Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 80,  comma  19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), e dell'art. 9, comma 1,  del  decreto  legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come modificato dall'art. 9,  comma  1,  della  legge  30
luglio 2002, n. 189, in relazione all'art. 12 della  legge  30  marzo
1971, n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n.  5  e
nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), ed alla legge
11 febbraio 1980, n. 18 (Indennita' di accompagnamento agli  invalidi
civili totalmente inabili), promosso  dal  Tribunale  di  Prato,  nel
procedimento civile vertente tra I. H. nella qualita' di tutore di N.
H. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)  ed  altri,
con ordinanza del 2 aprile 2008  iscritta  al  n.  188  del  registro
ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di costituzione dell'INPS; 
    Udito nella Camera di consiglio del 3 dicembre  2008  il  giudice
relatore Francesco Amirante. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Nel corso di  una  controversia  in  materia  di  assistenza
obbligatoria, promossa da un  cittadino  albanese,  il  Tribunale  di
Prato ha sollevato, in riferimento agli  artt.  2,  3  e  117,  primo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
del combinato  disposto  dell'art.  80,  comma  19,  della  legge  23
dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge  finanziaria  2001),  e
dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero),  come
modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n.  189,
in  relazione  all'art.  12  della  legge  30  marzo  1971,  n.   118
(Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in
favore dei mutilati ed invalidi civili), ed alla  legge  11  febbraio
1980, n. 18  (Indennita'  di  accompagnamento  agli  invalidi  civili
totalmente inabili), nella parte in cui  prevede  la  necessita'  del
possesso  della  carta  di  soggiorno  e  della  relativa  condizione
reddituale affinche' gli  stranieri  inabili  civili  possano  fruire
della pensione di inabilita' e dell'indennita' di accompagnamento. 
    Premette, in fatto, il  remittente  che  il  ricorrente  -  nella
qualita' di tutore di un cittadino albanese  legalmente  soggiornante
in Italia dal 2000, al  quale  e'  stato  riconosciuto  lo  stato  di
invalidita'  totale  e  permanente  con  necessita'   di   assistenza
continua, in seguito ad un grave incidente stradale verificatosi  nel
2003 - il 19 luglio 2005 aveva presentato domanda amministrativa  per
la  concessione,  in  favore  dell'interdetto,  della   pensione   di
inabilita'  e  dell'indennita'  di  accompagnamento.  In  seguito  al
rigetto di tale istanza, dovuto alla mancata titolarita' della  carta
di soggiorno  da  parte  dell'interessato,  egli  ha  tempestivamente
proposto ricorso ai sensi dell'art. 442 cod. proc.  civ.  per  sentir
condannare il Comune di Prato,  nel  contraddittorio  con  l'Istituto
nazionale  della   previdenza   sociale   (INPS)   e   il   Ministero
dell'economia e delle finanze,  alla  corresponsione  delle  suddette
provvidenze, previa disapplicazione del citato  art.  80,  comma  19,
della legge n. 388 del 2000 (perche' in contrasto con  i  regolamenti
CE n. 1408 del 1971, n. 574 del 1972, n. 859 del 2003 e  n.  647  del
2005, nonche' con gli artt. 6 e 8 della Convenzione  OIL  n.  97  del
1949, con l'art. 10 della Convenzione OIL n. 143 del 1975, con l'art.
14 della CEDU e con l'art. 1 del primo protocollo addizionale di tale
ultima Convenzione), ovvero  previo  accoglimento  dell'eccezione  di
illegittimita' costituzionale della norma stessa. 
    Il  giudice  a  quo,  dopo  aver  precisato  che   gli   invocati
regolamenti comunitari sono inapplicabili nella specie, in quanto  la
vicenda presenta legami esclusivamente tra un Paese terzo e  un  solo
Stato membro della UE e non gia' tra due Stati membri dell'Unione,  e
dopo aver escluso  di  poter  procedere  alla  disapplicazione  della
normativa interna  per  effetto  del  prospettato  contrasto  con  le
Convenzioni OIL e  la  CEDU,  ha  sollevato  la  presente  questione,
specificando  di   non   poter   risolvere   il   problema   in   via
interpretativa. 
    Quanto alla rilevanza,  il  Tribunale  di  Prato  sottolinea  che
l'accoglimento della domanda del ricorrente  e'  ostacolato  soltanto
dal mancato possesso,  da  parte  dell'interessato,  della  carta  di
soggiorno, data la sussistenza sia del requisito sanitario, sia della
condizione reddituale di cui all'art. 12, comma  3,  della  legge  30
dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza  pubblica),
e successive modificazioni, sia della legittima permanenza in  Italia
in base ad un permesso di soggiorno. 
    Con riguardo al merito della questione,  il  remittente  sostiene
che la normativa censurata, in primo luogo, si pone in contrasto  con
l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto,  discriminando   gli
stranieri invalidi legittimamente residenti nel nostro Paese rispetto
ai cittadini italiani invalidi, vulnera l'art. 14 della CEDU e l'art.
