ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare per l'abrogazione della legge 18 aprile 1962, n.
 230 recante "Disciplina del contratto di lavoro a tempo  determinato"
 e successive modificazioni limitatamente a:  Articolo 1, comma 1: "Il
 contratto  di  lavoro  si  reputa  a  tempo  indeterminato,  salvo le
 eccezioni appresso indicate." e comma 2,  come  modificato  dall'art.
 unico  della  legge 23 maggio 1977, n. 266 (il quale ha sostituito la
 lettera "e"), nonche' come integrato dall'art.  unico della legge  25
 marzo   1986,   n.   84  (il  quale  ha  aggiunto  la  lettera  "f"),
 limitatamente alle  parole:  "a)  quando  cio'  sia  richiesto  dalla
 speciale  natura  dell'attivita'  lavorativa  derivante dal carattere
 stagionale della medesima; b) quando  l'assunzione  abbia  luogo  per
 sostituire  lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla
 conservazione del posto, sempreche' nel contratto di lavoro a termine
 sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa  della  sua
 sostituzione; c) quando l'assunzione abbia luogo per la esecuzione di
 un'opera  o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi
 carattere straordinario od occasionale; d) per le lavorazioni a  fasi
 successive  che  richiedono maestranze diverse, per specializzazioni,
 da  quelle  normalmente   impiegate   e   limitatamente   alle   fasi
 complementari  od  integrative per le quali non vi sia continuita' di
 impiego nell'ambito dell'azienda; e) nelle  assunzioni  di  personale
 riferite   a   specifici  spettacoli  ovvero  a  specifici  programmi
 radiofonici o televisivi; f) quando l'assunzione venga effettuata  da
 aziende   di  trasporto  aereo  o  da  aziende  esercenti  i  servizi
 aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi  operativi
 di  terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per
 un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi  tra  aprile  ed
 ottobre  di  ogni  anno,  e  di quattro mesi per periodi diversamente
 distribuiti, e nella  percentuale  non  superiore  al  15  per  cento
 dell'organico  aziendale  che,  al  1  gennaio  dell'anno  a  cui  le
 assunzioni  si  riferiscono,  risulti  complessivamente  adibito   ai
 servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale puo'
 essere   aumentata   da  parte  delle  aziende  esercenti  i  servizi
 aeroportuali, previa autorizzazione dell'ispettorato del  lavoro,  su
 istanza   documentata   delle   aziende  stesse.  In  ogni  caso,  le
 organizzazioni   sindacali   provinciali   di   categoria    ricevono
 comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di
 cui  alla  presente lettera.", comma 3: "L'apposizione del termine e'
 priva di effetto se non risulta da atto scritto.",  comma  4:  "Copia
 dell'atto  scritto  deve  essere  consegnata  dal datore di lavoro al
 lavoratore.", comma 5:  "La  scrittura  non  e'  tuttavia  necessaria
 quando la durata del rapporto di lavoro puramente occasionale non sia
 superiore  a 12 giorni lavorativi.", nonche' comma 6: "L'elenco delle
 attivita' di cui al secondo comma, lettera a), del presente  articolo
 sara'  determinato  con  decreto  del Presidente della Repubblica, su
 proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, entro un
 anno dalla pubblicazione  della  presente  legge.  L'elenco  suddetto
 potra'  essere  successivamente modificato con le medesime procedure.
