Sentenza 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  28,  primo
comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente
nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di  commercio
e riordinamento del trattamento pensionistico  integrativo  a  favore
degli agenti e rappresentanti di commercio), promosso  dal  Tribunale
ordinario di Treviso nel procedimento vertente tra Crescente  Zeno  e
De Marchi Licio con ordinanza del 29 ottobre 2007, iscritta al n. 433
del registro ordinanze 2008 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 2, 1ª serie speciale, dell'anno 2009; 
    Udito nella Camera di consiglio del  6  maggio  2009  il  giudice
relatore Paolo Grossi. 
                          Ritenuto in fatto 
    Nel corso di un giudizio  di  opposizione  all'esecuzione  presso
terzi  -  proposto  dal  debitore   esecutato,   sull'assunto   della
impignorabilita'  della  pensione  erogatagli  dall'ENASARCO  -,   il
Tribunale ordinario di Treviso, con ordinanza emessa  il  29  ottobre
2007 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17  dicembre  2008),  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  28,
primo comma, della legge 2 febbraio 1973, n.  12  (Natura  e  compiti
dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti  di
commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a
favore degli agenti e rappresentanti di commercio),  secondo  cui  «i
crediti degli  iscritti  verso  l'ENASARCO  non  sono  cedibili,  ne'
sequestrabili, ne' pignorabili». 
    Affermata  la  perdurante  vigenza  della  norma  impugnata  (non
abrogata, ne'  espressamente  ne'  implicitamente,  a  seguito  della
intervenuta privatizzazione dell'Ente), nonche'  la  rilevanza  della
questione nel giudizio  a  quo  (non  definibile  se  non  attraverso
l'applicazione della norma medesima), il rimettente osserva come tale
disposizione si ponga in contrasto con l'art. 3, primo  comma,  della
Costituzione e, comunque, con il principio di  ragionevolezza  «nella
parte in cui esclude la pignorabilita' [recte: nella parte in cui non
prevede la impignorabilita], nei limiti  di  un  quinto,  o,  con  le
eccezioni previste dalla legge per crediti  qualificati,  della  sola
parte della pensione necessaria per assicurare  al  pensionato  mezzi
adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilita',  nei  limiti  del
quinto, della residua parte della pensione erogata dall'ENASARCO». 
    E cio', secondo il rimettente, a differenza di quanto dispongono:
a) l'art. 545, quarto comma,  del  codice  di  procedura  civile  con
riguardo alle retribuzioni; b) l'art. 128 del regio  decreto-legge  4
ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento  e  coordinamento  legislativo
della previdenza sociale),  come  dichiarato  incostituzionale  dalla
sentenza n. 506 del 2002, con riferimento alle pensioni, agli assegni
ed alle indennita' erogati dall'INPS; c)  gli  artt.  1  e  2,  primo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n.
180  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi  concernenti   il
sequestro, il pignoramento e la cessione  degli  stipendi,  salari  e
pensioni  dei  dipendenti  dalle  pubbliche  amministrazioni),   come
dichiarati incostituzionali dalla medesima sentenza n. 506 del  2002,
con riferimento alle pensioni, alle indennita' che ne  tengono  luogo
ed agli altri assegni  di  quiescenza  erogati  ai  dipendenti  delle
pubbliche amministrazioni; d) l'art. 12 del  regio  decreto-legge  27
maggio 1923, n. 1324 (Modificazioni al regio decreto-legge 9 novembre
1919, n. 2239), come dichiarato incostituzionale  dalla  sentenza  n.
444 del 2005, relativamente alle pensioni  dei  notai;  e)  l'art.  1
della legge 9 novembre 1955,  n.  1122  (Disposizioni  varie  per  la
previdenza e assistenza sociale attuate  dall'Istituto  nazionale  di
previdenza  dei  giornalisti  italiani  «Giovanni  Amendola»),   come
dichiarato incostituzionale dalla  sentenza  n.  256  del  2006,  con
riferimento alle pensioni dei giornalisti. 
    Il  rimettente  rileva  che  l'impignorabilita'  delle   pensioni
erogate  in  favore  di  agenti  del  commercio  determinerebbe   una
ingiustificata disparita' di trattamento se confrontata con il regime
di generale  pignorabilita',  con  le  limitazioni  di  legge,  delle
retribuzioni  nonche'  delle   pensioni,   assegni   ed   indennita',
conseguente anche ai  citati  interventi  di  questa  Corte.  Ritiene
infatti il Tribunale che - essendo stato chiarito nella  sentenza  n.
