Sentenza 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto  a  seguito  della  proposta  di  revoca  del  Consigliere   di
amministrazione della  RAI-Radiotelevisione  italiana  S.p.a.,  prof.
Angelo Maria Petroni, presentata dal Ministro dell'economia  e  delle
finanze, anche d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri,
in data 11 maggio 2007, e di  tutti  gli  atti  ad  essa  connessi  e
conseguenti, promosso dalla Commissione parlamentare per  l'indirizzo
generale e la vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi,  con  ricorso
notificato il 18 marzo 2008, depositato in cancelleria  il  25  marzo
2008 ed iscritto al n. 16 del registro  conflitti  tra  poteri  dello
Stato 2007, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2009  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi e l'avvocato dello Stato  Gianni  De  Bellis  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso depositato  l'8  novembre  2007  la  Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi, in  persona  del  suo  Presidente  pro  tempore,  ha
promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  contro  il
Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente del Consiglio
dei ministri, affinche' la  Corte  costituzionale  dichiari  che  non
spettava al Ministro dell'economia e delle  finanze,  anche  d'intesa
con il Presidente del Consiglio dei ministri,  richiedere  e  votare,
nell'Assemblea degli azionisti  della  RAI-Radiotelevisione  italiana
S.p.a., la revoca di un consigliere di amministrazione in assenza  di
conforme   deliberazione   adottata    dalla    stessa    Commissione
parlamentare,  e,  per  l'effetto,  annulli  la  proposta  di  revoca
presentata dal Ministro dell'economia e  delle  finanze  in  data  11
maggio 2007 e tutti gli atti ad essa connessi e conseguenti. 
    1.1. - La ricorrente evidenzia come il presente conflitto  tragga
origine    dalla    violazione    delle    attribuzioni    ad    essa
costituzionalmente   garantite,   «dal   momento   che    l'attivita'
radiotelevisiva pubblica  non  puo'  essere  considerata  appannaggio
esclusivo delle scelte della maggioranza  politica,  ma  deve  essere
svolta in modo conforme all'indirizzo politico costituzionale, che fa
della libera circolazione delle idee e del pluralismo  culturale  uno
degli assi portanti dell'ordinamento». 
    La difesa  della  Commissione  segnala,  in  proposito,  come  le
funzioni di indirizzo e vigilanza siano state  attribuite  all'organo
parlamentare  «in  considerazione  dei  caratteri  di  imparzialita',
democraticita' e  pluralismo  che  devono  informare  lo  svolgimento
dell'attivita' del servizio pubblico radiotelevisivo» ed al  precipuo
scopo di evitare nella gestione del servizio «un'ingerenza diretta ed
esclusiva dell'Esecutivo». 
    Nel caso di specie, le attribuzioni della  Commissione  sarebbero
state lese in occasione della revoca di un componente  del  Consiglio
di amministrazione della RAI, il prof. Angelo Maria Petroni, da parte
della relativa Assemblea  degli  azionisti,  revoca  sollecitata  dal
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  nella  sua  qualita'  di
azionista  di  maggioranza,  «in  mancanza  della  previa  necessaria
deliberazione  della  Commissione  parlamentare  di  vigilanza».   In
particolare, a parere della  ricorrente,  il  Ministro  dell'economia
avrebbe disatteso quanto previsto dall'art. 49, comma 8, del  decreto
legislativo   31   luglio   2005,   n.   177   (Testo   unico   della
radiotelevisione),  secondo  cui  «Il  rappresentante  del  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  nelle  assemblee  della   societa'
concessionaria convocate per l'assunzione di deliberazioni di  revoca
o  che  comportino  la  revoca  o  la   promozione   di   azione   di
responsabilita' nei confronti degli amministratori, esprime  il  voto
in conformita' alla deliberazione della Commissione parlamentare  per
l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi
comunicata al Ministero medesimo». 
    1.2. -  La  difesa  della  ricorrente  ripercorre  i  «principali
momenti  di  emersione  del  conflitto»,  ricordando  che,  con  piu'
missive,  a  partire  dal  18  gennaio  2007,  il  Presidente   della
Commissione parlamentare di vigilanza ha richiamato l'attenzione  del
Ministro dell'economia e delle finanze  «sull'esigenza  istituzionale
di porre in essere ogni iniziativa utile al piu'  corretto  esercizio
del ruolo attribuito  alla  Commissione»,  con  particolare  riguardo
all'ipotesi  di  revoca   di   un   componente   del   consiglio   di
amministrazione. 
    Il Ministro dell'economia  ha  replicato  alle  osservazioni  del
Presidente della Commissione con una lettera  del  6  febbraio  2007,
nella quale si rileva come  la  stessa  Commissione  sia  chiamata  a
partecipare al solo procedimento di nomina dei membri  del  consiglio
di amministrazione e non anche a quello di revoca o a quello relativo
alla promozione  di  azione  di  responsabilita'.  In  proposito,  il
Ministro ha precisato che il comma 8 dell'art. 49 del d.lgs.  n.  177
del 2005, in virtu' di quanto previsto  dal  comma  10  del  medesimo
articolo, non puo' trovare applicazione fino  al  novantesimo  giorno
successivo alla data di chiusura  della  prima  offerta  pubblica  di
vendita della RAI. Pertanto, non essendosi ancora  verificata  questa
condizione, il comma 8 di cui sopra  -  non  richiamato  nel  secondo
periodo del comma 10 del citato art. 49 -  non  si  applicherebbe  al
caso di specie. 
    La difesa della Commissione ritiene che  la  tesi  sostenuta  dal
Ministro sia il frutto  di  una  interpretazione  formalistica  delle
disposizioni di cui all'art. 49  del  d.lgs.  n.  177  del  2005,  in
contrasto con la ratio della intera disciplina  recata  dallo  stesso
decreto  legislativo.  Siffatta  interpretazione,   a   detta   della
ricorrente, potrebbe condurre a ritenere «inapplicabili  anche  altre
significative norme indispensabili  per  l'attivita'  della  societa'
concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo»  (e'  indicata,
in particolare, quella del comma 1 dell'art. 49). 
    La ricorrente rammenta inoltre che in  data  11  maggio  2007  il
Presidente del Consiglio dei ministri, sollecitato da una missiva, di
pari data, del Ministro dell'economia e delle finanze, ha  comunicato
al  Presidente  della  Commissione  parlamentare  di   vigilanza   la
necessita' di sostituire il consigliere  di  amministrazione  RAI  di
nomina ministeriale, prof. Angelo Maria Petroni, essendo ormai venuto
meno il rapporto fiduciario alla base della sua designazione. 