 In   attesa   dell'emanazione   di   tale   provvedimento,   per   la
 determinazione  di dette attivita' si applica il decreto ministeriale
 11 dicembre 1939  che  approva  l'elenco  delle  lavorazioni  che  si
 compiono  annualmente  in  periodi  di durata inferiore a sei mesi.";
 Articolo 2, come sostituito (quanto al comma 2)  dall'art.  12  della
 legge  24  giugno  1997,  n. 196; Articolo 3; Articolo 4; Articolo 5;
 Articolo 6; Articolo 7, come sostituito dall'art. 14  del  d.lgs.  19
 dicembre  1994, n. 758; Articolo 8; Articolo 9; Articolo 10; Articolo
 11; nonche' il decreto-legge 3 dicembre 1977, n. 876,  convertito  in
 legge,  con modificazioni dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18, recante
 "Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato  nei  settori
 del  commercio  e del turismo" e successive modificazioni, nonche' la
 legge 28 febbraio 1987, n. 56, recante "Norme sull'organizzazione del
 mercato  del  lavoro"  e  successive   modificazioni,   limitatamente
 all'articolo  23, come sostituito (quanto al comma 2) dall'art. 9 bis
 d.-l. 20 maggio 1993, n. 148, convertito in legge 19 luglio 1993,  n.
 236;  giudizio  iscritto  al  n. 123 del registro referendum.   Vista
 l'ordinanza del 7-13 dicembre 1999 con la  quale  l'Ufficio  centrale
 per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione  ha dichiarato
 conforme a legge la richiesta e la successiva ordinanza di correzione
 di errore materiale del 21  dicembre  1999;  Udito  nella  camera  di
 consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice relatore Franco Bile; Uditi
 l'avvocato Sergio  Magrini  per  i  presentatori  Capezzone  Daniele,
 Giustino  Mariano  e  De  Lucia Michele, l'avvocato Mario Salerni per
 l'associazione   Progetto   Diritti,   per   la   Federazione   delle
 Rappresentanze  Sindacali  di  Base  e  per  il  Centro di ricerca ed
 elaborazione per la democrazia e l'avvocato Piergiovanni  Alleva  per
 la  Federazione  dei  Verdi  ed  altri,  Comitato per le liberta' e i
 diritti sociali e Partito della Rifondazione comunista.
                            Ritenuto in fatto
   1. - L'Ufficio centrale per  il  referendum  costituito  presso  la
 Corte  di cassazione, ai sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352, ha
 esaminato la richiesta di referendum popolare depositata  in  data  8
 marzo  1999  da Daniele Capezzone ed altri (pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 57 del 10 marzo 1999), presentata sul seguente quesito:
  Volete voi che sia abrogata la legge 18 aprile 1962, n. 230, recante
 "Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato" e successive
 modificazioni, limitatamente a:
     Articolo 1, comma 1: "Il contratto di lavoro si  reputa  a  tempo
 indeterminato,  salvo le eccezioni appresso indicate."; comma 2, come
 modificato dall'articolo unico della legge 23 maggio 1977, n. 266  il
 quale   ha   sostituito   la   lett.  "e"),  nonche'  come  integrato
 dall'articolo unico della legge 25 marzo 1986, n.  84  (il  quale  ha
 aggiunto  la lettera "f"), limitatamente alle parole: "a) quando cio'
 sia  richiesto  dalla  speciale  natura   dell'attivita'   lavorativa
 derivante   dal   carattere  stagionale  della  medesima;  b)  quando
 l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti  e  per  i
 quali  sussiste  il  diritto alla conservazione del posto, sempreche'
 nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore
 sostituito e la causa della sua sostituzione; c) quando  l'assunzione
 abbia luogo per la esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e
 predeterminati   nel   tempo   aventi   carattere   straordinario  od
 occasionale; d) per le lavorazioni a fasi successive  che  richiedono
 maestranze  diverse,  per  specializzazioni,  da  quelle  normalmente
 impiegate e limitatamente alle fasi complementari od integrative  per
 le  quali non vi sia continuita' di impiego nell'ambito dell'azienda;
 e) nelle assunzioni di  personale  riferite  a  specifici  spettacoli