506 del 2002 che «il presidio costituzionale (art.  38)  del  diritto
dei pensionati a godere di "mezzi  adeguati  alle  loro  esigenze  di
vita" non e' tale da comportare, quale  suo  ineludibile  corollario,
l'impignorabilita',  in  linea  di  principio,  della  pensione,   ma
soltanto l'impignorabilita' assoluta di  quella  parte  di  essa  che
vale, appunto, ad assicurare al pensionato quei mezzi  adeguati  alle
esigenze di vita» - 
    non sembrano sussistere altri valori che possano giustificare  il
persistente regime di favore per le pensioni erogate dall'ENASARCO. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale ordinario di Treviso dubita  -  in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione  -  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 28, primo comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura
e  compiti  dell'Ente  nazionale  di  assistenza  per  gli  agenti  e
rappresentanti  di  commercio   e   riordinamento   del   trattamento
pensionistico integrativo a favore degli agenti e  rappresentanti  di
commercio), in virtu' della quale «i  crediti  degli  iscritti  verso
l'ENASARCO non sono cedibili, ne' sequestrabili, ne' pignorabili». 
    Secondo il rimettente, l'esclusione  della  pignorabilita'  della
pensione ENASARCO lede l'evocato parametro costituzionale  (sotto  il
duplice   profilo   della   disparita'   di   trattamento   e   della
irragionevolezza) in quanto tale previsione si pone in contrasto  con
quanto disposto: a)  dall'art.  545,  quarto  comma,  del  codice  di
procedura civile con riguardo alle retribuzioni; b) dall'art. 128 del
regio decreto-legge  4  ottobre  1935,  n.  1827  (Perfezionamento  e
coordinamento legislativo della previdenza sociale), come  dichiarato
incostituzionale dalla sentenza n. 506 del 2002, con riferimento alle
pensioni, agli assegni ed alle indennita' erogati dall'INPS; c) dagli
artt. 1 e 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica
5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,  salari  e  pensioni   dei   dipendenti   dalle   pubbliche
amministrazioni),  come  dichiarati  incostituzionali  dalla   citata
sentenza n.  506  del  2002,  con  riferimento  alle  pensioni,  alle
indennita' che ne tengono luogo ed agli altri assegni  di  quiescenza
erogati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni dai soggetti di
cui  all'art.  1  dello  stesso  d.P.R.;  d)  dall'art.12  del  regio
decreto-legge  27  maggio  1923,  n.  1324  (Modificazioni  al  regio
decreto-legge  9   novembre   1919,   n.   2239),   come   dichiarato
incostituzionale dalla sentenza n. 444 del 2005, con riferimento alle
pensioni dei notai; e) dall'art. 1 della legge 9  novembre  1955,  n.
1122 (Disposizioni varie  per  la  previdenza  e  assistenza  sociale
attuate  dall'Istituto  nazionale  di  previdenza   dei   giornalisti
italiani «Giovanni Amendola»), come dichiarato incostituzionale dalla
sentenza  n.  256  del  2006,  con  riferimento  alle  pensioni   dei
giornalisti. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. -  Con  la  sentenza  n.  506  del  2002,  questa  Corte  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  128  del  regio
decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, «nella parte in cui esclude la
pignorabilita' per ogni credito dell'intero  ammontare  di  pensioni,
assegni  ed  indennita'   erogati   dall'INPS,   anziche'   prevedere
l'impignorabilita', con le eccezioni previste dalla legge per crediti
qualificati, della sola parte della pensione,  assegno  o  indennita'
necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle  esigenze
di vita e la pignorabilita'  nei  limiti  del  quinto  della  residua
parte». 
    Nella  medesima  decisione,  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale e' stata estesa in via consequenziale anche agli artt.
1 e 2, primo comma, del decreto del  Presidente  della  Repubblica  5
gennaio 1950, n. 180, «nella parte in cui escludono la pignorabilita'
per ogni credito dell'intero ammontare di pensioni, indennita' che ne
tengono luogo ed altri assegni di quiescenza  erogati  ai  dipendenti
dai   soggetti   individuati   dall'art.   1,   anziche'    prevedere
l'impignorabilita', con le eccezioni previste dalla legge per crediti
qualificati, della sola parte  delle  pensioni,  indennita'  o  altri
assegni di quiescenza necessaria per assicurare al  pensionato  mezzi
adeguati alle esigenze di vita e la  pignorabilita'  nei  limiti  del
quinto della residua parte». 
