ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito  del
 decreto  del  Ministero  della  sanita' del 29 gennaio 1997, recante:
 "Misure   integrative   per   la   sorveglianza   permanente    delle
 encefalopatie  spongiformi degli animali", promosso con ricorso della
 Regione Lombardia,  notificato  il  27  giugno  1997,  depositato  in
 cancelleria  il  15  luglio  1997  ed  iscritto al n. 38 del registro
 conflitti 1997.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1999 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi l'avvocato Giuseppe F. Ferrari per  la  Regione  Lombardia  e
 l'Avvocato  dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio
 dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 27 giugno 1997 e  depositato  il  15
 luglio   1997,   la  Regione  Lombardia  ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione nei confronti dello Stato in relazione  al  decreto  del
 Ministero della sanita' 29 gennaio 1997, recante: "Misure integrative
 per  la sorveglianza permanente delle encefalopatie spongiformi degli
 animali", nella sua interezza ed in  particolare  con  riguardo  agli
 artt. 1 e 2.
    La   Regione   ricorrente   sottolinea   come,   per   far  fronte
 all'emergenza costituita dalla encefalopatia spongiforme  bovina,  il
 Governo  abbia, a suo tempo, adottato il d.-l. 8 agosto 1996, n. 429,
 che si limitava ad attivare, presso il centro di referenza  nazionale
 delle  encefalopatie  degli  animali  e neuropatologie comparate, una
 unita' nazionale operativa di intervento per tali affezioni, operante
 in stretta collaborazione con il dipartimento alimenti, nutrizione  e
 sanita'  pubblica  veterinaria  del  Ministero  della  sanita'  e con
 l'Istituto superiore di sanita'.
   Con l'impugnato decreto, di contro, il Ministro  della  sanita'  e'
 intervenuto  nuovamente  nel settore, esorbitando - sempre secondo la
 Regione - dai limiti di cui al d.-l. n.  429  del  1996,  per  quanto
 concerne l'adozione di norme regolamentari, nonche' dall'ambito delle
 competenze  riservate  allo  Stato in materia di sanita' veterinaria,
 interferendo con la sfera di attribuzioni di spettanza  regionale  in
 materia di zootecnia e sanita', giacche', con particolare riferimento
 agli artt. 1 e 2 del decreto in questione, questo:
     a)  al comma 2 dell'art. 1 prevede la istituzione, ad opera degli
 istituti zooprofilattici sperimentali, di unita' locali di intervento
 "in numero commisurato alle esigenze  e,  comunque,  almeno  una  per
 territorio   regionale"   con  comunicazione  dei  dati  alla  unita'
 nazionale;
     b) al comma 1, lett. b) dell'art. 2 demanda alla unita' nazionale
 il coordinamento e la verifica delle  unita' locali;
     c) al comma 1, lett. c) dell'art. 2 affida alla unita'  nazionale
 compiti di aggiornamento del personale delle unita' locali;
     d) alla lett. d) dell'art. 2, comma 1, prevede l'affidamento alla
 unita'   nazionale,  attraverso  le  unita'  locali,  di  compiti  di
 informazione degli allevatori e degli utenti e di formazione  tecnico
 scientifica dei veterinari ufficiali e libero professionisti.
   L'impugnazione  e'  affidata  ad  un unico motivo, articolato nella
 violazione degli artt. 5, 97,  117  e  118  della  Costituzione,  con
 riferimento  al  d.P.R. n. 616 del 1977 (artt. 4, 27, 30, 31, 66, 70,
 71, 77), alla legge n. 833 del 1978 (artt. 6 e 7), al  d.-l.  n.  429
 del  1996, convertito in legge n. 532 del 1996, alla legge n. 400 del
 1988, alla legge n. 491 del 1993 (art. 1), al d.lgs. n. 143 del 1997.
   L'argomento di fondo da cui muovono le censure e' che lo Stato, con
 l'impugnato decreto ministeriale, abbia operato una  invasione  delle
 competenze regionali; la materia della sanita' veterinaria rientrando
 in queste ultime, in forza di espresse previsioni costituzionali (tra
 cui,  in  particolare,  l'art. 117) ed in forza dell'attuazione che a
 tali previsioni e' stata data dalla disciplina  organica  di  cui  al
 d.P.R.  n.  616  del  1977  e dalla legge n. 833 del 1978, per quanto
 riguarda la materia dell'agricoltura e quella della sanita' in  senso
 stretto.