    A seguito della richiesta formulata dal  Ministro  dell'economia,
in data 16 maggio 2007 il Consiglio di amministrazione della  RAI  ha
convocato l'Assemblea degli azionisti per deliberare in  merito  alla
revoca del consigliere indicato e provvedere alla sua sostituzione. A
questo  punto,  il  Presidente  della  Commissione  parlamentare   di
vigilanza  ha  comunicato,  in  data  29  maggio  2007,  al  Ministro
dell'economia la propria intenzione di convocare nel piu' breve tempo
possibile la medesima Commissione, al fine di assumere la  necessaria
deliberazione per la revoca del  consigliere  Petroni,  a  norma  del
comma 8 dell'art. 49 del d.lgs. n. 177  del  2005.  Cio'  nonostante,
l'iter della proposta di revoca e'  proseguito  con  la  convocazione
dell'Assemblea degli azionisti della RAI, senza che alla  Commissione
sia stata data, al proposito, alcuna comunicazione formale. 
    Il 7 giugno 2007, su ricorso del Prof. Petroni, il TAR  Lazio  ha
sospeso in via provvisoria e cautelare la convocazione dell'Assemblea
degli azionisti, ma tale provvedimento e'  stato  poi  annullato,  in
data 31 luglio 2007, dal Consiglio di Stato. 
    Riferisce ancora la difesa  della  ricorrente  che,  in  data  1°
agosto  2007,  il  Presidente  della  Commissione   parlamentare   ha
interpellato per iscritto il Ministro dell'economia  «per  verificare
la sua intenzione di tener ferma la proposta di revoca», chiedendo  a
tal fine una nuova audizione dello stesso Ministro e  del  Presidente
della RAI e comunicando  piena  disponibilita'  ad  una  convocazione
della Commissione anche durante il periodo di sospensione estiva. 
    I successivi tentativi di convocare l'Assemblea  degli  azionisti
per la revoca del consigliere Petroni,  sollecitati  dalla  richiesta
del Ministro dell'economia  del  2  agosto  2007,  si  sono  rivelati
infruttuosi, sicche' il collegio sindacale, agendo ai sensi dell'art.
2367 del codice civile, ha convocato la stessa Assemblea  per  il  10
settembre. Nella relativa seduta si e' proceduto,  in  effetti,  alla
revoca del citato Prof. Petroni ed alla sua sostituzione con il dott.
Fabiano Fabiani. 
    Dalla successione degli eventi descritti ed  in  particolare  dal
«complessivo comportamento» tenuto  dal  Ministro  dell'economia,  la
ricorrente   deduce    una    grave    lesione    delle    competenze
costituzionalmente  garantite  della  Commissione  parlamentare   per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. 
    1.3. - La ricorrente individua il  parametro  costituzionale  del
conflitto  nel  principio  del  pluralismo   informativo   deducibile
dall'art. 21 della Costituzione. 
    Secondo  la  difesa  della  Commissione  parlamentare,   siffatto
principio,  «tradotto  nell'ambito   dell'attivita'   radiotelevisiva
pubblica, comporta che essa non puo' essere  considerata  appannaggio
esclusivo delle scelte di maggioranza (sia pure  sotto  il  controllo
parlamentare) ma richiede un adeguato contemperamento  di  tutti  gli
interessi in gioco alla luce dell'indirizzo politico costituzionale». 
    In proposito, la ricorrente evidenzia come «l'affermazione  della
centralita' del Parlamento nel governo  del  sistema  radiotelevisivo
pubblico» sia presente nella legislazione a partire  dalla  legge  14
aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica
e  televisiva),  oltre   che   nella   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale, in particolare nella sentenza n. 225  del  1974,  che
«ha definitivamente aperto la strada verso la  «parlamentarizzazione»
del  sistema  radiotelevisivo  pubblico,  spostando  il   centro   di
determinazione  delle  scelte  generali  in  tale  settore  a  favore
dell'organo rappresentativo della collettivita' nazionale». 
    La ricorrente sottolinea, inoltre, come la «parlamentarizzazione»
abbia  comportato  il  riconoscimento  in   capo   alla   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi «di significativi poteri di influenza (come quelli di
indirizzo generale, di determinazione del tetto pubblicitario,  etc.)
sull'unico     polo     radiotelevisivo      allora      riconosciuto
dall'ordinamento». 
    Dall'esame di alcune pronunzie della Corte costituzionale, ed  in
particolare della sentenza n. 194 del 1987,  la  ricorrente  trae  la
conclusione  che  il  Parlamento,  «e   per   esso   la   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi», costituisce «la sede istituzionale  naturale  nella
quale il principio pluralista, che deve  informare  l'intero  settore
radiotelevisivo pubblico, trova la piu' efficace  garanzia,  sia  con
riguardo all'accesso  delle  formazioni  sociali  all'uso  dei  mezzi
radiotelevisivi, sia con riguardo a meccanismi  che  garantiscano  la
presenza di una pluralita' di fonti di informazione». 
    Per queste ragioni, aggiunge la  difesa  della  Commissione,  «la
"parlamentarizzazione" del servizio radiotelevisivo [...] implica  la
doverosa vigilanza da parte  dell'organo  parlamentare  su  tutte  le
vicende relative alla RAI  da  cui  potrebbero  derivare  conseguenze
negative per la libera manifestazione del pensiero e  per  la  libera
informazione». 
    1.4. - In merito alla propria  legittimazione  al  conflitto,  la
ricorrente sottolinea come le commissioni parlamentari,  titolari  di
specifiche  attribuzioni  autonomamente  esercitate,   siano   organi
legittimati  a   proporre   il   conflitto   medesimo,   «in   quanto
organi-potere  che,  pur  facendo  parte  del  piu'  vasto  complesso
organizzatorio  del  Parlamento,  occupano  tuttavia  una   posizione
peculiare e distinta nel sistema costituzionale e sono  in  grado  di
dichiarare la volonta' dell'organo di cui sono promanazione». 
    Sono richiamate, in proposito, la sentenza n. 49 del  1998  e  le
ordinanze  n.  137  del  2000  e  n.  171  del   1997   della   Corte
costituzionale, con le quali  e'  stata  riconosciuta  la  competenza
della   Commissione   parlamentare   di   vigilanza   a    dichiarare
definitivamente la volonta' della Camera dei deputati  e  del  Senato
della    Repubblica    nella    materia    attinente     direttamente
all'informazione. 
    In definitiva, la ricorrente ritiene che  «proprio  i  poteri  di
indirizzo, di controllo, di vigilanza e altre competenze direttamente
connesse al valore costituzionale del pluralismo»  giustifichino  «il
compiuto   riconoscimento    delle    attribuzioni    di    rilevanza
costituzionale» della Commissione parlamentare di vigilanza. 
    1.5.  -  Quanto  alla   legittimazione   passiva   del   Ministro
dell'economia e delle finanze e  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, la ricorrente evidenzia come la Corte costituzionale  abbia
interpretato l'art. 37 della legge 11 marzo  1953,  n.  87  «in  modo
rigoroso ma non tassativo»,  ritenendo,  per  un  verso,  che  quello
esecutivo non costituisca un «potere diffuso», e,  per  altro  verso,
che siano possibili alcune deroghe nel senso del riconoscimento della
legittimazione passiva al singolo ministro. In  particolare,  secondo
la difesa della Commissione,  «il  requisito  indispensabile  per  la
legittimazione sembra [...] essere quello dell'esercizio indipendente
di attribuzioni di natura costituzionale». 
