ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della regione  Liguria,  notificato
 il  1  marzo  1996,  depositato  in cancelleria il 14 successivo, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del  Presidente
 del  Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri della difesa,
 dei trasporti e della navigazione e delle  finanze  del  21  dicembre
 1995,  comunicato  con nota del Commissario del Governo nella regione
 Liguria n. 2452 del 29 dicembre 1995, con il quale e' stato  definito
 l'elenco  delle  aree demaniali marittime escluse dalla delega di cui
 all'art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per quanto riguarda le
 aree site nella regione Liguria, ed iscritto al  n.  5  del  registro
 conflitti 1996;
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1997 il  giudice  relatore
 Valerio Onida;
   Uditi  l'avvocato  Gustavo  Romanelli  per  la  regione  Liguria  e
 l'avvocato dello Stato  Giuseppe  O.  Russo  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    L'art.  59, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
 (Attuazione della delega di cui all'art.  1  della  legge  22  luglio
 1975,  n.  382)  dispone  che sono delegate alle regioni "le funzioni
 amministrative  sul  litorale   marittimo,   sulle   aree   demaniali
 immediatamente   prospicienti,  sulle  aree  del  demanio  lacuale  e
 fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalita' turistiche
 e ricreative", escludendo dalla delega  le  funzioni  in  materia  di
 navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale.
   Il  secondo  comma  del  medesimo  art.  59 stabilisce pero' che la
 delega in  questione  "non  si  applica  ai  porti  e  alle  aree  di
 preminente  interesse  nazionale  in  relazione  agli interessi della
 sicurezza dello Stato e alle esigenze della  navigazione  marittima".
 L'identificazione   delle   aree   escluse   avrebbe   dovuto  essere
 effettuata, entro il 31 dicembre 1978, "con  decreto  del  Presidente
 del Consiglio dei Ministri, di concerto con i ministri per la difesa,
 per  la  marina  mercantile  e  per  le  finanze,  sentite le regioni
 interessate". Con lo stesso procedimento l'elenco delle aree  escluse
 dalla   delega  puo'  essere  modificato.    Non  avendo  il  Governo
 provveduto entro il termine stabilito all'emanazione del decreto  ivi
 previsto,  e'  prevalsa  la  tesi,  affermata  anche  da questa Corte
 nell'ordinanza n.  579  del  1988,  secondo  cui  la  delega  restava
 inoperante  in  attesa  della individuazione delle aree escluse.  Con
 l'art. 6, comma 1, del d.-l. 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per
 la  determinazione  dei  canoni  relativi  a  concessioni   demaniali
 marittime),  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 4 dicembre
 1993, n. 494, venne stabilito che, ove entro un anno  dalla  data  di
 entrata  in vigore della legge di conversione del decreto medesimo il
 Governo non avesse provveduto agli adempimenti necessari per  rendere
 effettiva  la  delega  delle  funzioni amministrative alle regioni ai
 sensi dell'art. 59  del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  dette  funzioni
 sarebbero   state   "comunque   delegate   alle   regioni".   Nemmeno
 quest'ultimo termine venne pero' rispettato. Esso fu invece prorogato
 al 31 dicembre 1995 con  una  serie  di  decreti-legge  reiterati,  a
 partire dal d.-l. 21 ottobre 1994, n. 586 (art. 2, comma 2) e fino al
 d.-l.  12  aprile  1996, n. 202 (art. 2, comma 2), tutti decaduti per
 non essere stati convertiti in legge; poi nuovamente con il d.-l.  17
 giugno  1996, n. 322 (art. 12, comma 1) e con il d.-l. 8 agosto 1996,
 n. 430 (art.  12, comma 1), pure essi non convertiti;  e  infine  con
 l'art.  16,  comma  3,  del d.-l. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito
 dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647.
   La legge di conversione di quest'ultimo decreto, all'art. 1,  comma
 2,   ha   stabilito  altresi'  che  "restano  validi  gli  atti  e  i
 provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i
 rapporti giuridici sorti sulla base", fra l'altro, dei  decreti-legge
 che  avevano  in  precedenza  disposto  la  medesima  proroga.    Nel
 frattempo, il decreto del Presidente del Consiglio dei  Ministri  che
 individua  le  aree  demaniali  escluse  dalla  delega di funzioni in
 questione  venne  emanato  il 21 dicembre 1995, nel vigore di uno dei
 decreti-legge  sopra  ricordati,  che  prorogavano  il   termine,   e
 precisamente  del  d.-l.  18 dicembre 1995, n. 535 (art. 2, comma 2),
 anch'esso decaduto e i cui effetti sono stati oggetto della sanatoria
 disposta dalla legge n. 647 del 1996.