   Ne'  tale  sistema risulterebbe modificato dalla introduzione della
 legge 4 dicembre 1993, n. 491 (comunque, abrogata dal d.lgs. 4 giugno
 1997, n. 143) che riordina  le  competenze  regionali  e  statali  in
 materia  agricola e forestale e istituisce il Ministero delle risorse
 agricole,  alimentari  e  forestali,  avendo  anche  tale   normativa
 attribuito  alle regioni "tutte le funzioni in materia di agricoltura
 e foreste, di acquacoltura e agriturismo etc.." (art. 1, comma  1)  e
 ad  apposito  Comitato  presso  il  neoistituito Ministero la materia
 veterinaria.
   Infatti, secondo l'assunto di parte, le competenze  in  materia  di
 profilassi  igienico-sanitaria degli allevamenti dovrebbero ritenersi
 necessariamente integrative di quelle conferite alle  Regioni,  tanto
 in  materia di agricoltura quanto in materia sanitaria, atteso che il
 settore si colloca "a cavaliere" fra l'agricoltura e la sanita',  per
 cui esse sono difendibili in sede di conflitto di attribuzione, pur a
 volerle  ritenere  meramente  delegate.   Ulteriore rilievo e' quello
 secondo  cui  il  d.-l.  n.  429  del 1996, convertito nella legge 21
 ottobre 1996, n. 532 consentirebbe, l'utilizzo dei  centri  nazionali
 di  referenza  e  l'impiego  delle  unita' di crisi previste da norme
 nazionali e  comunitarie,  mentre  l'impugnato  decreto  ministeriale
 trasformerebbe  l'unita'  di  crisi  in  unita'  locali di intervento
 strutturate  su  base  regionale;  "doppierebbe",  per  cosi'   dire,
 organizzazioni  amministrative,  che,  di  contro,  dovrebbero essere
 istituite  dalle  Regioni  nell'ambito  delle   proprie   competenze;
 creerebbe  una  struttura  stabile, centralizzata e articolata su due
 livelli:    nazionale  e  periferico;  introdurrebbe  un  sistema  di
 formazione   professionale   a  controllo  statale  gestito  in  sede
 periferica. Esso, sostanzialmente, prevederebbe un intervento statale
 a  regime,  che  prescinde  del  tutto  dall'emergenza,  con   palese
 violazione  dei  principi della efficienza e del buon andamento sotto
 il  profilo  della  razionalita'  e  della  non  duplicazione   delle
 organizzazioni  amministrative  nonche'  del  principio  di legalita'
 nella istituzione dei pubblici uffici, con riguardo sia  all'utilizzo
 improprio   degli   istituti   zooprofilattici   come   "lunga  mano"
 organizzativa del Ministero, che  all'assoluta  carenza  di  supporto
 legislativo nella istituzione delle unita' locali su base regionale.
   Infine,   viene  dedotta  la  violazione  del  principio  di  leale
 collaborazione tra Stato e Regioni per effetto di interventi a regime
 che prescindono dalla cooperazione con le Regioni.
   2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
 ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilita' del ricorso.
   Sono  due  i profili di inammissibilita' dedotti: il primo relativo
 alla   circostanza   secondo   cui   il   decreto   contestato    non
 disciplinerebbe affatto la materia agricola, per cui verrebbe meno il
 presunto  carattere  integrativo  di  competenze  regionali  ad  esso
 attribuito dalla Regione  ricorrente;  il  secondo  scaturirebbe  dal
 rilievo  che  il  decreto  ministeriale  disciplina  le  modalita' di
 costituzione di organismi gia' previsti nel d.-l. 8 agosto  1996,  n.
 429, convertito nella legge 21 ottobre 1996, n. 532 mentre il ricorso
 sarebbe  rivolto  a  contestare  la  normativa primaria di cui l'atto
 impugnato e' attuazione specifica e necessaria, senza,  peraltro,  il
 rispetto  dei termini previsti per l'impugnazione in sede di giudizio
 di legittimita' in via principale.    Nel  merito  viene  dedotta  la
 infondatezza  del  ricorso.    In particolare, e' respinto l'assunto,
 secondo cui gli organismi in  questione  avrebbero  il  carattere  di
 "strutture  stabili,  centralizzate  e  articolate  su  due  livelli:
 nazionale e periferico", atteso che le unita' locali sono attivate da
 parte degli istituti zooprofilattici sperimentali e ne  costituiscono
 strutture   di   supporto;  questi  ultimi,  peraltro,  operano  come
 strumenti tecnico-scentifici  dello  Stato,  delle  Regioni  e  delle
 Province  autonome (art. 1 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270), con la
 conseguenza che le unita' di crisi,  di  cui  al  contestato  decreto
 ministeriale,  svolgerebbero  una  funzione  di supporto in un ambito
 specifico e determinato, che risponderebbe a  criteri  di  urgenza  e
 necessita'.
