Sentenza 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  4,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato -  Legge  finanziaria
2008),    promossi    dalla    Commissione    tributaria    regionale
dell'Emilia-Romagna, sezione di Parma, con  ordinanza  del  12  marzo
2008  e  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Chieti  con
ordinanza del 27 maggio 2008, iscritte ai nn. 251 e 277 del  registro
ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 36 e 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2008; 
    Visti l'atto di costituzione della Citra societa'  cooperativa  e
del Comune di Ortona, nonche' gli atti di intervento  del  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2009 e nella  Camera  di
consiglio  dell'8  luglio  2009  il  giudice  relatore  Paolo   Maria
Napolitano; 
    Uditi gli avvocati Ermanno Belli, Danilo Iasci  e  Livia  Salvini
per la Citra societa' cooperativa e  l'avvocato  dello  Stato  Ettore
Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Nel corso di un giudizio  concernente  la  impugnazione  del
rigetto opposto dal Comune di Ortona alla  richiesta,  presentata  da
una Societa' cooperativa agricola,  di  rimborso  delle  somme  dalla
medesima pagate, per i periodi dal 2004 al 2007, a titolo di  imposta
comunale sugli immobili (di seguito:  ICI)  relativamente  ad  alcuni
suoi  fabbricati  strumentali  allo   svolgimento   della   attivita'
agricola,  la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Chieti,  con
ordinanza depositata il 27 maggio 2008, ha sollevato, con riferimento
agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2007, n.
244  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2008). 
    1.1. - Riferisce il rimettente  che  la  pretesa  della  societa'
ricorrente si fonda sul fatto che gli immobili ad essa  appartenenti,
devono essere considerati esclusi dall'ICI in  quanto  caratterizzati
dalla «ruralita», poiche' non destinati a fini abitativi ma  a  scopi
strumentali all'attivita' agricola. 
    Osserva, quindi, il rimettente  che,  entrato  in  vigore  l'art.
42-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi  urgenti
in  materia  economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo  e   l'equita'
sociale), sono cessate,  in  senso  favorevole  al  contribuente,  le
«incertezze interpretative» in ordine  alla  ruralita'  o  meno  -  e
quindi in ordine alla loro soggezione all'ICI - dei fabbricati  delle
cooperative agricole. 
    Aggiunge la Commissione tributaria che, ai fini della  decisione,
non ha importanza la qualificazione da attribuire a tale norma, cioe'
se essa abbia natura interpretativa o  innovativa,  essendo,  invece,
rilevante il disposto dell'art. 2, comma 4, della legge  n.  244  del
2007, in base al quale, secondo la sintesi del rimettente, sebbene le
cooperative agricole non  siano  tenute  al  pagamento  dell'ICI  sui
propri fabbricati, tuttavia se lo hanno  fatto  non  spetta  loro  il
rimborso per gli anni precedenti al 2008. 
    Detta previsione,  secondo  il  rimettente,  sarebbe  illogica  e
irragionevole in quanto il suo risultato sarebbe che  le  cooperative
agricole  che  hanno  omesso  di  pagare  l'ICI  sui  fabbricati   in
proprieta' - giovandosi o della  giurisprudenza  favorevole  o  della
novella  legislativa  contenuta  nel  d.l.  n.  159  del  2007  (come
convertito dalla legge n. 222 del 2007) - si  vedono  riconoscere  in
sede contenziosa  la  loro  esenzione,  mentre  quelle  che  si  sono
adeguate ad  un  altro  orientamento,  venuto  meno  in  forza  della
sopravvenuta novella legislativa, resterebbero penalizzate. 
    Evidente sarebbe la  disparita'  di  trattamento  tra  situazioni
identiche, diversificate solo dal fatto che  alcuni  contribuenti  si
sono accollati  un'imposta  non  dovuta,  che  altri  hanno,  invece,
contestato «in sede giurisdizionale». 
    Osservato che il generale diritto al rimborso  e'  specificamente
previsto, in tema di ICI, dall'art. 13  del  decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  504   (Riordino   della   finanza   degli   enti
territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), il rimettente ritiene evidente la violazione del  principio  di
uguaglianza e, «una volta verificato che [l'istante] ha inoltrato  il
ricorso tributario», anteriormente alla entrata in vigore della legge
n. 244 del 2007, che ha vanificato il diritto al rimborso sub iudice,
anche quella del diritto di difesa, nonche' dell'art. 53 Cost.,  data
la disparita' di trattamento di soggetti aventi la medesima capacita'
contributiva. 
    Sulla rilevanza della questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 4, della legge n.  244  del  2007,  il  rimettente
osserva che il diritto al rimborso, «a prescindere  dalla  fondatezza
dei motivi addotti», puo' essere riconosciuto solo  a  seguito  della
espunzione dall'ordinamento della norma censurata. 
    2. - Si e' costituita nel giudizio di legittimita' costituzionale
la  Citra  societa'  cooperativa,  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,
chiedendo che la questione sia dichiarata fondata. 
    2.1. - La parte privata, dopo essersi soffermata sulla  rilevanza
della questione nel giudizio a  quo,  affermando  che  il  vaglio  di
costituzionalita' della norma  censurata  costituisce  un  necessario
antecedente rispetto alla valutazione della fondatezza del ricorso da
essa presentato, svolge un ampio excursus, illustrando le  norme  che
hanno disciplinato  il  concetto  di  ruralita'  fiscale  nel  nostro
ordinamento, partendo dal rilievo  che  non  costituisce  presupposto
d'imposta ai fini dell'ICI il possesso di fabbricati che,  alla  data
di  entrata  in  vigore  del  d.lgs.  n.  504  del  1992,  non  erano
iscrivibili nel catasto edilizio urbano. 
    In tal senso il  legislatore  si  era  richiamato  ad  una  lunga
tradizione   normativa,   risalente   addirittura   alla   disciplina
immediatamente post-unitaria, confermata dall'art. 39 del  d.P.R.  22
dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui
redditi), in base al quale non erano produttive di  reddito  autonomo
le costruzioni rurali e le loro pertinenze. 