    Dalle indicazioni richiamate la ricorrente deduce l'esistenza  di
«valide argomentazioni» a sostegno  della  legittimazione  ad  essere
parte di un conflitto tra  poteri  dello  Stato  anche  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  sul  rilievo  che  questi,  «quale
azionista di maggioranza  della  RAI  S.p.a.,  ricopre  una  funzione
rappresentativa del Governo ma comunque autonoma rispetto allo stesso
organo inteso nella sua interezza». 
    Per l'ipotesi in cui non fosse  accolta  la  tesi  estensiva,  la
ricorrente  ritiene  sussistente  la   legittimazione   passiva   del
Presidente del Consiglio dei ministri, «in  proprio  e  quale  organo
legittimato ad esprimere la volonta' dell'intero organo Governo»,  in
virtu' dell'art. 95, primo comma, Cost., sottolineando, al  riguardo,
come il Presidente del Consiglio,  in  data  11  maggio  2007,  abbia
informato il Consiglio dei  ministri  della  lettera  di  pari  data,
pervenutagli dal Ministro dell'economia, con la quale si proponeva la
revoca del consigliere Petroni, ed abbia dichiarato, in una ulteriore
missiva dello stesso 11 maggio 2007 indirizzata al  Presidente  della
Commissione di vigilanza, di convenire «pienamente con la valutazione
del Ministro dell'economia e delle finanze». 
    Da  quanto  sopra  riportato,  secondo  la  ricorrente   dovrebbe
desumersi che «il Presidente del Consiglio dei ministri ha pienamente
condiviso l'operato  del  Ministro  e  ha  cosi'  dato  pieno  avallo
governativo all'illegittimo comportamento qui contestato». 
    1.6. - La difesa  della  Commissione  parlamentare  si  sofferma,
infine, sull'oggetto del conflitto tra poteri, ricordando  come  esso
possa consistere non solo  «nella  rivendicazione,  da  parte  di  un
organo,  di  un  potere  da  altro   usurpato»,   ma   anche   «nella
contestazione, non della titolarita'  di  un  potere  altrui,  quanto
della concreta modalita' di esercizio dello  stesso  quando  siffatta
modalita' impedisce, di fatto, all'altro organo il pieno  svolgimento
di competenze costituzionalmente assegnate». 
    Sarebbe  evidente,  nel  caso  di   specie,   che   il   Ministro
dell'economia ha agito «come se fosse l'unico  soggetto  titolare  di
poteri  nella  determinazione  della  revoca  di  un  consigliere  di
amministrazione della RAI S.p.a., ignorando le attribuzioni di natura
costituzionale spettanti alla ricorrente Commissione  di  vigilanza»,
con la conseguenza di aver «illegittimamente  ricollocato  la  stessa
RAI sotto il controllo esclusivo dell'Esecutivo». 
    Il comportamento del Ministro sarebbe «ancor piu' grave, e quindi
lesivo delle attribuzioni della Commissione di vigilanza,  in  quanto
ha eluso in maniera evidente il rispetto di quel principio di  "leale
collaborazione"»  che  la  Corte  costituzionale   ha   espressamente
prescritto anche nei rapporti  tra  organi  dello  Stato,  quando  le
reciproche competenze vengono ad intrecciarsi. 
    Al  riguardo,  la  difesa  della  Commissione   richiama   quanto
affermato nella sentenza n. 379 del 1992 della  Corte,  sottolineando
come  da  questa  pronunzia  si   possano   trarre   «due   rilevanti
indicazioni: in primo luogo, l'indefettibile necessita' che  rispetto
a situazioni di interesse  pubblico  e  che  rispondono  ad  esigenze
costituzionali, gli eventuali  organi  chiamati  a  regolarle,  anche
quando appartenenti a  poteri  dello  Stato  diversi,  esercitino  le
proprie   competenze   in   conformita'   al   principio   di   leale
collaborazione; in secondo luogo, che la verifica della rispondenza a
tale principio puo' essere svolta dalla Corte costituzionale in  modo
diretto sui singoli e specifici comportamenti degli organi stessi». 
    La ricorrente osserva che «nel complesso dei comportamenti tenuti
dal Ministro dell'economia, non solo e' impossibile  rintracciare  la
benche' minima apertura verso una "leale collaborazione",  ma  vi  e'
addirittura un totale disconoscimento del ruolo  e  delle  competenze
della Commissione di vigilanza». 
    Pertanto, l'operato del  Ministro  dell'economia  rispecchierebbe
«la nitida volonta' di riassegnare il ruolo centrale  nella  gestione
della Concessionaria del servizio pubblico  all'organo  esecutivo,  e
cioe' ad un organo che per sua natura non puo' che essere di  parte»,
con  conseguente  violazione  delle   competenze   costituzionalmente
riconosciute alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. La difesa della Commissione
conclude  rilevando  come  tutto  cio'  «significhi   esautorare   il
Parlamento rispetto ad una funzione che il sistema costituzionale gli
ha limpidamente riconosciuto». 
    2. - In data  21  febbraio  2008  la  Commissione  ricorrente  ha
depositato  una  memoria  integrativa,  con  la  quale  insiste   per
l'ammissibilita' del conflitto  di  attribuzione  e  richiama  alcuni
nuovi eventi intervenuti dopo la proposizione del presente ricorso. 
    2.1. - In particolare, la difesa della  Commissione  richiama  la
sentenza del TAR Lazio, sez. III ter, 16 novembre 2007, n. 11271, con
la quale e'  stata  ritenuta  illegittima,  e  quindi  annullata,  la
«sequenza di atti» culminata con la revoca del consigliere Petroni, e
l'ordinanza del Consiglio di Stato, sez.  IV,  4  dicembre  2007,  n.
6284, che  ha  respinto  l'istanza  cautelare  di  sospensione  degli
effetti della richiamata sentenza del TAR Lazio e  fissato  l'udienza
per la discussione del merito all'11 marzo 2008. 
    La ricorrente sottolinea come, a seguito delle citate  pronunzie,
non sia venuto  meno  l'interesse  della  Commissione  ad  agire  per
conflitto di attribuzione  dinanzi  alla  Corte  costituzionale;  ne'
siffatto interesse verrebbe meno  nel  caso  in  cui  il  giudice  di
appello dovesse confermare l'illegittimita' degli atti impugnati.  Al
riguardo, la difesa della Commissione precisa che  nel  giudizio  per
conflitto di attribuzione viene in rilievo  «non  tanto  e  non  solo
l'illegittimita'  degli   atti   posti   in   essere   dal   Ministro
dell'economia e delle finanze (con l'avallo del Governo nella persona
del Presidente del Consiglio dei ministri) finalizzati alla revoca di
un  membro  del  Consiglio  di  amministrazione  della  RAI,   quanto
l'usurpazione delle competenze proprie della Commissione parlamentare
di vigilanza che  il  comportamento  posto  in  essere  dal  Ministro
dell'economia e delle finanze ha determinato». 
