LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
 costituzionale sul ricorso n. 5137/97 depositato il 7 novembre  1997,
 avverso  S/RIF.    SU  I.RIMB.  -  Irpef,  contro D.R.E. Puglia (Sez.
 Foggia) da Di Iasio Raffaele  residente  a  Manfredonia  (Foggia)  in
 Parco   Calabria,   2,  difeso  da  Iacoviello  Arnaldo  residente  a
 Manfredonia (Foggia) in via S.  Chiara, 27, sul  ricorso  n.  5138/97
 depositato  il  7  novembre  1997 avverso s/rif. su i.rimb. Irpef, 97
 contro D.R.E. Puglia (Sez. Foggia) da Di Iasio Tommasino, residente a
 Negrar (Verona) in via Dei Ciliegi, 3, difeso da Iacoviello  Arnaldo,
 residente a Manfredonia (Foggia) in via S. Chiara, 27, sul ricorso n.
 5139/97  depositato  il  7 novembre 1997, avverso S/RIF. SU I.RIMB. -
 Irpef, 97 contro D.R.E. Puglia  (Sez.  Foggia)  da  Di  Iasio  Luigi,
 residente  a  Manfredonia  (Foggia)  in  via  Leopardi,  6, difeso da
 Iacoviello Arnaldo residente a Manfredonia (Foggia) in via S. Chiara,
 27.
                               In fatto
   Il comune di Manfredonia  effettuava  la  ritenuta  Irpef  del  20%
 prevista  dall'art.  11, comma 7, legge n. 413/1991 sulla somma di L.
 41.666.667 corrisposta nel 1997 a  Raffaele,  Tommasino  e  Luigi  Di
 Iasio,  germani, a titolo di indennita' di esproprio. I contribuenti,
 dopo  aver  inoltrato  invano  istanza  di   rimborso   dell'imposta,
 proponevano  distinti ricorsi a questa commissione tributaria avverso
 il  silenzio-rifiuto  della  amministrazione  finanziaria.  L'ufficio
 resisteva   costituendosi   in  giudizio.  Contestava  l'assunto  dei
 ricorrenti secondo cui alla fattispecie  andava  applicato  anche  il
 limite   temporale   imposto   dal   comma  9  per  l'assoggettamento
 all'imposta in esame delle indennita' percepite retroattivamente  nel
 triennio 1989-1991.
   In  esito  all'odierna  discussione  della controversia in pubblica
 udienza, su istanza dei  ricorrenti,  previa  riunione  dei  ricorsi,
 osserva il collegio
                              In diritto
   L'interpretazione  dell'art.  11,  comma 5, della legge 30 dicembre
 1991, n. 413, coerentemente con il senso  letterale  e  logico  della
 norma, induce a ritenere che le somme percepite a titolo di esproprio
 e  di  cessione  volontaria nel corso del procedimento espropriativo,
 nonche' a seguito di occupazioni  acquisitive,  a  far  tempo  dal  1
 gennaio  1992,  cioe'  dalla  entrata  in  vigore  della legge, siano
 assoggettate a tassazione secondo le modalita'  descritte  senza  che
 abbia  alcuna  incidenza, per l'insorgenza dell'obbligo contributivo,
 la  data  del  provvedimento  o  dell'atto   che   ha   generato   la
 corresponsione  delle  somme. Infatti, la norma non pone alcun limite
 di carattere temporale al riguardo, stabilendo,  sic et  simpliciter,
 come  presupposto  dell'obbligazione  tributaria,  la  percezione  di
 indennita' o altre somme, per le causali enucleate, che costituiscono
 plusvalenze  agli  effetti  dell'art.  81,  comma  1,  lett.  b,  del
 T.U.I.R.,  come modificato dal comma 1, lett.  f, del citato art. 11.
 Giusta rilievo contenuto nella circolare  esplicativa  del  Ministero
 delle  finanze  in  data 24 luglio 1998, n. 194/E, cio' risponde alla
 regola del principio di cassa che e' alla  base  dell'imposizione  di
 tutti i redditi diversi dal reddito di impresa.
