Sentenza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 135,  comma
2, 136, 141, comma 1, da 144 a 160, 166, commi 1 e 4, 170,  comma  3,
lettera i), 172, comma 2 e 176, comma 1, del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in  materia  ambientale),  promossi  dalle
Regioni Emilia-Romagna (mediante  due  ricorsi),  Calabria,  Toscana,
Piemonte,  Umbria,  Liguria,  Abruzzo,  Puglia,  Campania,  Marche  e
Basilicata, con ricorsi notificati il 24 aprile, l'8, il 12,  il  13,
il 12-21 e il 12-27 giugno 2006,  depositati  in  cancelleria  il  27
aprile, il 10, il 14, il 15, il 16, il 17, il 20,  il  21  ed  il  23
giugno 2006, ed iscritti ai nn. 56, 68, 69, 70, 72, 73, 74,  75,  76,
78, 79 ed 80 del registro ricorsi 2006. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri nonche' gli atti di  intervento  dell'Associazione  italiana
per il World Wide Fund for Nature Onlus (WWF  Italia),  della  s.p.a.
Biomasse Italia ed altre societa'; 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 2009 il Giudice relatore
Franco Gallo; 
    Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon,  Franco  Mastragostino  e
Luigi Manzi per  la  Regione  Emilia-Romagna,  Maria  Grazia  Bottari
Gentile per la Regione Calabria, Lucia Bora e  Guido  Meloni  per  la
Regione Toscana, Luigi Manzi per la  Regione  Piemonte,  Giandomenico
Falcon e Luigi Manzi per la Regione Umbria, Giandomenico  Falcon  per
la Regione Liguria, Fabrizio Lofoco per la Regione  Puglia,  Vincenzo
Cocozza per la Regione Campania, Gustavo  Visentini  per  la  Regione
Marche, Alessandro Giadrossi per l'Associazione italiana per il World
Wide Fund for Nature Onlus (WWF Italia),  e  l'avvocato  dello  Stato
Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso notificato il 24 aprile 2006, depositato  il  27
aprile successivo e iscritto al n. 56 del registro ricorsi del  2006,
la Regione  Emilia-Romagna  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  e,  tra  queste,
degli artt. 154 e 155. 
    1.1. - Il censurato art. 154 disciplina la «Tariffa del  servizio
idrico integrato», prevedendo, al comma 1,  che  essa  ha  natura  di
corrispettivo «ed e' determinata tenendo conto della  qualita'  della
risorsa  idrica  e  del  servizio  fornito,  delle  opere   e   degli
adeguamenti necessari,  dell'entita'  dei  costi  di  gestione  delle
opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito  e
dei costi di gestione delle aree  di  salvaguardia,  nonche'  di  una
quota parte dei costi di funzionamento  dell'Autorita'  d'ambito,  in
modo  che  sia  assicurata  la  copertura  integrale  dei  costi   di
investimento e di esercizio secondo il  principio  del  recupero  dei
costi e  secondo  il  principio  "chi  inquina  paga"».  Il  comma  2
stabilisce  che  «Il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela   del
territorio, su proposta dell'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse
idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessita' di recuperare  i
costi ambientali anche  secondo  il  principio  "chi  inquina  paga",
definisce con decreto le componenti di costo  per  la  determinazione
della tariffa relativa ai  servizi  idrici  per  i  vari  settori  di
impiego dell'acqua». I successivi commi da 3 a 7  prevedono  che:  a)
«Al  fine  di  assicurare  un'omogenea  disciplina   sul   territorio
nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
sono stabiliti i criteri generali per  la  determinazione,  da  parte
delle regioni, dei  canoni  di  concessione  per  l'utenza  di  acqua
pubblica, tenendo conto  dei  costi  ambientali  e  dei  costi  della
risorsa e prevedendo altresi' riduzioni del  canone  nell'ipotesi  in
cui il concessionario attui un  riuso  delle  acque  reimpiegando  le
acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso o, ancora, restituisca le acque di  scarico  con  le  medesime
caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento  dei
canoni ha cadenza triennale»; b) «L'Autorita' d'ambito, al fine della
predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149,  comma
1, lettera c), determina la tariffa di  base,  nell'osservanza  delle
disposizioni contenute nel decreto di cui al comma  2,  comunicandola
all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed  al
Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio»;  c)  nella
modulazione della tariffa, che e'  applicata  dai  soggetti  gestori,
«sono assicurate, anche mediante  compensazioni  per  altri  tipi  di
consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonche' per  i
consumi di determinate categorie,  secondo  prefissati  scaglioni  di
reddito»; d) per conseguire obiettivi  di  equa  redistribuzione  dei
costi, «sono  ammesse  maggiorazioni  di  tariffa  per  le  residenze
secondarie, per gli impianti ricettivi  stagionali,  nonche'  per  le
aziende artigianali,  commerciali  e  industriali»;  e)  «l'eventuale
modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti
pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino
utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato». 
