ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare per l'abrogazione della legge 13 aprile 1988, n.
 117 recante "Risarcimento dei danni  cagionati  nell'esercizio  delle
 funzioni  giudiziarie  e  responsabilita'  civile  dei  magistrati" e
 successive  modificazioni,   limitatamente   alle   seguenti   parti:
 Articolo  2,  comma  1, limitatamente alle parole: "contro lo Stato";
 Articolo 4; Articolo 5; Articolo 6; Articolo 7; Articolo 8;  Articolo
 9, comma 1, limitatamente alle parole: "dalla comunicazione di cui al
 comma  5  dell'articolo  5"; Articolo 13, comma 1, limitatamente alle
 parole "costituente reato"; giudizio iscritto al n. 120 del  registro
 referendum.    Vista  l'ordinanza del 7-13 dicembre 1999 con la quale
 l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
 dichiarato conforme a legge  la  richiesta;  Udito  nella  camera  di
 consiglio  del  13  gennaio 2000 il giudice relatore Fernanda Contri;
 Udito l'avvocato Giuseppe Morbidelli  per  i  presentatori  Capezzone
 Daniele, Giustino Mariano e De Lucia Michele.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  L'Ufficio  centrale  per  il referendum costituito presso la
 Corte di cassazione in applicazione della legge 25  maggio  1970,  n.
 352,  e  successive  modificazioni,  ha  esaminato  la  richiesta  di
 referendum popolare abrogativo - presentata da Capezzone Daniele,  De
 Lucia  Michele, Giustini Mariano, Bernardini Rita e Marzano Antonio -
 sul seguente quesito:   "Volete voi che  sia  abrogata  la  legge  13
 aprile  1988,  n.  117,  recante  "Risarcimento  dei  danni cagionati
 nell'esercizio delle funzioni giudiziarie  e  responsabilita'  civile
 dei   magistrati"  e  successive  modificazioni,  limitatamente  alle
 seguenti parti:   Articolo 2, comma  1,  limitatamente  alle  parole:
 "contro  lo  Stato";  Articolo 4; Articolo 5; Articolo 6; Articolo 7;
 Articolo 8; Articolo 9, comma 1, limitatamente  alle  parole:  "dalla
 comunicazione  di cui al comma 5 dell'articolo 5"; Articolo 13, comma
 1, limitatamente alle parole ''costituente  reato''?"    1.2.  -  Con
 ordinanza  del  7-13  dicembre 1999 l'Ufficio centrale, verificata la
 regolarita' della richiesta, l'ha dichiarata legittima, stabilendo la
 seguente denominazione del referendum  in  oggetto:  "Responsabilita'
 civile diretta dei magistrati: Abrogazione delle norme contrarie".
   2.   -   Ricevuta   la  comunicazione  dell'ordinanza  dell'Ufficio
 centrale, il Presidente di questa  Corte  ha  fissato  il  giorno  13
 gennaio 2000 per le conseguenti deliberazioni.  Il Comitato promotore
 del  referendum  ha depositato memoria a sostegno dell'ammissibilita'
 della richiesta referendaria.
   3.  -  Nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000 e' stato udito
 l'Avvocato Giuseppe  Morbidelli,  che  ha  illustrato  le  ragioni  a
 sostegno dell'ammissibilita' della richiesta referendaria.
                         Considerato in diritto
   1.   -   La   richiesta   di   referendum   abrogativo,  sulla  cui
 ammissibilita' questa Corte e' chiamata a pronunciarsi, ha ad oggetto
 molteplici  disposizioni  della  legge  13  aprile   1988,   n.   117
 (Risarcimento  dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni
 giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati), di cui  propone
 la soppressione di articoli o di parti di comma. Piu' precisamente la
 richiesta investe:
     l'articolo  2,  che  prevede  la responsabilita' per dolo o colpa
 grave del magistrato, limitatamente alle parole "contro lo Stato", in
 modo da consentire l'azione diretta per  il  risarcimento  dei  danni
 cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
     l'intero  articolo  4, che determina la competenza e stabilisce i
 termini per l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno  contro
 lo Stato;
     gli  interi  articoli  5  e  6, che disciplinano l'ammissibilita'
 della  domanda  risarcitoria  contro  lo  Stato  e  l'intervento  del
 magistrato nel relativo giudizio;
     gli interi articoli 7 e 8, che prevedono rispettivamente l'azione
 di  rivalsa  dello  Stato  nei  confronti  del magistrato, nonche' la
 competenza per la detta azione e la misura della rivalsa;
     l'articolo 9, limitatamente alle parole "dalla  comunicazione  di
 cui al comma 5 dell'articolo 5", in quanto il termine per l'esercizio
 dell'azione    disciplinare    decorre    dalla   comunicazione   del
 provvedimento di ammissibilita' della domanda risarcitoria;
     l'articolo 13, limitatamente  alle  parole  "costituente  reato",
 poiche' tale norma afferma il diritto del danneggiato al risarcimento
 dei  danni  nei  confronti sia del magistrato che dello Stato solo in
 conseguenza di un fatto "costituente reato".