    Successivamente,   onde   scoraggiare   la   dilagante   indebita
attribuzione della qualificazione di ruralita' a costruzioni che  non
avevano tali caratteristiche,  e'  intervenuto  il  decreto-legge  27
aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in  materia  di  determinazione  del
reddito ai fini delle imposte sui redditi, di  rimborsi  dell'imposta
sul valore  aggiunto  e  di  contenzioso  tributario,  nonche'  altre
disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge  26
giugno 1990, n. 165, che ha  previsto,  fra  l'altro,  che  tutte  le
abitazioni dovessero essere iscritte nel catasto edilizio urbano. 
    Dopo che la portata  di  tale  disposizione  era  stata  limitata
dall'art. 70 della legge 30 dicembre 1991, n. 413  (Disposizioni  per
ampliare  le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare   e
potenziare  l'attivita'  di   accertamento;   disposizioni   per   la
rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle  imprese,  nonche'
per riformare il contenzioso  e  per  la  definizione  agevolata  dei
rapporti tributari pendenti; delega al  Presidente  della  Repubblica
per la concessione di amnistia per reati tributari;  istituzioni  dei
centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), e' intervenuto  il
decreto-legge  30  dicembre  1993,  n.  557   (Ulteriori   interventi
correttivi di finanza pubblica  per  l'anno  1994),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  26  febbraio  1994,  n.  133,  il  quale,
all'art. 9, oltre a prevedere il censimento  di  tutti  i  fabbricati
rurali e la loro iscrizione nel catasto edilizio urbano,  per  questo
motivo  divenuto  catasto  dei  fabbricati,  dettava  una  serie   di
requisiti per il riconoscimento della  ruralita'  dei  fabbricati  ai
fini fiscali. 
    Detta disposizione, prosegue la parte privata, e' stata novellata
dall'art. 2 del d.P.R. 23 marzo 1998,  n.  139  (Regolamento  recante
norme per la revisione dei criteri di accatastamento  dei  fabbricati
rurali, a norma dell'articolo 3, comma 156, della legge  23  dicembre
1996, n. 662), il quale, distinguendo fra fabbricati adibiti  o  meno
ad abitazione, ha previsto che ai primi continuasse ad applicarsi  la
precedente disciplina, disponendo invece, riguardo ai secondi, che la
attribuzione  della  ruralita'  ai  fini   fiscali   derivava   dalla
strumentalita' della  costruzione  rispetto  allo  svolgimento  delle
attivita' agricole indicate nell'art. 29 del d.P.R. n. 917  del  1986
ovvero dalla destinazione all'agriturismo o  ad  altre  attivita'  di
supporto dell'agricoltura. 
    Sulla applicabilita'  di  tali  regole  anche  ai  fabbricati  di
proprieta' di societa' cooperative, continua la parte privata, si  e'
piu' volte favorevolmente espressa la giurisprudenza della  Corte  di
cassazione. 
    2.2. - In tale quadro normativo si e' andato ad inscrivere l'art.
42-bis del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito dalla  legge  n.
222 del 2007, con il quale e' stato definitivamente chiarito  che  il
carattere della ruralita' ai fini fiscali deve  essere  riconosciuto,
fra  l'altro,  alle  costruzioni   destinate   «alla   manipolazione,
trasformazione, conservazione, valorizzazione  o  commercializzazione
dei prodotti agricoli, anche se  effettuate  da  cooperative  e  loro
consorzi di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto  legislativo  18
maggio 2001, n. 228». 
    Questa disposizione, ad avviso della  costituita  parte  privata,
riveste i caratteri tipici della norma di  interpretazione  autentica
in quanto e'  volta,  peraltro  in  linea  con  l'orientamento  della
maggioritaria giurisprudenza di legittimita', a dare  contenuto  alla
nozione  di  fabbricato  rurale  riferibile  alle  singole  leggi  di
imposta. 
    Nel descritto ordito legislativo si e' innestato, infine,  l'art.
2, comma 4, della legge  n.  244  del  2007,  oggetto  della  attuale
questione di legittimita' costituzionale, il quale nega  ai  soggetti
destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i) del comma 3-bis
dell'art. 9 del decreto-legge n. 557 del 1993,  introdotta  dall'art.
42-bis del decreto-legge n. 159 del  2007,  il  diritto  al  rimborso
dell'ICI versata in relazione ad annate anteriori al 2008. 
    La disposizione censurata sarebbe, secondo la parte  privata,  in
contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.: essa, infatti, spiegando i suoi
effetti  su  rapporti  giuridici   ancora   non   esauriti,   sarebbe
caratterizzata dalla retroattivita'.  Tale  caratteristica,  ritenuta
dalla  giurisprudenza  costituzionale  in  linea  con  il   principio
dell'affidamento solo se coerente sul piano  della  ragionevolezza  e
non in contrasto con  altri  valori  e  interessi  costituzionalmente
protetti, sarebbe, nel caso in esame, ingiustificata, poiche' con  la
disposizione censurata il legislatore,  dopo  aver  riconosciuto  con
norma interpretativa la ruralita' fiscale dei fabbricati  strumentali
delle cooperative agricole, con la  conseguente  esclusione  di  essi
dall'ambito  dell'ICI,  nega,  in  contraddizione  con  quanto  prima
stabilito, alle medesime societa' il  diritto  al  rimborso  dell'ICI
indebitamente corrisposta. 
    Evidente sarebbe, allora, la irragionevolezza  della  norma  che,
qualificato un versamento come non dovuto, ne vieti la ripetizione. 
    Aggiunge la parte privata che la norma censurata si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.,  espressivi  del  principio  di
uguaglianza e di capacita' contributiva, in quanto disciplina in modo
differenziato le situazioni sostanzialmente identiche delle  societa'
cooperative agricole che, versata l'ICI per i fabbricati strumentali,
hanno tempestivamente chiesto la restituzione dell'indebito, e  delle
analoghe societa' che, sottrattesi al pagamento del tributo, si  sono
poi opposte agli avvisi di accertamento  fiscale  emessi  dagli  enti
impositori. 
    In altre parole: per effetto della norma censurata il trattamento
fiscale dei fabbricati strumentali delle cooperative  agricole  varia
in base ad un dato - il pagamento del  tributo  -  del  tutto  neutro
rispetto alla ratio dell'art. 42-bis del  decreto-legge  n.  159  del
2007. Se, infatti, la ragione della esclusione dall'imposta  di  tali
fabbricati e' la loro ruralita', essa opera sia nei confronti di  chi
non ha versato il tributo opponendosi poi alla pretesa volta alla sua
riscossione   coattiva,   sia   nei   confronti   di   chi,    pagata
tuzioristicamente  l'imposta,  ne  ha  successivamente   chiesto   il
rimborso. 