   In  conclusione,  sono  ribadite le ragioni di urgenza ed emergenza
 che hanno motivato l'emanazione del decreto legge e  del  conseguente
 decreto ministeriale, entrambi finalizzati ad impedire il diffondersi
 di  conseguenze  letali  per  la salute umana e, quindi, a tutela del
 diritto di cui all'art. 32 della Costituzione.
   3.  - Nella imminenza della data fissata per l'udienza pubblica, la
 Regione Lombardia ha depositato una memoria, con la  quale  ribadisce
 le    proprie   ragioni,   soffermandosi,   in   particolare,   sulle
 controdeduzioni contenute  nell'atto  di  intervento  dell'Avvocatura
 generale  dello  Stato.  Preliminarmente  esamina  i  due  profili di
 inammissibilita' eccepiti  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato,
 rilevando, in primo luogo, che le disposizioni dell'impugnato decreto
 ministeriale   avrebbero   carattere  innovativo  rispetto  a  quanto
 disposto dal d.-l. n. 429 del 1996, ma, soprattutto,  non  potrebbero
 trarre  da  quest'ultimo  adeguato  e  sufficiente fondamento legale,
 atteso che la normativa primaria  legittimerebbe  soltanto  un'azione
 ministeriale  di  organizzazione,  coordinamento ed attivazione delle
 strutture gia' esistenti e non gia'  l'istituzione  di  nuove  unita'
 organizzative a livello locale.
   Ne' - sempre secondo la Regione - potrebbe essere condivisa la tesi
 dell'Avvocatura  generale,  secondo  cui  il  d.-l.  n. 429 del 1996,
 menzionando al plurale i  "centri  nazionali  di  referenza"  intenda
 ricomprendere  le unita' locali di intervento di cui agli artt. 1 e 2
 dell'impugnato decreto ministeriale, in quanto l'uso del  plurale  e'
 stato  dettato  da  una esigenza di genericita' e l'espressione usata
 dal legislatore appare riferita ai centri nazionali di referenza gia'
 esistenti, non potendo ricomprendere strutture nuove, collocate al di
 fuori di tali centri.   Per quanto  riguarda  le  "unita'  di  crisi"
 sembrerebbe  chiaro  -  sempre  ad  avviso  della  Regione  -  che il
 legislatore abbia voluto riferirsi ad organi  di  pronto  intervento,
 finalizzati  al superamento di crisi contingenti e non gia' ad organi
 strutturati su basi stabili sul territorio.
   La Regione  si  sofferma,  quindi,  ad  evidenziare  i  presupposti
 richiesti  dalla  giurisprudenza costituzionale per la tutela innanzi
 alla  Corte  costituzionale  delle  competenze  delegate,  in  quanto
 costituenti  integrazione  necessaria  delle  funzioni  proprie delle
 Regioni:  la  materia  sanitaria,  infatti,  cosi'  come  configurata
 dall'art.  27 del d.P.R. n. 616 del 1977, avrebbe carattere proprio e
 generale (comma 1, lett. l dell'art.  27 del d.P.R. n. 616 del 1977),
 mentre il successivo art. 30, integrato dall'art. 6  della  legge  n.
 833  del  1978  circoscriverebbe l'ambito di competenza statale della
 materia in esame, limitato alla profilassi internazionale, marittima,
 aerea e di  frontiera,  anche  veterinaria,  e  la  profilassi  delle
 malattie   infettive   e   diffusive   per  le  quali  siano  imposte
 vaccinazioni  obbligatorie  o  misure  di  quarantena.  Le   suddette
 competenze,  tuttavia,  a  mente  dell'art. 31 del d.P.R. n.  616 del
 1977 e dell'art. 7 della legge n. 833 del 1978  erano  delegate  alle
 Regioni.    La  difesa  regionale richiama, inoltre, le recenti norme
 contenute nel d.lgs. 31 marzo 1998,  n.  112,  che  attribuiscono  la
 complessiva    materia   relativa   agli   interventi   profilattici,
 terapeutici e di vigilanza concernenti la  sanita'  veterinaria  alla
 competenza  regionale  "propria"  e  non  "delegata"  (fatta salva la
 profilassi internazionale) al fine  di  evidenziare  l'esistenza  dei
 presupposti   affinche'   si   ravvisi   nella  presente  fattispecie
 un'ipotesi di "incostituzionalita' sopravvenuta"; analogamente per la
 materia "agricoltura e foreste", la quale completa  il  quadro  delle
 attribuzioni regionali in materia di prevenzione, cura e sorveglianza
 delle  malattie  animali  e  si  inserisce  in un sistema organico ed
 integrato di competenze regionali costituzionalmente protette.
