ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 15,  16,  17,
 18,  19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n.
 86  (Piano  generale  delle  aree  regionali  protette.   Norme   per
 l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti
 naturali,  nonche'  delle  aree  di  particolare rilevanza naturale e
 ambientale) e della legge della Regione Lombardia 29 aprile 1995,  n.
 39  (Piano  territoriale  di  coordinamento  del  parco  naturale  di
 Montevecchia e della Valle del Curone), promosso con ordinanza emessa
 il 14 novembre 1996  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della
 Lombardia  sui ricorsi riuniti proposti da Di Marca Michele contro il
 comune di Lomagna ed altri, iscritta al n. 115 del registro ordinanze
 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  12,
 prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso del giudizio promosso contro il comune di Lomagna  e
 nei  confronti della Regione Lombardia e del Consorzio parco naturale
 Montevecchia  e  Valle  del  Curone,  il   Tribunale   amministrativo
 regionale  della  Lombardia,  con  ordinanza del 14 novembre 1996, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3,  24,  42,  97,  101,  secondo
 comma,   e   113   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della legge  della
 Regione  Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree
 regionali protette.   Norme per l'istituzione  e  la  gestione  delle
 riserve,  dei  parchi  e dei monumenti naturali nonche' delle aree di
 particolare  rilevanza  naturale  e  ambientale)  e della legge della
 Regione Lombardia 29  aprile  1995,  n.  39  (Piano  territoriale  di
 coordinamento  del  parco  naturale di Montevecchia e della Valle del
 Curone).
   Preliminarmente  il  collegio  rimettente   ha   descritto   l'iter
 processuale delle impugnazioni proposte dal ricorrente, proprietario,
 entro  la circoscrizione del comune di Lomagna, di una vasta area per
 complessivi mq 77.280 oggetto di lottizzazione a  scopo  industriale,
 approvata  con  deliberazione  consiliare  del  30  maggio  1983, con
 annessa convenzione di lottizzazione del 19 ottobre 1984,  trascritta
 il successivo 14 novembre. Con un primo ricorso e' stata impugnata la
 variante  allo  strumento urbanistico generale (approvata il 2 giugno
 1994),  che,  mutando  l'originaria  destinazione  delle  aree  (zona
 D-industriale),  le  includeva  nella zona E-agricola; con successivo
 ricorso e' stato  censurato  il  diniego  in  ordine  all'istanza  di
 concessione edilizia per le aree in oggetto; da ultimo, il ricorrente
 ha  impugnato  l'ulteriore  diniego di concessione edilizia, adottato
 dal Sindaco del  comune  di  Lomagna,  all'esito  di  un  nuovo  iter
 istruttorio  del  procedimento  per  il  rilascio  del  provvedimento
 concessorio.
   2. -  In  quest'ultimo  giudizio  si  costituiva  il  Consorzio  di
 gestione  del parco di Montevecchia e Valle del Curone, rilevando che
 l'approvazione definitiva con legge regionale n.  39  del  29  aprile
 1995 del Piano territoriale di coordinamento (PTC) del parco, nel cui
 perimetro  sono  ricomprese  le  aree  di proprieta' del ricorrente -
 qualificate   come   A2-agricole,    caratterizzate    da    presenze
 naturalistiche   ed   agrarie  di  valore  congiunto  -,  costituiva,
 comunque, causa ostativa al rilascio della concessione  edilizia  per
 cui pendeva controversia.
   3.  -  Secondo  il giudice rimettente, l'approvazione con legge del
 Piano territoriale di coordinamento era  avvenuta  sulla  base  della
 legge  regionale  30  novembre 1983, n. 86, che disciplina un preciso
 procedimento  di  approvazione,  il  cui  mancato   rispetto   veniva
 censurato  con  l'ultimo  ricorso. Tale legge pregiudicherebbe lo ius
 aedificandi del ricorrente  e  violerebbe  gli  artt.  97,  24,  101,
 secondo  comma,  e  113  in  connessione  con  gli artt. 42 e 3 della
 Costituzione, in quanto il principio di legalita' imporrebbe  che  vi
 sia  sempre  "un  distacco  tra  legge  e  provvedimento  al  fine di
 consentire un sindacato giurisdizionale circa la  razionalita'  delle
 scelte amministrative".
