IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  7448/1999
 proposto  dal  sig.  Soru  Antonio, rappresentato e diretto dall'avv.
 Rossana  Fadda  e  dall'avv.   Riccardo   Gozzi,   ed   elettivamente
 domiciliato  presso  lo  studio  degli  stessi, in Roma via Simone de
 Saint Bon n. 61;
   Contro il Ministero di grazia e giustizia in persona  del  Ministro
 pro-tempore,  rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
 dello Stato e domiciliato presso gli uffici della medesima  in  Roma,
 via dei Portoghesi n. 12;
   Per  l'annullamento  del  decreto  17  marzo  1999  con il quale il
 Direttore    generale    del    dipartimento     dell'amministrazione
 penitenziaria  ha  dimesso  il ricorrente, a decorrere dal 25 ottobre
 1998, dal corso di formazione per l'ammissione nel ruolo degli agenti
 del  Corpo  di  Polizia   penitenziaria,   nonche'   degli   atti   e
 provvedimenti comunque connessi;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita alla camera di consiglio del 23 giugno 1999 la relazione  del
 consigliere Marzio Branca;
   Uditi,  altresi'.  l'avv. Riccardo Gozzi per il ricorrente e l'avv.
 Paola Palmieri per l'amministrazione;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue;
                            Fatto e diritto
   1. - Il ricorrente riferisce di aver presentato al Dipartimento per
 l'amministrazione penitenziaria  domanda  per  svolgere  il  servizio
 militare di leva per l'anno 1996 come ausiliario del Corpo di Polizia
 penitenziaria.
   Superate  le  prove  e  decorso  l'anno  di  leva, il ricorrente ha
 presentato domanda per essere trattenuto in servizio per un anno  con
 la  qualifica di agente ausiliario, ai sensi dell'art. 5, comma 7 del
 d.lgs. n.  30 ottobre 1992, n. 443;
   Con nota del 29 ottobre 1997 la domanda e' stata accolta.
   Prima della scadenza della rafferma, l'interessato  ha  chiesto  di
 essere   immesso   nel  ruolo  degli  agenti  del  Corpo  di  Polizia
 penitenziaria, ai sensi dello stesso art. 5, comma 7 e  dell'art.  6,
 comma  2  del  citato  d.lgs. n. 443/1992, e veniva avviato presso la
 Scuola  di  formazione  ed  aggiornamento  di  Cairo  Montenotte  per
 frequentare il corso per l'immissione in ruolo.
   A  causa  di  un  incidente  stradale  occorsogli  il ricorrente si
 assentava dalla Scuola di Cairo Montenotte dal 2 ottobre  1998  al  2
 gennaio 1999.
   Con  il  provvedimento  imputato,  notificato  il 17 marzo 1999, il
 ricorrente veniva dimesso dal corso di formazione per superamento,  a
 tale data, del periodo massimo di assenza previsto dall'art. 7, primo
 comma,  lett.  d)  del  d.lgs. n. 443/1992, modificato dall'art.   1,
 comma 7 del  d.-l. 13 settembre 1996 n. 479, poi convertito in  legge
 15 novembre 1996, n. 579.
   Nel ricorso sono prospettati i motivi di:
     1)  eccesso  di  potere  per  difetto d'istruttoria, illogicita',
 motivazione erronea e perplessa, travisamento dei fatti  e/o  erronea
 supposizione  di  fatti inesistenti, grave disparita' di trattamento,
 ingiustizia manifesta.
     2) illegittimita' costituzionale dell'art. del d.lgs. 30  ottobre
 1992  n.  443  come  modificato  dall'art.  1,  comma 7, del d.-l. 13
 settembre 1996 n. 479, convertito nella legge  13  novembre  1996  n.
 579.
   2.  -  L'amministrazione  si  e'  costituita  e,  nel  corso  della
 discussione  orale,  ha  convenuto  con  la  difesa  del   ricorrente
 sull'esistenza  di valutare gli effetti delle recenti decisioni della
 Corte costituzionale su questioni di diritto in materia di dimissioni
 da corsi per il reclutamento a causa del mero superamento del  limite
 massimo delle assenze consentite.