    La disposizione censurata violerebbe anche  l'art.  53  Cost.  in
quanto, a  fronte  di  una  medesima  manifestazione  reddituale,  le
societa' che hanno versato l'ICI, non potendola  ripetere,  avrebbero
un trattamento deteriore rispetto a quelle che si sono  sottratte  al
versamento. 
    Al  riguardo,  prosegue  la  parte  interveniente,  e'  superfluo
evidenziare che vi e'  una  consolidata  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale  che  afferma  la  illegittimita'  costituzionale   di
disposizioni che, in irragionevole contraddizione fra di loro, da una
parte prevedono la non assoggettabilita' ad un tributo (o comunque ad
una prestazione patrimoniale) e poi ne escludono la ripetibilita' per
la parte gia' versata. 
    3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo  per  la  inammissibilita'  e,  comunque,  per  la
infondatezza    della    sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    3.1. - Rileva la Avvocatura  dello  Stato  che,  diversamente  da
quanto  ritenuto  dal  rimettente,  centrale  rispetto  alla  dedotta
questione di legittimita' costituzionale e' la portata  innovativa  o
interpretativa dell'art. 42-bis del decreto-legge n. 159 del 2007. Ad
avviso della difesa pubblica detta norma ha contenuto  innovativo  e,
pertanto, non e' caratterizzata dalla retroattivita'. 
    La Avvocatura perviene a questa conclusione sviluppando una serie
di  indici:  in  primo  luogo  la  considerazione  che,  essendo   la
retroattivita' di una disposizione l'eccezione, essa  deve  risultare
in modo chiaro, cosa che nel caso che interessa non si  verifica;  in
secondo luogo la circostanza che l'art. 3, comma 1,  della  legge  27
luglio  2000,  n.  212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto   del
contribuente), stabilisce che in materia tributaria una  disposizione
puo', eccezionalmente, avere effetti retroattivi solo nel  caso,  che
non ricorre nella specie, in cui abbia la forma della legge ordinaria
e affermi  espressamente  di  essere  di  interpretazione  autentica.
Infine sottolinea che l'irretroattivita' della legge,  come  ribadito
anche dalla Corte costituzionale, e' un principio generale del nostro
ordinamento «cui il legislatore deve attenersi». 
    Esclusa  la  portata  retroattiva  del  citato  art.  42-bis  del
decreto-legge  n.  159  del  2007,  e,  pertanto,  considerando   che
l'esenzione fiscale da esso derivante sia applicabile dal 1°  ottobre
2007, verrebbe meno sia il contrasto fra tale disposizione e  quella,
censurata, che vieta la restituzione di quanto versato  a  titolo  di
ICI per i periodi anteriori al 2008, sia la denunciata disparita'  di
trattamento. 
    Aderendo a questa interpretazione dell'art. 42-bis sarebbe  stato
possibile al rimettente  definire  il  giudizio  a  quo  senza  dover
sollevare la questione di legittimita' costituzionale che,  pertanto,
sarebbe, in tale procedimento giudiziario, irrilevante. 
    3.2. -  Conclusivamente,  la  difesa  pubblica  sostiene  che  la
questione di legittimita' costituzionale non e' comunque fondata  ne'
con riferimento all'art. 3 ne' con riferimento all'art. 53 Cost.;  in
particolare la ratio della disposizione censurata sarebbe  quella  di
impedire che chi abbia  gia'  legittimamente  versato  l'ICI,  possa,
erroneamente, attribuendo all'art. 42-bis del  decreto-legge  n.  159
del 2007 valenza retroattiva, chiedere un rimborso non dovutogli. 
    Quanto alla  violazione  dell'art.  24  Cost.,  rilevato  che  la
disposizione censurata non ha natura processuale, e' sufficiente, per
l'Avvocatura,  per  affermarne  l'insussistenza,  rilevare   che   la
disposizione e' estranea all'ambito del dedotto parametro. 
    4. - Con  altra  ordinanza,  depositata  il  12  marzo  2008,  la
Commissione  tributaria  regionale  dell'Emilia-Romagna,  sezione  di
Parma, ha sollevato, con riferimento all'art. 3  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4,  della
legge n. 244 del 2007. 
    4.1. - Riferisce la Commissione  tributaria  che  la  Cooperativa
Produttori Suini Pro. Sus. aveva impugnato di fronte alla Commissione
tributaria provinciale di Parma il  diniego  opposto  dal  Comune  di
Tizzano Val Parma alla istanza di rimborso dell'ICI  versata,  quanto
all'anno  2004,  riguardo  ad  un  fabbricato   utilizzato   per   la
conservazione, la manipolazione  e  la  trasformazione  dei  prodotti
conferiti dai soci. 
    Avendo il giudice di prime cure accolto il  ricorso,  avverso  la
relativa sentenza aveva interposto appello il Comune di  Tizzano  Val
Parma, articolando una  serie  di  motivi  di  impugnazione,  cui  la
Cooperativa aveva resistito con proprie controdeduzioni. 
    Quanto  sopra  premesso,  la  Commissione  tributaria  rimettente
osserva che e' provato il rapporto di strumentalita' fra gli immobili
della Cooperativa e la attivita' agricola ad essa pertinente e che il
criterio per la attribuzione, ai fini fiscali,  del  carattere  della
ruralita'  ad  un  fabbricato  e'  stato  definitivamente   stabilito
dall'art.  42-bis  del  decreto-legge  n.   159   del   2007.   Detta
disposizione, la quale  riconosce  tale  carattere  alle  costruzioni
strumentali  alla   manipolazione,   trasformazione,   conservazione,
valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche  se
effettuate da cooperative  e  loro  consorzi,  ha,  ad  avviso  della
rimettente, carattere interpretativo dato che  con  essa  si  sarebbe
inteso,  sancendo  l'orientamento   cui   era   gia'   pervenuta   la
giurisprudenza di legittimita', porre fine al contenzioso che  vedeva
coinvolta l'amministrazione finanziaria. 