   2. -  Le  disposizioni  oggetto  dell'iniziativa  referendaria  non
 appartengono   ad  alcuna  delle  categorie  di  leggi  espressamente
 sottratte  a  referendum   dall'art.   75,   secondo   comma,   della
 Costituzione.
    E'  nondimeno  necessario,  in  relazione  alla  struttura  e alla
 formulazione  del  quesito,  accertare  "se  non  s'impongono   altre
 ragioni,  costituzionalmente  rilevanti, in nome delle quali si renda
 indispensabile  precludere  il  ricorso  al  corpo   elettorale,   ad
 integrazione delle ipotesi che la Costituzione ha previsto in maniera
 puntuale ed espressa" (sentenza n. 16 del 1978).
   La  domanda referendaria, benche' formulata in termini parzialmente
 diversi rispetto a quella dichiarata inammissibile  da  questa  Corte
 con  sentenza  n. 34 del 1997, non si sottrae ad una serie di rilievi
 che ne precludono l'ammissibilita'.
   3. - Il quesito referendario investe una disciplina che, pur avendo
 ad oggetto gli atti o i comportamenti posti in essere  da  magistrati
 nell'esercizio  delle loro funzioni e la conseguente responsabilita',
 assegna la preminenza all'azione diretta contro lo Stato sia  -  come
 questa  Corte  ha gia' avuto occasione di rilevare, con la menzionata
 sentenza n. 34 del 1997 - per  garantire  l'interesse  del  cittadino
 alla  riparazione  risarcitoria;  sia per determinare, in base ad una
 valutazione discrezionale, un punto di equilibrio tra tale  interesse
 e  la  costituzionale  esigenza  di  salvaguardare  l'indipendenza  e
 l'indefettibilita' della funzione giurisdizionale.
   La  domanda  referendaria  tende  ad  affermare una responsabilita'
 civile dei magistrati piena e diretta, destinata a coesistere con  la
 perdurante  possibilita'  di  proporre  un'azione  rivolta  contro lo
 Stato.
   Si tratta di una modifica dell'impianto della speciale disciplina -
 delineata dal  legislatore  ai  ricordati  fini  -  perseguita  tanto
 attraverso  la  proposta  di  abrogazione popolare di interi articoli
 della legge oggetto della richiesta referendaria, quanto mediante  la
 tecnica  del ritaglio, da singole disposizioni, di parole e locuzioni
 insuscettibili, isolatamente riguardate, di esprimere un qualsivoglia
 significato: dall'art. 2, comma 1, della legge n. 117 del  1988,  che
 disciplina  le  ipotesi  tipiche  di responsabilita' per dolo o colpa
 grave, prevedendo come unico rimedio l'azione  contro  lo  Stato,  si
 propone di sottrarre le parole "contro lo Stato" per far residuare un
 "diritto  di  agire"  non  limitato  sotto  il  profilo  dei soggetti
 destinatari dell'azione; dall'art. 13, comma 1,  norma  speciale  che
 disciplina  l'unica  ipotesi  - l'illecito penale - in cui e' ammessa
 l'azione di responsabilita' anche nei confronti  del  magistrato,  si
 propone  di  eliminare  la  locuzione  "costituente  reato",  per far
 residuare una disposizione che ammette l'azione risarcitoria  diretta
 nei  confronti del magistrato, oltre che dello Stato, da parte di chi
 abbia "subito un danno in conseguenza di un fatto",  senza  ulteriore
 qualificazione,  "commesso  dal  magistrato  nell'esercizio delle sue
 funzioni".
   In piu' di una occasione, questa  Corte  ha  chiarito  che  con  la
 tecnica del ritaglio non puo' essere perseguito l'effetto, proprio di
 un  referendum  propositivo,  di  sostituire  la disciplina investita
 dalla domanda referendaria  "con  un'altra  disciplina  assolutamente
 diversa ed estranea al contesto normativo, che il quesito ed il corpo
 elettorale  non  possono  creare  ex novo ne' direttamente costruire"
 (sentenza n.  13  del  1999);  ne'  puo'  dirsi,  con  riguardo  alla
 richiesta  ora  sottoposta  allo  scrutinio  di  ammissibilita',  che
 l'introduzione dell'azione  diretta  nei  confronti  del  magistrato,
 accanto  alla  perdurante possibilita' di proporre l'azione contro lo
 Stato, possa  realizzarsi  grazie  a  meccanismi  di  riespansione  o
 autointegrazione dell'ordinamento attivati dall'eventuale abrogazione
 popolare.
   Il  risultato  che i promotori si propongono di provocare, in altri
 termini, non deriverebbe "come effetto di sistema da un'operazione in
 se stessa conforme  alla  natura  abrogativa  dell'istituto  previsto
 dall'art. 75 della Costituzione" (sentenza n. 31 del 1997).
   Invece  il  fine  che  i  promotori  si  propongono  e  che risulta
 oggettivato  nella  domanda  referendaria  e'  perseguito   in   modo
 contrario alla natura dell'istituto e pertanto inammissibile, poiche'
 la  proposta  referendaria  non  si presenta come puramente ablativa,
 bensi' come innovativa e sostitutiva di norme.
