ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1469-bis del
 codice civile, promosso con ordinanza emessa il 3 novembre  1997  dal
 giudice di pace dell'Aquila nel procedimento civile vertente tra Lido
 s.n.c.  e l'ENEL s.p.a., iscritta al n. 4 del registro ordinanze 1998
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  4,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  costituzione  dell'ENEL s.p.a. nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1999 il giudice  relatore
 Fernanda Contri;
   Uditi  l'Avvocato  Alessandro  Pace  per l'ENEL s.p.a. e l'Avvocato
 dello Stato Giuseppe Fiengo  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.
   Ritenuto che nel corso di un procedimento civile, avente ad oggetto
 l'opposizione  al  decreto  ingiuntivo  emesso  per  il  pagamento di
 fatture insolute relative alla fornitura  di  energia  elettrica,  il
 giudice di pace dell'Aquila, con ordinanza emessa il 3 novembre 1997,
 ha   sollevato,   in   riferimento  agli  artt.  3,  35  e  41  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
 1469-bis del codice civile, nella parte in cui "definisce consumatore
 solo la persona fisica e non anche la persona fisica che  agisce  per
 scopi imprenditoriali e quella giuridica";
     che  nel  giudizio  a quo, come espone in fatto il rimettente, la
 parte opponente ha contestato l'efficacia della clausola contrattuale
 di deroga alla competenza  territoriale,  anche  ai  sensi  dell'art.
 1469-bis  del  codice  civile,  mentre  la  parte  opposta ha dedotto
 l'inapplicabilita' alla fattispecie di tale norma, dal momento che la
 societa' opponente non puo'  definirsi  consumatore  ai  sensi  della
 citata  disposizione,  che  attribuisce  tale  qualita' soltanto alla
 persona  fisica  che  agisce   per   scopi   estranei   all'attivita'
 imprenditoriale o professionale eventualmente svolta;
     che  il  rimettente,  dopo  aver  osservato che l'interpretazione
 letterale  della  indicata  norma  induce  a   restringere   l'ambito
 soggettivo  di  applicazione  della  disciplina  in  esame  alle sole
 persone  fisiche  che  agiscono  per  scopi  estranei   all'attivita'
 imprenditoriale  o  professionale,  reputa  del  tutto ingiustificata
 l'esclusione delle persone giuridiche e delle persone fisiche  agenti
 per   scopi  imprenditoriali  o  professionali  dalla  categoria  dei
 consumatori tutelati dalle norme in questione;
     che, in particolare, non avrebbe alcun fondamento, ad avviso  del
 giudice  a  quo, la scelta del legislatore di limitare la tutela alle
 sole persone fisiche che agiscono per  scopi  estranei  all'attivita'
 imprenditoriale o professionale, essendo in tal modo discriminati gli
 artigiani,  i  piccoli  imprenditori,  gli imprenditori agricoli e le
 imprese familiari, che pure devono intendersi consumatori;
     che tale ingiustificata limitazione determinerebbe quindi per  il
 rimettente non solo una mancanza di tutela del lavoro in tutte le sue
 forme  ma anche la violazione del principio di eguaglianza, in quanto
 il trattamento  differenziato  delle  categorie  di  consumatori  non
 sarebbe    sorretto   da   un'apprezzabile   ragione   di   carattere
 costituzionale;
     che si e' costituita nel giudizio innanzi  alla  Corte  la  parte
 opposta  del  giudizio  a  quo, concludendo per l'inammissibilita' o,
 comunque, per l'infondatezza della questione;
     che, in particolare, ad avviso della detta  parte,  la  questione
 sarebbe  inammissibile, in quanto il contratto contenente la clausola
 di deroga alla competenza territoriale e' stato concluso in  data  15
 febbraio  1986,  con la conseguente inapplicabilita' della disciplina
 sopravvenuta,  posto  che  l'art.  10,  comma  1,   della   direttiva