 ovvero  a  specifici  programmi  radiofonici  o televisivi; f) quando
 l'assunzione venga effettuata da aziende  di  trasporto  aereo  o  da
 aziende  esercenti  i  servizi  aeroportuali  ed  abbia  luogo per lo
 svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a
 bordo ai passeggeri e merci, per un periodo  massimo  complessivo  di
 sei  mesi,  compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro
 mesi per periodi diversamente distribuiti  e  nella  percentuale  non
 superiore  al 15 per cento dell'organico aziendale che, al 10 gennaio
 dell'anno   a   cui   le   assunzioni   si    riferiscono,    risulti
 complessivamente  adibito  ai  servizi sopraindicati. Negli aeroporti
 minori detta percentuale puo' essere aumentata da parte delle aziende
 esercenti   i    servizi    aeroportuali,    previa    autorizzazione
 dell'ispettorato  del  lavoro,  su  istanza documentata delle aziende
 stesse. In ogni caso,  le  organizzazioni  sindacali  provinciali  di
 categoria  ricevono  comunicazione  delle  richieste di assunzione da
 parte  delle  aziende  di  cui  alla  presente  lettera.";  comma  3:
 "L'apposizione del termine e' priva di effetto se non risulta da atto
 scritto.";  comma  4: "Copia dell'atto scritto deve essere consegnata
 dal datore di lavoro al lavoratore."; comma 5: "La scrittura  non  e'
 tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro puramente
 occasionale  non  sia superiore a dodici giorni lavorativi."; nonche'
 comma 6: "L'elenco delle attivita' di cui al secondo  comma,  lettera
 a),   del   presente  articolo  sara'  determinato  con  decreto  del
 Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e
 la previdenza  sociale,  entro  un  anno  dalla  pubblicazione  della
 presente  legge.  L'elenco  suddetto  potra'  essere  successivamente
 modificato con le medesime procedure. In  attesa  dell'emanazione  di
 tale  provvedimento,  per  la  determinazione  di  dette attivita' si
 applica il decreto ministeriale 11 dicembre 1939 che approva l'elenco
 delle lavorazioni che si compiono annualmente in  periodi  di  durata
 inferiore a sei mesi.";
     Articolo  2, come sostituito (quanto al comma 2) dall'Articolo 12
 della legge 24 giugno 1997, n. 196;
     Articolo 3;
     Articolo 4;
     Articolo 5;
     Articolo 6;
     Articolo 7,  come  sostituito  dall'Articolo  14  del  d.lgs.  19
 dicembre 1994, n. 758;
     Articolo 8;
     Articolo 9;
     Articolo 10;
     Articolo 11;
 nonche'  il  decreto-legge  3  dicembre  1977,  n. 876, convertito in
 legge, con modificazione, dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18, recante
 "Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato  nei  settori
 del  commercio  e del turismo" e successive modificazioni, nonche' la
 legge 28 febbraio 1987, n. 56, recante "Norme sull'organizzazione del
 mercato  del  lavoro"  e  successive   modificazioni,   limitatamente
 all'art.  23, come sostituito (quanto al comma 2) dall'art. 9-bis del
 decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito in legge dalla legge
 19 luglio 1993, n. 236?".
   2.   -   L'Ufficio   centrale  per  il  referendum,  con  ordinanza
 pronunciata in data 7-13 dicembre 1999 -  ritenuta  la  tempestivita'
 della  presentazione  della richiesta referendaria e dato atto che le
 sottoscrizioni raccolte dai promotori avevano raggiunto il numero  di
 cinquecentomila  -  ha  dichiarato  che la richiesta e' conforme alle
 disposizioni di legge.
   Al  quesito   l'Ufficio   centrale   ha   assegnato   la   seguente
 denominazione:      "Contratti   di   lavoro   a  tempo  determinato:
 Liberalizzazione della stipulazione".
   3. - Ricevuta comunicazione  dell'ordinanza,  il  Presidente  della
 Corte  costituzionale  ha  fissato  il  giorno 13 gennaio 2000 per la
 deliberazione  in  camera  di  consiglio  sull'ammissibilita'   della
 richiesta,  dandone  comunicazione,  ai  sensi  dell'art. 33, secondo
 comma, della legge 25 maggio 1970,  n.  352,  ai  presentatori  della
 richiesta ed al Presidente del Consiglio dei Ministri.
