ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri  dello  Stato
 sorto  a  seguito  della  delibera del 7 luglio 1998 della Camera dei
 deputati  relativa  all'insindacabilita'  delle   opinioni   espresse
 dall'On.    Amedeo  Matacena nei confronti del dott. Vincenzo Macri',
 promosso dal Tribunale di Reggio Calabria, con ricorso depositato  il
 17  aprile  1999  ed  iscritto  al n. 116 del registro ammissibilita'
 conflitti.
   Udito nella camera di consiglio del 29 settembre  1999  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto  che  nel  corso  di un procedimento penale instaurato nei
 confronti  del  deputato  Amedeo  Matacena,  per  distinti  reati  di
 diffamazione  aggravata,  a  mezzo stampa ovvero a mezzo trasmissione
 televisiva (art. 595 cod. pen., in  relazione  agli  artt.  13  della
 legge  8  febbraio  1948,  n.  47, e 30 della legge 6 agosto 1990, n.
 223), in  danno  di  Vincenzo  Macri',  sostituto  procuratore  della
 Repubblica  addetto  alla Direzione nazionale antimafia, il Tribunale
 di Reggio Calabria ha  sollevato,  con  ordinanza  depositata  il  17
 aprile  1999,  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato nei
 confronti della Camera dei deputati, in relazione alla  deliberazione
 del  7  luglio  1998  con  la quale la medesima Camera, approvando la
 proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a   procedere,   ha
 dichiarato  che  taluni  dei  fatti  per  i  quali  e'  in  corso  il
 procedimento penale (e  precisamente  quelli  ascritti  a  titolo  di
 diffamazione  aggravata  dall'uso  del  mezzo  televisivo) concernono
 opinioni espresse dal deputato Matacena    nell'esercizio  delle  sue
 funzioni,  con  conseguente  insindacabilita', a norma dell'art.  68,
 primo comma, della  Costituzione;
     che  il Tribunale, premesso che sono contestati al deputato reati
 di diffamazione in relazione a) ad appellativi espressi dal  deputato
 nei  confronti  del  magistrato  nel corso di una conferenza stampa e
 altresi' nell'ispirazione di un articolo apparso su un quotidiano,  e
 b)  all'attribuzione  al  magistrato  di  fatti non corrispondenti al
 vero, e percio' lesivi della reputazione dello stesso, nel  corso  di
 una  intervista televisiva presso un'emittente locale, ritiene che la
 deliberazione parlamentare di insindacabilita' a norma dell'art.  68,
 primo comma, della  Costituzione,  benche'  concernente  soltanto  il
 secondo  episodio  (sub  b)  debba intendersi estesa al primo (sub a)
 nell'assunto dell'unitarieta' temporale e sostanziale della  vicenda,
 che   ha  del  resto  condotto  alla  riunione  dei  due  correlativi
 procedimenti penali originariamente distinti;
     che ad avviso del ricorrente Tribunale le  frasi  utilizzate  dal
 deputato,  per  il loro tenore obiettivo, esulano dall'espressione di
 opinioni politiche, sia pure svolte in  toni  accesi,  rappresentando
 una  denigrazione  dettata da ragioni personali e non collegabili con
 il mandato parlamentare;
     che l'affermazione  della  prerogativa  dell'insindacabilita'  da
 parte  dell'Assemblea  non  puo' dunque, secondo il Tribunale, essere
 condivisa,  perche',  nel  caso  di  specie,  non  risulta  il  nesso
 funzionale   tra  il  comportamento  posto  in  essere  e  la  carica
 rivestita, nesso che e'  il  presupposto  perche'  l'insindacabilita'
 possa essere  riconosciuta;
     che  pertanto  il ricorrente chiede l'annullamento della delibera
 della Camera dei deputati, in quanto lesiva  delle  attribuzioni  del
 potere giurisdizionale.
   Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.  37,
 terzo  e  quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte e'
 chiamata a deliberare,  senza  contraddittorio,  se  il  ricorso  sia
 ammissibile,  esistendo la materia di un conflitto la cui risoluzione
 spetti alla sua competenza, restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
 decisione, anche in punto di ammissibilita';
     che   e'   costante   nella   giurisprudenza   di   questa  Corte
 l'affermazione che il conflitto promosso dall'autorita'  giudiziaria,
 chiamata  a  giudicare della eventuale responsabilita' (nella specie,
 penale) di un parlamentare per dichiarazioni o altre  espressioni  da
 lui  rese,  nei  confronti  della  Camera  che  abbia  valutato  tali
 comportamenti come costituenti  opinioni  espresse  dal  parlamentare
 nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e  percio'  riconducibili  alla
 previsione dell'art.   68, primo comma,  della  Costituzione,  verte,
 sotto   il  profilo  oggettivo,  su  attribuzioni  costituzionalmente
 garantite agli organi della giurisdizione, che si assumono lese dalla
 deliberazione  dell'Assemblea  parlamentare,  e  insorge,  sotto   il
 profilo  soggettivo,  tra  organi  competenti  a  dichiarare  in  via
 definitiva la  volonta'  del  potere  cui  appartengono  (da  ultimo,
 ordinanze nn. 363, 362 e 319 del 1999);
     che  pertanto,  alla stregua delle osservazioni che precedono, il
 presente conflitto deve ritenersi ammissibile, peraltro limitatamente
 all'oggetto quale definito dal contenuto  della  deliberazione  della
 Camera   dei   deputati  che  si  assume  lesiva  delle  attribuzioni
 costituzionali del giudice ricorrente (v. sentenze nn. 252 del 1999 e
 265  del  1997;  ordinanze  nn.  131  del  1999  e  179  del   1998),
 deliberazione  che  si  riferisce,  espressamente, soltanto a uno dei
 diversi   fatti   che   sono  contestati  al  deputato  a  titolo  di
 diffamazione nel procedimento penale pendente dinanzi  al  ricorrente
 Tribunale di Reggio Calabria.