ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 1,
comma 1,  e  2, commi 2, lettera a), e 3, nonche' della rubrica della
legge  della  Regione  autonoma  della  Sardegna 23 maggio 2006, n. 7
(Istituzione,  attribuzioni  e disciplina della Consulta per il nuovo
statuto  di  autonomia  e  sovranita' del popolo sardo), promosso con
ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, notificato e
depositato  in  cancelleria il 7 agosto 2006 ed iscritto al n. 92 del
registro ricorsi 2006;
    Visto   l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma  della
Sardegna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 settembre  2007 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei ministri e gli avvocati Paolo Carrozza e Graziano
Campus per la Regione autonoma della Sardegna.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato  il 31 luglio 2006, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 1,  2 e 3 (recte: artt. 1, comma 1, e 2,
commi 2,  lettera a),  e 3), nonche' della stessa rubrica della legge
della   Regione   autonoma   della   Sardegna 23 maggio   2006,  n. 7
(Istituzione,  attribuzioni  e disciplina della Consulta per il nuovo
statuto  di  autonomia  e sovranita' del popolo sardo) pubblicata nel
B.U.R.  n. 18 del 1° giugno 2006, in relazione agli artt. 1, 3, 4, 50
e 54 dello statuto speciale ed agli artt. 1, 3, 5, 16, 101, 114, 116,
117,  comma primo e comma secondo, lettere a), d), h) e l), 120, 132,
133 e 138 della Costituzione.
    1.1. - La   legge  regionale  parzialmente  impugnata  prevede  e
disciplina  questo  nuovo  organo  il quale, attraverso una specifica
procedura  che  contempla  anche  alcune  forme di partecipazione, e'
chiamato ad elaborare un progetto organico di nuovo statuto regionale
speciale  da  trasmettere  al Consiglio regionale, in modo che questi
possa  poi  deliberare un apposito disegno di legge costituzionale da
sottoporre infine al Parlamento nazionale.
    Le  censurate  disposizioni,  riferendosi ad un «nuovo statuto di
autonomia  e  sovranita'  del  popolo  sardo»  (rubrica della legge e
art. 1,  comma 1),  stabiliscono  che l'articolato del progetto debba
rispettare i «principi e caratteri della identita' regionale; ragioni
fondanti dell'autonomia e sovranita'; conseguenti obblighi di Stato e
Regione  in relazione a tali caratteri, individuando idonee forme per
promuovere  i  diritti  dei cittadini sardi in relazione a condizioni
connesse  alla specificita' dell'isola» (art. 2, comma 2, lettera a),
e  che  lo stesso testo possa indicare «ogni altro argomento ritenuto
rilevante  al  fine  di  definire  autonomia e elementi di sovranita'
regionale» (art. 2, comma 3).
    Per  la  parte  ricorrente  l'utilizzazione,  seppur  in modo non
univoco,  del termine «sovranita», parrebbe, in primo luogo, alterare
la   logica   dello  statuto  speciale  di  autonomia.  Le  impugnate
disposizioni  sembrerebbero, inoltre, contrastare con l'art. 54 dello
statuto e con l'art. 138 Cost. e non risulterebbero compatibili con i
fondamentali  principi  costituzionali,  in  quanto,  considerando  e
valorizzando   elementi   etnici,  culturali,  ambientali,  sarebbero
dirette  a  «definire  situazioni  soggettive  privilegiate  per  una
categoria  di  soggetti  dell'ordinamento nazionale» e a «rivendicare
poteri  dell'ente  Regione  a  livello  di indipendenza e comunque di
svincolo  da  condizionamenti  ordinamentali nell'ambito dell'assetto
della Repubblica risultante dall'attuale Carta costituzionale».
    1.2. - A  sostegno  della  censura  il  ricorrente osserva che ai
sensi  dell'art. 116  Cost.  e  del  vigente  art. 54  dello  statuto
speciale,   la  definizione  dello  statuto  speciale  e'  sul  piano
giuridico   interamente  attribuita  al  Parlamento  nazionale,  come
confermato  dallo stesso esito negativo del referendum costituzionale
relativo  alla  revisione,  tra  l'altro, del citato art. 116, il cui
disegno  di  modifica  prevedeva  appunto  l'adozione  dello  statuto
speciale  «previa intesa» con la Regione interessata. Sui progetti di
iniziativa  governativa e parlamentare di modificazione dello statuto
speciale  il  Consiglio  regionale  e'  chiamato ad esprimere solo un
«parere»;  in  caso  di  parere  contrario  in  ordine ad un progetto
approvato  in  prima deliberazione da una delle Camere, il Presidente
della Regione puo' indire un referendum meramente «consultivo».
    Piu'  in  generale  si  afferma che la Costituzione (a cominciare
dall'art. 114)  fa riferimento alle Regioni «sempre e solo in termini
di  autonomia,  mai  in  termini  di sovranita», essendo quest'ultima
riferita  esclusivamente  al  «popolo»  inteso  come intera comunita'
nazionale.  Al  tempo  stesso,  questa  Corte avrebbe confermato tale
lettura  del  dettato costituzionale affermando la «netta distinzione
tra  livello  di sovranita' statale e livello di autonomia regionale»
(si  citano  le  sentenze n. 245 del 1995, n. 66 del 1964 e n. 49 del
1963).  Le piu' recenti sentenze n. 29 del 2003 e n. 106 del 2002, se
escludono  che  nel  Parlamento  possa  individuarsi  l'unica sede di
esercizio  della  sovranita',  avrebbero  anche inteso affermare «che
proprio  dalla  sovranita'  popolare esercitata attraverso la riforma
costituzionale  di  cui  alla  legge  costituzionale  n. 3  del 2001,
secondo  le  regole  quindi  di  uno  Stato  di  diritto,  discendono
l'estensione  ed  il  potenziamento delle autonomie territoriali, che
costituiscono  affermazione  del principio democratico». A sua volta,
la  sentenza  n. 274  del  2003  rimarca  la  profonda diversita' del
livello  dei poteri di cui dispongono gli enti indicati nell'art. 114
Cost.  e,  in particolare, l'insussistenza di una equiordinazione tra
Stato e Regioni.