   4.  -  In  prossimita' della camera di consiglio, i promotori hanno
 depositato una memoria nella quale  si  chiede  la  dichiarazione  di
 ammissibilita' del referendum.
   5.  -  Sono  state  presentate  memorie  dall'Associazione Progetto
 Diritti O.N.L.U.S., dalla Federazione delle Rappresentanze  Sindacali
 di  Base  e  dal Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia,
 dal Comitato per le Liberta' e i diritti sociali, dal  Partito  della
 Rifondazione  comunista  e,  congiuntamente,  dalla  Federazione  dei
 Verdi, dall'Associazione Nazionale  per  la  Sinistra  e  da  Alfiero
 Grandi,  nella  dedotta  qualita'  di  responsabile lavoro dei D.S. -
 Democratici di Sinistra.
   6. - Nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000 sono stati uditi
 l'avv.Sergio Magrini per  i  presentatori;  l'avv.Mario  Salerni  per
 l'Associazione  Progetto  Diritti  O.N.L.U.S.,  la  Federazione delle
 Rappresentanze  Sindacali  di  Base  e  il  Centro  di   Ricerca   ed
 Elaborazione  per  la Democrazia; e l'avv. Piergiovanni Alleva per il
 Partito della Rifondazione comunista, la  Federazione  dei  Verdi,  e
 l'Associazione Nazionale per la Sinistra.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Sciogliendo  la riserva formulata dal Presidente della Corte
 nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000, in via preliminare  va
 dichiarata,  per  le  ragioni specificamente indicate da questa Corte
 nella sentenza n. 31 del  2000,  la  ritualita'  del  deposito  delle
 memorie   provenienti   da  soggetti  diversi  dai  presentatori  del
 referendum, nonche' della loro illustrazione  orale,  avvenuta  nella
 camera di consiglio citata.
   2.  -  Si  puo'  quindi  passare  all'esame  della  sussistenza dei
 requisiti  per  l'ammissibilita'  della  richiesta   del   referendum
 abrogativo  -  dichiarata  legittima  dall'Ufficio  centrale  per  il
 referendum, costituito presso la Corte di cassazione,  con  ordinanza
 7/13  dicembre  1999  - al fine di accertare se, riguardo all'oggetto
 della richiesta stessa, ricorra  qualcuno  dei  limiti  espressamente
 previsti  dall'art.  75, secondo comma, della Costituzione o comunque
 impliciti nel sistema e se il quesito presenti struttura e  caratteri
 conformi  alla  funzione che la Costituzione assegna all'istituto del
 referendum abrogativo, che la Corte ha individuato fin dalla sentenza
 n. 16 del 1978.
   3.  -  Si  deve  subito  rilevare - quanto all'area della normativa
 costituzionalmente  interdetta  all'iniziativa  referendaria  ratione
 materiae  -  che  il  quesito  in  esame  concerne  la disciplina del
 rapporto di lavoro a tempo  determinato  e,  quindi,  certamente  non
 riguarda  alcuna legge tributaria o di bilancio, ne' di amnistia o di
 indulto.
   4. - Con riferimento all'ultimo dei  limiti  indicati  nel  secondo
 comma  dell'art.  75  della  Costituzione,  il referendum non propone
 specificamente  l'abrogazione  di  una  legge  di  autorizzazione   a
 ratificare  trattati internazionali. Peraltro ai fini della decisione
 sull'ammissibilita' occorre tener conto  delle  precisazioni  fornite
 dalla giurisprudenza costituzionale.