    Pertanto - osserva la difesa della  Commissione,  richiamando  le
sentenze n. 49 del 1998 e n. 150 del 1981 della Corte  costituzionale
- quale che  sia  l'esito  del  giudizio  amministrativo  sugli  atti
impugnati, residuerebbe  l'interesse  della  ricorrente  ad  ottenere
quella decisione sulla spettanza delle attribuzioni in  contestazione
che rappresenta l'oggetto principale del giudizio per  conflitto  tra
poteri dello Stato. 
    2.2. - La difesa della Commissione evidenzia  come,  allo  stesso
modo, risulti privo di influenza  lo  scioglimento  anticipato  delle
Camere, disposto con il d.P.R. 6 febbraio 2008,  n.  19,  poiche'  lo
stesso non determina  alcuna  interruzione  nello  svolgimento  delle
funzioni della Commissione parlamentare di vigilanza,  da  intendersi
comunque prorogata nell'attuale composizione fino alla prima riunione
delle  nuove  Camere,  ed  anzi  alcune  delle   attribuzioni   della
Commissione (e precisamente, quelle concernenti la  disciplina  delle
campagne elettorali) «trovano il  loro  presupposto  logico-giuridico
proprio nell'avvenuto scioglimento delle Assemblee legislative». 
    2.3. - Sarebbe irrilevante - si osserva ancora nella  memoria  in
questione - la scadenza nel maggio 2008 del  termine  di  durata  del
mandato del Consiglio di amministrazione  della  RAI,  posto  che  lo
scioglimento anticipato delle  Camere  e  la  conseguente  fissazione
della prima riunione di queste ultime per la data del 29 aprile  2008
rendono verosimile una proroga oltre  la  scadenza  del  mandato  del
Consiglio in carica. 
    Per queste ragioni, il termine del mandato triennale - come  pure
la fine anticipata della legislatura - non  potrebbe  determinare,  a
detta  della  difesa  della  Commissione,  «alcuna  cessazione  della
materia oggetto del presente conflitto». 
    3. - In data 25 febbraio 2008,  la  difesa  della  ricorrente  ha
depositato  copia  della  delibera  con  la  quale   la   Commissione
parlamentare di vigilanza ha  deciso  la  proposizione  del  presente
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
    4. - La Corte costituzionale, con l'ordinanza  n.  61  del  2008,
depositata in data  13  marzo  2008,  ha  dichiarato  ammissibile  il
conflitto. 
    La predetta ordinanza ed il ricorso  sono  stati,  a  cura  della
ricorrente, notificati al Governo della Repubblica,  in  persona  del
Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  data  18  marzo  2008  e
depositati,  con  la  prova   dell'avvenuta   notifica,   presso   la
cancelleria della Corte costituzionale il 25 marzo 2008. 
    5. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, con atto depositato il 7  aprile  2008,  chiedendo  che  il
ricorso sia rigettato. 
    La difesa erariale sottolinea come il provvedimento di revoca del
consigliere Petroni sia stato adottato dal Ministro  dell'economia  e
delle finanze sulla base della normativa vigente, ed  in  particolare
di quanto previsto all'art.  49  del  d.lgs.  n.  177  del  2005.  Al
contrario,  la  tesi   sostenuta   dalla   Commissione   parlamentare
porterebbe «ad una sostanziale  disapplicazione»  del  comma  10  del
citato art. 49,  che  subordina  ad  un  evento  futuro,  non  ancora
realizzatosi, l'entrata in vigore dei precedenti commi, con  la  sola
eccezione dei commi 7 e 9. 
    L'Avvocatura  generale  ricorda,  a   tal   proposito,   che   la
sussistenza del potere di revoca al Ministro  dell'economia  e  delle
finanze e' stata espressamente riconosciuta dal TAR Lazio,  sez.  III
ter, con la sentenza 16 novembre 2007, n. 11271, decisione  che,  «se
da un lato ha ritenuto il provvedimento viziato da eccesso di  potere
[...], dall'altro lato ha rigettato il sesto motivo del  ricorso  con
il quale si sosteneva che la  decisione  del  Ministro  dell'economia
sarebbe stata illegittima in quanto avvenuta senza  che  fosse  stato
previamente  acquisito  il  parere   favorevole   della   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi». 
    Pertanto, il resistente ritiene che la posizione del Ministro sia
«coerente con il meccanismo di nomina dei componenti il CDA  previsto
dai commi 7 e 9» dell'art. 49 del d.lgs. n. 177 del 2005. 
    In ogni caso, a parere della difesa erariale,  l'attribuzione  al
Ministro del potere di nominare un solo componente del  Consiglio  di
amministrazione su nove  non  puo'  in  alcun  modo  configurare  una
violazione del principio, espresso dalla Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 225 del 1974, secondo cui il potere  esecutivo  non  deve
essere  rappresentato  negli  organi  direttivi  della  RAI  in  modo
esclusivo o preponderante. 
    6. - In data 24  giugno  2008,  la  difesa  della  ricorrente  ha
depositato una memoria nella quale, dopo aver ricordato i termini del
conflitto  di  attribuzioni,  evidenzia  «la  non   sovrapponibilita'
dell'oggetto del giudizio  amministrativo  rispetto  all'oggetto  del
presente conflitto», il  quale,  del  resto,  «riguarda  un  profilo,
quello del necessario coinvolgimento della  Commissione  parlamentare
di vigilanza nella procedura di revoca», che non e' stato oggetto  di
valutazione nella sentenza n. 11271 del 2007  del TAR  Lazio,  citata
dal resistente. 
    Pertanto, la difesa della Commissione parlamentare insiste  nelle
conclusioni gia' formulate nel ricorso. 
    7. - In data 26 giugno 2008,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato un'istanza  di  rinvio  dell'udienza  pubblica
fissata per il successivo 8 luglio, con adesione dell'altra parte, in
quanto «la Commissione ricorrente, a seguito delle  recenti  elezioni
politiche, risulta attualmente in corso di ricostituzione». 