   2. - Con ricorso notificato il 1 marzo 1996 la regione  Liguria  ha
 proposto ricorso per conflitto di attribuzione in relazione al citato
 d.P.C.M. 21 dicembre 1995. La ricorrente premette che con nota del 13
 luglio  1995  il  Commissario  del Governo presso la regione medesima
 aveva trasmesso la proposta  governativa  di  elenco  delle  aree  da
 escludere  dalla  delega,  informando  che, trascorsi 60 giorni dalla
 data di ricezione senza che fossero fatte pervenire osservazioni,  il
 Dipartimento  per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio
 avrebbe ritenuto acquisito il parere favorevole ed  avrebbe  attivato
 la    procedura   per   il   concerto   interministeriale   ai   fini
 dell'emanazione del decreto;  che  la  regione  aveva  immediatamente
 contestato  l'iniziativa,  sia  con  riguardo  alla  perentorieta' ed
 incongruita' del termine  fissato,  sia  dal  punto  di  vista  della
 elusione  del  sistema  delle competenze regionali che sarebbe emersa
 dalla proposta; che, attivata l'istruttoria  sulle  aree  di  cui  si
 proponeva  l'individuazione,  il  5 dicembre 1995 la Giunta regionale
 aveva inviato al Commissario  del  Governo  la  propria  proposta  di
 parere,  formulata  con  riguardo  alle singole aree, e sottoposta al
 Consiglio regionale, che deliberava il parere medesimo il 22 dicembre
 1995, cioe' il giorno successivo a quello di emanazione  del  decreto
 governativo.
   3.  - In diritto, la regione ricorrente fonda l'impugnazione su tre
 ordini di motivi.  Con il primo sostiene che la decadenza  del  d.-l.
 18  dicembre  1995,  n.  535, il cui art. 2, comma 2, prorogava al 31
 dicembre 1995 il termine, decorso il quale la delega sarebbe divenuta
 comunque operante - disposizione nel cui vigore il  provvedimento  e'
 stato  adottato  -,  avrebbe  travolto il provvedimento medesimo, che
 sarebbe invasivo delle attribuzioni regionali in quanto emesso al  di
 fuori  dei presupposti temporali previsti dalla legge per l'esercizio
 del potere governativo, e in quanto sottrarrebbe alla regione, al  di
 fuori  dei  presupposti  di  legge, ambiti di funzioni che dovrebbero
 ritenersi gia' ad essa delegati.  Ad avviso della  regione,  poi,  se
 dovesse  attribuirsi  all'art. 2 del sopravvenuto decreto-legge n. 65
 del 1996, che nuovamente aveva  prorogato  al  31  dicembre  1995  il
 termine  in esame, l'effetto di sanare, sotto il profilo indicato, il
 provvedimento  impugnato,  dovrebbe   ritenersi   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 di detta norma, per violazione  dell'art.  77  della  Costituzione  e
 dell'art.  2,  lettera  d),  della  legge  23 agosto 1988, n. 400, in
 quanto, prorogando con decreto-legge il termine gia' scaduto fino  ad
 una  data  gia'  trascorsa,  si sarebbero illegittimamente regolati i
 rapporti  sorti  sulla  base   del   precedente   decreto-legge   non
 convertito.
   4.  -  Con  il  secondo motivo di ricorso la regione lamenta che il
 provvedimento configurerebbe,  nel  suo  contenuto,  una  illegittima
 invasione  delle  attribuzioni regionali, in quanto riserverebbe allo
 Stato, con  riferimento  alle  aree  elencate,  funzioni  che  invece
 spetterebbero  alla  regione  in  base  al  quadro delle attribuzioni
 risultante dalla Costituzione (artt. 117 e 118) e dalle leggi (art. 2
 d.P.R. n. 8 del 1972, art. 59 d.P.R. n. 616 del 1977, art. 5 legge n.
 84 del 1994), attribuzioni riconducibili sostanzialmente alle materie
 dell'urbanistica,   del   turismo  ed  industria  alberghiera,  della
 viabilita', degli acquedotti  e  dei  lavori  pubblici  di  interesse
 regionale.  In  particolare, sarebbero state illegittimamente incluse
 nell'elenco aree  attualmente  destinate  ad  attivita'  turistica  e
 ricreativa,  aree  per le quali non si rileverebbe alcuna connessione
 con il "preminente interesse nazionale in  relazione  agli  interessi
 della  sicurezza  dello  Stato  e  alle  esigenze  della  navigazione
 marittima", di cui all'art. 59, secondo comma, del d.P.R.  n. 616 del
 1977; e ancora gli approdi, i porti turistici e le  zone  portuali  a
 prevalente  o  esclusiva  funzione  turistica,  nonche' i porti per i
 quali  le  relative  opere  sono  state  trasferite  alla  competenza
 regionale.  Il ricorso rinvia all'elenco allegato al parere regionale
 per  l'indicazione  dei  casi  specifici  in  cui,  ad  avviso  della
 ricorrente, mancherebbero i presupposti per la riserva a favore dello
 Stato.
