ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 61 del codice
 di procedura penale del 1930, promosso con  ordinanza  emessa  il  14
 novembre  1997 dal Tribunale di Nola, iscritta al n. 557 del registro
 ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  giugno 1999 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto che con ordinanza in data 14 novembre 1997 il Tribunale di
 Nola ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24,  secondo  comma,
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  61 del codice di procedura penale del 1930, nella parte in
 cui non prevede l'incompatibilita' del giudice che abbia  pronunciato
 o  concorso  a pronunciare sentenza nei confronti di alcuni imputati,
 nella quale abbia incidentalmente  valutato  le  posizioni  di  altri
 coimputati attualmente sottoposti al suo giudizio;
     che  il  remittente, in un procedimento che prosegue, ex art. 241
 del  d.lgs.  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,   di
 coordinamento  e  transitorie  del  codice  di procedura penale), con
 l'applicazione delle norme anteriormente vigenti, riferisce di  avere
 gia'   giudicato,  previa  separazione  dei  processi,  con  il  rito
 abbreviato,  ai  sensi  dell'art.  247  delle   citate   disposizioni
 transitorie,  alcuni  soggetti "imputati degli stessi reati dei quali
 sono chiamati a rispondere gli imputati del presente procedimento", e
 di avere gia' incidentalmente valutato la responsabilita'  penale  di
 questi ultimi per i fatti loro ascritti;
     che il giudice a quo richiama la sentenza n. 371 del 1996, con la
 quale  questa  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in
 cui non prevede che non possa partecipare al giudizio  nei  confronti
 di  un  imputato  il  giudice  che  abbia  pronunciato  o  concorso a
 pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri  soggetti,
 nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua
 responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata;
     che,  ad  avviso  del  remittente, l'art. 34 cod. proc. pen., nel
 testo risultante a seguito della citata sentenza di questa Corte, non
 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, poiche' l'art.  245
 disp. trans. non lo menziona tra le disposizioni del nuovo codice  di
 procedura  penale  applicabili ai procedimenti che proseguono secondo
 le norme del vecchio rito;
     che il Tribunale di Nola  ritiene  pertanto  di  dover  sollevare
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  61 cod. proc.
 pen. del 1930, concernente le incompatibilita'  determinate  da  atti
 compiuti   nello   stesso  procedimento,  sollecitando  una  sentenza
 additiva nei termini sopra precisati;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  non  fondata,  non
 essendo  comparabili le discipline dell'incompatibilita' previste dal
 vecchio e dal nuovo codice di procedura penale, attese le  differenze
 di  impianto  complessivo  dei  due  codici  e i diversi principi che
 rispettivamente li ispirano.
   Considerato che il remittente muove dal presupposto che nel caso di
 specie  non  sia  applicabile  l'art.  34  cod. proc. pen., nel testo
 risultante  dalla  sentenza  n.  371  del  1996,  in  quanto   questa
 disposizione  non  e'  espressamente  inclusa,  dall'art.  245, disp.
 trans., tra quelle del nuovo codice applicabili ai  procedimenti  che
 proseguono con le norme del codice del 1930;
     che  tale  presupposto  e'  erroneo  poiche'  l'indicazione degli
 articoli di immediata  applicazione  contenuta  nell'art.  245  delle
 disposizioni transitorie non esaurisce tutti gli aspetti conseguenti,
 presupposti  o comunque connessi all'anticipazione del nuovo istituto
 del giudizio abbreviato;
     che, in particolare,  l'art.  247  disp.  trans.,  nel  prevedere
 l'applicabilita'   del   giudizio  abbreviato  nei  procedimenti  che
 proseguono con le norme del rito previgente, non si  e'  limitato  ad
 operare   un   innesto   del   nuovo  istituto  nel  vecchio  sistema
 processuale, ma ha dato corso ad una parziale anticipazione del nuovo
 codice,  con   gli   adattamenti   resi   necessari   dalle   diverse
 caratteristiche  di  quello  del  1930,  ma  anche  con l'inevitabile
 effetto  di  trascinamento   delle   garanzie   dotate   di   cogenza
 costituzionale - come le incompatibilita' che riguardano la terzieta'
 del  giudice  -  le  quali,  sebbene  abbiano  nel  nuovo ordinamento
 processuale carattere generale, non  sono  scorporabili  dai  singoli
 particolari  istituti  che  concorrono  a definire come indefettibile
 tratto caratterizzante;
     che tra le disposizioni che l'anticipazione del nuovo codice reca
 con se' nel giudizio abbreviato vi e' indubbiamente anche l'art.   34
 cod. proc. pen., nel testo che risulta dalla giurisprudenza di questa
 Corte, espressiva della garanzia costituzionale del giusto processo e
 che comprende i principi affermati dalla sentenza n. 371 del 1996;
     che  la  questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente
 inammissibile per difetto di rilevanza.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.