   Sotto  tale  profilo giova richiamare (ed ulteriormente ribadire) i
 principi ripetutamente affermati da questa Corte fin  dalla  sentenza
 n. 30 del 1981 (e successivamente confermati dalle sentenze n. 31 del
 1981,  n.  25  del  1987,  n. 63 del 1990 e, piu' recentemente, dalla
 sentenza n. 27 del 1997). In base a tali  principi,  nella  categoria
 delle  leggi  per cui l'art. 75 della Costituzione esclude il ricorso
 al referendum abrogativo  sono  ricomprese  -  oltre  alle  leggi  di
 autorizzazione  a  ratificare  trattati  internazionali  -  anche "le
 disposizioni produttive di effetti collegati in  modo  cosi'  stretto
 all'ambito di operativita'" di queste leggi che "la preclusione debba
 ritenersi sottintesa".
   A  siffatta conclusione la Corte e' pervenuta considerando in primo
 luogo che dall'abrogazione di tali  norme  deriverebbe  l'esposizione
 dello  Stato  italiano  a  responsabilita'  nei confronti delle altre
 parti contraenti a causa della violazione degli  impegni  assunti  in
 sede  internazionale;  e  aggiungendo inoltre che la Costituzione "ha
 voluto riservare (tale responsabilita') alla valutazione politica del
 Parlamento, sottraendo  le  norme  in  questione  alla  consultazione
 popolare,  alla  quale  si  rivolge il referendum abrogativo previsto
 dall'art. 75 della Costituzione" (sentenze n. 30 del 1981 e n. 27 del
 1997, citate, nonche' n. 28 del 1993).
   5. - Tra le leggi  di  ratifica  di  trattati  internazionali  deve
 essere  ricordata  in  particolare  quella  concernente  il  trattato
 istitutivo della comunita' europea (legge 14 ottobre 1957,  n.  1203,
 di ratifica ed esecuzione degli accordi internazionali firmati a Roma
 il  25  marzo 1957, cui hanno fatto seguito la legge 3 novembre 1992,
 n. 454, di ratifica ed esecuzione del  trattato  sull'Unione  europea
 firmato  a  Maastricht il 7 febbraio 1992, e la legge 16 giugno 1998,
 n. 209, di ratifica ed esecuzione del trattato  di  Amsterdam  del  2
 ottobre 1997).
   Questa  Corte  (a  partire  dalla  sentenza  n.  170  del  1984) ha
 precisato  che  l'ordinamento  comunitario  e   quello   statale   si
 configurano  come  autonomi  e  distinti,  secondo la ripartizione di
 competenza stabilita dal trattato, ed ha ricondotto il  coordinamento
 fra essi esistente all'ambito dell'art. 11 della Costituzione.
   Il processo di progressiva integrazione degli ordinamenti giuridici
 nazionale  e comunitario ha comportato, pur a Costituzione invariata,
 delle profonde modifiche all'ordinamento interno. Infatti  -  poiche'
 nelle  materie  previste  dal  trattato  la  normativa regolatrice e'
 quella emanata dalle istituzioni comunitarie  secondo  le  previsioni
 del  trattato  stesso  (entro  il  quadro  precisato  dalla ricordata
 sentenza n. 170 del 1984) - di  fronte  a  tale  normativa,  come  ha
 rilevato  la  sentenza  n.  285  del  1990, "l'ordinamento interno si
 ritrae e non e' piu' operante".
   Questa ritrazione per un verso consente la  diretta  applicabilita'
 del  diritto  comunitario  derivato,  nei  termini riconosciuti dalla
 giurisprudenza di questa Corte  e  della  Corte  di  giustizia  delle
 comunita'  europee,  e  per  altro verso attribuisce una posizione di
 preminenza all'adempimento, da  parte  dello  Stato  italiano,  degli
 obblighi  comunitari,  garantendolo  con una rete di protezione che -
 come emerge dalla giurisprudenza di questa Corte - incide,  per  vari
 aspetti,  sui  poteri  del  legislatore, dei giudici e della pubblica
 amministrazione.
   6. - Nel quadro fin qui  delineato  si  colloca  la  giurisprudenza
 della  Corte  concernente  i  rapporti  fra ordinamento comunitario e
 referendum abrogativo.