   5.  -  Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  la  regione lamenta che
 l'iniziativa statale sia stata  attuata  con  modalita'  di  per  se'
 lesive  delle  attribuzioni  regionali. Anzitutto non sarebbero stati
 resi noti alla regione i criteri generali  e  specifici  in  base  ai
 quali  il  Governo  ha  individuato  le  aree  incluse nell'elenco, e
 sarebbe stata omessa ogni motivazione in ordine a tali criteri e alle
 specifiche ragioni per le quali  e'  stato  ritenuto  sussistente  il
 preminente  interesse  nazionale che giustificherebbe la riserva allo
 Stato. In secondo luogo, sarebbe  stata  insufficiente  l'istruttoria
 eseguita,  essendosi  talora erroneamente qualificati o inesattamente
 delimitati gli ambiti oggetto della  riserva,  ed  essendosi  inclusi
 beni per i quali viene dichiarata ancora in corso l'istruttoria. Tali
 vizi comporterebbero violazione del principio di leale cooperazione e
 degli artt. 97 e 118 della Costituzione, incidendo sulla stabilita' e
 sulla corretta definizione delle attribuzioni regionali.
 il   parere  formulato  dalla  regione,  trasmesso  dopo  il  termine
 illegittimamente assegnato dal  Governo,  e  dando  atto  della  sola
 consultazione  della  Conferenza  Stato-regioni,  esclusa  ogni altra
 forma di partecipazione delle regioni  al  procedimento.    Sarebbero
 cosi'  state violate le modalita' procedimentali imposte dall'art. 59
 del d.P.R. n. 616 del 1977: il termine assegnato di  sessanta  giorni
 per   il   parere  della  regione  sarebbe  incongruo  e  palesemente
 insufficiente per l'istruttoria su 117 ambiti  territoriali  diversi.
 Il  parere della Conferenza Stato-regioni, espresso, lo stesso giorno
 dell'emanazione del decreto, sull'elenco relativo a tutte le regioni,
 non puo', secondo la  ricorrente,  ritenersi  equivalente  al  parere
 della   regione  interessata,  richiesto  dall'art.  59  citato,  ne'
 assorbirlo.  Sarebbe evidente l'intento del  Governo  di  prescindere
 dall'apporto partecipativo delle regioni; sarebbe pertanto violato il
 principio di leale cooperazione, e si prospetterebbe la lesione delle
 attribuzioni costituzionalmente garantite alla regione per il mancato
 perfezionamento  dei  meccanismi  di  partecipazione  regionale  alle
 determinazioni statali,  previste  dalla  legge,  sul  riparto  delle
 competenze.
   6.  -  Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri,
 chiedendo che  esso  sia  dichiarato  "irricevibile  per  tardivita',
 inammissibile e infondato".
   In  una  memoria successivamente depositata, l'Avvocatura erariale,
 senza piu' tornare sull'eccezione  di  tardivita',  sostiene  che  il
 ricorso   e'   al   tempo   stesso  infondato  e  inammissibile.  Non
 ricorrerebbe, infatti, ne' l'ipotesi di  vindicatio  potestatis,  ne'
 quella  di  illegittimo  esercizio  di  un  potere  cui  consegua  la
 menomazione della sfera di attribuzioni della ricorrente.  La materia
 del  demanio  marittimo  -  osserva  la  difesa  del  Presidente  del
 Consiglio  -  non  e'  inclusa fra quelle di spettanza delle regioni,
 onde ogni potere legislativo  e  amministrativo  in  ordine  ad  essa
 appartiene  allo  Stato,  anche  se  riconducibile  a materie come il
 turismo e l'industria  alberghiera.  Ne'  dall'esercizio  del  potere
 statale   potrebbe   derivare   una  menomazione  delle  attribuzioni
 regionali, poiche' lo Stato, con il provvedimento impugnato,  non  ha
 preteso  di  dettare  regole  che  valgano  fuori  del demanio di sua
 pertinenza. Eventuali violazioni della  legge  ordinaria,  che  abbia
 delegato  funzioni  alle  regioni,  non  implicano compressioni delle
 attribuzioni costituzionali  di  queste,  e  non  potrebbero  percio'
 essere  denunciate  con  conflitto  di  attribuzioni davanti a questa
 Corte.   Le  denunciate  violazioni  degli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione  sarebbero  dunque  insussistenti,  mentre le censure di
 violazione  delle  norme  ordinarie  sarebbero  inammissibili.     In
 subordine,  l'Avvocatura sostiene che tali ultime violazioni comunque
 non sussistono. Il decreto impugnato e' stato adottato nel vigore del
 decreto-legge  n.  535  del  1995,  che  prorogava  il  termine   per
 l'individuazione delle aree escluse dalla delega al 31 dicembre 1995,
 e  la successiva decadenza di detto decreto non potrebbe caducare gli
 effetti  perfezionatisi  nel  periodo  della  sua   vigenza.      Ne'
 sussisterebbero  difetti  procedurali:  l'onere di sentire le regioni
 sarebbe stato pienamente rispettato sia  per  ogni  singola  regione,
 nella   fase  di  predisposizione  degli  elenchi,  sia  portando  la
 questione all'esame della Conferenza Stato-regioni, apparsa  la  sede
 piu'   idonea  per  il  contemperamento  degli  interessi  statali  e
 regionali.