   Nel   caso   di   specie   con  una  legge  autoapplicativa,  senza
 l'intermediazione   del   necessario   provvedimento   amministrativo
 (sentenza  n. 513 del 1988), si sarebbe individuata una determinata e
 limitata parte del territorio disciplinandone compiutamente il regime
 giuridico, pregiudicando la facolta'  di  edificare  e  l'affidamento
 ingenerato nel titolare del diritto dominicale dalle pregresse scelte
 urbanistiche, sfociate nella convenzione di lottizzazione.
   Il  giudice  rimettente non contesta la legittimita' costituzionale
 di tutte le leggi provvedimento, ma solo delle leggi  regionali  che,
 con  il  loro contenuto e gli effetti sostanziali, si presentano come
 autoapplicative, in quanto individuano direttamente una determinata e
 limitata parte del territorio disciplinandone compiutamente il regime
 giuridico in modo piu' sfavorevole per il titolare.
   Ad  avviso  del  giudice a quo si violerebbero, altresi', gli artt.
 24 e  113  della  Costituzione,  in  quanto  nella  specie  la  legge
 regionale,  in  definitiva,  verrebbe a paralizzare l'impugnazione in
 via  giurisdizionale  degli  atti  amministrativi  con   "un'evidente
 interferenza  sull'attivita'  degli organi giurisdizionali"; inoltre,
 vi sarebbe violazione degli artt. 3, 97, 24 e 113 della  Costituzione
 sotto   il   profilo  del  contrasto  con  il  principio  del  giusto
 procedimento,  nonche'  di   ragionevolezza   e   di   coerenza   del
 procedimento  legislativo.  La  legge  regionale  n.    39  del  1995
 configura il procedimento disciplinato dagli artt. 16, 17, 18,  19  e
 20   della   legge  regionale  n.  86  del  1983,  come  procedimento
 articolato,  che  consente  la  partecipazione  degli  Enti  e  delle
 istituzioni   interessate   e   dei   privati   ("chiunque  vi  abbia
 interesse").
   Di conseguenza il Tar ritiene illogico e contraddittorio precludere
 il controllo giurisdizionale  sull'iter  di  approvazione  del  piano
 territoriale  di  coordinamento  del  parco,  poiche' la stessa legge
 regionale 30 novembre 1983, n. 86 prevede un giusto procedimento.
                         Considerato in diritto
   1. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia  riguardano la
 legge  della  Regione  Lombardia  29  aprile  1995,  n.   39   (Piano
 territoriale  di  coordinamento  del parco naturale di Montevecchia e
 della Valle del Curone) e gli artt. 15, 16, 17, 18,  19  e  20  della
 legge  della  stessa  Regione 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale
 delle aree protette. Norme per  l'istituzione  e  la  gestione  delle
 riserve,  dei  parchi  e dei monumenti naturali nonche' delle aree di
 particolare rilevanza naturale e  ambientale),  nella  parte  in  cui
 prevedono   l'approvazione   con  legge  del  Piano  territoriale  di
 coordinamento (PTC), e ne disciplinano il procedimento e gli effetti.
   Si sostiene la violazione degli artt. 97, 24, 101, secondo comma, e
 113 della Costituzione per contrasto con il  principio  di  legalita'
 sotto   il   profilo   che,   al  fine  di  consentire  il  sindacato
 giurisdizionale sulla razionalita' delle  scelte  amministrative  che
 incidano  sulle  posizioni  giuridiche soggettive, vi dovrebbe essere
 "sempre  un  distacco  tra  legge  e  provvedimento  amministrativo",
 soprattutto  con  riferimento  alle  leggi  autoapplicative  idonee a
 disciplinare direttamente il regime giuridico di ambiti  territoriali
 limitati,  pregiudicando  le  aspettative  dei titolari delle aree in
 essi ricompresi.
   Inoltre, si deduce  la  violazione  degli  artt.  24  e  113  della
 Costituzione,   in   quanto  nella  specie  la  legge  regionale,  in
 definitiva,   verrebbe   a   paralizzare   l'impugnazione   in    via
 giurisdizionale  degli atti amministrativi relativi alla formazione e
 approvazione del piano, con "un'evidente interferenza  sull'attivita'
 degli organi giurisdizionali".
