ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
 sorto a seguito della sentenza della  Corte  di  cassazione,  seconda
 sezione  civile,  14  giugno  1996,  n.  5479,  con la quale e' stata
 dichiarata l'inammissibilita' di un ricorso presentato dall'avv. Cono
 Domianello per invalidita' della procura difensiva e della successiva
 ordinanza della stessa seconda sezione civile, 11 novembre  1998,  n.
 985,  relativa  alla  correzione  di  errore materiale della predetta
 sentenza, promosso dall'avv. Cono Domianello, con ricorso  depositato
 il  5  marzo  1999  ed iscritto al n. 112 del registro ammissibilita'
 conflitti.
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  luglio  1999  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto  che,  con ricorso depositato il 5 marzo 1999, l'avv. Cono
 Domianello, nella qualita' di "difensore impedito nell'esercizio  del
 potere   costituzionale  della  difesa  (esterno  all'apparato  dello
 Stato), dalla Corte suprema di cassazione", ha proposto  ricorso  per
 conflitto  di attribuzioni fra poteri dello Stato nei confronti della
 Corte di cassazione, in relazione alla sentenza della medesima Corte,
 seconda sezione civile, 14 giugno  1996,  n.  5479,  alla  successiva
 ordinanza  della  stessa  seconda sezione civile 2 luglio-11 novembre
 1998,  n.  985,  nonche'  ad  ogni  atto   comunque   presupposto   o
 conseguente;
     che il ricorrente espone che la Corte di cassazione, con la prima
 delle  pronunce menzionate (sentenza 14 giugno 1996), nel decidere su
 un ricorso sottoscritto dal medesimo  ricorrente  come  difensore  di
 parti  private,  lo  ha  dichiarato inammissibile perche' la procura,
 ancorche' apposta a margine dell'atto di ricorso - sia pure  mediante
 un  timbro  (utilizzato  anche  per  la condizione di non vedente del
 difensore) con legenda non  espressamente  riferita  al  giudizio  di
 cassazione  --, non sarebbe stata individuabile come procura speciale
 per il giudizio di cassazione, ai  sensi  dell'art.  365  cod.  proc.
 civ., adottando cosi' un criterio di giudizio, secondo il ricorrente,
 palesemente  erroneo e smentito dalla successiva giurisprudenza delle
 sezioni unite della stessa Corte; che per di piu' la Corte decidente,
 con la medesima pronuncia, ha condannato il difensore alle spese  del
 giudizio;  che  la  sentenza in questione recava nell'intestazione il
 nome di soli quattro componenti  del  collegio;  che,  a  seguito  di
 istanza di correzione di errore materiale presentata da una parte che
 si  era  giovata della dichiarazione di inammissibilita' del ricorso,
 la Corte di cassazione,  con  la  seconda  delle  pronunce  impugnate
 (ordinanza  2  luglio-11  novembre  1998),  ha disposto la correzione
 della precedente sentenza, in contrasto, secondo il  ricorrente,  con
 la  giurisprudenza  dello  stesso  giudice  di  legittimita' circa la
 nullita'  di  sentenze  di  merito  nella  cui  intestazione   manchi
 l'indicazione,  non  desumibile dalla sentenza, di uno dei componenti
 del collegio;
     che,  secondo  il  ricorrente,  l'ammissibilita'  del   conflitto
 dovrebbe affermarsi in base alla considerazione che il difensore, cui
 e'  affidato  il compito della difesa tecnica, sarebbe investito, per
 mezzo dell'"atto privato" di incarico, di un  ufficio,  svolto  nella
 forma  di  esercizio  privato di una pubblica funzione avente rilievo
 costituzionale;  che  pertanto  il  singolo  avvocato  difensore  nel
 processo  costituirebbe  un  potere  dello  Stato, ancorche' estraneo
 all'apparato statale, chiamato  ad  operare  all'interno  del  potere
 giudiziario  in  funzione  di controllo dell'attivita' del giudice, e
 comunque   riconducibile   alla   sovranita'   popolare   e    quindi
 costituzionalmente  protetto  contro  ogni  forma  di violazione e di
 attentato;  che  il  difensore  sarebbe  titolare   di   un   "potere
 costituzionale  di  difesa"  ad  esso  attribuito  dall'art. 24 della
 Costituzione e garantito, oltre che dallo stesso art.  24,  dall'art.
 2 della Costituzione;
     che,  sempre  secondo il ricorrente, la menzionata sentenza della
 Corte di cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso dallo
 stesso sottoscritto,  avendo  impedito  al  difensore  di  portare  a
 compimento   il   mandato   difensivo   ricevuto,  avrebbe  menomato,
 attraverso il cattivo esercizio delle competenze della stessa  Corte,
 le  competenze  di  livello costituzionale del difensore, con lesione
 degli artt. 24 e 2 della Costituzione; che, in relazione all'handicap
 di cui il ricorrente e'  portatore,  la  violazione  degli  anzidetti
 parametri  costituzionali  sarebbe  integrata  dalla  violazione  del
 principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, secondo comma,  Cost.),
 in relazione al dovere inderogabile di solidarieta' dello Stato (art.