   3.  -  Cio' posto, ai fini della delibazione dell'istanza cautelare
 e'  principio  giurisprudenziale  consolidato,  che   una   pronuncia
 positiva  sull'istanza  di  sospensione  avanzata  dal ricorrente non
 debba  conseguire  soltanto  alla  verifica  del  periculum  in  mora
 derivante    dall'esecuzione    dell'atto   del   quale   si   chiede
 l'annullamento,  ma  anche  della  sussistenza,   ad   una   sommaria
 delibazione, di elementi di fumus boni juris che ne rendano probabile
 l'accoglimento.
   4.  -  A  questo  riguardo  l'unico profilo che possa alimentare il
 fumus boni juris e  consentire  la  sospensione  dell'esecuzione  del
 provvedimento   si   correla   alla   eccezione   di   illegittimita'
 costituzionale per contrasto con gli  artt.  3.  4,  32  e  97  della
 Costituzione  dell'art.    7  primo  comma.  lett.  d)  del d.lgs. n.
 443/1992 ed a quella dell'art.   1 comma 7  del  d.-l.  13  settembre
 1996,  n. 497, nella parte in cui riduce temporaneamente i periodi di
 tempo previsti dalla prima norma.
   4.1.  -  In  merito  all'ammissibilita'  della  proposizione  della
 questione di legittimita' in sede  cautelare  e'  ormai  insegnamento
 pacifico   della  stessa  Corte  che  tale  questione  puo'  ricevere
 ingresso, ove il giudice remittente  abbia  disposto  la  sospensione
 dell'atto  impugnato  solo  in via provvisoria e temporanea fino alla
 ripresa cautelare dopo l'incidente di costituzionalita'.
   Nella specie questa Sezione, con separata ordinanza n. 1959 del  23
 giugno  1999,  ritenuta  la rilevanza e la non manifesta infondatezza
 della questione di  costituzionalita'  sollevata  dal  ricorrente  ha
 disposto   la   sospensione   del   provvedimento  impugnato  in  via
 interinale,  rinviando  ad  un'ulteriore  Camera  di  consiglio,   da
 fissarsi  successivamente  alla  definizione  da  parte  della  Corte
 costituzionale della questione stessa, il prosieguo dell'esame  della
 domanda  di  sospensione, in tal modo non esaurendo l'esercizio dello
 specifico potere (t.a.r.  Lazio, I, 435 del 22 marzo 1996).
   La  rilevanza  della  questione  appare   certa,   in   quanto   il
 provvedimento impugnato e' stato adottato in applicazione della norma
 sospettata di illegittimita' costituzionale.
   4.2.  - La questione appare altresi' al Collegio non manifestamente
 infondata.
   4.3.  -  Preliminarmente  deve  farsi  riferimento   alla   recente
 pronuncia  della  Corte  n.  212  del 19 giugno 1998, con la quale e'
 stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  punto
 1,  lett.  d)  e punto 5) del d.-l. 4 agosto 1987 n. 325, relativo ai
 corsi di accesso ai ruoli di Polizia di Stato, disposizione che ha un
 contenuto ed un fine identico a  quello  della  norma  sospettata  di
 incostituzionalita',   differenziandosene   solo  per  i  destinatari
 (allievi di polizia ausiliari, anziche' allievi agenti del  corpo  di
 polizia penitenziaria).
   Con  tale  decisione  la  Corte ha giustificato la dichiarazione di
 incostituzionalita' della norma, nella  parte  in  cui  non  consente
 all'amministrazione di ammettere ad altro corso successivo gli agenti
 di  polizia  ausiliari  che  siano stati assenti per piu' di quaranta
 giorni  durante  il  corso  ed  abbiano  nel   frattempo   recuperato
 l'idoneita', rilevando l'irragionevolezza dell'automatismo insito nel
 provvedimento  di  dimissioni  per assenza dal corso, che impedirebbe
 all'amministrazione  di  verificare  l'eziologia  e  le   conseguenze
 dell'infermita',  in contraddizione alla discrezionalita' alla stessa
 riconosciuta quando entri in gioco un interesse generale, come quello
 di  privarsi  della  professionalita'  utile   all'apparato   statale
 presumibilmente   gia'   acquisita  dall'agente  nel  suo  precedente
 servizio.
   4.4. - Nella specie si rinvengono gli stessi presupposti di fatto e
 di    diritto    che     hanno     condotto     alla     declaratoria
 d'incostituzionalita'.
