ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 35, 44  e  52
 del  d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 637 (Disciplina dell'imposta sulle
 successioni e donazioni), promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio
 1998 dalla Commissione tributaria provinciale  di  Roma  sui  ricorsi
 riuniti  proposti da Bonessa Alessandro ed altra contro l'Ufficio del
 registro successioni  di  Roma,  iscritta  al  n.  586  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 giugno 1999 il giudice
 relatore Annibale Marini;
   Ritenuto che la commissione tributaria  provinciale  di  Roma,  con
 ordinanza  emessa  il  12  gennaio 1998, ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione, questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 35, 44 e 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
 637 (Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni);
     che,  ad  avviso del giudice rimettente, le norme denunciate, ove
 fossero interpretate nel senso di considerare  tardivo  il  pagamento
 dell'imposta   di   successione  effettuato  per  posta  con  assegno
 circolare pervenuto all'ufficio del registro nei termini di legge, ma
 dallo  stesso  ufficio  riscosso  e  contabilizzato  successivamente,
 violerebbero  l'art.  3  Cost.,  per  l'ingiustificata  disparita' di
 trattamento che si verrebbe a determinare tra  coloro  che  assolvono
 l'onere del pagamento dell'imposta mediante assegno circolare spedito
 per  posta  e  coloro  che  vi  provvedono  mediante  denaro  versato
 direttamente al predetto ufficio;
     che,  sempre  nell'ipotesi  prospettata,  risulterebbero  violati
 anche gli artt. 76 e 77 della Costituzione. Censura questa, peraltro,
 formulata  senza  alcuna  indicazione della norma interposta rispetto
 alla quale sussisterebbe un eccesso di delegazione legislativa;
     che nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
 dichiarata   inammissibile   in   quanto   le   norme  impugnate  non
 detterebbero alcuna disciplina sulle  modalita'  di  pagamento  della
 imposta  di  successione, ne' sul pagamento eseguito mediante assegno
 circolare;
   Considerato che l'ordinanza di rimessione prospetta  una  questione
 di  costituzionalita'  fondata su di un'alternativa interpretativa in
 ordine alla quale il giudice a quo non prende posizione,  sicche'  la
 questione  stessa  risulta sollevata in forma eventuale per l'ipotesi
 in cui si ritenga che l'efficacia  solutoria  dell'assegno  circolare
 consegua  alla  riscossione  e contabilizzazione delle somme da parte
 dell'amministrazione finanziaria;
     che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, e'  "compito  del
 giudice  rimettente  di  individuare  con  esattezza  l'oggetto della
 questione, effettuare la scelta interpretativa e quindi  proporre  il
 quesito  di  costituzionalita' in modo non alternativo" (ex plurimis:
 ordinanze n. 227 del 1994 e n. 285 del 1992);
     che non sono quindi ammissibili questioni poste in via  meramente
 ipotetica,  qual  e' quella sollevata dal giudice a quo (ex plurimis:
 sentenza n. 166 del 1992, ordinanze n. 423  del  1996  e  n.  45  del
 1994);
     che,  pertanto,  la  questione di costituzionalita' va dichiarata
 inammissibile (risultando cosi' assorbito l'esame  dell'eccezione  di
 inammissibilita'  della  stessa  per  la  ulteriore  ragione indicata
 dall'Avvocatura dello Stato).
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.