1   del   relativo   Protocollo   addizionale,   i   quali,   secondo
l'interpretazione della Corte  europea  per  la  tutela  dei  diritti
dell'uomo, obbligano lo Stato italiano a  legiferare  in  materia  di
prestazioni  sociali   senza   porre   alcuna   differenziazione   di
trattamento basata sulla nazionalita' delle persone. 
    Tale discriminazione, ad avviso del giudice a quo, comporta anche
la violazione degli artt. 2 e 3 Cost., dal momento che la previsione,
per la suddetta categoria di stranieri, di un  trattamento  deteriore
per poter fruire delle provvidenze previste dalle leggi  n.  118  del
1971 e n. 18 del 1980 si pone in contraddizione non soltanto  con  le
logiche solidaristiche, ma soprattutto  con  la  specifica  ratio  di
sostentamento propria delle provvidenze medesime. 
    Infine, viene  prospettato  il  contrasto  con  il  principio  di
razionalita'  di  cui  all'art.  3  Cost.,  derivante  dalla   palese
irragionevolezza dell'adozione  di  un  criterio  di  discrimine  che
determina  l'esclusione  dai  suddetti  benefici  -  finalizzati   ad
alleviare la situazione di bisogno dei soggetti totalmente inabili  -
proprio di chi ne e' piu' meritevole, in contraddizione con quanto e'
previsto per i cittadini italiani, per i quali  l'attribuzione  della
pensione di inabilita' presuppone il mancato superamento di un  certo
limite reddituale, mentre  per  l'indennita'  di  accompagnamento  si
prescinde dalla situazione reddituale del beneficiario  e  della  sua
famiglia. 
    2. - Si e'  costituito  l'INPS,  chiedendo  la  dichiarazione  di
infondatezza della questione. 
    L'Istituto ricorda che l'art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998 aveva
previsto per gli stranieri  titolari  di  carta  di  soggiorno  o  di
permesso   di   soggiorno   per   durata   non   inferiore   all'anno
l'equiparazione ai cittadini italiani ai fini della  fruizione  delle
provvidenze e  prestazioni  di  assistenza  sociale,  incluse  quelle
previste  in  favore  di  ciechi,  sordomuti  ed   invalidi   civili.
Successivamente, l'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, ha
stabilito che le provvidenze economiche in favore dei minorati civili
spettano soltanto agli stranieri  titolari  di  carta  di  soggiorno,
mentre  nei  confronti  degli  stranieri  titolari  di  permesso   di
soggiorno e' fatto salvo  esclusivamente  il  godimento  delle  altre
prestazioni sociali, ivi compreso l'assegno  di  maternita'.  In  tal
modo il legislatore e' intervenuto, a decorrere dalla data di entrata
in vigore della legge n. 388 del 2000, nel senso  di  restringere  le
condizioni di accesso a determinate prestazioni  assistenziali  e  di
far venir meno, sulla base di un  chiaro  parametro  di  riferimento,
l'equiparazione degli stranieri titolari di permesso di soggiorno  ai
cittadini italiani (Consiglio di Stato,  parere  n.  76/2001  del  28
febbraio 2001). 
    Tale  scelta,  secondo   l'INPS,   non   sarebbe   di   per   se'
incostituzionale,  in  quanto,  come  chiarito  da  questa  Corte  in
occasione dell'esame di una fattispecie analoga a quella attuale,  al
legislatore e' consentito dettare norme che modificano in senso  meno
favorevole la disciplina dei rapporti di durata (sentenza n. 324  del
2006)  e,  quindi,  mutare  i  requisiti  per  la  percezione   delle
prestazioni previdenziali o assistenziali, tanto piu' che  lo  stesso
fluire del  tempo  costituisce  un  elemento  idoneo  a  giustificare
l'applicazione  di  trattamenti  diversi,   in   differenti   momenti
temporali, a soggetti appartenenti alla medesima categoria. 
    Peraltro, con riguardo alle prestazioni previdenziali vi  e'  una
totale equiparazione tra il trattamento dei cittadini della  UE  e  i
lavoratori extracomunitari, mentre il fatto che cio' non si verifichi
per le provvidenze di natura assistenziale -  quali  sono  quelle  in
argomento - e' dovuto principalmente all'esigenza di evitare il  c.d.
turismo sociale: finalita' che, del tutto  ragionevolmente,  consente
di differenziare le  suddette  prestazioni  assumendo  come  criterio
quello di favorire i soggetti che hanno una  maggiore  stabilita'  di
residenza nel nostro Paese, tanto  piu'  che  l'art.  80,  comma  19,
oggetto di contestazione, e' stato dettato per evidenti finalita'  di
contenimento della spesa pubblica. 
    Nella stessa logica, del resto, il legislatore,  con  il  recente
art.  20,  comma  10,  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria),  ha  stabilito  che,  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2009, l'assegno sociale «e' corrisposto agli aventi diritto a
condizione che abbiano legalmente soggiornato, in  via  continuativa,
per almeno cinque anni nel territorio nazionale» (termine  portato  a
dieci anni dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133). 