    Attesa l'efficacia retroattiva della norma ora  citata,  il  fine
dell'art. 2, comma 4, della legge n. 244 del 2007 sarebbe, secondo il
rimettente,  quello  di  limitarne   gli   effetti,   escludendo   la
ripetibilita' delle annualita'  di  ICI  indebitamente  pagate.  Tale
disposizione e' pero' ritenuta dallo stesso rimettente  in  contrasto
con l'art. 3 Cost. in quanto irragionevole. 
    Riguardo  alla  rilevanza   della   questione,   la   Commissione
tributaria regionale ritiene che, essendo la disposizione applicabile
al periodo d'imposta in discussione,  il  giudizio  non  puo'  essere
definito  indipendentemente   dalla   risoluzione   del   dubbio   di
costituzionalita'. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente afferma che
la disposizione e' incoerente e contraddittoria, poiche', da un  lato
riconosce in favore di determinati soggetti  la  esenzione  dall'ICI,
dall'altro sottrae i pagamenti indebiti gia' eseguiti alla azione  di
ripetizione. 
    Essa  sarebbe,  altresi',   in   contrasto   col   principio   di
uguaglianza, disciplinando in modo  difforme  situazioni  uguali,  in
ragione del fatto, del tutto casuale, che sia o meno  intervenuto  il
pagamento di un indebito fiscale, prevedendo che in  un  caso  quanto
versato sia irripetibile  e,  nell'altro  caso,  che  l'imposta,  non
versata, non sia dovuta. 
    Sarebbe,  pertanto,  del  tutto   ingiustificato   il   deteriore
trattamento  di  chi   abbia   erroneamente   effettuato   l'indebito
versamento rispetto a quello di chi non abbia eseguito il pagamento. 
    Peraltro, conclude il rimettente, la Corte costituzionale gia' ha
dichiarato   in   passato   la   illegittimita'   costituzionale   di
disposizioni che,  qualificato  un  pagamento  come  non  dovuto,  lo
avevano poi sottratto alla azione di ripetizione. 
    5. - E' intervenuto,  anche  in  questo  caso,  nel  giudizio  di
legittimita' costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello   Stato,
concludendo per la inammissibilita' e, comunque,  per  l'infondatezza
della questione. 
    5.1.  -  Secondo  la  difesa  erariale,  la   questione   sarebbe
inammissibile in quanto il rimettente non avrebbe  assolto  all'onere
di motivare adeguatamente in  ordine  alla  impraticabilita'  di  una
diversa interpretazione della disposizione censurata tale da renderla
conforme a Costituzione. Infatti il rimettente, che basa la questione
sul carattere interpretativo della disposizione  contenuta  nell'art.
42-bis del decreto-legge n. 159 del 2007,  non  fornisce  un'adeguata
motivazione della veridicita' di tale presupposto (tale  non  potendo
ritenersi l'affermato scopo del  legislatore  di  porre  fine  ad  un
oneroso  contenzioso),  che,  cosi',  rimane  enunciato   «in   forma
puramente assertiva». 
    D'altra parte, la conclamata finalita' della norma e' scarsamente
attendibile sul  piano  logico,  in  quanto  l'Amministrazione,  onde
raggiungere il medesimo risultato, avrebbe potuto dare istruzioni per
desistere dai giudizi e provvedere in via di autotutela. 
    Aggiunge la difesa pubblica  che  il  rimettente,  il  quale  non
fornisce alcun altro elemento che possa  giustificare  la  deroga  al
generale principio  di  irretroattivita'  delle  leggi,  richiama  un
orientamento   giurisprudenziale   in   base    al    quale,    anche
precedentemente  all'entrata   in   vigore   dell'art.   42-bis   del
decreto-legge n. 159 del 2007, il carattere della  ruralita'  a  fini
fiscali era riconosciuto agli immobili utilizzati  dalle  cooperative
agricole; ma, prosegue, se cosi'  fosse  la  valenza  retroattiva  si
sarebbe dovuta attribuire non tanto all'art. 42-bis del d.l.  n.  159
del  2007,  quanto  alla  disposizione  censurata  che   esclude   la
«condictio indebiti rispetto a fatti occorsi nel passato».  Una  tale
previsione poteva anche essere discutibile, ma in  base  a  parametri
diversi rispetto a quelli invocati. 
    5.2. - La  interveniente  difesa  propone,  quindi,  una  diversa
interpretazione  del  complesso  normativo  in  questione,  tale   da
escluderne la illegittimita' costituzionale. 
    A suo avviso, il censurato art. 2, comma 4, della  legge  n.  244
del 2007, lungi dal postulare la retroattivita' dell'art. 42-bis  del
decreto-legge n. 159  del  2007,  ne  conferma,  invece,  la  portata
innovativa. 
    Infatti, osserva la difesa pubblica,  non  casualmente  la  norma
censurata riguarda la sola ICI. Questa e'  un'imposta  periodica  che
pero' deroga al principio generale secondo il quale,  ai  fini  della
determinazione dell'obbligazione tributaria, deve  farsi  riferimento
alla situazione esistente al  momento  di  scadenza  del  periodo  di
imposta. 
    Nel caso dell'ICI il pagamento deve essere  eseguito  non  in  un
momento successivo alla scadenza del periodo di imposta,  coincidente
con l'anno solare, ma in pendenza di  questo.  Essendo  il  ricordato
art. 42-bis del decreto-legge n. 159 del 2007 entrato in vigore il 1°
dicembre del 2007, si  poteva,  pertanto,  porre  in  dubbio  la  sua
incidenza in ordine  alla  doverosita'  del  pagamento  dell'ICI  per
l'anno 2007, tenuto conto che  tale  imposta,  quanto  meno  per  una
quota, gia' era stata versata dai contribuenti. 
    Il reale fine del legislatore, secondo l'Avvocatura, era, quindi,
quello di dirimere questo dubbio, risolto nel senso della doverosita'
dell'imposta con riferimento al 2007. 
    6. - In prossimita' della data  fissata  per  la  discussione  in
udienza pubblica la  parte  privata  costituita  nel  primo  dei  due
ricordati giudizi ha fatto pervenire una ampia  memoria  illustrativa
nella quale, oltre a confutare le eccezioni di inammissibilita' della
questione formulate  dalla  Avvocatura  dello  Stato,  evidenzia  una
intervenuta   modifica   del   quadro   normativo,   insistendo   per
l'accoglimento  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Chieti. 