   4.5.  -  Gli  artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 443/1992 prevedono a regime
 due modalita' di nomina degli agenti nel Corpo di Polizia, o mediante
 assunzione per concorso pubblico e frequenza di un corso della durata
 di dodici mesi diviso in due semestri  (termini  ora  modificati  dal
 d.-l.  n. 479/1996 ), o mediante immissione in ruolo previa frequenza
 di un corso semestrale (art. 6,  comma  2)  degli  agenti  ausiliari,
 personale  questo  reclutato  tra  le  unita' di leva da collocare in
 congedo, che sia stato trattenuto per un biennio  ed  abbia  in  tale
 periodo prestato lodevole servizio.
   L'art.  7 primo comma lett. d) prevede che gli allievi e gli agenti
 che siano stati per qualsiasi motivo assenti dal corso  per  piu'  di
 sessanta  giorni, anche non consecutivi siano dimessi dal corso e che
 la  dimissione  comporta  la  cessazione   di   ogni   rapporto   con
 l'amministrazione.
   L'art.  1,  comma 7 del d.-l. n. 479/1996 si e' limitato a disporre
 la riduzione del periodo di tempo previsti dall'art. 7 del d.lgs.
   Tali norme si pongono in contrasto, a parere del  Collegio,  con  i
 parametri  costituzionali di cui agli artt. 3, 4, 32 e 97 primo comma
 della  Costituzione, nella parte in cui prevedono  la  cessazione  da
 ogni  rapporto  con  l'amministrazione anche per gli agenti ausiliari
 del corpo di polizia penitenziaria che  per  motivi  di  malattia  si
 assentano dal corso semestrale per piu' di sessanta giorni, ed in via
 transitoria  per  periodo  ridotto, impedendo pertanto ai medesimi di
 partecipare ad uno dei successivi corsi indetti dall'amministrazione.
   In particolare le norme denunciate contrastano:
     a)  con  l'art.  3  della     Costituzione,  sotto   il   profilo
 dell'irragionevolezza,  consistente  nella gravita' delle conseguenze
 connesse al superamento, anche di un solo giorno del periodo  massimo
 di   assenza   consentito   e   nell'aver  altrettanto  illogicamente
 equiparato, quanto meno nell'effetto della cessazione  del  rapporto,
 fattispecie  del  tutto  diverse  tra  loro,  quali  quelle  previste
 dall'art. 7, riconducibili o al previo accertamento  dell'inidoneita'
 del  soggetto  (mancato  superamento  del primo ciclo, inidoneita' al
 servizio, mancato superamento del secondo  semestre  del  corso  dopo
 l'esito  negativo  degli  esami teorico-pratico di fine corso) od una
 espressa manifestazione di volonta' dell'allievo (rinuncia al corso);
     b) con gli artt. 4 e 32 della    Costituzione,  che  tutelano  il
 diritto  al  lavoro  ed  il  diritto  alla  salute,  entrambi diritti
 fondamentali del cittadino,  in  quanto  o  l'agente  che  si  ammala
 provvede  a  curarsi  e  perde  di  conseguenza il posto di lavoro, o
 trascura di curarsi con nocumento della salute.
     c)  con  l'art.  97  della  Costituzione  e  con  i  principi  di
 efficienza  e  di  buon  andamento della pubblica amministrazione, in
 quanto, imponendo la cessazione automatica del rapporto allo  scadere
 di  un  termine  prefissato,  in  caso di evento morboso indipendente
 dalla volonta' dell'interessato, non  consentono  all'Amministrazione
 alcuna  verifica  in  ordine  all'eventuale  recupero  dell'idoneita'
 fisica e la costringono a privarsi, senza alcun plausibile motivo, di
 soggetti gia' dotati di una  non  irrilevante  esperienza  lavorativa
 biennale, quali agenti ausiliari raffermati e nei confronti dei quali
 la  stessa  amministrazione,  per  almeno  un  biennio,  ha investito
 risorse sia materiali che umane (v. Corte cost. n. 195 del 1998).
   Il dubbio e' ulteriormente giustificato quando l'assenza dal corso,
 come nella specie, debba farsi risalire almeno in parte alla volonta'
 della stessa  amministrazione,  che  impone  al  soggetto  di  subire
 accertamenti  medici, senza poi essere messa in grado di valutare gli
 effetti dell'esecuzione di un  suo  ordine  sulla  impossibilita'  di
 frequentare il corso.
   L'incongruenza  e  l'irragionevolezza della disposizione ne vengono
 ulteriormente rafforzati.