   La  memoria  regionale  ribadisce  che,  contrariamente  a   quanto
 sostenuto  dalla difesa erariale, il Ministro della sanita' individua
 organismi  amministrativi  di  intervento  ed  il  loro   ambito   di
 operativita'  ed  individua,  inoltre,  gli  Istituti zooprofilattici
 quali  soggetti  tenuti  ad  attivare  tali  organismi  senza   alcun
 intervento  delle  Regioni.    Inoltre,  le  unita'  locali sarebbero
 configurate come articolazioni periferiche,  con  funzione  meramente
 strumentale,   dell'unita'  nazionale.     Ne',  peraltro,  il  ruolo
 politico-amministrativo potrebbe  essere  individuato  in  capo  agli
 Istituti  zooprofilattici,  in  quanto organi con specifico carattere
 tecnico-scientifico mentre sarebbero investiti dal decreto  impugnato
 soltanto  di  un  compito  di  "attivazione  operativa"  delle unita'
 locali. Tuttavia, anche a voler ritenere  che  detti  Istituti  siano
 titolari  di  funzioni  di  controllo politico-amministrativo, non vi
 sarebbe equivalenza di assegnazione di tali funzioni alle Regioni, le
 quali resterebbero prive di ogni  potere  di  indirizzo,  gestione  e
 controllo amministrativo su organi aventi ambito regionale e operanti
 in  materia di competenza regionale.  Infine la Regione sottolinea la
 violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni di
 cui all'art. 5 della Costituzione sia sotto il  profilo  sostanziale,
 sia sotto il profilo formale procedurale.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione
 nei confronti dello Stato, in  relazione  al  decreto  del  Ministero
 della  sanita'  29  gennaio 1997, recante: "Misure integrative per la
 sorveglianza  permanente  delle   encefalopatie   spongiformi   degli
 animali",  nella  sua interezza ed, in particolare, con riguardo agli
 artt. 1 e 2.
   Secondo la ricorrente il decreto violerebbe gli artt. 5, 97, 117  e
 118   della   Costituzione,   in   quanto   gravemente  lesivo  delle
 attribuzioni costituzionali riservate alle Regioni, interferendo  con
 la sfera di attribuzioni a queste spettanti in materia di zootecnia e
 sanita',  in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (artt. 4, 27,
 30, 31, 66,  70,  71  e  77),  che  ha  trasferito  alle  Regioni  la
 competenza  su  tutte  "le  attivita'  zootecniche e l'allevamento di
 qualsiasi specie con le relative produzioni"; alla legge 23  dicembre
 1978,  n.  833, artt. 6 e 7, che ha delegato alle Regioni l'esercizio
 delle  funzioni  amministrative  concernenti  la  "profilassi   delle
 malattie  infettive e diffusive di cui al precedente art. 6, lett. b)
 comma 1, lett.  a)", nonche' "l'attuazione degli adempimenti disposti
 dall'autorita'  sanitaria  statale,  ai  sensi  della  lett.  u)  del
 precedente art. 6, comma 1, lett. b)"; alla legge 4 dicembre 1993, n.
 491,  art. 1 (ora abrogata), che ha attribuito alle Regioni "tutte le
 funzioni in materia di  agricoltura  e  foreste,  di  acquacoltura  e
 agriturismo";  al d.lgs.  4 giugno 1997, n. 143, che ha confermato ed
 ampliato le attribuzioni regionali nelle materie anzidette; al  d.-l.
 8  agosto  1996, n. 429, convertito in legge 21 ottobre 1996, n. 532,
 che ha previsto solo l'utilizzo dei centri nazionali di  referenza  e
 l'impiego  delle  unita'  di  crisi  previste  da  norme  nazionali e
 comunitarie, nonche' i centri nazionali di referenza; alla  legge  23
 agosto  1988, n. 400, art. 17, per assenza di espressa autorizzazione
 legislativa all'uso delle forme  semplificate,  almeno  con  riguardo
 alle disposizioni che vanno oltre l'intento e la lettera del d.-l. n.