    1.3. - Il ricorrente afferma che ad esiti analoghi si giungerebbe
tramite altre previsioni costituzionali.
    Il   potere  di  revisione  costituzionale,  anche  in  relazione
all'adozione degli statuti speciali, spetta esclusivamente allo Stato
(art. 138  Cost.).  Poiche'  ogni esplicazione di sovranita' non puo'
che  avvenire  nelle  forme  previste della Costituzione (art. 1), e'
solo  il  Parlamento  nazionale  che  ne puo' prevedere delle nuove o
modificare quelle esistenti.
    L'art. 5  Cost., al quale si correlano gli artt. 116 e 114 Cost.,
proclama   il   principio   dell'unicita'  ed  indivisibilita'  della
Repubblica  e  tale  principio  e' ribadito nell'art. 1 dello statuto
sardo.   Nell'assetto   costituzionale,   inoltre,   l'evocazione  di
un'istanza  unitaria e' manifestata dal necessario rispetto, da parte
di  ogni potesta' legislativa, della Costituzione nonche' dei vincoli
derivanti    dall'ordinamento    comunitario    e    dagli   obblighi
internazionali  (artt. 3  e 4  dello  statuto  ed ora art. 117, primo
comma,  Cost.).  Inoltre lo Stato ha mantenuto il monopolio esclusivo
della    titolarita'    ed    esercizio    dell'essenziale   funzione
giurisdizionale,  che  nessuno  puo'  escludere ed alla quale nessuno
puo'  sottrarsi  (al riguardo sono richiamati l'art. 2 delle norme di
attuazione  dello  statuto  di cui al d.P.R. n. 348 del 1979, nonche'
l'art. 117, secondo comma, lettere d), h) e l) Cost.).
    Emblematica  della  sovranita'  esclusiva dello Stato e', poi, la
previsione  dell'art. 120  Cost., che, in riferimento all'esigenza di
tutelare   l'unita'   giuridica  ed  economica  e/o  di  fronteggiare
emergenze  o  inadempienze, attribuisce al Governo poteri sostitutivi
rispetto ad organi regionali.
    A  sua  volta, l'art. 101 Cost., in base al quale la giustizia e'
amministrata  in  nome  del popolo cui appartiene in via esclusiva la
sovranita', costituisce conferma che questa vada riferita all'intera,
«ed a tali fini non scindibile», comunita' nazionale.
    Sul  versante  dei  diritti,  il  ricorrente  sottolinea  come  i
soggetti  dell'ordinamento  statale  siano  tutti i cittadini, il cui
insieme  costituisce  il  «popolo»  di cui all'art. 1 Cost., mentre i
soggetti  dell'ordinamento regionale sono i residenti, il cui insieme
costituisce  la  «popolazione»  di  cui  agli art. 132 e 133 Cost. Il
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. esclude «che possano
attribuirsi tutele e posizioni differenziate in ragione delle diverse
etnie,    suscettibili    anche   di   determinare   (indirettamente)
discriminazioni   in   base   alla   nazionalita»,  vietate  peraltro
dall'art. 12  del  Trattato  CE,  «ancorche'  dissimulate  in  quanto
formalmente riferite a criteri diversi».
    Lo  stesso  territorio regionale non puo' configurarsi come luogo
della  sovranita'  regionale, entro il quale sia esercitabile uno ius
excludendi alios, giusta la disposizione dell'art. 16 Cost.
    Ai  sensi,  infine,  dell'art. 50  dello  statuto,  il  Consiglio
regionale  puo'  essere  sciolto  quando  compia  atti  contrari alla
Costituzione  o allo statuto o, malgrado la segnalazione del Governo,
non proceda alla sostituzione della Giunta regionale o del Presidente
che  abbiano  compiuto  analoghi  atti  o  violazioni  o comunque per
ragioni di sicurezza nazionale.
    2. - Con  atto depositato il 6 settembre 2006 si e' costituita in
giudizio  la  Regione  Sardegna  che, in via preliminare, ha eccepito
l'inammissibilita' delle censure svolte nella memoria dell'Avvocatura
generale   dello  Stato  in  relazione  ai  parametri  costituzionali
(artt. 3,  16,  101,  primo  comma,  116, 117, primo e secondo comma,
lettere a),  d), h), e l), 120, 132, 133 e 138) e statutari (artt. 3,
4, 50 e 54), non indicati nella corrispondente delibera del Consiglio
dei  ministri.  Inoltre  quest'ultima  reca  parametri (gli artt. 139
Cost. e 2 e 35 dello statuto) che non sono indicati nel ricorso.
    2.1. - Nel  merito,  partendo  dalla  distinzione tra «sovranita'
dello Stato» e «sovranita' popolare», la resistente ritiene che ci si
debba  riferire  solo  alla  seconda,  cui espressamente si riferisce
l'art. 1, comma secondo, della Costituzione.