    8. - A seguito della fissazione della nuova udienza, in  data  11
febbraio 2009 la difesa della ricorrente ha  depositato  una  memoria
nella quale ribadisce e conferma le argomentazioni e  le  conclusioni
gia' rassegnate nel ricorso e nelle memorie. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Con ricorso depositato  l'8  novembre  2007  la  Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi, in  persona  del  suo  Presidente  pro  tempore,  ha
promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  contro  il
Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente del Consiglio
dei ministri, affinche' la  Corte  costituzionale  dichiari  che  non
spettava al Ministro dell'economia e delle  finanze,  anche  d'intesa
con il Presidente del Consiglio dei ministri,  richiedere  e  votare,
nell'Assemblea degli azionisti  della  RAI-Radiotelevisione  italiana
S.p.a., la revoca di un consigliere di amministrazione in assenza  di
conforme   deliberazione   adottata    dalla    stessa    Commissione
parlamentare,  e,  per  l'effetto,  annulli  la  proposta  di  revoca
presentata dal Ministro dell'economia e  delle  finanze  in  data  11
maggio 2007 e tutti gli atti ad essa connessi e conseguenti. 
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto di attribuzione, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953 n. 87, gia' ritenuta, in via delibativa, nella ordinanza  n.  61
del 2008. 
    Per quanto riguarda i  requisiti  soggettivi,  deve  riconoscersi
alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza
dei servizi radiotelevisivi  la  qualifica  di  organo  competente  a
dichiarare in via definitiva la volonta' della Camera dei deputati  e
del Senato della Repubblica (sentenze n. 502 del 2000  e  n.  49  del
1998 ed ordinanze n. 195 del 2003, n. 137  del  2000  e  n.  171  del
1997). 
    Anche  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e'   organo
competente a dichiarare la volonta' del  Governo,  a  differenza  del
Ministro dell'economia e delle finanze. Difatti il  potere  esecutivo
«non e' un "potere diffuso", ma si risolve [...] nell'intero Governo,
in nome dell'unita' di indirizzo politico e amministrativo proclamata
dall'art. 95, primo comma, Cost.» (ordinanza n. 123 del 1979), con la
conseguenza che «i singoli ministri non sono  legittimati  ad  essere
parte di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,  mentre
tale legittimazione e' stata riconosciuta nelle ipotesi  [...]  delle
competenze direttamente ed esclusivamente conferite al Ministro della
giustizia dagli artt. 107, secondo comma, e  110  della  Costituzione
[...] e del voto di sfiducia individuale espresso dal Parlamento  nei
confronti di un ministro» e che, pertanto, «al  di  fuori  di  queste
fattispecie, e' il Governo a prendere parte - in funzione dell'unita'
di indirizzo politico ed amministrativo, proclamata dal  primo  comma
dell'art. 95 Cost. - ai conflitti tra poteri dello Stato»  (ordinanza
n. 221 del 2004). 
    Quanto al  requisito  oggettivo  del  conflitto,  la  Commissione
ricorrente e' investita di attribuzioni che discendono  dall'esigenza
di garantire il pluralismo dell'informazione,  fondato  sull'art.  21
Cost., in base al quale la presenza  di  un  organo  parlamentare  di
indirizzo e vigilanza serve  ad  evitare  che  il  servizio  pubblico
radiotelevisivo venga  gestito  dal  Governo  in  modo  «esclusivo  e
preponderante» (sentenza n.  225  del  1974).  Le  asserite  lesioni,
prodotte   da   atti   governativi,   inciderebbero,    secondo    la
prospettazione della ricorrente, sulla  funzione  di  garanzia  della
stessa,   costituzionalmente    fondata    e    riconosciuta    dalla
giurisprudenza di questa Corte. L'oggetto del conflitto e' quindi  la
delimitazione degli ambiti di attribuzione dei  poteri  confliggenti,
derivante  da  norme  e  principi  costituzionali,  che  risponde   a
finalita' ed esigenze diverse dalla valutazione dell'esistenza o  non
di vizi di legittimita' del medesimo atto impugnato,  effettuata  dal
giudice amministrativo adito dal prof. Petroni a tutela delle proprie
situazioni giuridiche soggettive. 
    3. - Il ricorso e' fondato. 
    3.1. - Innanzitutto, occorre precisare il quadro normativo  entro
cui vengono  esercitate  le  funzioni  di  nomina  e  di  revoca  dei
componenti   del   Consiglio   di   amministrazione   della   RAI   -
Radiotelevisione  italiana  S.p.a.,   concessionaria   del   servizio
pubblico generale radiotelevisivo. 
    L'art. 49, comma 7, del decreto legislativo 31  luglio  2005,  n.
177 (Testo unico della radiotelevisione), stabilisce che, «fino  alla
completa  alienazione   della   partecipazione   dello   Stato»,   il
rappresentante del Ministero dell'economia e delle  finanze  presenta
nell'assemblea della RAI,  riunita  per  la  nomina  dei  membri  del
consiglio di amministrazione, una lista di candidati formulata  sulla
base delle delibere della Commissione  parlamentare  di  vigilanza  e
delle indicazioni del Ministero medesimo. 
    Il comma 9 dello stesso articolo dispone che  sino  a  quando  il
numero  delle  azioni  alienato  -  in  attuazione  del  processo  di
privatizzazione della societa' concessionaria - non superi  la  quota
del 10 per cento del capitale, «in considerazione  dei  rilevanti  ed
imprescindibili  motivi   di   interesse   generale   connessi   allo
svolgimento del servizio pubblico generale radiotelevisivo  [...]  ai
fini della formulazione dell'unica  lista  di  cui  al  comma  7,  la
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza  dei
servizi radiotelevisivi indica sette membri eleggendoli con  il  voto
limitato a uno; i restanti due membri, tra cui  il  presidente,  sono
invece indicati dal socio di maggioranza. La  nomina  del  presidente
diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole,  espresso
a maggioranza dei due terzi dei suoi  componenti,  della  Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi. In caso di dimissioni o impedimento  permanente  del
presidente o di uno o piu' membri, i nuovi componenti  sono  nominati
con le medesime procedure del presente comma entro  i  trenta  giorni
successivi alla data di comunicazione formale delle dimissioni presso
la medesima Commissione». 
    Il  comma  8  del  citato  art.  49   stabilisce   inoltre:   «Il
rappresentante del Ministero dell'economia  e  delle  finanze,  nelle
assemblee della societa' concessionaria convocate per l'assunzione di
deliberazioni di revoca o che comportino la revoca o la promozione di
azione di responsabilita' nei confronti degli amministratori, esprime
il  voto  in  conformita'  alla   deliberazione   della   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi comunicata al Ministero medesimo». 
    Infine, il comma 10 prescrive: «Le disposizioni di cui  ai  commi
da 1 a 9 entrano in vigore il novantesimo giorno successivo alla data
di chiusura della prima  offerta  pubblica  di  vendita  [...].  Ove,
anteriormente alla  predetta  data,  sia  necessario  procedere  alla
nomina del consiglio di amministrazione, per  scadenza  naturale  del
mandato o per altra causa, a cio' si provvede secondo le procedure di
cui ai commi 7 e 9». 
    3.2.  -  La  suesposta  normativa  e'  oggetto,  da  parte  della
ricorrente e del resistente,  di  due  opposte  interpretazioni,  che
portano ciascuna delle parti ad una diversa  soluzione  del  presente
conflitto. 