    Quanto alla natura interpretativa dell'art. 42-bis  del  d.l.  n.
159 del 2007, la difesa privata osserva che essa  e'  desumibile  dal
fatto che attraverso la  suddetta  norma  il  legislatore  ha  inteso
esplicitare una delle possibili interpretazioni  che  della  versione
previgente dell'art. 9, comma 3-bis, del d.l. n.  557  del  1993  era
stata data dalla giurisprudenza, sia di legittimita' che di merito. 
    Ad avviso della costituita difesa, quanto  sopra  trova  conferma
nello stesso tenore testuale della disposizione censurata,  la'  dove
essa detta la disciplina  dei  rapporti  anteriori  alla  entrata  in
vigore dell'art. 42-bis del d.l.  n.  159  del  2007.  Infatti,  tale
disposizione, limitando  la  propria  portata  preclusiva  alla  sola
ripetizione delle «somme eventualmente  versate»  e  trascurando  del
tutto di disciplinare le modalita' di recupero dell'ICI nei confronti
di  coloro  che  si  fossero  sottratti  al  versamento  dell'imposta
costituisce anche essa elemento di prova  del  carattere  retroattivo
della disciplina che esonera dal pagamento del tributo. 
    Ne' ad escludere la portata interpretativa dell'art.  42-bis  del
d.l. n. 159 del 2007 varrebbe richiamare, come fatto dalla Avvocatura
dello Stato, quanto previsto dallo statuto del contribuente  in  tema
di  disposizioni  interpretative  in  materia  tributaria.  Anche  di
recente, infatti, la Corte costituzionale ha affermato che, stante la
pari  ordinazione  della  legge  n.  212  del  2000  con   le   altre
disposizioni di rango primario, e' possibile che,  anche  in  assenza
della espressa autoqualificazione richiesta  dall'art.  1,  comma  2,
della legge n. 212, una disposizione di  carattere  tributario  abbia
valenza interpretativa e efficacia retroattiva. 
    6.1.  -  La  parte  privata  ribadisce,  altresi',   sempre   con
riferimento a quanto essa ha affermato circa l'esclusione dall'ICI di
tutti i fabbricati strumentali delle cooperative  agricole  ai  quali
sia ascrivibile la caratteristica della «ruralita»,  «che,  ai  sensi
del comma 1-bis dell'art. 23 del  d.l.  30  dicembre  2008,  n.  207,
aggiunto in sede di conversione dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14,
e' stato recentissimamente  chiarito  -  in  via  di  interpretazione
autentica - che "l'articolo 2,  comma  1,  lettera  a),  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel  senso  che
non si considerano fabbricati le unita' immobiliari, anche iscritte o
iscrivibili  nel  catasto  fabbricati,  per  le  quali  ricorrono   i
requisiti di ruralita' di cui all'articolo  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni"». 
    Sottolinea, infine,  come,  essendo  palese,  anche  in  base  al
combinato disposto degli artt. 42-bis del d.l.  n.  159  del  2007  e
dell'art. 2, comma 4, della stessa legge n. 244 del 2007,  che  l'ICI
non era dall'origine dovuta dalle cooperative  agricole  per  i  loro
fabbricati  caratterizzati  dalla  «ruralita»,  e'  quasi   superfluo
sottolineare l'illegittimita'  costituzionale  della  contraddittoria
disciplina che  ne  deriva.  Il  legislatore,  infatti,  da  un  lato
qualifica come non dovuto il pagamento del tributo e, dall'altro,  ne
esclude la ripetibilita'. La parte privata richiama, al riguardo,  la
«pacifica giurisprudenza» della Corte (sentenze n. 330 del  2007,  n.
320 del 2005, n. 416 del 2000 e n. 421 del  1995)  che  definisce  in
termini di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3
e 53 Cost., questo irragionevole comportamento del legislatore. 
    La  difesa  della  Cooperativa  agricola  insiste,  infine,   per
l'accoglimento della questione, ribadendo gli argomenti  gia'  svolti
in sede di costituzione in giudizio. 
    7. - In data 6  luglio  2009  e'  stato  depositato  un  atto  di
costituzione in giudizio del Comune di Ortona. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Nel corso di due giudizi aventi ad oggetto la  richiesta  di
restituzione delle somme rispettivamente versate a titolo di  imposta
comunale sugli immobili (di seguito ICI) da due societa'  cooperative
agricole relativamente ad anni ricompresi fra il 2004 ed il 2007, con
distinte ordinanze, la Commissione tributaria provinciale di Chieti e
la Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna,  sezione  di
Parma,  hanno  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  2,  comma  4,  della  legge  24  dicembre  2007,  n.   244
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge finanziaria 2008), nella parte in cui prevede  la
irripetibilita' delle somme versate a titolo di  ICI  per  i  periodi
precedenti all'anno 2008 dai soggetti destinatari delle  disposizioni
di cui alla lettera i) del comma 3-bis dell'art. 9 del  decreto-legge
30 dicembre 1993, n. 557 (Ulteriori interventi correttivi di  finanza
pubblica per l'anno 1994), convertito, con modificazioni, dalla legge
26  febbraio  1994,  n.  133,   introdotta   dall'art.   42-bis   del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in  materia
economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo   e   l'equita'   sociale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. 
    1.1. - In particolare, la Commissione tributaria  provinciale  di
Chieti ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  in
riferimento agli artt. 3, 24  e  53  della  Costituzione,  mentre  la
Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna ha formulato  il
dubbio di costituzionalita' in  riferimento  al  solo  art.  3  della
Costituzione. 
    Ambedue le ordinanze di rimessione  pongono  in  correlazione  la
disposizione legislativa censurata con l'art. 42-bis del d.l. n.  159
del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007,
il quale, modificando, con finalita' interpretative, il  comma  3-bis
dell'art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, convertito, con  modificazioni,
dalla legge n. 133 del 1994, ha, fra l'altro, previsto  che  ai  fini
fiscali  deve  riconoscersi  il  carattere   della   ruralita'   alle
costruzioni strumentali allo svolgimento delle attivita' agricole  di
cui all'art. 2135 del codice  civile  e,  in  particolare,  a  quelle
destinate   alla   manipolazione,   trasformazione,    conservazione,
valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche  se
effettuate da cooperative e loro consorzi. 