    Questa    sovranita',    «strettamente    legata   al   principio
democratico»,  non  ha  carattere  assoluto,  in  quanto destinata ad
esprimersi  entro  i limiti posti dalla Costituzione. In particolare,
la sovranita' popolare si inserisce in un sistema rappresentativo che
si  manifesta  attraverso  le  tipiche forme di democrazia diretta, e
anche   nell'esercizio  dei  diritti  di  partecipazione  basati  sul
principio  pluralistico.  Lo  sviluppo  di quest'ultimo, a sua volta,
moltiplicando i «luoghi della politica», ha eroso la supremazia dello
Stato,  che,  non  essendo  piu'  l'unica  istituzione politica, deve
competere   e,   nel  contempo,  collaborare  con  altre  istituzioni
altrettanto provviste di legittimazione democratica.
    Per   la   difesa   regionale,   la  Costituzione,  a  cominciare
dall'art. 1,  non  esclude  la  sovranita'  «anche  [...] del "popolo
sardo"».  Le  censurate  disposizioni,  contemplando  la  «sovranita'
regionale»,  in  realta' si riferirebbero «a quel grado di sovranita'
di  cui  partecipa  la  Regione insieme allo Stato ed agli altri enti
territoriali  (...),  quale  derivato  della  sovranita'  del  popolo
sardo».  Del  resto, e' lo stesso Statuto, all'art. 28, a contemplare
il  «popolo  sardo»,  e  non  una  mera popolazione (termine, questo,
utilizzato dal successivo art. 45 in relazione agli enti locali). E a
tale   «popolo   sardo»   sono   riconosciute  diverse  modalita'  di
estrinsecazione della sovranita' democratica.
    Se,  dunque,  al  termine  «sovranita»  si  assegna  il  senso di
«espressione  del  circuito democratico», non sussiste, per la difesa
regionale, alcuna violazione del dettato costituzionale, in quanto le
disposizioni  in  oggetto  si limitano ad assicurare alla frazione di
popolo costituita dal «popolo sardo» di esprimere democraticamente la
propria posizione sul progetto in parola.
    Quanto  alla  giurisprudenza  costituzionale,  la Regione ricorda
che,   anteriormente  alla  revisione  costituzionale  del  2001,  la
sovranita'  regionale  era stata esclusa per negare l'equiparabilita'
tra  Parlamento nazionale e assemblee legislative regionali (sentenze
n. 245  del 1995; n. 6 del 1970; n. 66 del 1964). Dopo la riforma, la
Corte,  nella  sentenza n. 106 del 2002, ha statuito che le forme e i
modi  di  manifestazione  della sovranita' popolare «si rifrangono in
una  molteplicita'  di  situazioni  e  di  istituti  ed  assumono una
configurazione   talmente   ampia   da  ricomprendere  certamente  il
riconoscimento  e  la  garanzia  delle  autonomie  territoriali». Gli
elementi  di discontinuita', cosi' introdotti, trovano, per la Corte,
conferma  «nella  formulazione del nuovo art. 114 della Costituzione,
nel  quale  gli  enti  territoriali autonomi sono collocati al fianco
dello  Stato  come  elementi  costitutivi  della  Repubblica  quasi a
svelarne,  in  una  formulazione sintetica, la comune derivazione dal
principio  democratico e dalla sovranita' popolare». Nella successiva
sentenza  n. 29  del  2003,  la stessa Corte ha, poi, statuito che le
assemblee  elettive  nazionali e regionali sono «espressione entrambe
della  sovranita'  nazionale».  Una  conclusione, questa, che a detta
della  resistente non parrebbe contraddetta dalla sentenza n. 274 del
2003,  dal  momento che la negata «totale equiparazione fra gli enti»
di  cui  all'art. 114  Cost.  riguarderebbe,  in  realta', specifiche
attribuzioni, senza implicazioni percio' di carattere generale.
    La  difesa  regionale  conclude  sostenendo che la sovranita' del
«popolo sardo», cosi' come la sovranita' regionale, «sono espressioni
che  non  collidono  affatto  con  l'ordinamento  costituzionale e di
sicuro non evocano una pretesa di potere indipendente».
    2.2. - Cosi'   interpretate,   le   disposizioni  impugnate  «non
intendono  ne'  sovvertire  o  negare  i limiti entro i quali si deve
necessariamente   muovere   l'autonomia   statutaria,  e  tanto  meno
intendono  sovvertire  il  procedimento di approvazione dello statuto
speciale  di  autonomia»;  ne'  cio' sarebbe possibile, e «quindi non
v'e'  alcuna  questione  di costituzionalita». Anzi, si accenna anche
alla  possibile  interpretazione delle disposizioni censurate come ad
affermazioni meramente politiche.
    2.3. - In   ogni   caso,   non   pretendendosi  assolutamente  di
modificare  le  procedure  di  revisione  dello  statuto regionale di
competenza   del  Parlamento,  «le  disposizioni  censurate  appaiono
sostanzialmente  "innocue"  e comunque tranquillamente interpretabili
come conformi ai principi del diritto costituzionale».
    3. - L'Avvocatura    generale    dello   Stato   in   prossimita'
dell'udienza  pubblica  ha  presentato  una  memoria aggiuntiva nella
quale  ribadisce  la  proprie posizioni, controbattendo alle opinioni
della resistente.