 93/13/CEE,  di  cui  la  legge n. 52 del 1996 costituisce attuazione,
 stabilisce l'applicabilita' delle relative disposizioni ai  contratti
 stipulati dopo il 31 dicembre 1994;
     che   la   questione   sarebbe  comunque  infondata,  poiche'  il
 legislatore italiano ha integralmente recepito  i  criteri  enunciati
 nella   direttiva,   non   ritenendo,  in  forza  di  proprie  scelte
 discrezionali insindacabili, di estendere la  disciplina  a  soggetti
 diversi;
     che  la  pretesa  disparita'  di trattamento tra il consumatore e
 l'imprenditore sarebbe del  tutto  insussistente,  in  considerazione
 della  diversita'  ontologica  delle  situazioni in cui tali soggetti
 versano, la  cui  parificazione  anzi  darebbe  luogo  a  profili  di
 incostituzionalita';
     che  ha  spiegato  intervento  il  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;
     che,  ad  avviso della difesa erariale, la nozione di consumatore
 e'  riferibile  soltanto  alla  persona  fisica  che  agisce  per  il
 soddisfacimento  di  propri  bisogni  di vita e quindi al di fuori di
 un'attivita' di carattere speculativo o di un'attivita' produttiva di
 reddito;
     che la  tutela  e'  ragionevolmente  esclusa  rispetto  a  quelle
 attivita'  dirette alla realizzazione di un profitto o di un reddito,
 "in quanto il soggetto economico puo', in  relazione  all'aumento  di
 costi  derivanti  dall'onerosita' della clausola accettata, riversare
 sul prezzo delle sue prestazioni e quindi ''sul  mercato''  il  danno
 subito";
     che  pertanto  la  scelta  del  legislatore non solo e' dotata di
 logica razionale, ma non risulta  nemmeno  punitiva  del  diritto  al
 lavoro, ne' lesiva del diritto d'impresa;
     che  in prossimita' dell'udienza la difesa della parte privata ha
 depositato  memoria  illustrativa,  chiedendo  che  sia  disposta  la
 restituzione  degli  atti  al  giudice  a  quo,  perche' verifichi la
 effettiva data di stipulazione del contratto,  peraltro  erroneamente
 indicata  nell'ordinanza,  ed  integri la motivazione sulla rilevanza
 della questione sotto il profilo temporale.
   Considerato che, come risulta dagli atti del  giudizio  a  quo,  la
 data  di  stipulazione  del  contratto di somministrazione di energia
 elettrica,  contenente  la  contestata  clausola   di   deroga   alla
 competenza territoriale, risale all'anno 1986;
     che  detto  contratto era in corso allorche' e' entrato in vigore
 l'art. 25 della legge  6  febbraio  1996,  n.  52  (Disposizioni  per
 l'adempimento  di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza dell'Italia
 alle comunita' europee  -  legge  comunitaria  1994),  la  quale,  in
 attuazione  della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive
 nei  contratti  stipulati  con  i  consumatori,  ha  disciplinato   i
 contratti del consumatore, introducendo gli artt. 1469-bis e seguenti
 del codice civile;
     che   quindi   il   rimettente   avrebbe  dovuto  preliminarmente
 verificare l'applicabilita' della suddetta disciplina al contratto in
 questione,  essendo  subordinata  a  tale  positivo  accertamento  la
 rilevanza   stessa   della   prospettata  questione  di  legittimita'
 costituzionale;
     che, invece, l'ordinanza di rimessione  e'  del  tutto  priva  di
 motivazione  sul  punto, poiche' la rilevanza della questione e' solo
 apoditticamente affermata, senza l'esplicitazione, sia pure sommaria,
 delle ragioni che diano conto  dell'effettuata  verifica  del  citato
 profilo   preliminare,   relativo   all'applicabilita'   della  norma
 impugnata alla fattispecie sottoposta all'esame del rimettente;
     che  la  questione  deve  pertanto   dichiararsi   manifestamente
 inammissibile.