Ordinanza 
nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto  di  attribuzione  tra
poteri dello Stato sorto a seguito dell'approvazione  della  delibera
del 14 maggio 2009 della  Commissione  parlamentare  per  l'indirizzo
generale  e  la  vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi,   recante:
«Disposizioni  in  materia  di   comunicazione   politica,   messaggi
autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio
radiotelevisivo pubblico relativo  alle  campagne  per  i  referendum
popolari aventi ad oggetto l'abrogazione di alcune  disposizioni  del
testo unico delle leggi  sull'elezione  della  Camera  dei  deputati,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo  1957,
n. 361, e del testo unico delle leggi sull'elezione del Senato  della
Repubblica, approvato con decreto legislativo 20  dicembre  1993,  n.
533, indetti per i giorni 21 e 22 giugno 2009», promosso da  Giovanni
Guzzetta, Mariotto Giovanni Battista Segni  e  Natale  Maria  Alfonso
D'Amico, nella loro qualita'  di  promotori  e  presentatori  di  tre
richieste  di  referendum  popolare,  con   ricorso   depositato   in
cancelleria il 27 maggio 2009  ed  iscritto  al  n.  6  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di ammissibilita'; 
    Udito nella Camera di consiglio del 1°  giugno  2009  il  giudice
relatore Ugo De Siervo; 
    Ritenuto che  con  ricorso  del  21  maggio  2009  depositato  il
successivo 27 maggio, i signori Giovanni Guzzetta, Mariotto  Giovanni
Battista Segni e Natale Maria Alfonso D'Amico, nella loro qualita' di
promotori e presentatori delle tre richieste di referendum elettorali
indetti per i giorni 21 e 22 giugno 2009,  hanno  presentato  ricorso
per conflitto di attribuzione tra poteri dello  Stato  nei  confronti
della  Commissione  parlamentare  per  l'indirizzo  generale   e   la
vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi,  al  fine  di  ottenere  la
dichiarazione che non spettava alla predetta Commissione adottare  le
disposizioni contenute negli artt. 5, commi 4 e 7, e 7, commi 1 e  3,
della  delibera  del  14  maggio  2009  della  medesima  Commissione,
pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  n.  115  del  20  maggio  2009,
recante: «Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi
autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio
radiotelevisivo pubblico relativo  alle  campagne  per  i  referendum
popolari aventi ad oggetto l'abrogazione di alcune  disposizioni  del
testo unico delle leggi  sull'elezione  della  Camera  dei  deputati,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo  1957,
n. 361, e del testo unico delle leggi sull'elezione del Senato  della
Repubblica, approvato con decreto legislativo 20  dicembre  1993,  n.
533, indetti per i giorni 21 e 22 giugno 2009»; 
        che tale delibera disciplina  l'accesso  alla  programmazione
radiotelevisiva della RAI,  in  quanto  societa'  concessionaria  del
servizio pubblico radiotelevisivo; 
        che nel suddetto art. 5, commi 4  e  7,  si  stabilisce  che,
qualora alle tribune referendarie e alle  ulteriori  trasmissioni  di
comunicazione politica prenda parte piu' di una persona per  ciascuna
delle indicazioni di voto, una di quelle che sostengono l'indicazione
di voto favorevole deve intervenire in rappresentanza di un  Comitato
promotore; 
        che tale disposizione, a parere  dei  ricorrenti,  renderebbe
«integralmente fungibile» la partecipazione  dei  rappresentanti  del
Comitato con quella dei gruppi politici favorevoli al  referendum,  e
con cio' lederebbe le attribuzioni costituzionali del Comitato di cui
agli articoli 21, 48 e 75 della Costituzione, come attuati  dall'art.