    In  particolare, la difesa erariale contesta l'identificazione da
parte  della  ricorrente  della  sovranita'  di cui alle disposizioni
impugnate  con  la  nozione  di  sovranita' popolare e reputa erroneo
asserire   che  «ogni  spazio  politico  in  cui  si  concretizza  la
democrazia  e'  necessariamente  uno  spazio  di  sovranita». Inoltre
l'Avvocatura  dello  Stato  aggiunge  che «se le parole hanno un loro
senso,  non  sembra  possibile attribuire al termine sovranita' usato
nelle  disposizioni  censurate la valenza semantica che pretenderebbe
ora la Regione; al contrario, l'uso reiterato dell'endiadi «autonomia
e  sovranita»  dimostrerebbe  «la  volonta'  di  definire un progetto
statutario   che   superi   il   livello  dell'autonomia  nell'ambito
dell'ordinamento repubblicano».
    Da  ultimo, richiamando la sentenza n. 533 del 2002, l'Avvocatura
afferma  l'infondatezza  dell'eccezione  concernente  l'evocazione di
parametri costituzionali non richiamati nella delibera governativa.
    4. - Anche  la  Regione  Sardegna  in prossimita' dell'udienza ha
depositato  una  memoria,  con  la  quale  ha  ribadito  e sviluppato
ulteriormente  le  eccezioni  di  inammissibilita' ed ha confermato i
motivi di infondatezza gia' prospettati nell'atto di costituzione.
    4.1. - Vengono     avanzati     cinque    diversi    motivi    di
inammissibilita':  innanzitutto si eccepisce l'inammissibilita' delle
questioni  relative  alla asserita violazione degli artt. 3, 16, 101,
116,  117, primo e secondo comma, lettere a), d), h) e l), 132, 133 e
138  Cost.,  nonche'  degli  artt. 3,  4,  50 e 54 dello statuto, non
risultando   tali  parametri  indicati  nella  relativa  delibera  di
autorizzazione  del  Consiglio  dei  ministri;  in  secondo luogo, si
contesta  l'invocazione  come  parametri  nel giudizio dell'art. 117,
primo e secondo comma, lettere a), d), h) e l) Cost., dal momento che
si  tratta  di  disposizioni  costituzionali riferite alle Regioni ad
autonomia  ordinaria;  inoltre  «si  eccepisce l'inammissibilita' del
ricorso  in  ragione  della sua estrema genericita», dal momento che,
malgrado  la  pluralita'  dei  parametri invocati, le interpretazioni
delle   disposizioni  citate  potrebbero  essere  diverse  da  quella
sostenuta   nella  memoria,  che  sarebbe  ancorata  ad  una  arcaica
concezione  di  «sovranita»;  ancora,  si contesta la utilizzabilita'
come  parametro  degli  artt. 116  e  138 Cost., nonche' dell'art. 54
dello  statuto, dal momento che le disposizioni censurate della legge
regionale   non  ipotizzano  la  negazione  del  potere  statale  «di
revisione  costituzionale e di approvazione di leggi costituzionali»;
infine «si eccepisce l'inammissibilita' del ricorso per non immediata
lesivita'   delle   disposizioni   censurate»,  dal  momento  che,  a
prescindere  dalla  considerazione  che  il  progetto  della Consulta
potrebbe   non   contenere   alcuna   proposta  contrastante  con  la
Costituzione,   comunque   le   determinazioni  decisive  in  materia
sarebbero  riservate  al  Parlamento nazionale in sede di esame della
proposta  regionale.  In conclusione, si afferma che «le disposizioni
summenzionate,  per  il loro carattere puramente enfatico, evocativo,
sembrano  inoltre  assimilabili ai principi generali o alle finalita'
principali  presenti  anche  in  alcuni statuti di Regioni ordinarie,
sulla cui efficacia questa Corte ha avuto modo di intervenire».
    4.2. - Nel  merito,  la Regione Sardegna ribadisce in particolare
la  mancata  considerazione  da parte del ricorrente dell'intervenuta
erosione  dell'accezione  classica  di  sovranita' tanto sul versante
internazionale, quanto sul piano interno. In particolare, soprattutto
a   seguito   della   riforma   costituzionale  del  2001,  gli  enti
territoriali,   dotati   al   pari   dello  Stato  di  legittimazione
democratica,  esercitano  forme  sempre  piu' intense di autonomia e,
specie  a seguito della modifica dell'art. 114 Cost., sono «partecipi
della   sovranita'   popolare».   Ne  consegue  che  le  disposizioni
impugnate,   lungi   dal  sortire  i  paventati  effetti  sovversivi,
risultano  suscettibili  di  interpretazione  in  senso conforme alla
Costituzione, «nel senso che puo' parlarsi di "sovranita'" del popolo
sardo,  e di conseguenza della Regione che di esso e' espressione, in
quanto la stessa Costituzione distribuisce e conforma le modalita' di
esercizio della sovranita' popolare anche tra gli enti territoriali».