   Infine,  viene denunciata la violazione degli artt. 3, 97, 24 e 113
 della Costituzione sotto il profilo del contrasto  con  il  principio
 del  giusto procedimento, nonche' di ragionevolezza e di coerenza del
 procedimento  legislativo:   sarebbe   illogico   e   contraddittorio
 precludere  il  controllo  giurisdizionale  del piano territoriale di
 coordinamento del parco, poiche' la stessa legge regionale n. 86  del
 1983   prevede   un   procedimento   articolato,   che   consente  la
 partecipazione degli enti  e  delle  istituzioni  interessate  e  dei
 privati  ("chiunque  vi  abbia interesse"), quale giusto procedimento
 ritenuto idoneo dallo stesso legislatore regionale.
   2. - Le questioni di legittimita' costituzionale sono infondate, in
 quanto  si  basano  su  una  interpretazione  non  esatta delle norme
 denunciate,  essendo   queste,   invece,   suscettibili   di   essere
 interpretate  in  senso  conforme  a  Costituzione,  con  conseguente
 esclusione di  qualsiasi  possibilita'  di  violazione  dei  principi
 costituzionali  invocati,  ivi  compreso quello attinente alla tutela
 giurisdizionale contro gli atti amministrativi relativi  all'iter  di
 formazione ed adozione di piano territoriale.
   Del resto, lo stesso giudice rimettente, in occasione dell'esame di
 impugnazione  di  una  proposta di piano di coordinamento di un parco
 (Parco agricolo sud Milano),  ha  successivamente  ritenuto  che  non
 esistesse  alcun ostacolo all'esercizio dei poteri giurisdizionali di
 annullamento  delle  delibere  amministrative  rientranti   nell'iter
 procedimentale  della  fase  di  formazione, adozione ed approvazione
 della proposta di piano di coordinamento di parco  da  sottoporre  al
 Consiglio  regionale  (v.  sentenza del Tar della Lombardia 8 ottobre
 1997, n. 1738 e relativo conflitto di  attribuzione  deciso  in  data
 odierna con sentenza di questa Corte n. 226 del 1999.
   3.  -  Le denunciate norme di legge regionale della Lombardia - con
 una scelta suscettibile di  interpretazione  tale  da  conseguire  un
 risultato  del  tutto  corretto  sul  piano  costituzionale  -  hanno
 previsto un dettagliato  speciale  procedimento  per  la  formazione,
 l'adozione,  la  verifica  e l'approvazione del piano territoriale di
 coordinamento del Parco naturale, suddiviso  in  due  fasi  autonome,
 aventi natura e finalita' diverse.
   La   prima   fase   esclusivamente  amministrativa,  con  tutte  le
 caratteristiche di  "giusto  procedimento",  tendente,  per  espressa
 scelta  legislativa,  a  realizzare  la partecipazione ed il concorso
 attivo di molteplici  interessi  coinvolti,  come  apporto  non  solo
 meramente collaborativo, ma con funzione anche garantistica del ruolo
 proprio  dei  comuni  nella pianificazione territoriale, cioe' con il
 concorso attivo  degli  enti  locali,  nonche'  con  la  facolta'  di
 intervento  di  altri soggetti privati interessati (artt. 16, 17, 18,
 19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86).
   Infatti, in Lombardia per ogni parco - la cui  istituzione  avviene
 con  legge  regionale  "previa  consultazione  dei  comuni, comunita'
 montane e province interessate" (art. 16, primo  comma,  della  legge
 regionale  30  novembre  1983,  n.  86)  -  viene  formato  un  piano
 territoriale di coordinamento avente natura ed effetti anche di piano
 territoriale regionale, ai sensi degli artt. 4 e 7 della legge  della
 Regione  Lombardia  15  aprile  1975, n. 51, con la conseguenza della
 applicabilita', a decorrere dalla data di pubblicazione del  semplice
 progetto di piano, delle misure di salvaguardia.
