ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  11,  comma  4,
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 26 febbraio  1997
 dal  pretore  di Firenze, il 30 dicembre 1996 dal pretore di Chieti e
 l'11 febbraio 1998 dal pretore di Grosseto, rispettivamente  iscritte
 ai  nn.  286  e  824  del  registro  ordinanze  1997 ed al n. 205 del
 registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica  nn.  23 e 41 - prima serie speciale - dell'anno 1997 e n.
 14 - prima serie speciale - dell'anno 1998.
   Visto l'atto di costituzione di Anzellini Antonio, nonche' gli atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1998 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Udito l'avvocato Eugenio Cavallucci per Anzellini Antonio.
   Ritenuto  che,  nel corso del giudizio di merito, seguito alla fase
 di urgenza ex art. 700 c.p.c., avente  ad  oggetto  la  richiesta  di
 declaratoria di insussistenza del debito del ricorrente nei confronti
 del  Ministero  dell'interno,  relativo  alla somma corrispondente ad
 un'annualita' dell'assegno  mensile  di  assistenza,  gia'  percepito
 dallo  stesso  ricorrente quale invalido civile con riconoscimento di
 inabilita' lavorativa, e revocatogli per non avere  egli  ottemperato
 al  disposto  dell'art. 11, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n.
 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), l'adito  pretore  di
 Firenze,  con ordinanza emessa in data 26 febbraio 1997 (R.O. n.  286
 del 1997), ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 della  predetta  norma,  nella  parte in cui essa stabilisce che "nel
 caso di accertata  insussistenza  dei  requisiti  prescritti  per  il
 godimento  dei  benefici, e se il beneficiario non rinuncia a goderne
 dalla data dell'accertamento, sono assoggettati a ripetizione tutti i
 ratei versati nell'ultimo anno precedente la data stessa";
     che il giudice a quo  premesso  che  la  questione  non  potrebbe
 considerarsi  superata  per  effetto  della  sentenza di infondatezza
 della Corte n.   382 del 1996,  relativa  alla  medesima  norma,  che
 concerneva  la  particolare  fattispecie  dell'avvenuta rinuncia alla
 provvidenza di cui si tratta, con adesione alla revoca, ha  osservato
 che  tale  norma  prevederebbe  sostanzialmente la irrogazione di una
 sanzione,  tra  l'altro  di  rilevante   entita',   specialmente   se
 rapportata   alla  situazione  economica  dell'interessato,  che  non
 troverebbe alcuna giustificazione in un comportamento colposo  a  lui
 ascrivibile, e che, per la sua efficacia intimidatoria, finirebbe per
 imporre  la  definitivita'  dell'accertamento  eseguito  in  sede  di
 revisione,  inibendo  ogni  iniziativa  diretta  alla  verifica   del
 provvedimento   amministrativo,   determinandosi   in   tal  modo  la
 violazione del principio del libero esercizio del diritto di  difesa,
 garantito   dall'art.   24  della  Costituzione,  e  del  diritto  al
 mantenimento ed all'assistenza in caso di inabilita' al lavoro  e  di
 mancanza  dei  mezzi  di  sussistenza,  che trova tutela nell'art. 38
 della Costituzione;
     che, inoltre, la norma de qua si porrebbe in contrasto con l'art.
 3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
 trattamento  rispetto a tutte le altre ipotesi di revoca a seguito di
 revisione di prestazioni previdenziali e/o assistenziali, non gravate
 dalla inibitoria denunciata;
     che  nel  giudizio  si  e'  costituita  la  parte   privata   del
 procedimento a quo che ha richiesto la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale   della   norma  impugnata,  svolgendo  argomentazioni
 adesive a quelle riferite, cui ha aggiunto, sotto  il  profilo  della
 denunciata  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione, il rilievo
 secondo  il  quale  la  disciplina  di  cui  si  tratta  sottopone  a
 ripetizione    tutti    i    ratei   versati   nell'anno   precedente
 l'accertamento, a prescindere  dalla  verifica  relativa  al  momento
 della effettiva diminuzione del grado di invalidita';
     che  il  pretore  di  Chieti, con ordinanza emessa il 30 dicembre
 1996, pervenuta alla Corte l'11 novembre 1997 (R.O. n. 824 del 1997),
 ha sollevato la medesima questione,  in  riferimento,  oltre  che  ai
 parametri  gia'  indicati, anche all'art. 2 della Costituzione, sotto
 il profilo della violazione del principio della solidarieta' sociale;
     che la stessa questione e' stata altresi' sollevata con ordinanza
 emessa l'11 febbraio 1998 (R.O. n. 205  del  1998),  dal  pretore  di
 Grosseto,  il  quale ha denunciato il contrasto della norma impugnata
 con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, aggiungendo ai  rilievi
 gia' riferiti il sospetto di disparita' di trattamento tra colui che,
 trovandosi  nella  situazione descritta dalla norma di cui si tratta,
 sia sottoposto all'onere di  ripetizione,  e  chi  sia  in  grado  di
 contestare le conclusioni dell'accertamento di una commissione medica
 al  fine  di  conseguire  una provvidenza di carattere assistenziale,
 senza  essere  sottoposto  all'alea  della  ripetizione,  in   quanto
 richiedente ex novo la provvidenza stessa;
     che  nei  relativi  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri, con il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale
 dello  Stato,  che  ha  concluso  per la manifesta infondatezza delle
 questioni sollevate.
   Considerato che, avendo  le  tre  ordinanze  ad  oggetto  questioni
 identiche  quanto  alla  norma  denunciata,  i relativi giudizi vanno
 riuniti per essere decisi congiuntamente;
     che la norma impugnata e' stata abrogata  per  effetto  dell'art.
 4,  comma  3-nonies  del  d.-l.  20 giugno 1996, n. 232 (Disposizioni
 urgenti per il risanamento della finanza pubblica),  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 8 agosto 1996, n. 425;
     che  le  ordinanze di rimessione non contengono alcun riferimento
 alla citata nuova  regolamentazione  della  materia,  in  particolare
 omettendo  di  motivare  in  ordine  alla persistente rilevanza delle
 questioni sollevate, alla luce di eventuali, perduranti effetti della
 norma impugnata, pur abrogata;
     che,   pertanto,   le   questioni   devono   essere    dichiarate
 manifestamente inammissibili.