    Le  disposizioni in questione, la' dove si riferiscono al «popolo
sardo»,  per  la  difesa regionale non alludono ad una «divisibilita'
del   popolo   italiano»,  ma  sottintendono  «quella  "frazione"  di
sovranita-autonomia  che  la Costituzione riconosce al popolo di ogni
Regione  e  percio' ai suoi organi, in cui si manifesta la sovranita'
di  tale  (frazione)  di  popolo».  D'altro  canto,  il  ricorso pare
ignorare  il  riconoscimento dei valori etnici e culturali del popolo
sardo,   posto   in   essere  dal  legislatore  statale,  nonche'  le
disposizioni  adottate  in altre Regioni e volte a salvaguardare ed a
promuovere   l'identita'   storica   e   culturale  delle  rispettive
comunita'.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 (recte:
artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), e comma 3), nonche' della
stessa   rubrica   della   legge   della   Regione   autonoma   della
Sardegna 23 maggio 2006, n. 7 (Istituzione, attribuzioni e disciplina
della  Consulta  per  il  nuovo statuto di autonomia e sovranita' del
popolo sardo), in relazione agli artt. 1, 3, 4, 50 e 54 dello statuto
speciale ed agli artt. 1, 3, 5, 16, 101, 114, 116, 117, primo comma e
secondo  comma,  lettere a),  d),  h)  e l), 120 132, 133 e 138 della
Costituzione.
    Queste disposizioni sono inserite nella disciplina di un apposito
organo  istituito per l'elaborazione di un progetto organico di nuovo
statuto   per  la  Regione  Sardegna,  da  trasmettere  al  Consiglio
regionale in modo che questi possa poi deliberare un disegno di legge
costituzionale  da  sottoporre  al  Parlamento  nazionale  per la sua
adozione.  Le  disposizioni  censurate  si  riferiscono  ad un «nuovo
statuto  di  autonomia  e sovranita' del popolo sardo» (rubrica della
legge  e  art. 1,  comma 1),  ed  impongono  al  predetto progetto di
enunciare  i «principi e caratteri della identita' regionale; ragioni
fondanti dell'autonomia e sovranita'; conseguenti obblighi di Stato e
Regione  in relazione a tali caratteri, individuando idonee forme per
promuovere  i  diritti  dei cittadini sardi in relazione a condizioni
connesse   con   la   specificita'   dell'isola»   (art. 2,  comma 2,
lettera a).  Lo  stesso  progetto e', infine, legittimato ad indicare
«ogni   altro  argomento  ritenuto  rilevante  al  fine  di  definire
autonomia e elementi di sovranita' regionale» (art. 2, comma 3).
    Per   il   ricorrente  l'utilizzazione  del  termine  «sovranita»
disattenderebbe,  in primo luogo, la logica dello statuto speciale di
autonomia  e,  ancor prima, la stessa Costituzione, che (a cominciare
dall'art. 114  Cost.)  fa  riferimento alle Regioni «sempre e solo in
termini   di   autonomia,  mai  in  termini  di  sovranita»,  essendo
quest'ultima  riferita  esclusivamente al «popolo» inteso come intera
comunita'    nazionale.    Inoltre,    le    disposizioni   impugnate
contrasterebbero con l'art. 54 dello statuto e con l'art. 138 Cost. e
non   risulterebbero   compatibili   con   i   fondamentali  principi
costituzionali,   in  quanto  considerando  e  valorizzando  elementi
etnici,  culturali,  ambientali,  sembrerebbero  dirette  a «definire
situazioni  soggettive  privilegiate  per  una  categoria di soggetti
dell'ordinamento nazionale» e a «rivendicare poteri dell'ente Regione
a  livello  di indipendenza e comunque di svincolo da condizionamenti
ordinamentali  nell'ambito  dell'assetto  della Repubblica risultante
dall'attuale Carta costituzionale».
    Su  questa  base si sostiene la lesione dell'art. 116 Cost. e del
vigente  art. 54  dello statuto speciale; dell'art. 5 Cost., al quale
si  correlano  gli  artt. 116  e  114  Cost. e l'art. 1 dello statuto
sardo,  nonche' le disposizioni che assicurano il necessario rispetto
da  parte di ogni potesta' legislativa della Costituzione nonche' dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali  (artt. 3  e  4  dello  statuto ed ora art. 117, primo
comma,   Cost.).  Vengono  inoltre  invocate  le  molte  disposizioni
costituzionali  che  rifletterebbero  la  sovranita'  esclusiva dello
Stato  (gli  artt. 101, 117, secondo comma, lettere a), d), h), e l),
120  Cost.).  La  difesa  erariale  rileva  altresi'  come,  ai sensi
dell'art. 50  dello  statuto,  il  Consiglio  regionale  possa essere
sciolto quando compia atti contrari alla Costituzione o allo statuto.
    Sul  versante  dei  diritti,  il  ricorrente  sottolinea  come  i
soggetti  dell'ordinamento  statale  siano  tutti i cittadini, il cui
insieme  costituisce  il  «popolo»  di cui all'art. 1 Cost., mentre i
soggetti  dell'ordinamento regionale sono i residenti, il cui insieme
costituisce  la  «popolazione»  di  cui  agli art. 132 e 133 Cost. Il
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. esclude «che possano
attribuirsi tutele e posizioni differenziate in ragione delle diverse
etnie.  Lo  stesso  territorio  regionale  non puo' configurarsi come
luogo della sovranita' regionale, entro il quale sia esercitabile uno
ius excludendi alios, giusta la disposizione dell'art. 16 Cost.
    2. - In via preliminare vanno dichiarate inammissibili le censure
prospettate  nel  ricorso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato in
ordine  alla  lamentata  violazione  degli  articoli 3, 16, 101, 117,
primo  comma e secondo comma, lettere a), d), h), e l), 120, 132, 133
e 138 della Costituzione e degli articoli 3, 4, 50 e 54 dello statuto
speciale della Regione Sardegna.
    Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare che la delibera
governativa  di  impugnazione  della  legge  e  l'allegata  relazione
ministeriale  a  cui  si faccia rinvio devono contenere l'indicazione
delle disposizioni impugnate e la ragione dell'impugnazione medesima,
seppur  anche  solo  in termini generali, mentre eventualmente spetta
alla  memoria di costituzione dell'Avvocatura generale dello Stato la
piu'   puntuale   indicazione   dei   parametri   del   giudizio.  La
discrezionalita'  della  difesa tecnica ben puo' quindi integrare una
solo  parziale  individuazione  dei  motivi  di censura (si vedano le
sentenze  n. 98  del  2007  e  n. 533  del  2002). Nel presente caso,
peraltro,  la  delibera  governativa contiene la puntuale indicazione
del  motivo dell'impugnativa («parlare di sovranita' del popolo sardo
o  di  sovranita'  regionale»)  e  vengono  anche  indicati  adeguati
parametri costituzionali e statutari che si intendono violati, mentre
la  indicazione  della grande pluralita' di ulteriori parametri a cui
si   riferisce   la   memoria   dell'Avvocatura   e'  nella  sostanza
inconferente:  cio'  perche'  appare  finalizzata  ad  indicare quali
contraddizioni   si   produrrebbero   nel  tessuto  costituzionale  e
statutario  nell'ipotesi  che  la legge regionale censurata riuscisse
davvero  a  modificare  la  procedura  di deliberazione dello statuto
speciale  della Sardegna o ad attribuire all'ente rappresentativo del
«popolo  sardo»  veri e propri poteri sovrani (e cio' anche volendosi
prescindere   dalla   indicazione   fra   i  parametri  del  giudizio
dell'art. 117  Cost.  in  riferimento  ad  una  Regione  ad autonomia
speciale  al  di fuori della area di utilizzazione dell'art. 10 della
legge cost. n. 3 del 2001).
    Lo  stesso riferimento agli artt. 132 e 133 Cost. non rappresenta
altro  che  la  indicazione  di un possibile argomento contrario alla
utilizzabilita'  del termine «popolo» piuttosto che «popolazione» per
la individuazione di una frazione dei cittadini italiani.
    Analogamente  e'  da  dirsi anche per il riferimento all'art. 120
Cost., utilizzato come ulteriore parametro di giudizio, ma che non e'
neppure  citato  nel  periodo  finale  della  memoria  nel  quale  si
enumerano i parametri del giudizio.
    3. - Quanto ai parametri di cui all'art. 139 Cost. e agli artt. 2
e   35  dello  statuto  speciale,  dei  quali  la  Regione  eccepisce
l'inammissibilita', questi non possono essere presi in considerazione
in quanto, appena affermati nella relazione allegata alla delibera di
impugnazione, non sono neppure richiamati.
    4. - I  residui  parametri  di  giudizio  addotti  dal ricorrente
(artt. 1,  secondo  comma, 5 e 114, secondo comma, Cost; art. 1 dello
statuto  speciale)  appaiono  peraltro  sufficienti  per  entrare nel
merito  del  giudizio  di  costituzionalita',  che  - diversamente da
quanto  afferma  la Regione resistente - non e' inammissibile a causa
della «non immediata lesivita' delle disposizioni censurate» o per il
fatto   che  le  disposizioni  impugnate  avrebbero  solo  «carattere
puramente  enfatico,  evocativo»  e  percio' potrebbero avere valenza
meramente politica e non giuridica.
    In  occasione  del  giudizio su una legge regionale che intendeva
far   svolgere  un  referendum  consultivo  a  livello  regionale  in
riferimento ad un procedimento di revisione costituzionale del Titolo
V   della   parte   seconda   della  Costituzione,  questa  Corte  ha
riconosciuto  che non esiste alcun dubbio sulla piena legittimita' di
iniziative  legislative  delle  Regioni  anche  in  tema  di leggi di
revisione  costituzionale  (nel  caso  di  specie la previsione della
possibilita'  di una iniziativa del Consiglio regionale e' d'altronde
espressa   nel  primo  comma  dell'art. 54  dello  statuto  regionale
vigente)  e  non  vi  e'  dubbio  che sia opportuno un ampio e libero
dibattito   nell'opinione   pubblica   relativamente  alla  eventuale
modificazione   delle  «norme  piu'  importanti  per  la  vita  della
comunita'  nazionale».  Al  tempo stesso, peraltro, esiste nel nostro
ordinamento  costituzionale  una  «intensa» «istanza protettiva delle
fonti  superiori»  finalizzata  a  garantire  la  piena  ed effettiva
liberta'  della  rappresentanza  politico-parlamentare nell'esercizio
dei supremi poteri normativi, che non puo' quindi essere condizionata
da   atti   e   procedure   formali   non  previsti  dall'ordinamento
costituzionale, seppur giuridicamente non vincolanti (sentenza n. 496
del 2000).
    Nella  citata  sentenza  questa  Corte  statui' che sarebbe stato
riduttivo   considerare   che   da   un  referendum  consultivo  «non
scaturirebbe alcun imperativo cogente o dovere giuridico inderogabile
a  carico  del  Consiglio  regionale  o  degli  organi  di  revisione
costituzionale».  Analoghe  considerazioni  possono essere svolte con
riguardo alle disposizioni impugnate nel presente giudizio, censurate
in  quanto  espressione  di  una  concezione dei rapporti fra Stato e
Regione  che  si  afferma  essere  del tutto estranea al regionalismo
previsto nel nostro sistema costituzionale.
