha  gia'
 dichiarato non fondata l'identica questione  rilevando  che  l'offesa
 all'onore  o  al  prestigio  di  un  corpo politico, amministrativo o
 giudiziario o di una pubblica autorita' costituita  in  collegio  non
 puo'  affatto  ricondursi,  sul  piano  della  lesivita', ad una mera
 ipotesi di oltraggio plurimo, giacche'  nella  fattispecie  descritta
 dall'art.  342 del codice penale e' la specifica qualita' dell'organo
 e delle attribuzioni che esso esprime a rappresentare la connotazione
 tipizzante e, dunque, un valore da tutelare adeguatamente anche sotto
 il profilo dell'onore e  del  prestigio,  per  i  naturali  riverberi
 negativi  che  l'offesa puo' in se' determinare sul corretto e sereno
 svolgimento delle funzioni che il corpo o il collegio e'  chiamato  a
 esercitare;
     che,  pertanto,  la questione ora proposta deve essere dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.