   Nel presente caso, in altri termini, il quesito assumendo carattere
 propositivo  non  puo'  ricondursi   allo   schema   dell'abrogazione
 parziale,  "perche'  non  si  propone  tanto  al corpo elettorale una
 sottrazione di contenuto normativo, ma si propone piuttosto una nuova
 norma direttamente costruita" (sentenza n. 36 del 1997).
   4.  -  Come questa Corte ha gia' avuto modo di sottolineare, quando
 l'abrogazione parziale venga perseguita mediante la soppressione  dal
 testo  normativo  di  singole  parole,  "si  accentua  l'esigenza  di
 garantire al  popolo,  nell'esercizio  del  suo  potere  sovrano,  la
 possibilita' di una scelta chiara" (sentenza n. 39 del 1997).
   Nel  presente giudizio di ammissibilita', quanto al requisito della
 chiarezza, non si puo' omettere il rilievo di alcune  gravi  carenze.
 La  formulazione della domanda referendaria presenta infatti numerosi
 elementi idonei a ingenerare confusione nell'elettore.
   4.1. -  E'  sufficiente  enunciare,  quale  conseguenza  automatica
 dell'eventuale  abrogazione dell'art. 7, l'unificazione del regime di
 responsabilita' per tutti i soggetti che a vario  titolo  partecipano
 all'esercizio  della funzione giudiziaria - dalla legge a seconda del
 titolo differentemente considerati  -  e  ancora,  quale  conseguenza
 dell'eventuale   abrogazione  degli  artt.  7  e  8,  la  commistione
 dell'azione di regresso  con  quella  di  rivalsa,  ben  distinte  ed
 autonome nell'impianto della legge n.  117 del 1988.
   4.2.  - Ancora e piu' specificatamente si consideri la richiesta di
 abrogazione  della  disposizione  concernente  il  dies  a  quo   per
 l'esercizio  dell'azione  disciplinare,  che  deve  essere esercitata
 entro   due   mesi   dalla   comunicazione   del   provvedimento   di
 ammissibilita'   della   domanda   risarcitoria,  anche  se  persegue
 l'evidente finalita' di eliminare ogni  riferimento  al  giudizio  di
 ammissibilita'  della  domanda di cui all'art. 5; una volta eliminata
 la previsione del termine iniziale, si potrebbe ritenere che l'azione
 disciplinare debba essere esercitata entro due mesi dalla notizia del
 fatto,  ovvero  entro  due  mesi   dalla   proposizione   dell'azione
 risarcitoria.  Cio'  costituisce  elemento  di  obiettiva incertezza,
 tanto piu' grave  ove  si  consideri  che  la  norma  in  esame  pone
 l'obbligo,   non   la   mera   facolta',  dell'esercizio  dell'azione
 disciplinare, a differenza di  quanto  stabilito  dalle  disposizioni
 generali relative al procedimento disciplinare dei magistrati.
   4.3. - Un profilo particolarmente evidente di mancanza di chiarezza
 del  quesito  si  ravvisa nella richiesta di abrogazione delle parole
 "costituente  reato",  contenute  nell'art.  13  della   legge,   che
 disciplina  la  responsabilita'  civile  per  fatti costituenti reato
 commessi dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, stabilendo
 in tal caso il diritto del danneggiato al risarcimento dei danni  nei
 confronti  sia  del  magistrato  che  dello  Stato  come responsabile
 civile.
   A seguito della eventuale abrogazione  del  menzionato  inciso,  il
 magistrato  sarebbe  chiamato  a  rispondere  per  qualunque  "fatto"
 commesso nell'esercizio delle sue funzioni: la eventuale  abrogazione
 non   potrebbe   sensatamente   accreditare   una   estensione  della
 responsabilita'  a  qualsiasi   "fatto"   commesso   dal   magistrato
 nell'esercizio   delle   sue  funzioni.    Dall'abrogazione  peraltro
 potrebbe  derivare  l'effetto  per  cui,  in  assenza  di   qualunque
 riferimento  alle  fattispecie  disciplinate  dagli artt. 2 e 3 della
 legge,   la   disposizione   residua   introdurrebbe    ipotesi    di
 responsabilita' diverse e piu' ampie rispetto a quelle tipiche di cui
 ai  citati  articoli  2 e 3; ipotesi di responsabilita' che sarebbero
 poste a  carico  indistintamente  di  tutti  coloro  che  partecipano
 all'esercizio  della  funzione giudiziaria. Si tratta di un risultato
 evidentemente contraddittorio  con  la  finalita'  oggettivata  nello
 stesso  quesito,  che  rappresenta  un elemento di grave incertezza e
 confusione,  potenziata  dalla  permanenza nella rubrica del medesimo
 articolo della qualificazione del fatto come reato.
   5. - In conclusione, la rilevata natura propositiva e non meramente
 abrogativa della richiesta referendaria in  esame  e  la  complessiva
 mancanza  di chiarezza del quesito da sottoporre al corpo elettorale,
 inducono ad un giudizio di inammissibilita'.