   7. - La regione ricorrente ha a sua volta depositato memoria, nella
 quale, anzitutto, contesta l'eccezione  di  tardivita'  del  ricorso,
 genericamente  avanzata dall'Avvocatura erariale, osservando come non
 risulti che il provvedimento impugnato sia stato portato a conoscenza
 di alcun organo regionale prima del  3  gennaio  1996.    La  regione
 afferma  poi  l'ammissibilita' del ricorso, in particolare sostenendo
 che la delega in questione  attiene  direttamente  alla  materia  del
 turismo   e   dell'industria   alberghiera,   onde  essa  costituisce
 integrazione necessaria di una competenza propria della  regione,  ed
 e'  stata  conferita  allo  scopo  di  consentire l'esercizio di tale
 competenza,  senza  che  vi  siano   momenti   di   concorrenza   fra
 attribuzioni  statali  e  regionali:    onde  sarebbe  ammissibile il
 ricorso per conflitto di attribuzioni, secondo  i  criteri  enunciati
 nella giurisprudenza di questa Corte.  Nel merito, la regione osserva
 anzitutto  che  il  provvedimento  impugnato  e' stato adottato al di
 fuori dei limiti temporali previsti dall'art.  6 del decreto-legge n.
 400 del 1993, e che  la  proroga  di  tale  termine,  successivamente
 disposta, o e' priva di efficacia, in quanto i vari decreti-legge che
 l'avevano   prevista  sono  decaduti,  o  appare  viziata  dall'abuso
 dell'istituto  della  decretazione  d'urgenza,  onde,  ai  fini   che
 interessano,  deve  ritenersi  come  inesistente.  In  particolare la
 ricorrente  sostiene  che,  se  anche  il legislatore, convertendo in
 legge il decreto  n.  535  del  1996,  che  nuovamente  prorogava  il
 termine, ha sanato il vizio derivante dalla ripetuta reiterazione dei
 decreti  decaduti, non per questo puo' ritenersi che abbia sanato gli
 effetti degli atti adottati in base al decreto-legge decaduto.  A sua
 volta la clausola di sanatoria degli effetti  dei  decreti  decaduti,
 contenuta   nell'art.   1,   comma  2,  della  legge  di  conversione
 dell'ultimo  decreto,  sarebbe  costituzionalmente  illegittima,   in
 quanto la discrezionalita' del legislatore nel sanare gli effetti dei
 decreti-legge   non   convertiti,   ai   sensi   dell'art.  77  della
 Costituzione, incontrerebbe il limite degli altri principi di rilievo
 costituzionale, soprattutto quando incide sui rapporti tra lo Stato e
 le autonomie costituzionalmente garantite: onde  il  legislatore  non
 potrebbe  fornire  a  posteriori base legislativa ad un provvedimento
 lesivo delle attribuzioni regionali,  soprattutto  quando  questo  e'
 oggetto   di   impugnazione.   Sarebbe   pertanto   rilevante  e  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 535 del 1996, nella parte
 in  cui  conferma  la  proroga al 31 dicembre 1995 del termine per la
 individuazione delle aree escluse dalla delega, nonche' dell'art.  1,
 comma  2, della legge 23 dicembre 1996, n. 647, nella parte in cui fa
 salva  la  validita'  dell'atto  impugnato  e  la  proroga  sul   cui
 presupposto  esso  e'  stato adottato, sulla base di un decreto legge
 decaduto.  La regione ribadisce poi le censure relative al  contenuto
 dell'atto, la' dove esso individua aree che non corrisponderebbero ai
 criteri  indicati  nell'art.  59  del  d.P.R.  n.  616  del  1977: in
 particolare sarebbero state illegittimamente escluse dalla delega  le
 aree  indicate  come basi logistiche di corpi dello Stato in consegna
 ad amministrazioni statali, ma in realta'  destinate  a  stabilimenti
 balneari,   ancorche'   utilizzati  da  personale  statale;  le  aree
 costituenti punti di attracco per piccole imbarcazioni  o  approdi  o
 scali   per   piccoli  natanti,  ovvero  porti  turistici  o  approdi
 turistici,  nonche'  i  porti  di  IV  classe  per   i   quali   tale
 classificazione  non  e' piu' coerente; le aree date in concessione a
 cantieri navali, la cui individuazione non ha  alcuna  attinenza  con
 gli  interessi nazionali indicati nell'art. 59 del d.P.R.  n. 616 del
 1977.