   Con specifico riferimento all'interferenza con il trattato di Roma,
 le sentenze n. 31 e n. 15 del 1997 hanno espressamente verificato  se
 le  abrogazioni  oggetto delle richieste referendarie rispettivamente
 esaminate avrebbero potuto comportare, in  concreto,  una  violazione
 degli obblighi posti allo Stato italiano dal trattato stesso.
   7.  -  Anche l'obbligo - imposto dal trattato agli Stati membri, in
 vista dell'obiettivo di conformazione degli ordinamenti interni -  di
 ottemperare  alle  prescrizioni  poste  dalla  normativa  comunitaria
 derivata, ha una precisa ricaduta - come gia' ritenuto dalla Corte  -
 in  termini di inammissibilita' del referendum che in ipotesi esponga
 lo Stato italiano al rischio dell'inadempienza.
   In particolare, le direttive comunitarie sono  state  espressamente
 considerate  rilevanti  ai  fini  del  giudizio  di ammissibilita' di
 richieste referendarie - sia pure per escludere che il risultato  del
 referendum   confliggesse   con   le   direttive   che   venivano  in
 considerazione - dalla sentenza n. 64 del 1990  e  (congiuntamente  a
 trattati  internazionali)  dalle  sentenze  n. 63 del 1990, n. 26 del
 1993 e n. 36 del 1997.
   8. - Si tratta allora di verificare se il quesito  referendario  si
 ponga, o meno, in contrasto con la direttiva 1999/70/CE del Consiglio
 dell'Unione europea del 28 giugno 1999.
   8.1.  -  La citata direttiva concerne specificamente il rapporto di
 lavoro a tempo determinato, e recepisce l'accordo-quadro stipulato al
 riguardo dalle parti sociali.
   Tale accordo richiede che il termine apposto al contratto di lavoro
 sia determinato da condizioni oggettive, quali il  raggiungimento  di
 una  certa  data,  il  completamento  di  un  compito  specifico o il
 verificarsi di un evento specifico. E nel contempo  dispone  che  gli
 Stati  membri,  ove  nella  loro  legislazione  non  abbiano gia' una
 normativa equivalente, debbano, non oltre il 10 luglio 2001, dettarne
 una diretta ad evitare l'abuso del contratto  di  lavoro  a  termine,
 mediante  l'adozione  di  misure  idonee  ad  individuare  le ragioni
 obbiettive che giustifichino la sua rinnovazione, la  durata  massima
 dei  contratti successivi, ed il numero di rinnovi possibili; nonche'
 a  stabilire  quando  i  contratti  a  termine  debbano  considerarsi
 "successivi"   e   quando   si   convertano   in  contratti  a  tempo
 indeterminato.
   8.2. - Ora - quando, come nel caso in esame, la  direttiva  prevede
 un  termine  per  l'adeguamento di ciascun ordinamento nazionale alle
 sue prescrizioni - l'obbligo  di  conformazione  sorge  come  tale  a
 carico  dello  Stato  fin  dal  momento  dell'entrata in vigore della
 direttiva  (ai  sensi  dell'art.  254 del trattato, gia' art. 191), e
 quindi, anche durante la  pendenza  del  termine,  la  sopravveniente
 normazione  interna  dello Stato non puo' estrinsecarsi con contenuti
 confliggenti con i principi della direttiva.
   8.3. - La menzionata direttiva dispone che gli Stati membri debbano
 introdurre nei propri ordinamenti misure idonee a prevenire abusi  in
 tema  di contratto di lavoro a tempo determinato, solo "in assenza di
 norme equivalenti".
   Pertanto negli Stati in cui tali norme esistano  si  determina  una
 situazione  di  anticipata conformazione   dell'ordinamento interno a
 quello comunitario.