 429 del 1996.
   2.  -  Preliminarmente  deve essere dichiarata infondata la duplice
 eccezione di inammissibilita'  del  ricorso  sollevata  dalla  difesa
 dello  Stato  sotto i profili che il decreto impugnato da un lato non
 coinvolgerebbe  competenze  regionali,  non  riguardando  la  materia
 agricola,  dall'altro disciplinerebbe modalita' di costituzione degli
 organismi gia' previsti dal d.-l. 8 agosto 1996, n.  429  (convertito
 con  modificazioni  in  legge 21 ottobre 1996, n. 532) di modo che il
 ricorso sarebbe rivolto a contestare - senza il rispetto dei  termini
 per il giudizio di legittimita' costituzionale in via principale - la
 normativa primaria dell'anzidetto decreto-legge.
   In  realta'  il decreto ministeriale impugnato riguarda una materia
 mista, agricola (allevamento del bestiame)  e  soprattutto  sanitaria
 (veterinaria  con  notevoli  profili  riflessi  sulla alimentazione e
 sulla salute umana di fronte  a  situazioni  di  rischio  provenienti
 dall'estero), di modo che risultano evidenti caratteri di connessione
 con la sfera di competenza regionale, che la Regione e' legittimata a
 tutelare in sede di conflitto.
   Nello  stesso tempo l'anzidetto decreto non puo' essere configurato
 come atto di mera e necessaria esecuzione del d.-l. n. 429 del  1996,
 dando   invece   attuazione  ulteriore,  con  svolgimento  certamente
 autonomo  e  non  necessario  rispetto  alla  previsione  del  citato
 decreto-legge.
   Cio'   e'   sufficiente   per   il   rigetto   delle  eccezioni  di
 inammissibilita' (sentenza n. 270 del 1998).
   3. - Certamente la normativa contenuta nel  d.-l.  legittimava  una
 azione  ministeriale di organizzazione e coordinamento e di "impiego"
 sia di "unita' di crisi"  sia  di  "centri  nazionali  di  referenza"
 (necessariamente  a  iniziativa  unitaria statale atteso il carattere
 della epidemia e la sua provenienza dall'estero), oltre una attivita'
 di formazione del personale  anche  in  relazione  alla  novita'  del
 fenomeno e ai relativi rischi.
   Tuttavia,  la estrema sinteticita' della previsione del d.-l. ed il
 riferimento,  contenuto  nelle  premesse,  al  "fine   di   prevenire
 l'insorgenza   di   malattie   infettive,   nonche'  di  tutelare  il
 consumatore"  e,  nel  testo  normativo,  all'"adempimento  anche  ad
 obblighi  comunitari  ed  internazionali"  e  ad  "unita'  di  crisi,
 previste  dalle  norme  nazionali  e   comunitarie",   deve   indurre
 l'interprete  ad  un  necessario collegamento ed aggancio quanto alle
 funzioni  statali,  ad  integrazione  del  contenuto   dello   stesso
 decreto-legge,  con  il complesso della normativa primaria vigente in
 materia di epidemie e di rischi per  la  salute  pubblica  nel  campo
 veterinario,  alimentare  e  di  tutela del consumatore al fine della
 prevenzione di malattie infettive di provenienza dall'estero.
   In realta' la  profilassi  internazionale,  i  compiti  di  rilievo
 nazionale  per la tutela della salute sono stati mantenuti allo Stato
 anche con le norme  che  hanno  di  recente  (si  noti,  dopo  l'atto
 impugnato) conferito ulteriori funzioni e compiti alle Regioni (legge
 15 marzo 1997, n. 59, art. 1, comma 3, lett. i) comma 4, lett. c)); e
 in  particolare, in sede di decreto delegato, sono rimaste invariate,
 quanto a riparto di competenze tra Stato e Regioni,  la  sorveglianza
 ed   il   controllo   di   epidemie   ed   epizoozie   di  dimensioni
 internazionali, mentre per la profilassi internazionale, in relazione
 alla quale pure e' stata confermata la competenza in capo allo Stato,
 e'  stato  altresi'  previsto  che questo possa avvalersi anche delle
 aziende u.s.l., sulla base di apposito accordo definito  in  sede  di
 conferenza    unificata,    con    specificazione   delle   "funzioni
 amministrative  in  materia   di   profilassi   internazionale,   con
 particolare  riferimento ai controlli igienico-sanitari, ai controlli
 sanitari delle popolazioni migranti, nonche' ai controlli  veterinari
 infracomunitari  e  di frontiera" (d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art.