   Infine la regione ribadisce che le concrete modalita' di formazione
 del provvedimento sono di per se' lesive dei principi  che  governano
 il  riparto  delle  attribuzioni  e i rapporti tra Stato e regioni; e
 conclude chiedendo che esso  sia  annullato  per  la  parte  relativa
 all'approvazione  degli  elenchi  riguardanti  la  regione Liguria, o
 quanto meno la' dove riserva allo Stato  le  aree  per  le  quali  la
 regione ha espresso parere negativo.
                        Considerato in diritto
   1.  -  L'eccezione di tardivita' del ricorso, sollevata in un primo
 tempo dalla  difesa  del  Presidente  del  Consiglio,  non  e'  stata
 coltivata,   ne'  e'  stato  documentato  che  l'atto  impugnato  sia
 pervenuto alla regione prima del  3 gennaio 1996, data tenendo  conto
 della  quale  il  ricorso  risulta  tempestivo. L'eccezione va dunque
 disattesa.
   2. - Le censure mosse con il ricorso  della  regione,  come  si  e'
 detto  nell'esposizione  in fatto, sono di tre ordini. In primo luogo
 si  sostiene  che  il  provvedimento  impugnato  sia   lesivo   delle
 attribuzioni regionali in quanto adottato al di fuori dei presupposti
 temporali  previsti  dalla  legge  e quando gli ambiti di funzioni da
 esso sottratti alla delega  a  favore  della  regione  dovevano  gia'
 ritenersi delegati alla medesima ex lege, in forza della scadenza del
 termine  fissato  dall'art.  6, comma 1, del decreto-legge n. 400 del
 1993, convertito dalla legge n. 494 dello  stesso  anno.  In  secondo
 luogo  si  lamenta che siano state sottratte alla delega aree che non
 presentano le caratteristiche a tal fine stabilite dall'art.  59  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977.  In terzo luogo si sostiene che sarebbero
 lesive le modalita'  con  le  quali  e'  stata  attuata  l'iniziativa
 statale,  per  la  omissione di ogni motivazione in ordine ai criteri
 seguiti nella individuazione delle aree, per insufficienza e  difetto
 di  istruttoria,  e  infine  per aver omesso di considerare il parere
 della regione, imposto dall'art.  59 del d.P.R. n. 616 del 1977.
   3.  -  La  censura  per  prima  indicata  e'  infondata.    Non  e'
 necessario,  al fine del giudizio chiesto alla Corte, rispondere agli
 interrogativi posti dalla circostanza che il decreto  del  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri sia stato emanato - quando era da tempo
 scaduto il termine (fissato dall'art. 6, comma 1,  del  decreto-legge
 n.  400  del  1993)  alla  cui  vana  decorrenza  la  legge collegava
 l'operativita'  de  jure  della  delega  a   favore   delle   regioni
 relativamente  a  tutte  le  aree  demaniali aventi utilizzazione per
 finalita'  turistiche  e  ricreative  -  sotto  il   vigore   di   un
 decreto-legge  (il  d.-l.  18  dicembre  1995, n. 535), che prorogava
 bensi'  tale  termine  al  31  dicembre  1995,  ma  che  aveva  perso
 efficacia,   a   seguito  della  mancata  conversione,  al  pari  dei
 successivi decreti-legge reiterati i quali pure,  retrospettivamente,
 disponevano   tale   proroga,  fino  a  quando,  convertito  l'ultimo
 decreto-legge contenente la proroga (21 ottobre 1996, n. 535),  venne
 disposta  la  salvezza degli effetti dei decreti non convertiti (art.