    Rilevato, in detta sede, che il pubblico interesse -  in  cui  si
traduce il criterio di solidarieta' sociale (posto a fondamento della
tutela di cui all'art. 38 Cost.) - a che il  pensionato  goda  di  un
trattamento «adeguato alle esigenze di  vita»  puo',  ed  anzi  deve,
comportare anche una compressione del diritto di terzi di  soddisfare
le proprie ragioni creditorie sul bene-pensione, questa Corte ha  nel
contempo affermato che,  tuttavia,  siffatta  compressione  non  puo'
essere totale  ed  indiscriminata  (cosi'  da  comportare  quale  suo
ineludibile corollario, l'impignorabilita', in  linea  di  principio,
della pensione), «bensi' deve rispondere a criteri di  ragionevolezza
che valgano, da un lato, ad assicurare in ogni caso (e, quindi, anche
con sacrificio delle ragioni di terzi) al pensionato  mezzi  adeguati
alle sue esigenze di vita e, dall'altro lato, a non imporre ai terzi,
oltre un ragionevole limite, un sacrificio dei loro crediti,  negando
alla  intera  pensione  la  qualita'  di  bene  sul   quale   possano
soddisfarsi».  Ed  ha,  di  conseguenza,  ritenuto  che  il  doveroso
bilanciamento fra i due valori costituzionalmente rilevanti non  puo'
rendere impignorabile anche la parte di pensione  che  eccede  quanto
necessario alle esigenze  di  vita  del  pensionato;  «di  modo  che,
soddisfatta integralmente l'esigenza sottesa  al  disposto  dell'art.
38, comma secondo, Cost., detta parte eccedente deve  ritenersi  (nei
limiti e secondo le regole fissati dall'art.  545  cod.  proc.  civ.)
assoggettabile al regime generale della responsabilita'  patrimoniale
(art. 2740 cod. civ.)». 
    2.2. - Successivamente, questa Corte e' intervenuta  su  analoghe
norme che prevedevano  l'assoluta  impignorabilita',  per  i  crediti
comuni, delle pensioni e degli assegni corrisposte  ai  notai  ed  ai
giornalisti (sentenze n. 444 del 2005 e n. 256 del 2006), dichiarando
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del regio  decreto-legge
27 maggio 1923, n. 1324, e dell'art. 1 della legge 9  novembre  1955,
n. 1122, nella parte in cui  escludono  la  pignorabilita'  per  ogni
credito dell'intero ammontare delle pensioni erogate  rispettivamente
dalla Cassa nazionale del notariato e dall'INPGI, «anziche' prevedere
l'impignorabilita', con le eccezioni previste dalla legge per crediti
qualificati,  della  sola  parte  della   pensione   necessaria   per
assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di  vita  e  la
pignorabilita' nei limiti del quinto della residua parte». 
    2.3. - Le medesime argomentazioni svolte a sostegno delle  citate
pronunce  di  illegittimita'  costituzionale   portano   a   ritenere
ingiustificato  ed  irragionevole   il   permanere   di   un   regime
diversificato e di favore per le pensioni erogate dall'ENASARCO. 
    Peraltro,  la  circostanza  che  tale  Ente  -  ancorche'  con  i
controlli e limiti derivanti dalla persistente natura pubblica  della
sua attivita' istituzionale -  abbia  acquisito  natura  privatistica
(Fondazione), per effetto del decreto legislativo 30 giugno 1994,  n.
509 (Attuazione della delega conferita  dall'articolo  1,  comma  32,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in
persone giuridiche private di enti gestori di forme  obbligatorie  di
previdenza e assistenza), non costituisce certamente ragione idonea a
giustificare  (come  gia'  sottolineato  riguardo   all'INPGI   nella
sentenza n. 256 del 2006, in riferimento ad  analoga  situazione)  il
peculiare trattamento  disposto  dalla  norma  censurata  rispetto  a
quanto previsto per le pensioni  dei  dipendenti,  sia  pubblici  che
privati, dei notai e dei  giornalisti.  Va,  infatti,  ribadito  che,
poiche' «l'impignorabilita'  si  risolve  in  una  limitazione  della
garanzia  patrimoniale  (art.  2740  del  codice  civile)  e  in  una
compressione del diritto dei creditori, nessuna  differenza  sussiste
tra le pensioni spettanti a ciascuna categoria di  beneficiari  sotto
il profilo - l'unico rilevante nel presente  giudizio  -  della  loro
assoggettabilita' ad esecuzione forzata» (sentenze n. 444 del 2005  e
n. 256 del 2006). 
    Pertanto - in armonia con quanto questa Corte ha  statuito  nelle
richiamate   pronunce    -    deve    dichiararsi    l'illegittimita'
costituzionale della norma censurata, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, nella parte in cui esclude la pignorabilita'  per  ogni
credito  dell'intero  ammontare  delle  pensioni  erogate   dell'Ente
nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio,
anziche' prevedere  l'impignorabilita',  con  le  eccezioni  previste
dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della  pensione
necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle  esigenze
di vita e la pignorabilita'  nei  limiti  del  quinto  della  residua
parte.