 112, comma 3, lett. g) e art. 126).
   4.  -  Quanto  alla  normativa  precedentemente  in   vigore   (con
 riferimento  alla  data del decreto impugnato) in relazione ai poteri
 dello Stato, e' sufficiente il richiamo alla  competenza  statale  in
 ordine   alle   funzioni  amministrative  concernenti  la  profilassi
 internazionale anche in materia veterinaria, nonche' agli  interventi
 contro  le  epidemie  e  le  epizoozie, riguardanti la individuazione
 delle malattie infettive e diffusive del bestiame - per il  quale  in
 tutto  il territorio nazionale possono essere disposti l'abbattimento
 e, se del caso, la distruzione degli animali infetti o sospetti  -  e
 la   determinazione   degli  interventi  obbligatori  in  materia  di
 zooprofilassi (art. 6, lett. a), b) e u),  della  legge  23  dicembre
 1978, n. 833).
   Mentre,  in  attesa  del  riordinamento  delle  norme in materia di
 profilassi internazionale - ivi compresa,  come  per  tradizione,  la
 zooprofilassi  -  e  di malattie infettive e diffusive (riordinamento
 ancora in attesa di attuazione) dovevano continuare ad applicarsi, in
 quanto non in contrasto con le disposizioni della stessa legge n. 833
 del 1978, le norme del testo unico delle  leggi  sanitarie  approvato
 con  r.d.    27  luglio  1934,  n. 1265 e successive modificazioni ed
 integrazioni e le altre disposizioni  vigenti  in  materia  (art.  62
 della legge n.  833 del 1978).
   Per   quanto   qui   interessa  alle  Regioni  era  stato  delegato
 l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti  la  profilassi
 delle  malattie  infettive  e  diffusive di cui all'art. 6, lett. b),
 della legge n.    833  del  1978  e  l'attuazione  degli  adempimenti
 disposti  dall'autorita'  sanitaria  statale  ai sensi della lett. u)
 dello stesso art. 6 (art.  7, primo comma, lett. a) e b), della legge
 n. 833 del 1978).
   5. - La individuazione, tra le malattie infettive e diffusive degli
 animali, della encefalopatia spongiforme  dei  bovini,  insieme  alle
 scrapie, e' avvenuta, ad integrazione dell'elenco di cui al d.P.R.  8
 febbraio  1954,  n.  320  (Regolamento  di  polizia veterinaria), con
 ordinanza ministeriale 10 maggio 1991 (Gazzetta Ufficiale  16  maggio
 1991,  n.  113), con riserva di impartire disposizioni integrative ai
 fini del coordinamento e dell'indirizzo di programmazione nazionale e
 comunitaria delle attivita' sanitarie correlate.
   Del resto il d.lgs. 30 giugno 1993,  n.  270  (Riordinamento  degli
 Istituti  zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, comma 1,
 lett. h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421)  ha  proceduto  ad  un
 primo  riordinamento  degli  istituti  zooprofilattici accrescendo la
 loro  autonomia  e  attribuendo  la  caratteristica   di   "strumenti
 tecnico-scientifici"  sia  dello Stato, sia delle regioni e provincie
 autonome (art. 1).
   Lo  stesso  d.lgs n. 270 del 1993 (art. 2) ha conservato in materia
 allo Stato un "fondamentale ruolo e peculiari  competenze"  (sentenza
 n.  124  del  1994),  tra  cui  la  competenza  per "il coordinamento
 tecnico-funzionale degli  Istituti"  zooprofilattici  sperimentali  e
 "l'attribuzione  agli  stessi  di  compiti  e  funzioni  di interesse
 nazionale ed internazionale", riservando allo  Stato  la  competenza,
 tra  l'altro,  di  "promuovere  lo  sviluppo  organizzativo  e  delle
 metodologie e tecnologie diagnostiche ed  analitiche",  "l'attuazione
 di programmi nazionali di sorveglianza epidemiologica" e di "affidare
 l'attuazione  di  iniziative nazionali di formazione ed aggiornamento
 di veterinari ed altri operatori addetti alla  sanita'  pubblica"  ed
 infine di "istituire presso gli istituti zooprofilattici sperimentali
 centri   specialistici   di   referenza   nazionale,  comunitaria  ed
 internazionale",  nonche'  di  "attribuire  agli  stessi  compiti   e
 funzioni di interesse nazionale, comunitario ed internazionale".