 1, comma  2,  legge  n.  647  del  1996).  Ne'  occorre  valutare  la
 fondatezza  della  censura di legittimita' avanzata dalla regione nei
 confronti sia dei decreti-legge che hanno reiterato a  posteriori,  e
 cioe'  dopo  il  31 dicembre 1995, la proroga a tale data del termine
 originariamente stabilito, sia  della  clausola  di  sanatoria  degli
 effetti dei decreti decaduti, tra cui era il decreto-legge n. 535 del
 1995  nel  cui  vigore  il provvedimento governativo venne emanato; e
 neppure domandarsi se possa avere  qualche  effetto  in  ordine  alla
 qualificazione   giuridica   e   agli   effetti   da  attribuirsi  al
 provvedimento  impugnato  la   circostanza   che   la   "catena"   di
 decreti-legge  che  disposero  la  proroga del termine al 31 dicembre
 1995 non si presenta come del tutto continua, ma venne interrotta per
 qualche giorno, ad esempio nel passaggio tra  il  d.-l.    17  giugno
 1996,  n.  322,  al  d.-l.  8  agosto  1996, n. 430, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 1996, n. 196.   E' decisiva  infatti
 la  considerazione  che  il  fondamento  normativo  del provvedimento
 governativo di individuazione  delle  aree  demaniali  escluse  dalla
 delega   a   favore   delle  regioni  non  risiede  nelle  norme  che
 stabilirono, e poi prorogarono,  ex  ante  ed  ex  post  il  termine,
 scaduto  il  quale la delega diveniva comunque operante, ma nell'art.
 59 del d.P.R. n. 616 del 1977; e che, a norma dell'ultima  parte  del
 secondo  comma  di  tale  art.  59, l'elenco delle aree escluse dalla
 delega perche' ritenute di preminente interesse nazionale puo' essere
 (in ogni tempo) modificato dal Governo  con  lo  stesso  procedimento
 previsto  per  la  prima identificazione di tali aree. Onde il potere
 governativo di individuazione delle aree escluse  non  e'  mai  stato
 sottoposto, nel suo esercizio, ad un termine propriamente perentorio,
 nel  senso  che  il  potere  venisse  meno  per  effetto del suo vano
 decorso.  Mentre originariamente il mancato  rispetto  da  parte  del
 Governo  del  termine fissato dalla legge per la individuazione delle
 aree escluse  non  era  destinato  a  produrre  alcun  effetto  sulla
 operativita'  della  delega,  che sarebbe rimasta comunque quiescente
 fino a quando il Governo non si fosse pronunciato, successivamente la
 fissazione del nuovo termine fu accompagnata invece dalla  previsione
 che  il  suo  vano  decorso determinasse l'operativita' ex lege della
 delega, ma non il venir meno  del  potere  governativo,  che  avrebbe
 comunque   sempre   potuto   esercitarsi   sottraendo  all'ambito  di
 operativita' della delega  stessa  aree  successivamente  individuate
 come  di  preminente  interesse  nazionale: cio' e' reso palese dalla
 espressa previsione della modificabilita' in ogni  tempo  dell'elenco
 delle  aree  escluse,  sia quindi nel senso della sua estensione, sia
 nel senso della sua riduzione.
   In  altri  termini,  la   particolare   disciplina   impressa   dal
 legislatore  a  questa  delega - collegata non gia' a caratteristiche
 permanenti delle aree, ma alla loro concreta utilizzazione in atto  o
 prevista, soggetta a variare nel tempo - fa del potere governativo un
 potere  permanente,  esercitabile sia nei riguardi di aree non ancora
 passate alla competenza delegata delle regioni, sia nei  riguardi  di
 aree per le quali la delega sia gia' divenuta operante.
   E'  pertanto  irrilevante,  ai  fini  di  stabilire  se  il  potere
 governativo sia stato esercitato nel rispetto o invece in  violazione
 delle  attribuzioni regionali, la circostanza controversa dell'essere
 il provvedimento intervenuto in una situazione normativa nella  quale
 debba  ritenersi  - ora per allora - non ancora operante, ovvero gia'
 divenuta operante la delega alla regione, in relazione alla efficacia
 da attribuirsi alle varie disposizioni di proroga del termine  al  31
 dicembre 1995, nonche' alla legittimita' o meno di tali disposizioni,
 e  di  quella  che  ha disposto la salvezza degli effetti dei decreti
 decaduti: restando estranea all'ambito  del  presente  giudizio  ogni
 questione  sulla operativita' della delega, con riferimento alle aree
 escluse,  nel  periodo  anteriore  all'emanazione  del  provvedimento
 governativo  impugnato.  In  ogni  caso,  il Governo era, come resta,
 competente ad individuare le aree "di preminente interesse  nazionale
 in  relazione  agli  interessi  della  sicurezza  dello  Stato e alle
 esigenze della navigazione marittima", sottraendole all'ambito  della
 delega  a  favore  delle regioni di cui all'art. 59, primo comma, del
 d.P.R. n. 616 del 1977.