    Ne'  le impugnate disposizioni legislative, che delimitano l'area
normativa  ed  i  possibili  contenuti  della  proposta statutaria da
presentarsi  al  Consiglio  regionale, possono essere paragonate alle
cosiddette  norme programmatiche degli statuti ordinari estranee alle
materie  che  devono  o  possono essere disciplinate da queste ultime
fonti,  disposizioni da questa Corte considerate «di natura culturale
o  anche politica, ma certo non normativa» (sentenze n. 379, n. 378 e
n. 372  del  2004). Mentre a queste ultime disposizioni degli statuti
regionali  ordinari,  infatti,  non  e'  stata  «riconosciuta  alcuna
efficacia giuridica» e quindi illegittima sarebbe una legge regionale
che  pretendesse  di dar loro attuazione, le disposizioni legislative
impugnate nel presente giudizio concretamente delimitano l'area della
proposta  che  puo'  essere elaborata dalla apposita Consulta per poi
successivamente  trasformarsi  nel  disegno  di  legge  regionale  di
revisione dello statuto speciale.
    5. - Entrando   nel   merito  della  questione,  occorre  in  via
preliminare delimitare con precisione l'oggetto dell'impugnativa, dal
momento  che  le disposizioni impugnate abbracciano una pluralita' di
contenuti  rispetto  a  molti  dei quali non sono avanzate doglianze.
Cio'  che,  invece,  viene  censurato  e'  «parlare di sovranita' del
popolo sardo o di sovranita' regionale» nella possibile delimitazione
della materia entro cui formulare da parte della Consulta la proposta
di nuovo statuto regionale.
    Lo stesso riferimento alla locuzione «popolo sardo» non e' di per
se'  oggetto  di  una  autonoma  censura, che comunque avrebbe dovuto
quanto  meno  superare  la  obiezione  che  questa terminologia viene
utilizzata  dall'art. 28  dello  statuto  regionale vigente, relativo
all'iniziativa  legislativa popolare a livello regionale (cio' mentre
la   presenza   nella   nuova  versione  dell'art. 12  dello  statuto
siciliano, successivamente alla modifica introdotta dall'art. 1 della
legge  cost.  31 gennaio 2001, n. 2 recante «Disposizioni concernenti
l'elezione  diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e
delle  Province  autonome  di  Trento  e di Bolzano», sia del termine
«popolo»   che   del   termine   «popolazione»  conferma  la  normale
utilizzazione  di  questa seconda espressione per indicare i soggetti
appartenenti ad uno specifico ente territoriale od ivi residenti).
    6. - Appare  evidentemente necessario chiarire il significato del
termine  «sovranita»  utilizzato nelle disposizioni impugnate, stante
la  sua  natura  polisemantica:  esso,  infatti,  assume  significati
profondamente   diversi  a  seconda  che  esprima  sinteticamente  le
caratteristiche   proprie  di  un  ordinamento  statale  indipendente
rispetto  agli  altri soggetti dell'ordinamento internazionale, o che
distingua  la  originaria  natura di alcuni ordinamenti coinvolti nei
processi di federalizzazione o nella formazione dei cosiddetti «Stati
composti»,  o  che  indichi  la  posizione  di  vertice  di un organo
costituzionale all'interno di un ordinamento statale.
    La  legge  regionale n. 7 del 2006 nell'art. 1 e nella rubrica si
riferisce  alla  elaborazione  di un «nuovo statuto di autonomia e di
sovranita'  del  popolo  sardo».  Trattasi  cioe'  di  nuovo speciale
statuto  che,  in  quanto fonte di rango costituzionale abilitata dal
nostro ordinamento a definire lo speciale assetto istituzionale della
Regione  ed  i  suoi  rapporti  con  lo  Stato,  diverrebbe una fonte
attributiva  di  istituti tali da connotare, per natura, estensione e
quantita',    l'assetto    regionale   in   termini   accentuatamente
federalistici piuttosto che di autonomia regionale.
    Al tempo stesso, il comma 2 dell'art. 2 della legge n. 7 del 2006
prevede  che  l'articolato  dello  statuto debba considerare anche le
«ragioni   fondanti  della  autonomia  e  sovranita»  ed  il  comma 3
dell'art. 2  prevede  che  nel  progetto  possa essere indicato «ogni
altro  argomento  ritenuto rilevante al fine di definire autonomia ed
elementi   di   sovranita'   regionale   [...]».   Anche   in  queste
disposizioni, attraverso la utilizzazione del termine «sovranita», ci
si riferisce alla pretesa attribuzione alla Regione di un ordinamento
profondamente    differenziato   da   quello   attuale   e,   invece,
caratterizzato  da  istituti  adeguati  ad accentuati modelli di tipo
federalistico,  normalmente  frutto  di processi storici nei quali le
entita' territoriali componenti lo Stato federale mantengono forme ed
istituti   che   risentono  della  loro  preesistente  condizione  di
sovranita'.
    Non  condivisibile  appare  quindi  il  reiterato tentativo della
difesa regionale di ricondurre l'utilizzazione del termine sovranita'
al   concetto   di  sovranita'  popolare  di  cui  al  secondo  comma
dell'art. 1 Cost., nonche' di identificare la sovranita' popolare con
gli  istituti  di democrazia diretta e con il sistema rappresentativo
che  si  esprime anche nella partecipazione popolare nei diversi enti
regionali e locali.