   In  tal  caso,  pur  in  pendenza  del  termine   di   recepimento,
 l'ordinamento  interno  - se puo', nel rispetto delle scelte di fondo
 della normativa  comunitaria,  modificare  le  garanzie  esistenti  -
 sicuramente  non puo' rimuoverle del tutto senza violare gli obblighi
 nascenti dalla direttiva.
   A tale vincolo e' in modo particolare  assoggettato  il  referendum
 abrogativo,  che  non  puo',  in quanto atto-fonte di diritto interno
 (sentenza n. 64 del 1990, citata), condurre ad un risultato  tale  da
 esporre lo Stato italiano a responsabilita' per violazione di impegni
 assunti in sede comunitaria.
   Pertanto  non  puo'  ritenersi  ammissibile  un referendum che miri
 all'abrogazione di una normativa interna, avente  contenuto  tale  da
 costituire  per  lo  Stato  italiano il soddisfacimento di un preciso
 obbligo derivante  dall'appartenenza  all'Unione  europea,  ove  tale
 abrogazione lasci quest'obbligo del tutto inadempiuto.
   8.4. - Qualora si consideri la lettera e lo spirito della direttiva
 in questione (come evidenziata in chiusura del precedente punto 8.1),
 l'ordinamento   italiano   risulta  anticipatamente  conformato  agli
 obblighi da essa derivanti.
   Infatti,  proprio  la  legge  n.  230  del  1962   assoggettata   a
 referendum,    come   risultante   dalle   successive   modifiche   e
 integrazioni,  ha  da  molto  tempo  adottato  una  serie  di  misure
 puntualmente   dirette   ad   evitare  l'utilizzo  della  fattispecie
 contrattuale del lavoro a tempo  determinato  per  finalita'  elusive
 degli   obblighi   nascenti   da   un  rapporto  di  lavoro  a  tempo
 indeterminato, in particolare circondando di garanzie l'ipotesi della
 proroga o del rinnovo del contratto e precisando i  casi  in  cui  il
 contratto   prorogato  o  rinnovato  si  debba  considerare  a  tempo
 indeterminato (art. 2 della stessa legge).
   8.5. - La proposta referendaria mira per contro all'abrogazione  di
 queste  garanzie,  lasciando  nella  legge n. 230 del 1962 unicamente
 l'affermazione della  generale  (e  quindi  indiscriminata)  liceita'
 dell'apposizione del termine al contratto di lavoro.
   Orbene,   e'   vero  che  il  legislatore  nazionale  mantiene  una
 considerevole  discrezionalita'   nell'attuazione   della   direttiva
 nell'ordinamento    interno,   ma   la   liberalizzazione   derivante
 dall'eventuale abrogazione dell'art. 2  comporterebbe  non  una  mera
 modifica  della  tutela  richiesta  dalla  direttiva, ma una radicale
 carenza di garanzie in frontale contrasto con la lettera e lo spirito
 della direttiva  suddetta,  che  neppure  nel  suo  contenuto  minimo
 essenziale risulterebbe piu' rispettata.
   8.6.   -   I   promotori  affermano  che  un'eventuale  abrogazione
 referendaria  non  escluderebbe  l'applicazione  alla  materia  della
 disciplina generale dei contratti dettata dal codice civile.
   Ma  tale  disciplina,  limitandosi a sancire disposizioni meramente
 comminatorie  della  nullita'  del  contratto,  appare  assolutamente
 inidonea   ad   assolvere  l'obbligo,  imposto  dalla  direttiva,  di
 introdurre  nell'ordinamento  norme  volte  a  regolamentare  sia  le
 ragioni  ed  i  limiti  del  rinnovo  del contratto di lavoro a tempo
 determinato, sia le ipotesi di trasformazione di esso in contratto  a
 tempo indeterminato.
   9.  -  Da  quanto precede deriva l'inammissibilita' del referendum,
 dovendo ancora una volta escludersi che dall'abrogazione referendaria
 di norme interne possa derivare l'esposizione dello Stato italiano  a
 responsabilita' nei confronti della comunita' europea.