    Ne' va, infine, omesso di considerare che non soltanto non  viene
in considerazione l'applicazione dei regolamenti comunitari  invocati
dal ricorrente, ma che neppure nell'ambito della CEDU e del  relativo
primo  Protocollo  addizionale  sono  rinvenibili  norme   di   rango
costituzionale  tali  da  imporre   l'equiparazione   dei   cittadini
extracomunitari ai cittadini della UE ai fini dell'attribuzione delle
provvidenze economiche di assistenza sociale. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale di Prato  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
articoli 117, primo comma, 2 e 3  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale «del  combinato  disposto  dell'art.  80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge
finanziaria 2001), e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, (Testo unico delle disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come modificato dall'articolo 9, comma 1, della legge  30
luglio 2002, n. 189, in relazione  all'articolo  12  della  legge  30
marzo 1971, n.118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971,  n.
5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi  civili),  e  alla
legge 11 febbraio 1980, n.18». 
    Il suddetto complesso normativo viene censurato  nella  parte  in
cui «prevede la necessita' del possesso della carta  di  soggiorno  e
della relativa condizione reddituale  affinche'  gli  inabili  civili
possano fruire della pensione di inabilita'  e  dell'assegno  (recte:
dell'indennita') di accompagnamento». 
    L'art. 117, primo comma, Cost. viene richiamato dal remittente in
relazione all'art. 14  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali   (CEDU),   resa
esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  e  al   Protocollo
addizionale alla Convenzione stessa, firmato a  Parigi  il  20  marzo
1952. 
    Secondo il Tribunale di Prato, la normativa  impugnata  crea  una
disparita'  di  trattamento  tra  stranieri  e   cittadini   riguardo
all'attribuzione delle suddette  prestazioni  assistenziali,  laddove
tra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti in Italia  vige  il
principio di eguaglianza. 
    Il remittente sottolinea, inoltre, la intrinseca irragionevolezza
di  disposizioni  che,  solo  per  gli  stranieri,   subordinano   la
possibilita' di fruire di prestazioni assistenziali alla  titolarita'
di un reddito. 
    In fatto, con l'ordinanza di rimessione, si espone che la domanda
per ottenere le suddette prestazioni e' stata proposta dal tutore  di
un cittadino albanese interdetto, regolarmente soggiornante in Italia
dal 2000, non munito di carta di soggiorno,  in  stato  vegetativo  a
seguito di incidente stradale,  riconosciuto  totalmente  invalido  e
abbisognevole  di  assistenza  continua.   Il   remittente   conclude
affermando che soltanto la carenza  di  titolarita'  della  carta  di
soggiorno (ora permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo, per effetto di quanto stabilito dagli artt. 1, comma 1, e 2,
comma 3, del decreto  legislativo  8  gennaio  2007,  n.  3,  recante
«Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini  di  Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo   periodo»)   ha
giustificato il rigetto della richiesta in sede amministrativa. 
    2.  - La  questione,  nella  parte  concernente  l'indennita'  di
accompagnamento, e' divenuta  manifestamente  inammissibile,  perche'
questa Corte, con la  sentenza  n.  306  del  2008,  successiva  alla
proposizione della questione stessa da parte del Tribunale di  Prato,
ha   dichiarato,   con    riguardo    alla    suddetta    indennita',
l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni in  scrutinio,  il
che comporta il venire meno dell'oggetto della  questione  stessa  e,
quindi, la relativa manifesta inammissibilita' (ordinanze n.  19  del
2004 e n. 269 del 2008). 
    3. - La questione e' fondata per quanto concerne la  pensione  di
inabilita'. 
    I principali motivi che hanno condotto questa Corte alla suddetta
sentenza - e  cioe'  la  intrinseca  irragionevolezza  del  complesso
normativo qui censurato e  la  disparita'  di  trattamento  che  esso
determina tra cittadini e stranieri legalmente e non  occasionalmente
soggiornanti in Italia -  sussistono  a  maggior  ragione  anche  con
riguardo alla pensione di inabilita'. 
    Mentre, infatti, l'indennita' di accompagnamento e' concessa  per
il solo fatto della minorazione, senza che le  condizioni  reddituali
vengano in alcun modo  in  rilievo,  la  pensione  di  inabilita'  e'
preclusa dalla titolarita' di un  reddito  superiore  ad  una  misura
fissata dalla legge.  La  subordinazione  dell'attribuzione  di  tale
prestazione al possesso, da parte dello straniero, di  un  titolo  di
soggiorno il cui rilascio presuppone  il  godimento  di  un  reddito,
rende ancor piu' evidente l'intrinseca irragionevolezza del complesso
normativo in scrutinio. 
    Si riscontra, pertanto, la violazione, sotto un duplice  profilo,
dell'art. 3 Cost., sicche' deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000  e
dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 - quest'ultimo  come
modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n.  189,
e poi sostituito dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n.  3  del  2007  -
nella parte in cui escludono che la pensione di  inabilita',  di  cui
all'art. 12 della legge n. 118 del 1971, possa essere attribuita agli
stranieri extracomunitari soltanto  perche'  essi  non  risultano  in
possesso dei requisiti di reddito gia'  stabiliti  per  la  carta  di
soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007,  per
il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. 
    Restano assorbite le altre censure.