   6.  -  Sotto  il  profilo  dei  rapporti  tra  competenze statali e
 competenze regionali questa Corte ha avuto occasione di  sottolineare
 il  rilievo preminente degli interessi nazionali in ordine alle varie
 attivita', affidate agli Istituti considerati, relative precipuamente
 al  campo  della  ricerca,  studio,  sperimentazione,   controllo   e
 sorveglianza
  epidemiologica.
   Gli  Istituti  zooprofilattici sperimentali, "operano in ambiti nei
 quali convergono non solo interessi di regioni e province autonome in
 materia di igiene  e  sanita'  veterinaria,  ma  anche  interessi  di
 carattere  nazionale,  conseguenti,  oltretutto,  all'adempimento  di
 obblighi internazionali  e  comunitari".  Detti  Istituti,  pertanto,
 continuano  a  potere  essere  utilizzati dallo Stato quali strumenti
 tecnico-scientifici comuni alle  Regioni  e  allo  stesso  Stato  nei
 limiti  delle  anzidette competenze previste dalla legge, pur essendo
 affidata alle  Regioni  la  disciplina  delle  modalita'  gestionali,
 organizzative  e  di funzionamento nel rispetto dei principi previsti
 dallo stesso d.lgs. n. 270 del 1993 e dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n.
 502.   Cio'   anche   se,   dopo   l'intervenuta   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 3, terzo
 e quarto comma, del d.lgs.   n. 270 del 1993  (sentenza  n.  124  del
 1994)  e'  rimasta  preclusa  di  fatto  - in attesa di un intervento
 legislativo, peraltro contemplato dall'art. 121 del d.lgs.  31  marzo
 1998,  n.  112  -  l'attuazione  completa del nuovo ordinamento degli
 istituti zooprofilattici sperimentali.
   7.  -  Sul  piano  comunitario  e'   opportuno   sottolineare   che
 nell'ambito    europeo    la   libera   circolazione   dei   prodotti
 agroalimentari lascia impregiudicati gli interventi necessari per  la
 tutela  della salute e della vita delle persone e degli animali; anzi
 la Commissione CE si e' ripetutamente  attivata  per  un  sistema  di
 sorveglianza    epidemiologica    delle   encefalopatie   spongiformi
 trasmissibili degli animali e per le opportune cautele in ordine alla
 eliminazione dal consumo umano e animale del  materiale  specifico  a
 rischio ottenuto da animali della specie bovina, ovina e caprina.
   Sulla  base  delle  predette  considerazioni risulta l'infondatezza
 delle specifiche censure proposte dal ricorso in ordine alla asserita
 lesione, da parte del decreto impugnato,  della  sfera  regionale  di
 competenze,  dovendo  ritenersi  che  spetta  allo Stato l'emanazione
 delle norme integrative contenute nel decreto stesso.
   Innanzitutto   il  decreto  impugnato  e'  una  esplicazione  della
 preesistente  facolta'  dello  Stato  di  avvalersi  degli   Istituti
 zooprofilattici  sperimentali, che sono strumenti tecnico-scientifici
 anche  dello  Stato;   il   relativo   utilizzo,   essendo   previsto
 specificamente  in  relazione ad un interesse unitario e nazionale in
 norme di legge, puo' essere oggetto di intervento  statale  meramente
 di  attuazione  settoriale  (senza che vi sia necessita' di ulteriore
 intervento legislativo).  L'utilizzo degli  Istituti  zooprofilattici
 puo' essere interpretato - conformemente ai principi costituzionali -
 in   modo  da  non  incidere  sulla  organizzazione  delle  strutture
 regionali e da non  alterare  i  rapporti  tra  sfere  di  competenza
 statale e regionale.
   8.  -  Gli  stessi  principi surrichiamati valgono per escludere le
 censure relative alla previsione  di  compiti  di  aggiornamento  del
 personale e di formazione dei veterinari ed altri professionisti.
   Infatti,  il  compito per gli Istituti zooprofilattici sperimentali
 di  attuare  iniziative  anche   statali   per   la   formazione   ed
 aggiornamento di veterinari ed altri operatori risale alle tradizioni
 storiche iniziali degli istituti ed e' stato espressamente confermato
 dalla  successiva normativa (d.lgs. n. 270 del 1993, art. 1, comma 4,
 lett.  f) e art. 2, comma 2, lett. g); d.m. 16 febbraio 1994, n. 190,
 art.  3, comma 1, lett. l) e m), con il Regolamento recante norme per
 il riordino degli istituti zooprofilattici sperimentali in attuazione
 dell'art. 1, comma 5, del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270).