   Il legislatore ha inteso invece dare rilevanza alla data degli atti
 o dei provvedimenti (decreto di espropriazione, cessione, occupazione
 illegittima)  che  danno titolo alla percezione di dette indennita' o
 somme soltanto per l'ipotesi eccezionale, enucleata nel comma  9,  di
 assoggettamento  retroattivo  delle  stesse  alla  tassazione  di cui
 trattasi,  per  il triennio 1989-1991 anteriore all'entrata in vigore
 della legge, stabilendo che l'obbligazione  tributaria  sorge  se  le
 fonti  relative  (decreto  di  espropriazione,  cessione, occupazione
 illegittima)  risalgono  allo  stesso  periodo  triennale.  Con  cio'
 verosimilmente si e' inteso tener conto del principio affermato dalla
 Corte  costituzionale  con  la  sent.  n.  44/1996,  che  ha ritenuto
 legittima la retroattivita' in materia tributaria, purche'  contenuta
 in limiti di ragionevolezza.
   A  questo  punto  si  pone  il problema della discriminazione delle
 posizioni soggettive relative ai contribuenti di cui ai citati  commi
 5  e  9,  con  riferimento  all'epoca  di  insorgenza della fonte del
 reddito assoggettato ad imposizione, il cui diverso  trattamento  non
 sembra  trovare  del  tutto  giustificazione  nel temperamento con il
 quale viene ammessa la retroattivita' dell'obbligazione tributaria.
   Non si vede, ne' si apprezza, invero, una  ragione  plausibile  che
 valga   a   discriminare  le  due  posizioni,  nel  senso  che  nella
 fattispecie  ex  comma  9,  il  limite  temporale  di  retroattivita'
 dell'obbligazione  tributaria  e' in stretta correlazione causale con
 gli atti, anche volontari, o provvedimenti emessi successivamente  al
 31  dicembre  1988 fino alla data di entrata in vigore della legge in
 esame; laddove ben si sarebbe potuto fare a meno di tale correlazione
 circoscrivendo l'imposizione  retroattiva  alle  somme  riscosse  nel
 triennio  1989-1991, indipendentemente dall'epoca di insorgenza della
 fonte  del  reddito.    Si  vuole  dire  che   il   principio   della
 retroattivita' limitata dell'obbligazione tributaria, in coerenza con
 la Costituzione, non sarebbe stato certo scalfito, se il legislatore,
 senza  la  descritta  correlazione,  avesse  circoscritto soltanto la
 riscossione del reddito soggetto a tributo al triennio anzidetto.
   L'avere invece condizionato l'imposizione anche alla ricorrenza del
 presupposto che il reddito  sia  derivato  da  atti  e  provvedimenti
 emessi  successivamente  al  31  dicembre 1988, e quindi nel medesimo
 triennio, legittima la  supposizione  di  un  trattamento  senz'altro
 preferenziale  dei contribuenti ricadenti nella previsione del citato
 comma 9, rispetto a  quello  riservato  ai  contribuenti  di  cui  al
 precedente  comma  5.  Se  e'  vero, infatti, che per il principio di
 cassa di per se' non ha alcuna rilevanza la data  dell'atto  o  fatto
 che da' titolo alla percezione della somma sottoposta ad imposizione,
 tale data deve ritenersi del pari irrilevante nel caso di imposizione
 retroattiva,  dovendosi  in  tal caso salvaguardare soltanto il nesso
 tra imposizione e capacita' contributiva, nel senso che  quest'ultima
 deve    essere   attuale   e   non   remota   rispetto   al   momento
 dell'imposizione.
   Ne  deriva,  in  definitiva,  un  trattamento  privilegiato  per  i
 contribuenti  di  cui  al  comma  9  rispetto  alla  generalita'  dei
 contribuenti ricadenti nella  previsione  del  comma  5,  atteso  che
 soltanto   in   favore   dei   primi,  e  senza  alcuna  apprezzabile
 giustificazione razionale,  la  tassazione  viene  circoscritta  alle
 somme   percepite   in   conseguenza   di   atti  anche  volontari  o
 provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino  alla
 data di entrata in vigore della legge.
   Non  si  capisce,  in  definitiva,  il  motivo  per  cui  i secondi
 contribuenti - fermo il rispetto del principio di cassa - a tal punto
 debbano soggiacere alla tassazione in modo indiscriminato per atti  e
 provvedimenti  emessi  pure  in  epoca  di  gran lunga anteriore al 1
 gennaio  1989,  fatto, questo, imputabile, quasi sempre, a negligenza
 degli enti debitori