    Sulla base di questa premessa, in forza della quale  il  possesso
dei fabbricati nella disponibilita' delle  due  societa'  cooperative
ricorrenti nei giudizi a  quibus  non  costituirebbe  presupposto  di
imposta ai fini della applicabilita' dell'ICI nei loro  confronti,  i
due organi giudiziari dubitano della legittimita' costituzionale  del
ricordato art. 2, comma 4, della legge n. 244 del  2007,  deducendone
il contrasto con l'art. 3  Cost.,  sotto  il  duplice  profilo  della
irragionevolezza e della disparita' di trattamento,  in  quanto,  per
mezzo  di  esso,  il  legislatore,  in  maniera  contraddittoria   ed
incoerente, avrebbe dapprima escluso la assoggettabilita' ad ICI  dei
fabbricati strumentali posseduti dalle  cooperative  agricole  e  non
avrebbe poi ammesso la ripetibilita' di quanto  eventualmente  pagato
dalle  medesime  cooperative  a  tale  titolo.  La  norma   censurata
tratterebbe altresi' in maniera ingiustificatamente diversa  il  caso
della cooperativa agricola che, non avendo versato a suo tempo  l'ICI
per i fabbricati strumentali in sua disponibilita', non sarebbe  piu'
tenuta  al  pagamento  dell'imposta,  da   quello,   analogo,   della
cooperativa che, avendo invece gia' versato l'imposta, risultata  non
dovuta, chiede la restituzione del tantundem. 
    1.2. - La  sola  Commissione  tributaria  provinciale  di  Chieti
censura  la  predetta  disposizione   legislativa   affermandone   il
contrasto con l'art.  24  Cost.  -  in  quanto  essa  impedirebbe  il
rimborso dell'imposta indebitamente versata anche nel caso in cui  il
relativo ricorso giurisdizionale sia stato  depositato  anteriormente
alla entrata in vigore della legge stessa - e con l'art. 53  Cost.  -
in quanto, a parita' di capacita' contributiva, determina un  diverso
trattamento nel caso della cooperativa agricola che,  avendo  versato
l'imposta, non puo' ottenerne  la  restituzione,  rispetto  a  quello
della cooperativa agricola che,  non  avendo  versato  l'imposta,  e'
libera dal vincolo costituito dall'obbligazione tributaria. 
    2.  -  I  due  giudizi,  attesa  l'evidente  connessione  fra  le
questioni sollevate, possono essere riuniti, cosi' da essere definiti
con un'unica decisione. 
    2.1. - Deve preliminarmente dichiararsi la inammissibilita' della
costituzione in giudizio del Comune  di  Ortona  in  quanto  avvenuta
oltre il termine di legge. 
    3. - La questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  dai
due remittenti in relazione all'art. 3 Cost. e' fondata. 
    3.1. - Pare opportuno a questa Corte prioritariamente  descrivere
nei suoi aspetti piu' significativi l'articolato quadro normativo nel
quale si  innesta  la  disposizione  censurata,  prendendo  le  mosse
dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
504  (Riordino  della  finanza  degli  enti  territoriali,  a   norma
dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), in  base  al  quale
costituisce presupposto  di  imposta  ai  fini  della  applicabilita'
dell'ICI «il possesso  di  fabbricati,  di  aree  fabbricabili  e  di
terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato,  a  qualsiasi  uso
destinati, ivi compresi quelli strumentali» e dal successivo  art.  2
del medesimo decreto legislativo, il quale, nel dare  la  definizione
di fabbricati e di aree,  precisa  che  «per  fabbricato  si  intende
l'unita' immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel  catasto
edilizio urbano», la'  dove  per  terreno  agricolo  «si  intende  il
terreno adibito all'esercizio delle attivita' indicate nell'art. 2135
del codice civile». 
    La riferita nozione di fabbricato doveva, quando  tale  normativa
e' entrata in vigore, essere letta in combinato disposto  con  quanto
previsto dagli artt. 1 e 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n.
652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani,  rivalutazione  del
relativo reddito e formazione del  nuovo  catasto  edilizio  urbano),
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939,  n.  1249,
secondo il quale, nel disciplinare la costituzione del nuovo  catasto
edilizio urbano, doveva prevedersi che in esso fossero  censiti  come
«immobili urbani»  i  fabbricati  «diversi  dai  fabbricati  rurali»,
mentre questi ultimi - poiche' non produttivi di un reddito  autonomo
- andavano iscritti, unitamente all'area sulla quale insistevano, nel
«catasto dei terreni».  Da  cio'  derivava  che,  in  sede  di  primo
impianto della normativa in tema di ICI, il possesso  dei  fabbricati
rurali,  in  quanto  non  suscettibili  di  iscrizione  nel  «catasto
edilizio  urbano»,  non  costituiva   presupposto   ai   fini   della
applicazione dell'ICI stessa. 
    3.2. - Tale assetto, tuttavia, e' stato  profondamente  inciso  a
seguito della entrata in vigore  dell'art.  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557 (Ulteriori  interventi  correttivi  di  finanza
pubblica per l'anno 1994), convertito, con modificazioni, dalla legge
26 febbraio 1994, n. 133, il quale, al dichiarato fine di «realizzare
un inventario completo  ed  uniforme  del  patrimonio  edilizio»,  ha
previsto, al comma 1, il «censimento  di  tutti  i  fabbricati  [...]
rurali e la loro iscrizione nel catasto  edilizio  urbano»,  che,  da
quel momento, assumeva la denominazione di «catasto dei fabbricati». 
    Il successivo comma 3 dell'art. 9  del  decreto-legge  da  ultimo
citato prevedeva che, per il riconoscimento  ai  fini  fiscali  della
«ruralita» - con il conseguente godimento dell'insieme  dei  benefici
connessi  a  tale  qualificazione  -   dovessero   ricorrere   alcune
condizioni fra le quali, per  quanto  qui  interessa,  figuravano  la
coincidenza  soggettiva  fra  il  possessore  del  fabbricato  ed  il
proprietario (o titolare  di  altro  diritto  reale  o  personale  di
godimento) del terreno al quale l'immobile, sebbene non insistente su
di esso, era  asservito  con  un  rapporto  di  strumentalita'  e  la
adibizione del fabbricato stesso - se questo non aveva  una  funzione
strumentale allo svolgimento della attivita' agricola - ad abitazione
del titolare, di suoi parenti conviventi ovvero  di  suoi  dipendenti
addetti, con rapporto stabile o assimilato, alla azienda agricola. 