4, comma  2,  lettera  d),  della  legge  22  febbraio  2000,  n.  28
(Disposizioni per la parita' di  accesso  ai  mezzi  di  informazione
durante le campagne elettorali e referendarie e per la  comunicazione
politica), in combinato disposto con l'art. 52, secondo comma,  della
legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme  sui  referendum  previsti  dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo); 
        che tali  ultime  disposizioni,  in  ossequio  al  pluralismo
dell'informazione   politica,   con   riguardo   alle   consultazioni
referendarie assicurerebbero  al  Comitato  un  accesso  al  servizio
radiotelevisivo per lo meno  paritario,  per  spazio  ed  «importanza
delle trasmissioni» a quello assegnato ai gruppi politici  favorevoli
al quesito; 
        che, al  contrario,  la  delibera  impugnata  ometterebbe  di
riconoscere tale accesso, consentendo che la «posizione  di  garanzia
dei promotori dei referendum nell'attivita' di comunicazione politico
referendaria» possa essere integralmente  sostituita  dalla  presenza
dei gruppi politici favorevoli; 
        che a propria volta l'art. 7,  commi  1  e  3,  lederebbe  le
medesime attribuzioni  costituzionali  sopra  ricordate,  stabilendo,
quanto ai notiziari e ai  programmi  a  contenuto  informativo  o  di
approfondimento, che la parita' di trattamento debba essere riservata
ai soli «soggetti politici»; 
        che entro tale definizione non potrebbe essere ricondotto  il
Comitato promotore,  il  quale  pertanto  non  godrebbe  di  siffatta
garanzia e sarebbe esposto al rischio che le trasmissioni  della  RAI
si svolgano senza che in nessuna di esse sia assicurata  la  presenza
di un proprio rappresentante; 
        che i ricorrenti chiedono, quindi, che la Corte dichiari  che
non spettava alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
la vigilanza dei servizi  radiotelevisivi  adottare  le  disposizioni
contenute negli artt. 5, commi 4 e 7 e 7, commi 1 e 3, della delibera
adottata  nella  seduta  del  14   maggio   2009,   e   che   annulli
conseguentemente le disposizioni impugnate nella parte  in  cui  esse
non  prevedono  che  ai  promotori  del  referendum  debbano   essere
complessivamente  destinati   i   medesimi   spazi   comunicativi   e
informativi e della stessa importanza in termini di  indici  medi  di
ascolto, di quelli che l'emittente attribuira' ad esponenti di gruppi
politici parlamentari favorevoli al referendum. 
    Considerato che la Corte, in questa fase, e' chiamata,  ai  sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a valutare esclusivamente,  in  assenza  di  contraddittorio  tra  le
parti, se il promosso  conflitto  di  attribuzione  sia  ammissibile,
sussistendone  i  prescritti  requisiti  di  carattere  soggettivo  e
oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in
punto di ammissibilita'; 
        che, quanto al  profilo  soggettivo,  va  riconosciuta,  allo
stato, anche in relazione alle  attivita'  preordinate  all'esercizio
del  voto  referendario,  sia  la  competenza  dei  promotori   della
richiesta di referendum abrogativo a  dichiarare  definitivamente  la
volonta' della frazione del corpo elettorale titolare del  potere  di
iniziativa  referendaria  ex  art.  75  della  Costituzione,  sia  la
competenza della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale  e
la   vigilanza   dei    servizi    radiotelevisivi    a    dichiarare
definitivamente,  in  materia  che   attiene   agli   indirizzi   per
l'informazione  e  la  propaganda  attraverso  il  servizio  pubblico
radiotelevisivo, la volonta' della Camera dei deputati e  del  Senato
della Repubblica (sentenze n. 502 del 2000 e n. 49 del 1998); 
        che, allo stato, deve ritenersi sussistente anche il  profilo
oggettivo del conflitto, poiche' gli atti di indirizzo  delle  Camere
nei confronti del servizio pubblico radiotelevisivo  sono  intesi  ad
assicurare, in tale servizio,  la  realizzazione  del  principio  del
pluralismo (sentenze n. 420 del 1994  e  n.  112  del  1993)  e  sono
pertanto espressione di una attribuzione costituzionale, si' che ogni
limitazione della facolta' di partecipare ai dibattiti televisivi sui
referendum che dovesse  risultarne,  potrebbe,  in  astratto,  ledere
l'integrita' delle attribuzioni  che  spetta  ai  Comitati  promotori
tutelare; 
        che, quindi, il conflitto promosso col presente ricorso  deve
ritenersi ammissibile, ai sensi dell'art.  37,  quarto  comma,  della
legge n. 87 del 1953; 
        che, peraltro, in considerazione  dell'imminente  svolgimento
delle votazioni referendarie, l'applicazione  alle  fasi  processuali
successive all'ammissione del presente ricorso dei  termini  previsti
dagli artt. 25 e 26 della  legge  n.  87  del  1953  produrrebbe  una
irrimediabile lesione dei diritti costituzionali coinvolti; 
        che pertanto, nel presente caso, si verifica una  ipotesi  di
non applicabilita', ai sensi del  quinto  comma  dell'art.  37  della
legge  n.  87  del  1953,  dei  termini  processuali   previsti   dai
surrichiamati artt. 25 e 26; 
        che di conseguenza, occorre garantire che questa Corte  possa
esaminare nel merito  il  presente  ricorso  nella  prossima  udienza
pubblica del 9 giugno 2009.