   Tale  salvaguardia  per la "proposta di piano del parco", tuttavia,
 non  e'  limitata  a  determinate  previsioni  che  siano  dichiarate
 "immediatamente  prevalenti" ed "immediatamente vincolanti" anche nei
 confronti dei privati, come previsto  invece  per  i  semplici  piani
 territoriali  regionali  (art.  7,  quinto  comma,  in relazione alla
 lettera h), dell'art. 4, primo comma, della  legge  regionale  n.  51
 citata),  ma  si  estende  ad  ogni  intervento  in  contrasto con le
 previsioni della pubblicata proposta del piano  del  parco  naturale,
 nonche'  con  le eventuali modifiche semplicemente deliberate in sede
 di verifica del piano stesso da parte della  Giunta  regionale  (art.
 18, comma 6, seconda parte, della legge regionale n. 86, citata).
   L'anzidetta  salvaguardia  si  collega  temporalmente alle norme di
 salvaguardia  anteriormente  stabilite   con   la   legge   regionale
 istitutiva  di  parchi naturali (art. 18, comma 6, prima parte, della
 legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86;  nella  specie
 norme  introdotte con l'art. 7 della legge della Regione Lombardia 16
 settembre 1983, n. 77).
   Tale salvaguardia del piano si applica fino alla entrata in  vigore
 della  legge  di  approvazione  del  piano  territoriale del parco, e
 comunque per non oltre due anni dalla  pubblicazione  nel  Bollettino
 Ufficiale  regionale dell'avviso di ricevimento da parte della Giunta
 regionale della proposta di piano.
   Da sottolineare che il piano di coordinamento del parco sostituisce
 il piano territoriale paesistico nei territori  compresi  nei  parchi
 naturali  (art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985,
 n. 57) e non ha funzione di solo  coordinamento  per  indirizzare  le
 successive  pianificazioni  sottordinate  delle  amministrazioni  che
 hanno ulteriore competenza nella materia. Il piano del parco non crea
 vincoli nei soli confronti  delle  amministrazioni  (come  era  nella
 fattispecie  decisa  con  la sent. n. 143 del 1989) come esercizio di
 potere  di  indirizzo,  ma  comporta  immediatamente  e  direttamente
 vincoli  e  limiti anche per i privati (art. 18 della legge regionale
 n. 86 del 1983), senza che si verifichi l'esigenza di intermediazione
 di strumenti sottordinati al piano approvati con atto  amministrativo
 suscettibile di tutela giurisdizionale.
   Il  progetto di piano e' elaborato dall'ente gestore del parco (che
 puo' essere un consorzio tra gli enti locali interessati, come  nella
 specie  il consorzio tra i comuni interessati specificati dalla legge
 regionale istitutiva del parco:  legge  della  Regione  Lombardia  16
 settembre  1983,  n.  77,  art. 3) con una netta distinzione rispetto
 alla fase legislativa di approvazione regionale. Infatti, la proposta
 di piano viene adottata con delibera dell'ente gestore (v. anche art.
 6, della legge regionale n. 77, citata). Essa viene pubblicata con le
 forme  tipiche  delle  pianificazioni  territoriali,   al   fine   di
 consentire  la presentazione di osservazioni "da parte di chiunque vi
 abbia interesse" ed e' destinata  ad  essere  trasmessa  alla  Giunta
 regionale insieme alle osservazioni presentate e alle controdeduzioni
 dell'ente  proponente.  La  Giunta  regionale  della Lombardia, a sua
 volta, deve  verificare  la  proposta  di  piano  in  relazione  alla
 coerenza con gli indirizzi di politica ambientale della Regione ed ha
 il  potere  di  deliberare le "modifiche necessarie". Successivamente
 deve trasmetterla al Consiglio regionale  (assumendone  con  separato
 atto  la formale iniziativa legislativa di approvazione) insieme alle
 osservazioni e controdeduzioni inviate dall'ente gestore proponente e
 alle "modifiche" eventualmente apportate  dalla  stessa  Giunta,  che
 determina il contenuto definitivo del piano adottato.