 2  Cost.) e alla liberta' di iniziativa economica garantita ai liberi
 professionisti (art. 41 Cost.);
     che,  inoltre, la condanna alle spese di giudizio pronunciata nei
 confronti del ricorrente, e la successiva ordinanza di correzione  di
 errore  materiale,  avrebbero  contribuito  ad aggravare la lamentata
 menomazione dei poteri dell'avvocato.
   Considerato che, nella presente fase, questa Corte  e'  chiamata  a
 verificare  in  limine  se  esista  la materia di un conflitto la cui
 risoluzione spetti alla Corte stessa,  insorgendo  il  conflitto  fra
 organi competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
 cui  appartengono  e per la delimitazione della sfera di attribuzione
 determinata per i vari poteri da norme costituzionali (art. 37, primo
 e terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87);
     che la  contestazione  di  errori  addebitati  ad  una  pronuncia
 giurisdizionale non puo' costituire, di per se', materia di conflitto
 costituzionale  per  il  solo  fatto  che da quegli errori si affermi
 discendere, come  conseguenza  o  riflesso,  la  menomazione  di  una
 posizione costituzionalmente garantita, ma solo quando sia contestata
 la   riconducibilita'  della  decisione  o  di  statuizioni  in  essa
 contenute alla funzione giurisdizionale, o si lamenti il  superamento
 dei  limiti  -  diversi  dal generale vincolo del giudice alla legge,
 anche costituzionale - che essa incontra nell'ordinamento a  garanzia
 di  altre  attribuzioni  costituzionali:    diversamente opinando, si
 verrebbe a trasformare il  conflitto  costituzionale  in  un  atipico
 mezzo  di  gravame  avverso le pronunce dei giudici (cfr., da ultimo,
 sentenza n. 27 del 1999);
     che il giudizio per conflitto di attribuzione  fra  poteri  dello
 Stato  non  puo'  essere utilizzato come strumento generale di tutela
 dei diritti costituzionali, ulteriore rispetto a quelli  offerti  dal
 sistema della giurisdizione;
     che,  il  ricorrente, sotto la veste di conflitto per menomazione
 della funzione del difensore, propone  in  realta'  censure  relative
 alla  correttezza  giuridica  di  decisioni  assunte  dalla  Corte di
 cassazione in tema di validita' della procura speciale,  di  condanna
 del  difensore  alle  spese  del  giudizio  e di correzione di errore
 materiale, non suscettibili di  configurare  esorbitanze  dai  limiti
 propri della giurisdizione, e dalle quali solo come riflesso discende
 la lamentata menomazione della funzione del difensore;
     che,  quanto  alla pronuncia dichiarativa di inammissibilita' del
 ricorso sottoscritto dal ricorrente - comunque debbano  configurarsi,
 nell'ordinamento,   la   funzione  svolta  dall'avvocato  allorquando
 esercita il mandato difensivo, e la figura soggettiva  del  difensore
 -,  sta di fatto che il denunciato errore del giudice di legittimita'
 riguarda l'applicazione  delle  norme  sulla  validita'  del  mandato
 conferito  al  difensore,  e  dunque  non la disciplina o l'esercizio
 della  funzione  defensionale,  bensi'  unicamente  l'atto  negoziale
 costituente  il  presupposto  dell'esercizio  della  stessa funzione;
 mentre la lamentata menomazione della funzione costituirebbe solo  la
 conseguenza della pronuncia del giudice, cui istituzionalmente spetta
 decidere  sui presupposti di validita' degli atti del processo, posti
 in essere dai vari protagonisti della vicenda giudiziale;
     che, quanto alla condanna del difensore alle spese  di  giudizio,
 si tratta di pronuncia che, pur se eventualmente erronea, si connette
 alla  dichiarata  inammissibilita'  del  ricorso da lui sottoscritto,
 essendo stato il medesimo difensore  considerato  a  questo  fine,  a
 titolo  individuale,  come  parte  del  giudizio:  onde verrebbero in
 rilievo i diritti delle parti e i rimedi per esse apprestati,  e  non
 le funzioni del difensore;
     che,  quanto  all'ordinanza di correzione di errore materiale, si
 tratta di pronuncia su argomento e con effetti estranei all'esercizio
 della funzione del difensore;
     che, pertanto, non sussiste la materia di  un  conflitto  la  cui
 risoluzione spetti alla competenza di questa Corte.