   Nello stesso tempo rientra nella sfera  di  competenza  statale  la
 facolta'   di   affidare  l'attuazione  di  iniziative  nazionali  di
 formazione e aggiornamento di veterinari ed altri  operatori  addetti
 alla  sanita'  pubblica  e  di istituire presso gli Istituti suddetti
 centri specialistici di referenza nazionale,  nonche'  di  attribuire
 agli  stessi  compiti  di  interesse nazionale e comunitario (art. 2,
 comma 3, lett. g) ed h), del d.lgs. n. 270 del 1993).
   L'unita' operativa  di  intervento  a  livello  nazionale  attivata
 presso  il  centro  di  referenza nazionale delle encefalopatie degli
 animali e neuropatologie comparate  (gia'  riconosciuto  con  d.m.  3
 agosto  1991  presso  l'Istituto  zooprofilattico del Piemonte, della
 Liguria e  Valle  d'Aosta)  e  le  corrispondenti  unita'  locali  di
 intervento,  da  attivarsi  a  cura  ed  opera  dei  singoli Istituti
 zooprofilattici,  devono  essere  intese  come  iniziativa   unitaria
 nazionale, quali articolazioni di centri di riferimento attraverso la
 individuazione  di  responsabili  periferici.  Cio'  non  comporta la
 creazione di strutture nuove, dovendo  gli  Istituti  procedere  alla
 individuazione,  tra  il  proprio  personale,  di  specifici soggetti
 responsabili nell'ambito di compiti istituzionalmente spettanti  agli
 stessi  Istituti.  L'unita' a livello nazionale deve svolgere compiti
 di coordinamento e monitoraggio, nonche' funzioni tecnico-consultive,
 oltre di proposta a livello  tecnico;  invece  le  unita'  locali  di
 intervento sono destinate a compiti soprattutto di raccolta di dati e
 di  elementi  tecnici e di diffusione di notizie, di risultanze delle
 rilevazioni e  di  informazioni  tecnico-scientifiche,  senza  alcuna
 attivita'  aggiuntiva  di amministrazione o gestione attiva, restando
 immutate sia le  funzioni  di  spettanza  degli  Istituti,  sia  ogni
 responsabilita'  ed  attivita' operativa di spettanza regionale e dei
 suoi organi a livello locale, secondo la normativa vigente.
   La  raccolta  e la elaborazione di dati, la messa a disposizione in
 via  consultiva  di  ogni  elemento  tecnico-scientifico   necessario
 (protocolli  operativi  di sorveglianza, aggiornamenti costanti della
 situazione epidemiologica, studio e proposte di misure  preventive  e
 repressive per la sanita' animale) costituiscono un'azione aggiuntiva
 -  necessariamente  unitaria  e  su  base  nazionale,  per affrontare
 l'emergenza  derivante  da  rischi  per  gli  animali  a   causa   di
 encefalopatie spongiformi con focolai all'estero - e di straordinaria
 urgenza per una adeguata "salvaguardia a fini di tutela della salute"
 umana.
   9.  - In conclusione, l'anzidetta previsione di centri di referenza
 e di unita' di intervento anche locale deve essere  interpretata  nel
 senso - conforme ai principi costituzionali - che non si sovrappone o
 non   duplica  l'organizzazione  o  l'attivita'  di  gestione  attiva
 regionale in materia agricola e  sanitaria;  nello  stesso  tempo  la
 "unita  di  crisi"  e le corrispondenti "unita' locali di intervento"
 sono destinate per loro natura a non assumere il  carattere  di  basi
 stabili  sul  territorio, essendo finalizzate al superamento di crisi
 contingenti.
   E' evidente altresi' che  il  decreto  impugnato  non  puo'  essere
 interpretato  nel  senso  di abilitare lo Stato a creare o ad imporre
 nuove strutture a base regionale, bensi'  comporta  la  utilizzazione
 (gia'   prevista   dalla   preesistente  legislazione),  per  compiti
 necessariamente unitari, degli Istituti zooprofilattici sperimentali,
 avvalendosi lo Stato di questi strumenti (anche statali)  proprio  in
 relazione   alle   funzioni  istituzionali  e  alla  sfera  mista  di
 competenze tecniche attribuita agli  stessi  Istituti  dalla  vigente
 normativa.