    Anzitutto  la  sovranita'  popolare  -  che  per il secondo comma
dell'art. 1  della Costituzione deve comunque esprimersi «nelle forme
e  nei  limiti  della  Costituzione» - non puo' essere confusa con le
volonta'  espresse  nei  numerosi «luoghi della politica» ne' si puo'
ridurre  la  sovranita'  popolare alla mera «espressione del circuito
democratico». Peraltro, ancora preliminare e' la constatazione che la
legge  in  parola  utilizza  il  termine «sovranita» per connotare la
natura   stessa   dell'ordinamento   regionale   nel   rapporto   con
l'ordinamento  dello  Stato,  nella  diversa accezione del necessario
riconoscimento alla Regione interessata di un ordinamento adeguato ad
una  situazione  anche  di  sovranita'  (implicitamente asserita come
esistente o comunque da rivendicare).
    Ne'  rileva  minimamente  su questo piano - come invece accennato
dalla  difesa  regionale  -  la progressiva erosione della sovranita'
nazionale sul piano internazionale, specialmente in conseguenza della
graduale  affermazione del processo di integrazione europea, peraltro
nell'ambito  di  quanto  espressamente  previsto  dall'art. 11  della
Costituzione.  Processo  istituzionale cui non puo' certo paragonarsi
l'affermarsi  del  regionalismo  nel  nostro Paese, neppure a seguito
della riforma costituzionale del 2001: infatti, la sovranita' interna
dello  Stato  conserva  intatta  la propria struttura essenziale, non
scalfita  dal  pur significativo potenziamento di molteplici funzioni
che   la   Costituzione   attribuisce   alle  Regioni  ed  agli  enti
territoriali.  Del  resto,  quanto  alle  Regioni a statuto speciale,
l'art. 116 Cost. non e' stato modificato nella parte in cui riconosce
alle  stesse  «forme  e condizioni particolari di autonomia secondo i
rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale».
    7. - Gli  artt. 5  e  114  della  Costituzione  e  l'art. 1 dello
statuto speciale della Regione Sardegna utilizzano tutti (e certo non
casualmente)  il  termine  «autonomia»  o  il  relativo aggettivo per
definire   sinteticamente   lo   spazio   lasciato   dall'ordinamento
repubblicano  alle  scelte  proprie  delle  diverse  Regioni. D'altra
parte,  e' ben noto che il dibattito costituente, che pure introdusse
per  la prima volta l'autonomia regionale nel nostro ordinamento dopo
lunghi  e  vivaci  confronti,  fu  assolutamente fermo nell'escludere
concezioni  che potessero anche solo apparire latamente riconducibili
a  modelli  di  tipo federalistico o addirittura di tipo confederale.
Questa  scelta riguardo' la stessa speciale autonomia delle Regioni a
regime   differenziato,  malgrado  i  particolari  contesti  sociali,
economici  e  anche  internazionali allora esistenti almeno in alcuni
territori regionali. Del tutto coerente con questo quadro generale fu
la   stessa  speciale  configurazione  dell'autonomia  della  Regione
Sardegna,  oggetto  di  vivaci dispute in ambito regionale, ma infine
frutto di determinazioni tutte interne alla Assemblea costituente.
    Ne'  tra  le  pur  rilevanti  modifiche  introdotte  dalla  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte   seconda  della  Costituzione)  puo'  essere  individuata  una
innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti
istituzionali  che  pure tutti compongono l'ordinamento repubblicano,
cosi'  da  rendere  omogenea  la stessa condizione giuridica di fondo
dello  Stato,  delle Regioni e degli enti territoriali (sull'art. 114
Cost. si veda la sentenza n. 274 del 2003).
    Pretendere   ora   di  utilizzare  in  una  medesima  espressione
legislativa, quale principale direttiva dei lavori di redazione di un
nuovo  statuto  speciale,  sia il concetto di autonomia sia quello di
sovranita'   equivale   a   giustapporre   due  concezioni  tra  loro
radicalmente  differenziate  sul  piano  storico  e logico (tanto che
potrebbe  parlarsi di un vero e proprio ossimoro piuttosto che di una
endiadi),  di  cui la seconda certamente estranea alla configurazione
di  fondo del regionalismo quale delineato dalla Costituzione e dagli
Statuti speciali.
    8. - La censura e' pertanto fondata.
    Pur  nell'ovvio  riconoscimento  che  il  Parlamento  in  sede di
adozione  del  nuovo  statuto  regionale  e,  prima ancora, lo stesso
Consiglio  regionale  della  Sardegna in sede di esame del disegno di
legge  costituzionale  non  sarebbero  giuridicamente vincolati a far
propri  i  contenuti della proposta della Consulta regionale relativi
al  «nuovo  statuto  di  autonomia e sovranita' del popolo sardo», e'
contrastante   con   gli  artt. 1,  secondo  comma,  5  e  114  della
Costituzione  e  con l'art. 1 dello statuto speciale che le censurate
disposizioni  e la stessa rubrica della legge regionale n. 7 del 2006
assumano come possibile contenuto del nuovo statuto speciale istituti
tipici   di   ordinamenti   statuali   di  tipo  federale  in  radice
incompatibili   con  il  grado  di  autonomia  regionale  attualmente
assicurato   nel  nostro  ordinamento  costituzionale.  Un  contenuto
legislativo  del  genere  produrrebbe (si veda il precedente punto 4)
una  impropria  pressione  sulla  liberta'  valutativa  dello  stesso
Parlamento in sede di adozione della relativa legge costituzionale.