    La difesa della Commissione parlamentare  di  vigilanza  sostiene
che alle disposizioni prima riportate si debba  dare  un  significato
coerente con il quadro costituzionale e legislativo complessivo, qual
e'  possibile   ricostruire   dalle   norme   costituzionali,   dalla
giurisprudenza di questa Corte e  dall'evoluzione  legislativa  degli
ultimi  decenni.  Ammettere  che   un   membro   del   consiglio   di
amministrazione della RAI possa essere  revocato  con  determinazione
unilaterale  e  discrezionale  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze sarebbe in contrasto con  l'esigenza,  fondata  sull'art.  21
Cost.,   di   garantire   il   pluralismo,   la   democraticita'    e
l'imparzialita' dell'informazione, ritenuti dalla  giurisprudenza  di
questa   Corte   caratteri   essenziali   del    servizio    pubblico
radiotelevisivo, da affidare  al  controllo  ed  alla  vigilanza  del
Parlamento,   in   quanto   espressione   dell'intera   collettivita'
nazionale. 
    Si deve ritenere pertanto, ad avviso della  ricorrente,  che  sia
necessario andare oltre la lettera del comma 10 dell'art. 49 del t.u.
della  radiotelevisione  e  pervenire  ad  una  interpretazione   che
mantenga in capo all'organo parlamentare il potere  di  controllo  su
tutte le vicende che, in un modo o nell'altro, possano  incidere  sul
pluralismo    e    sull'imparzialita'    del    servizio     pubblico
radiotelevisivo. Del resto,  se  la  suddetta  interpretazione  fosse
intesa in senso strettamente letterale, non si potrebbero  applicare,
secondo la ricorrente, ne' il comma 1, che  stabilisce  l'affidamento
della concessione del servizio, ne' il comma  3,  che  stabilisce  il
numero dei consiglieri di amministrazione, ne' il comma 4, che  fissa
in tre anni la durata del  mandato  degli  stessi.  La  difesa  della
Commissione ha prodotto in giudizio documentazione da cui risulta che
il consiglio di amministrazione nominato nel 2005, dopo l'entrata  in
vigore delle disposizioni succitate, e' durato in  carica  tre  anni,
come prescrive il suddetto comma 4, e non due, come stabiliva  invece
la normativa precedente. 
    La  difesa   erariale   contrappone   all'interpretazione   della
ricorrente una lettura del testo  legislativo  (art.  49  t.u.  della
radiotelevisione) in chiave strettamente letterale e trae dal mancato
richiamo del comma 8, da parte del comma 10 - il quale,  come  detto,
limita il riferimento ai soli commi 7 e 9 -  la  conseguenza  che  il
legislatore abbia voluto anticipare la vigenza -  in  data  anteriore
alla chiusura della prima offerta pubblica di vendita  -  delle  sole
procedure di nomina e non anche di quelle  di  revoca.  L'effetto  di
tale lettura della normativa vigente sarebbe  la  non  applicabilita'
della procedura prevista dal suddetto comma 8 alla  eventuale  revoca
del   consigliere   di   amministrazione   nominato   dal    Ministro
dell'economia e delle finanze nel periodo intermedio tra l'entrata in
vigore della legge 3 maggio 2004,  n.  112  (Norme  di  principio  in
materia   di   assetto   del   sistema   radiotelevisivo   e    della
RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonche' delega al  Governo  per
l'emanazione del testo unico della radiotelevisione), il cui art.  20
e'  stato  integralmente  riprodotto  dall'art.  49  del  t.u.  della
radiotelevisione, e l'evento futuro cui e' condizionata l'entrata  in
vigore dei commi da 1 a 9. 
    L'incidenza delle due  diverse  interpretazioni  sostenute  dalle
parti sulla soluzione del conflitto e' chiara. 
    Se si accogliesse  la  prima,  occorrerebbe  valutare  se  l'atto
impugnato, oltre a non essere conforme alla legge, sia  anche  lesivo
della  sfera  di   attribuzioni   costituzionalmente   garantite   al
Parlamento e, per esso, alla Commissione di vigilanza sulla RAI. 
    Se invece si accogliesse la seconda  interpretazione,  lo  stesso
atto si presenterebbe  come  la  mera  applicazione  della  normativa
vigente e tutte le considerazioni su una eventuale menomazione  delle
attribuzioni della Commissione parlamentare di  vigilanza  dovrebbero
riferirsi alle  disposizioni  legislative  cui  l'atto  impugnato  si
sarebbe conformato. 
    In sintesi, dalla prima interpretazione  discende  che  la  Corte
dovrebbe entrare nel merito del conflitto, allo scopo di esaminare la
natura lesiva  o  non  della  revoca  effettuata  senza  la  conforme
deliberazione   della   Commissione   parlamentare.   Dalla   seconda
scaturirebbe la conclusione che ogni considerazione  sulla  lamentata
lesione della sfera di attribuzioni  del  Parlamento  si  sposterebbe
sulla legge (comma 10  dell'art.  49  t.u.  della  radiotelevisione),
comportando una dichiarazione di inammissibilita' del ricorso oppure,
qualora emergesse un  dubbio  di  costituzionalita'  sulla  norma  in
esame, una  decisione  di  autorimessione  alla  stessa  Corte  della
relativa questione. 
    3.3.   -    Innanzitutto,    e'    necessario    precisare    che
l'interpretazione delle disposizioni rilevanti nel presente conflitto
spetta a questa Corte, in quanto giudice direttamente adito  in  sede
di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato con ricorso della
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza  dei
servizi radiotelevisivi. Dallo scioglimento del dubbio interpretativo
esposto nel paragrafo precedente discende, infatti, come gia'  si  e'
chiarito, la decisione del conflitto stesso. 
    Questa Corte ritiene che della normativa sopra citata si possa  e
si debba dare una interpretazione conforme a Costituzione, nel  senso
che, nel richiamare «le procedure di cui ai commi 7 e 9», il comma 10
dell'art. 49 del d.lgs. n.  177  del  2005  abbia  voluto  richiamare
implicitamente il correlato potere di revoca  previsto  dallo  stesso
atto legislativo. 
    Militano  in  favore  della  suddetta   interpretazione   plurime
considerazioni basate sulla sistematica costituzionale e legislativa. 