   4. - In ordine logico, la Corte deve ora prendere in esame, per  il
 suo  carattere pregiudiziale, la censura, mossa nell'ultima parte del
 terzo motivo del ricorso, avverso la procedura seguita  dal  Governo,
 che  adotto' il provvedimento senza attendere il parere formale della
 regione Liguria - espresso dal consiglio  regionale  solo  il  giorno
 successivo  a  quello di adozione del decreto (e cioe' il 22 dicembre
 1995) - e senza farsi  carico  dell'avviso  negativo  su  molte  aree
 espresso  nella motivata proposta di parere della giunta trasmessa al
 consiglio, e fatta conoscere al Governo.    In  proposito,  non  puo'
 accogliersi  l'eccezione  del  Presidente  del Consiglio, secondo cui
 tale censura, al pari delle altre riferite alla violazione  di  norme
 di  legge  ordinaria,  quale e' l'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977,
 ove si stabilisce la procedura che il Governo doveva  seguire,  e  in
 particolare  si  impone  ad  esso  di  provvedere "sentite le regioni
 interessate",  sarebbe  inammissibile,  perche'  non  attinente  alla
 pretesa  violazione  delle  norme  costituzionali  che definiscono le
 attribuzioni della regione.
   In realta', con la censura  in  esame,  la  ricorrente  lamenta  la
 violazione  di  quel  principio di leale cooperazione che, secondo la
 costante giurisprudenza di questa Corte, deve  governare  i  rapporti
 fra lo Stato e le regioni nelle materie e in relazione alle attivita'
 in  cui  le  rispettive  competenze  concorrano  o  si  intersechino,
 imponendo un contemperamento dei rispettivi interessi (cfr.  sentenza
 n.   341   del   1996).   Tale   regola,  espressione  del  principio
 costituzionale fondamentale per cui la Repubblica, nella salvaguardia
 della sua unita', "riconosce e promuove le  autonomie  locali",  alle
 cui  esigenze  "adegua  i principi e i metodi della sua legislazione"
 (art. 5 Cost.), va al di la' del mero  riparto  costituzionale  delle
 competenze  per  materia,  e  opera  dunque  su  tutto  l'arco  delle
 relazioni  istituzionali  fra  Stato  e  regioni,  senza  che  a  tal
 proposito  assuma  rilievo  diretto  la  distinzione  fra  competenze
 legislative esclusive, ripartite  e  integrative,  o  fra  competenze
 amministrative  proprie  e  delegate.    Nella  specie il legislatore
 delegato del 1977, chiamato a definire gli  ambiti  e  i  limiti  del
 passaggio  di funzioni amministrative alle regioni, ha individuato un
 ambito - quello  delle  aree  del  demanio  costiero  a  destinazione
 turistica  e ricreativa - in cui concorrono e interferiscono fra loro
 competenze statali e competenze regionali:   lo  ha  disciplinato  in
 linea  di  principio  attraverso la previsione di una delega generale
 alle regioni, limitata dalla riserva allo  Stato  delle  funzioni  in
 materia  di  navigazione  marittima,  sicurezza  nazionale  e polizia
 doganale; ha pero' previsto l'esclusione della delega con riguardo ad
 aree  determinate,  caratterizzate  dalla  preminenza  di   interessi
 nazionali.  L'individuazione  di  tali aree e' dunque un procedimento
 volto tipicamente alla delimitazione in concreto e alla  composizione
 di  interessi  facenti capo rispettivamente ad attribuzioni statali e
 ad attribuzioni regionali: coerentemente pertanto il  legislatore  ha
 previsto un procedimento destinato bensi' a sfociare in un atto delle
 autorita'  centrali  di  governo,  ma  nel  cui  ambito si colloca, a
 presidio degli specifici interessi  regionali  coinvolti,  un  parere
 obbligatorio,  benche'  non  vincolante,  delle  regioni interessate.
 Tale partecipazione procedimentale rappresenta la modalita'  concreta
 con  cui  si  realizza,  nel  caso,  il  contemperamento  dei diversi
 interessi, e dunque una modalita' di concorso e di confronto che deve
 rispondere al canone costituzionale della  leale  cooperazione.    La
 partecipazione  regionale al procedimento, di cui la legge stabilisce
 le  modalita',  e'  percio'  costituzionalmente  indefettibile,  deve
 essere  resa  effettivamente  e  non solo formalmente possibile, e il
 provvedimento governativo deve tener  conto  dei  risultati  di  tale
 partecipazione.    Cio'  non significa che ogni eventuale scostamento
 del contenuto dell'atto governativo rispetto ai parametri legali  che
 ne  condizionano il contenuto possa automaticamente considerarsi come
 una lesione della sfera costituzionale di attribuzioni della regione,
 suscettibile  di  essere  fatta  valere  attraverso  il  ricorso  per
 conflitto   di   attribuzioni,   anziche'   solo  come  un  vizio  di
 legittimita'  dell'atto  suscettibile  di essere fatto valere con gli
 ordinari  rimedi  giurisdizionali:  ma  integra  senz'altro  siffatta
 lesione  la deviazione dal modello procedimentale imposto dalla legge
 a tutela del principio di cooperazione.