    3.3. - Neppure questo assetto  normativo  e',  pero',  rimasto  a
lungo fermo in quanto, gia'  con  legge  23  dicembre  1996,  n.  662
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il legislatore,
al comma 156 dell'art. 3, ha previsto la emanazione  di  uno  o  piu'
regolamenti di delegificazione volti alla «revisione dei  criteri  di
accatastamento dei fabbricati rurali [...] tenendo  conto  del  fatto
che la normativa deve essere applicata soltanto  all'edilizia  rurale
abitativa [...] e che  si  deve  provvedere  all'istituzione  di  una
categoria di immobili a destinazione speciale per il classamento  dei
fabbricati strumentali». 
    In attuazione della predetta delega e' stato emanato il d.P.R. 23
marzo 1998, n. 139 (Regolamento recante norme per  la  revisione  dei
criteri  di   accatastamento   dei   fabbricati   rurali,   a   norma
dell'articolo 3, comma 156, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), il
quale, oltre a prevedere, al comma 5 dell'art. 1, che le  costruzioni
strumentali all'esercizio della  attivita'  agricola,  diverse  dalle
abitazioni, fossero censite in  catasto  nella  categoria,  di  nuova
istituzione, «D/10 - fabbricati con funzioni produttive connesse alle
attivita'  agricole»,  ha  previsto,   all'art.   2,   la   integrale
sostituzione del precedente comma 3 dell'art. 9 del decreto-legge  n.
557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133  del
1994, con un nuovo comma 3 nel  quale,  disciplinandosi  i  requisiti
affinche' un  fabbricato  potesse  godere  del  riconoscimento  della
ruralita' ai fini fiscali, era stato, fra l'altro, espunto  qualsiasi
riferimento  ai  fabbricati   strumentali,   facendo   seguire   alla
disposizione  in  tal  modo  sostituita,  un  autonomo  comma  3-bis.
Quest'ultimo precisava che il carattere della ruralita'  fiscale  dei
fabbricati strumentali doveva essere riconosciuto  «alle  costruzioni
strumentali alle attivita' agricole di  cui  all'art.  29  del  testo
unico delle  imposte  sui  redditi»,  cioe',  rendendo  esplicito  il
contenuto della richiamata disposizione, «a) [alle] attivita' dirette
alla   coltivazione   del   terreno,   alla   silvicoltura   e   alla
funghicoltura; b) [all']allevamento di animali con mangimi ottenibili
per almeno un quarto dal terreno; c) [alle]  attivita'  dirette  alla
manipolazione, trasformazione e alienazione di  prodotti  agricoli  e
zootecnici, ancorche' non  svolte  sul  terreno,  che  rientrino  nel
normale esercizio della agricoltura secondo la tecnica che lo governa
e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la  meta'  dal
terreno e dagli animali allevati su di esso». 
    La circostanza che il d.P.R. n. 139 del 1998 abbia  separatamente
disciplinato, peraltro in coerenza con la  delega  conferita  con  la
ricordata legge n. 662 del 1996, il carattere della ruralita' ai fini
fiscali a seconda che l'immobile in questione  sia  adibito  a  scopi
abitativi ovvero abbia funzione strumentale  allo  svolgimento  della
attivita'  agricola,  prevedendo  espressamente  solo  per  la  prima
ipotesi la necessaria coincidenza fra titolare  dell'immobile  e  del
terreno agricolo cui il primo era asservito, ha fatto  ritenere,  pur
nella presenza, come si vedra', di  voci  dissonanti,  ad  una  larga
parte degli interpreti, ivi compresa la stessa Corte di legittimita',
che  anche  gli  immobili  strumentali  riferibili  alle  cooperative
agricole  potessero  godere  dei  benefici  fiscali   connessi   alla
ruralita' - fra i quali si e' ritenuta compresa anche  la  esclusione
dall'assoggettamento all'ICI - nonostante la distinzione fra titolare
del fabbricato (societa' cooperativa) e titolari dei terreni agricoli
asserventi (soci della cooperativa). 
    A fronte  del  ricordato  prevalente  orientamento  (Cass.,  Sez.
tributaria, sentenze n. 13334 del 7 giugno  2006,  n.  18853  del  27
settembre 2005, n. 13677 del 24 giugno 2005, n. 6884  del  1°  aprile
2005, n. 1330 del 21 gennaio 2005) se ne e' sviluppato un altro  che,
soprattutto con sentenze pronunciate  successivamente  alla  data  di
emissione  delle  due  ordinanze  che  hanno  sollevato  la  presente
questione di legittimita' costituzionale, ha ritenuto, almeno ai fini
dell'ICI, che la caratteristica della «ruralita» poteva rilevare solo
ai  fini  del  «classamento»  del  fabbricato,   ma   non   ai   fini
dell'assoggettamento  a  tale   tributo.   L'iscrizione   dell'unita'
immobiliare  nel  «catasto  dei  fabbricati»  che  ha  sostituito  il
precedente «nuovo catasto edilizio urbano» costituirebbe «presupposto
necessario  ma  anche  sufficiente»  per  la  sottoposizione  all'ICI
(Cass., Sez. tributaria, sentenze n. 23596 del 15 settembre 2008,  n.
20632 del 30 luglio 2008, n. 15321 del 10 giugno 2008). 
    3.4. - Nel quadro normativo  che  determinava  queste  incertezze
viene ad inserirsi sia la disposizione contenuta nell'art. 42-bis del
decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 222 del 2007, che, nuovamente intervenendo sull'art.  9  del
decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 133 del 1994, ha sostituito il gia' novellato comma 3-bis di
detta norma, prevedendo che il  carattere  della  ruralita'  ai  fini
fiscali  debba  essere  riconosciuto  alle  «costruzioni  strumentali
necessarie per lo svolgimento dell'attivita' agricola di cui all'art.