   Sia  la  delibera  di  adozione  della proposta di piano del parco,
 formulata dall'ente gestore, una volta  pubblicata  (negli  albi  dei
 comuni  e  province interessate e con avviso nel Bollettino Ufficiale
 della Regione, pubblicazione anteriore alla trasmissione alla  Giunta
 regionale),  sia  la  delibera  della Giunta regionale, contenente le
 eventuali modifiche del piano, sono configurate come atti adottati da
 organi amministrativi e nell'esercizio  di  attivita'  amministrativa
 (con  le  garanzie  proprie  della relativa funzione, ivi compresa la
 soggezione al sindacato giurisdizionale di legittimita'). Detti atti,
 inoltre,  sono  suscettibili  di  ledere  immediatamente,  attraverso
 l'automatica cogenza della salvaguardia, le  posizioni  dei  soggetti
 interessati,  che  soggiacciono alle previsioni del progetto di piano
 per gli effetti impeditivi rispetto ad ogni intervento in  contrasto.
 Pertanto,  dette delibere non possono ritenersi sottratte al generale
 sindacato di legittimita' del giudice amministrativo.
   La  seconda  fase,  avente   natura   legislativa   (procedura   di
 approvazione   del   piano  con  legge  regionale),  inizia  dopo  il
 compimento della verifica affidata alla Giunta - cui  spetta  in  via
 esclusiva un correlato potere amministrativo correttivo (introduzione
 di  modifiche  al progetto di piano) - e solo con la presentazione al
 Consiglio regionale del progetto di  legge  della  Giunta  regionale,
 atto  che  assume  il  valore  di  formale  iniziativa della legge di
 approvazione del piano.
   Ed appunto la legge regionale 29 aprile 1995, n. 39,  con  espresso
 richiamo  "ai  sensi  dell'art.  6 della legge regionale 16 settembre
 1983, n. 77, dell'art. 17 della legge regionale 30 novembre 1983,  n.
 86",  ha  approvato  il piano territoriale di coordinamento del parco
 naturale di Montevecchia e della Valle del Curone,  costituito  dagli
 elaborati  derivanti  dalla verifica istruttoria sul piano originario
 (adottato  dall'ente  gestore)  compiuta   dal   gruppo   di   lavoro
 interassessorile,  che  ha dato luogo ad una revisione della proposta
 di piano del parco, fatta propria  dalla  delibera  della  Giunta  di
 modifiche al piano con definizione del testo del piano stesso.
   4.  -  Cosi'  configurate le due fasi, l'una amministrativa, con le
 garanzie proprie del  giusto  procedimento  -  secondo  una  corretta
 interpretazione  della  legge  regionale  -, e l'altra legislativa di
 mera  approvazione  del  piano,  quale  risultante  a  seguito  delle
 modifiche  adottate  dalla  Giunta  regionale,  e'  evidente  che gli
 eventuali vizi della fase amministrativa di  formazione,  adozione  e
 modifiche  del  piano  del parco non sono sanati ne' comunque coperti
 dall'approvazione con legge regionale del piano stesso.
   Tale approvazione attiene ad un esame  ed  ad  una  valutazione  di
 politica  territoriale-ambientale  da parte dell'assemblea regionale.
 Il legislatore regionale - nella legge n. 86 del  1983,  che  regola,
 tra  l'altro,  le  norme generali di procedura per l'istituzione e la
 gestione dei parchi naturali - ha sottratto il solo  atto  finale  di
 approvazione  ai  poteri  (amministrativi)  dell'ente gestore e della
 Giunta regionale. Cio' allo  scopo  di  addivenire  ad  una  delibera
 legislativa  di  mera  approvazione  (essenzialmente politica) con il
 connaturale  concorso  della  volonta'   dell'intera   rappresentanza
 regionale e non della sola Giunta espressione di maggioranza.
   La  anzidetta  legge  regionale  di mera approvazione del piano del
 parco non attribuisce al contenuto del piano valore di  legge  e  non
 assume   il   significato  di  conversione  dell'atto  contenente  la
 pianificazione del parco.
   Pertanto, sulla base delle predette considerazioni,  gli  eventuali
 vizi della delibera di adozione del piano del parco assunta dall'ente
 gestore   e  della  delibera  di  modifiche  da  parte  della  Giunta
 regionale,  nonche'   le   eventuali   violazioni   dello   specifico
 procedimento  amministrativo  di  formazione,  adozione,  verifica  e
 partecipazione  non  rimangono  sottratti   all'ordinario   sindacato
 giurisdizionale   sulle   scelte   amministrative   che  incidono  su
 situazioni giuridiche soggettive.