    La sentenza n. 225 del 1974 di questa Corte ha posto  in  rilievo
che la prima esigenza che il servizio pubblico  radiotelevisivo  deve
soddisfare e' quella di «offrire al pubblico  una  gamma  di  servizi
caratterizzata da obbiettivita' e  completezza  di  informazione,  da
ampia  apertura  a  tutte  le  correnti  culturali,   da   imparziale
rappresentazione delle idee che si esprimono nella societa». Rispetto
a  questi  fini  fondamentali,  e'  indispensabile  che  gli   organi
direttivi da una parte  non  debbano  «rappresentare  direttamente  o
indirettamente espressione, esclusiva  o  preponderante,  del  potere
esecutivo»  e  dall'altra  debbano  avere  una  struttura  «tale   da
garantirne l'obbiettivita».  Questa  doppia  condizione,  negativa  e
positiva, puo' essere realizzata solo se «siano riconosciuti adeguati
poteri al  Parlamento,  che  istituzionalmente  rappresenta  l'intera
collettivita' nazionale». Questa Corte ha ribadito tale orientamento,
affermando che il  servizio  pubblico  radiotelevisivo,  inteso  come
«servizio   sociale»,   deve   possedere   un   «elevato   tasso   di
democraticita' rappresentativa», che  lo  stesso  «ripete  dalla  sua
strutturazione nell'orbita del  Parlamento  ("parlamentarizzazione")»
(sentenza n. 194 del 1987). 
    L'imparzialita'  e  l'obbiettivita'   dell'informazione   possono
essere garantite solo dal pluralismo delle fonti e degli orientamenti
ideali, culturali e politici, nella difficolta' che le  notizie  e  i
contenuti dei programmi siano, in se' e per se',  sempre  e  comunque
obbiettivi. La rappresentanza parlamentare, in cui tendenzialmente si
rispecchia il pluralismo esistente nella societa', si pone  pertanto,
permanendo l'attuale  regime,  come  il  piu'  idoneo  custode  delle
condizioni indispensabili  per  mantenere  gli  amministratori  della
societa' concessionaria, nei  limiti  del  possibile,  al  riparo  da
pressioni e condizionamenti, che inevitabilmente inciderebbero  sulla
loro obbiettivita' e imparzialita'. 
    3.4. - Il legislatore ha previsto, negli ultimi trent'anni, forme
e proporzioni diverse per la nomina e la composizione  del  consiglio
di amministrazione della RAI, ma ha sempre  rispettato  due  principi
fondamentali:  il  primo  consiste  nella  prevalenza  numerica   dei
componenti designati dalla Commissione parlamentare; il secondo,  nel
ruolo necessario di quest'ultima nelle  procedure  di  rimozione  dei
membri del consiglio medesimo. 
    La legge 14 aprile 1975,  n.  103  (Nuove  norme  in  materia  di
diffusione radiofonica  e  televisiva)  prevedeva  (art.  8)  che  il
consiglio fosse composto di sedici membri, di cui dieci eletti  dalla
Commissione a maggioranza qualificata e sei dall'assemblea dei  soci.
Tuttavia l'art. 12 della stessa  legge  stabiliva  che,  in  caso  di
deficit di esercizio superiore al dieci per cento, si verificasse  la
decadenza del consiglio, previa  comunicazione  dell'esistenza  dello
squilibrio  finanziario  da  parte  del   collegio   sindacale   alla
Commissione parlamentare, il cui accertamento  della  ricorrenza  dei
presupposti  di  legge  condizionava  la   prevista   decadenza.   Il
decreto-legge 6  dicembre  1984,  n.  807  (Disposizioni  urgenti  in
materia di trasmissioni radiotelevisive), convertito  nella  legge  4
febbraio 1985, n. 10, prevedeva che il consiglio  di  amministrazione
fosse composto di sedici membri,  tutti  nominati  dalla  Commissione
parlamentare (art. 6). Uguale  previsione  era  contenuta  (art.  25)
nella  legge  6  agosto  1990,  n.  223  (Disciplina   del   servizio
radiotelevisivo pubblico e privato). La legge 25 giugno 1993, n.  206
(Disposizioni sulla societa'  concessionaria  del  servizio  pubblico
radiotelevisivo)  attribuiva  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento il potere di  nominare,  d'intesa,  i  cinque  membri  del
consiglio di amministrazione della RAI,  prescrivendo  pero'  che  la
revoca  degli  stessi  potesse  avvenire  solo  su   proposta   della
Commissione parlamentare, adottata a maggioranza dei  due  terzi  dei
componenti. 
    3.5. - L'evoluzione normativa appena esaminata dimostra  come  il
legislatore si sia conformato ai principi affermati da  questa  Corte
in tema di prevalenza dell'indirizzo e della  vigilanza  parlamentare
sulla gestione della societa' concessionaria  del  servizio  pubblico
radiotelevisivo. A tale proposito si  devono  porre  in  rilievo  due
costanti, particolarmente significative ai fini che qui interessano: 
        a) appartiene alla scelte politiche del  Parlamento  disporre
che  l'intero  consiglio  sia  nominato   o   designato   dall'organo
parlamentare di indirizzo e vigilanza o  che  quest'ultimo  abbia  il
potere di determinare la nomina limitatamente  alla  maggioranza  dei
membri; 
        b) la rimozione dei componenti e' in ogni  caso  assoggettata
alla valutazione della Commissione. 
    Il  secondo  dei  principi  di  cui  sopra  trae  origine   dalla
necessaria salvaguardia dell'indipendenza dei componenti  dell'organo
di amministrazione della societa' concessionaria. Se la nomina spetta
ad un soggetto diverso dal Parlamento, la  scelta  delle  persone  da
nominare obbedisce a criteri discrezionali, da attuare  nel  rispetto
dei requisiti di qualita' fissati dalla legge. Anche quando la nomina
spettava ai massimi esponenti delle Assemblee parlamentari,  non  era
previsto alcun parere preventivo della Commissione di  vigilanza  sui
nominativi dei componenti che i Presidenti intendevano nominare.  Era
prevista invece una deliberazione della Commissione  nell'ipotesi  di
revoca dei componenti stessi. 
    La  garanzia  di  indipendenza  dei  titolari  di   una   carica,
richiesta, a vario titolo, dalla Costituzione o dalla legge,  esclude
che possa esservi una perfetta  simmetria  tra  potere  di  nomina  e
potere di  revoca.  Il  primo  obbedisce  alla  logica  della  scelta
discrezionale delle persone ritenute piu' capaci e meglio in sintonia
con  il  soggetto  che  nomina;  il  secondo  implica   un   giudizio
sull'operato del componente dell'organo, che non puo' essere lasciato
- pena la perdita del minimo di tutela della sua indipendenza -  alla
libera e incontrollata decisione di chi lo ha nominato. 
    Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, il filtro  della
deliberazione della Commissione parlamentare  di  vigilanza  serve  a
contemperare il potere di  revocare  il  soggetto  nominato,  che  si
giustifica  per   evitare   che   lo   stesso   divenga   esente   da
responsabilita', con il necessario controllo da parte del Parlamento,
che svolge il ruolo di massimo garante dell'adempimento, da parte dei
membri del consiglio di amministrazione, dei doveri di  obbiettivita'
ed imparzialita' imposti dall'art. 21 Cost. 