   5. - Nel merito, la censura e' fondata.
   E' ben vero che  l'elenco  delle  aree  che  il  Governo  intendeva
 escludere    dalla   delega   venne   inviato   alcuni   mesi   prima
 dell'emanazione del decreto alla regione, invitando  quest'ultima  ad
 esprimersi  entro sessanta giorni, in mancanza di che si avvertiva la
 regione  che  si  sarebbe  considerato  acquisito   il   suo   parere
 favorevole.  Ma,  in  primo  luogo,  nessuna norma prevedeva siffatto
 termine, e tanto meno autorizzava a presumere  favorevole  il  parere
 della regione che non si fosse espressa entro il termine medesimo. La
 regione  Liguria  da  un  lato  non  manco' di contestare l'eccessiva
 brevita' del termine, e  il  significato  che  il  Governo  intendeva
 attribuire   al   suo   vano   decorso;   dall'altro  lato,  trasmise
 tempestivamente al Governo  la  proposta  circostanziata  di  parere,
 prima  che  il  consiglio  l'adottasse  definitivamente (quando ormai
 pero'  l'atto   governativo   era   stato   emanato).   Ciononostante
 ilprovvedimento  e'  stato  adottato  senza  che - come risulta dalle
 stesse premesse dell'atto - si sia tenuto alcun conto delle posizioni
 espresse dalla regione, ma limitandosi solo ad acquisire in  extremis
 il  parere  della  Conferenza  Stato-regioni. Quest'ultimo parere - a
 parte le modalita' con cui e' stato acquisito - non poteva  in  alcun
 modo  sostituire  o  assorbire  il "parere delle Regioni interessate"
 prescritto dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 (cfr. sentenza  n.
 338  del  1994):  infatti  le valutazioni destinate ad esprimersi nei
 pareri non attenevano solo  ai  criteri  generali  di  esercizio  del
 potere  governativo,  in  ipotesi  suscettibili di essere considerati
 unitariamente per  tutto  il  territorio  nazionale,  ma  anche  alle
 caratteristiche  e  alle  situazioni  delle singole aree costiere, in
 relazione alle quali solo la regione rispettivamente interessata  era
 ed e' abilitata a far valere i relativi interessi.
   L'assenza,   nella  legge,  della  previsione  di  un  termine  per
 l'espressione del parere avrebbe bensi' giustificato,  da  parte  del
 Governo,  la  richiesta  alla  regione di esprimersi entro un termine
 massimo, tenendo ragionevolmente conto del tempo  necessario  per  un
 effettivo confronto di posizioni, eventualmente anche con riferimento
 ai principi ricavabili, in tema di adempimenti consultivi all'interno
 dei  procedimenti,  dall'art.   16, commi 1 e 4, della legge 7 agosto
 1990, n. 241. Ma in ogni caso non era consentito  al  Governo,  nella
 situazione  data, adottare il provvedimento in assenza del prescritto
 parere, pur ormai preannunciato e portato a conoscenza  del  medesimo
 Governo  allo  stadio di proposta, e omettendo ogni considerazione ed
 ogni motivazione  in  ordine  alle  risultanze  della  partecipazione
 regionale.   La sostanziale omissione, nel procedimento, di modalita'
 di consultazione e  di  confronto  conformi  al  principio  di  leale
 cooperazione   costituisce   dunque   una   lesione  della  sfera  di
 attribuzioni costituzionali  della  regione  ricorrente,  e  comporta
 l'annullamento  dell'atto  impugnato,  per  la  parte che concerne il
 territorio della stessa regione: fermo restando che il Governo potra'
 provvedere comunque, ai sensi dell'art.   59, secondo  comma,  ultima
 parte,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  e  con  il procedimento ivi
 previsto, assicurando la debita  partecipazione  della  regione  alla
 individuazione  di  aree demaniali da sottrarre alla delega in quanto
 di preminente interesse nazionale ai  sensi  del  medesimo  art.  59,
 secondo comma.
   6.  -  Restano assorbite le altre censure mosse nel ricorso, sia in
 ordine al contenuto del provvedimento impugnato, sia in  ordine  alla
 sua  motivazione,  ai suoi presupposti di fatto e all'istruttoria che
 lo ha preceduto, senza che la Corte debba, in proposito, esprimersi a
 riguardo della stessa ammissibilita'  di  tali  censure  in  sede  di
 conflitto di attribuzione.