2135 del codice civile», in particolare  a  quelle  destinate  «[...]
alla manipolazione, trasformazione, conservazione,  valorizzazione  o
commercializzazione dei prodotti agricoli,  anche  se  effettuate  da
cooperative e loro consorzi [...]», sia la disposizione sospettata di
illegittimita' costituzionale. 
    Quest'ultima prevede che «non e' ammessa la restituzione di somme
eventualmente versate a titolo di imposta comunale sugli immobili  ai
comuni, per periodi di  imposta  precedenti  al  2008,  dai  soggetti
destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i) del comma 3-bis
dell'articolo  9  del  decreto-legge  30  dicembre  1993,   n.   557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.  133,
introdotta dall'articolo 42-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.
222, in relazione alle costruzioni di cui alla medesima lettera i)». 
    3.5. - E', innanzitutto, necessario precisare, a fronte del  piu'
ampio ambito che alcune delle prospettate  argomentazioni  vengono  a
configurare, che lo scrutinio di  costituzionalita'  e',  ovviamente,
limitato al petitum dei rimettenti, vale a dire alla valutazione  del
rispetto dei parametri invocati per cio' che riguarda il  divieto  di
ripetizione dell'ICI eventualmente versata, senza  alcuna  estensione
agli altri tipi  di  imposizione  fiscale  cui  il  comma  3-bis  del
novellato art. 9 del d.l. n. 557 del 1993 fa riferimento. 
    Ne deriva che e' irrilevante, a questo  fine,  la  questione  del
carattere  interpretativo  o  innovativo  della  modifica  introdotta
dall'art. 42-bis del d.l. n. 159 del 2007, sulla quale  controvertono
soprattutto la parte privata e l'Avvocatura dello Stato, posto che e'
sufficiente, per giungere ad una  conclusione,  l'esame  della  norma
impugnata. 
    4. - Questa, come  detto,  prevede  l'irripetibilita'  di  quanto
versato a titolo di ICI per le annualita' precedenti al 2008 da tutti
i soggetti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i)  del
comma 3-bis dell'art. 9  del  decreto-legge  n.  557  del  1993,  ivi
comprese le cooperative agricole cui la citata normativa fa  espresso
riferimento. 
    Dalla  semplice  lettura  della  disposizione   emerge   la   sua
intrinseca contraddittorieta'. Se, infatti, il tributo era,  per  gli
anni precedenti al 2008, dovuto, sancirne  l'irripetibilita'  sarebbe
del tutto superfluo; se, invece, il tributo non fosse  stato  dovuto,
la disposizione verrebbe ad avere un senso compiuto (quello cioe'  di
impedire il recupero di importi che  sono  stati  versati  senza  una
causa   giustificativa)   che   pero'   urta   palesemente   con   la
giurisprudenza di questa Corte. 
    Un   definitivo   contributo   ad   interpretare   la   censurata
disposizione, che  gia'  per  la  sua  stessa  formulazione  presenta
aspetti di irragionevolezza, e' fornito dal comma 1-bis dell'art.  23
del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga  di  termini  previsti  da
disposizioni  legislative  e   disposizioni   finanziarie   urgenti),
convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14. Esso prevede che  «ai
sensi e per gli effetti dell'articolo 1,  comma  2,  della  legge  27
luglio 2000, n. 212, l'articolo 2, comma 1, lettera a),  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel  senso  che
non si considerano fabbricati le unita' immobiliari, anche iscritte o
iscrivibili  nel  catasto  fabbricati,  per  le  quali  ricorrono   i
requisiti di ruralita' di cui all'articolo  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni». 
    E' opportuno, preliminarmente, precisare che  si  tratta  di  una
disposizione che, non andando  direttamente  ad  incidere  su  quella
oggetto della questione di  costituzionalita',  ne'  consentendo  una
diversa interpretazione di quest'ultima tale da risolvere  i  dedotti
dubbi ma, anzi, semmai,  rafforzandoli,  non  giustifica,  pur  nella
variazione del  quadro  normativo,  la  restituzione  degli  atti  ai
giudici a quibus per un  riesame  della  perdurante  rilevanza  della
questione. 
    Con essa si afferma, attribuendo all'enunciazione  il  valore  di
norma  di  interpretazione  autentica,   e,   quindi,   con   effetti
indiscutibilmente retroattivi - dato che  si  richiama  lo  specifico
comma dello statuto del contribuente che disciplina questo genere  di
normazione - che le  costruzioni  rurali  aventi  le  caratteristiche
indicate nel piu' volte citato art. 9 del d.l. n. 557 del 1993,  come
modificato dall'art.  42-bis  del  d.l.  n.  159  del  2007,  non  si
considerano fabbricati ai fini dell'imposizione ICI. 
    Alla  disposizione  impugnata  non  puo',  quindi,  darsi   altro
significato che quello di impedire il recupero di un tributo  il  cui
pagamento non era dovuto. 
    E' costante, al  riguardo,  la  giurisprudenza  di  questa  Corte
nell'affermare la illegittimita' costituzionale  di  disposizioni  le
quali, posto  che  non  sia  dovuta  una  prestazione  tributaria  (o
comunque patrimoniale), prevedano poi la  irripetibilita'  di  quanto
sia  stato  versato  nell'apparente  adempimento  della  (in  realta'
inesistente) obbligazione (sentenze nn. 330 del 2007, 320  del  2005,
416 del 2000). 
    Una siffatta disposizione non solo e' irragionevole per la chiara
contraddizione in cui cade il legislatore il quale, avendo provveduto
nel senso della insussistenza dei presupposti per  l'insorgere  della
obbligazione, interviene, sia pure con diversa norma,  onde  limitare
gli effetti della  precedente,  nel  senso  di  rendere  irripetibile
quanto  gia',  peraltro  sine  causa,  versato,  ma  la   stessa   e'
incompatibile col rispetto del principio  di  eguaglianza  in  quanto
fonte di  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  di  situazioni
sostanzialmente  uguali,  venendo  a   determinare   un   trattamento
deteriore di chi abbia  erroneamente  pagato  un'imposta  non  dovuta
rispetto a quello di chi, versando  nella  medesima  situazione,  non
abbia invece effettuato alcun pagamento. 
    L'accoglimento   della   questione   di   costituzionalita'   con
riferimento al parametro costituito dall'art. 3 Cost. assorbe i  vizi
dedotti in relazione ai restanti parametri.