    4. - La normativa vigente si e' posta nel  solco  dell'evoluzione
legislativa  prima  tratteggiata  e  dei  principi  stabiliti   dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte.  E'  previsto  infatti   che   due
componenti  su  nove  siano  nominati  dal   socio   di   maggioranza
(attualmente il Ministro dell'economia e delle finanze).  Mentre  per
il membro designato a ricoprire la carica di presidente e' richiesto,
come condizione di efficacia della nomina, il parere favorevole della
Commissione parlamentare, espresso a maggioranza dei  due  terzi  dei
componenti, per la nomina del secondo dei consiglieri in oggetto  non
e' richiesto alcun parere della Commissione, con la  conseguenza  che
la scelta e' discrezionale, nel rispetto dei  requisiti  fissati  dal
comma 4 dell'art. 49 t.u. della radiotelevisione. Quanto invece  alla
revoca, il comma 8  dello  stesso  articolo  -  ponendosi  nel  solco
tracciato dalla legislazione precedente - prescrive, con  riferimento
a tutti gli amministratori,  che  la  stessa  sia  preceduta  da  una
conforme deliberazione della Commissione parlamentare di vigilanza. 
    Non si rinviene alcun ragionevole motivo per cui  la  revoca  dei
componenti del consiglio di amministrazione della RAI,  nel  periodo,
di durata indefinita, che precede la  chiusura  della  prima  offerta
pubblica  di  vendita,  sia  assoggettata  ad  un  regime  eterogeneo
rispetto a quello voluto  dal  legislatore  negli  ultimi  decenni  e
ribadito anche per  il  futuro  dalla  stessa  legge  in  vigore.  Si
verrebbe  peraltro  a  determinare  una  ingiustificata   e   inedita
disparita' di status tra i diversi  membri  del  consiglio,  uno  dei
quali godrebbe di una minore garanzia di  indipendenza  in  confronto
agli altri. 
    Inoltre, se ci  si  fermasse  all'interpretazione  letterale  del
comma 10 dell'art. 49 t.u. prima citato, non solo non si spiegherebbe
- come rilevato dalla  ricorrente  -  perche'  pacificamente  si  sia
ritenuto che il consiglio, nominato nel 2005, sia scaduto  nel  2008,
al termine del triennio previsto dal comma 4  dello  stesso  articolo
(mentre la normativa precedente prevedeva una durata non superiore  a
due esercizi sociali), ma  bisognerebbe  ipotizzare  che  la  mancata
entrata in vigore dei commi da 1 a 9 implichi pure che si  applichino
o  i  requisiti  soggettivi  previsti  dalla  legge  previgente  (che
dovrebbe ritenersi, su questo specifico punto, non ancora abrogata) o
puramente e semplicemente quelli previsti dalla normativa codicistica
per  gli  amministratori  delle  societa'  per  azioni.  Entrambe  le
eventualita' comporterebbero delle forzature irragionevoli,  giacche'
non si rinviene  alcuna  giustificazione  della  commistione  tra  le
procedure di nomina previste  dalla  legge  vigente  ed  i  requisiti
previsti dalla legge abrogata (che sopravviverebbe solo allo scopo di
consentire la nomina di soggetti con diverse  qualifiche  rispetto  a
quelle volute dalla legge vigente). Nemmeno  sarebbe  ragionevole  la
conclusione che gli speciali requisiti di capacita'  richiesti  dalla
normativa  degli   ultimi   decenni   siano   azzerati,   in   favore
dell'applicazione dei requisiti generali degli  amministratori  delle
societa' commerciali, senza alcun riferimento alla particolare natura
del servizio pubblico radiotelevisivo. 
    Per le ragioni sopra esposte, si deve escludere che del comma  10
dell'art. 49 del t.u. della radiotelevisione possa  essere  data  una
interpretazione letterale, che genera una  serie  di  incongruenze  e
contraddizioni.  Deve   essere,   invece,   preferita   una   lettura
sistematica e costituzionalmente orientata, che elimina tali problemi
ed aderisce maggiormente alla ratio della stessa legge nella quale si
trova inserita. Tale interpretazione porta a ritenere - come gia'  si
e' detto  -  che  il  richiamo  alle  procedure  di  nomina  implichi
necessariamente l'applicazione di quelle parti dello stesso  articolo
che sono strettamente collegate alla nomina stessa (durata in carica,
requisiti dei nominandi, revoca degli stessi), allo scopo di  evitare
un  mosaico  formato  da  frammenti  normativi  provenienti  da   una
pluralita' di fonti non ben coordinate tra di loro. 
    5. - La proposta di revoca del consigliere nominato dal Ministro,
non   preceduta   da   conforme   deliberazione   della   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi, non e', per i  motivi  prima  illustrati,  una  mera
applicazione della legge vigente, ma si pone, al contrario, come  una
violazione  della  stessa,  se  interpretata  secondo   un   criterio
sistematico  costituzionalmente  orientato.  Essa,  di   conseguenza,
determina  una  illegittima  menomazione  delle   attribuzioni,   che
discendono dall'art. 21 Cost., del Parlamento, il quale agisce, nella
materia del servizio pubblico radiotelevisivo, per il  tramite  della
Commissione di vigilanza. 
    6. - In conseguenza della non spettanza al Ministro dell'economia
del potere di richiedere  e  votare  nell'Assemblea  degli  azionisti
della RAI, per il tramite del suo rappresentante,  la  revoca  di  un
consigliere di amministrazione, in assenza  di  previa  deliberazione
adottata dalla Commissione parlamentare  di  vigilanza,  deve  essere
annullata  la  nota  del  Ministro  dell'economia,   indirizzata   al
Presidente del Consiglio dei ministri in data 11 maggio 2007, con  la
quale il Ministro stesso ha informato quest'ultimo della decisione di
revocare il predetto consigliere. 
    Deve, inoltre, essere  accolta  la  richiesta  della  Commissione
ricorrente di annullare tutti gli atti «connessi e conseguenti»  alla
suddetta nota del Ministro. In particolare, questa Corte, sulla  base
di quanto detto sopra, individua  come  lesivi  e  quindi  annulla  i
seguenti atti: la nota, in data 11  maggio  2007,  con  la  quale  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  comunicato  al  Presidente
della  Commissione   di   vigilanza   la   decisione   del   Ministro
dell'economia di revocare il consigliere Petroni; la  nota,  in  pari
data, con la quale il Ministro dell'economia ha invitato il Direttore
generale  del  Dipartimento  del  Tesoro  «a  porre  in   essere   le
conseguenti iniziative per attivare il percorso di revoca  del  prof.
Petroni e di nomina di un nuovo Consigliere di  Amministrazione»;  la
nota, in pari data, con la quale il Direttore generale del Tesoro  ha
chiesto  al  Presidente  del  Consiglio  di  amministrazione  ed   al
Presidente del Collegio sindacale della RAI S.p.A. di convocare senza
ritardi l'Assemblea ordinaria dei soci ai sensi dell'art.  2367  cod.
civ.,  con  il  seguente  ordine  del  giorno:  «1.  Revoca   di   un
amministratore e nomina di un nuovo amministratore della Societa».