    1.2.  -  L'art.  155  disciplina  la  «Tariffa  del  servizio  di
fognatura e depurazione», prevedendo, al comma 1, che: a) le relative
quote sono «dovute dagli  utenti  anche  nel  caso  in  cui  manchino
impianti di depurazione o questi siano  temporaneamente  inattivi»  e
che «il gestore e' tenuto a versare i relativi  proventi,  risultanti
dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154,  a
un fondo vincolato intestato all'Autorita' d'ambito, che lo  mette  a
disposizione del gestore per l'attuazione degli  interventi  relativi
alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione  previsti  dal
piano d'ambito»; b) «la tariffa non e' dovuta se l'utente  e'  dotato
di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che  tali
sistemi   abbiano   ricevuto   specifica   approvazione   da    parte
dell'Autorita' d'ambito». 
    1.3. - La ricorrente censura il citato art. 154,  sostenendo  che
esso  prevede  «poteri  ministeriali  sovraordinati  a  quelli  delle
regioni, in violazione della competenza legislativa propria spettante
alle  regioni  a  termini  dell'art.   117,   quarto   comma,   della
Costituzione», in quanto, nell'istituire e  disciplinare  la  tariffa
del  servizio  idrico  quale  «corrispettivo  del   servizio   idrico
integrato», attribuisce: a) al Ministro dell'ambiente e della  tutela
del territorio, su proposta dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse
idriche e sui  rifiuti,  il  compito  di  definire  con  decreto  «le
componenti di costo per la determinazione della tariffa  relativa  ai
servizi idrici per i vari  settori  di  impiego  dell'acqua»;  b)  al
«Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio» il compito di  stabilire
con decreto «i criteri generali per la determinazione, da parte delle
regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica». 
    A detta della ricorrente, la disposizione viola: a)  l'art.  117,
quarto comma, Cost.,  perche'  incide  sulla  competenza  legislativa
residuale regionale in materia di servizi pubblici locali, esercitata
nel caso di specie con la  legge  regionale  14  aprile  2004,  n.  7
(Disposizioni in materia  ambientale.  Modifiche  ed  integrazioni  a
leggi regionali),  la  quale,  secondo  la  ricorrente,  diversamente
dall'impugnata norma statale,  incentiva  un  riparto  delle  risorse
ambientali mirato alla sostenibilita' dello sviluppo e si basa  sulla
qualita' del servizio reso; b) l'art. 119,  primo  e  secondo  comma,
Cost.,  perche'  incide  su  un'entrata  la  cui  disciplina   ricade
nell'ambito della competenza regionale e, percio',  lede  l'autonomia
finanziaria e tributaria delle Regioni; c) l'art. 76 Cost.  e,  quale
norma interposta, la legge delega 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al
Governo per il riordino,  il  coordinamento  e  l'integrazione  della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione),
i cui criteri stabiliscono: (c.1.)  il  rispetto  delle  attribuzioni
regionali  «come  definite   ai   sensi   dell'articolo   117   della
Costituzione, della legge  15  marzo  1997,  n.  59,  e  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112» [art. 1, comma  8,  alinea,  della
legge di delegazione];  (c.2.)  lo  «sviluppo  e  coordinamento,  con
l'invarianza  del  gettito,  delle  misure  e  degli  interventi  che
prevedono incentivi e disincentivi, finanziari  o  fiscali,  volti  a
sostenere, ai fini della compatibilita' ambientale, l'introduzione  e
l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, come definite dalla
direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del  Consiglio,  nonche'  il
risparmio e l'efficienza energetica, e a rendere piu'  efficienti  le
azioni di tutela dell'ambiente e di  sostenibilita'  dello  sviluppo,
anche attraverso strumenti economici, finanziari e fiscali» [art.  1,
comma 8, lettera d), della legge di delegazione]; d) l'art. 76  Cost.
e, quale norma interposta, la legge n. 308 del 2004, per  eccesso  di
delega, non prevedendo la fonte  delegante  «l'introduzione  ex  novo
dell'imposta in questione»; e)  l'art.  3  Cost.  [non  espressamente
evocato], perche' non e'  «coerente  con  l'evoluzione  della  stessa
legislazione statale», omettendo di indicare, tra i  criteri  per  la
determinazione della tariffa, gli «obiettivi di  miglioramento  della
produttivita», criterio invece previsto dall'art. 13  della  legge  5
gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche). 
    1.4. - La stessa ricorrente denuncia, inoltre, il citato art. 155
«per le stesse ragioni». 
    1.5. - A sostegno delle questioni prospettate, la Regione osserva
che la legge regionale n. 7 del 2004 ha introdotto in  Emilia-Romagna
un metodo  di  tariffazione  partecipato  ed  innovativo,  basato  su
meccanismi che incentivano il risparmio delle risorse  ambientali.  A
detta della ricorrente, tale metodo  tariffario  regionale  ovvia  al
piu' evidente difetto del  metodo  tariffario  nazionale  -  e  cioe'
l'impossibilita' di incentivare il risparmio idrico e la qualita' del
servizio  -  perche'  consente  di  promuovere   l'efficienza   senza
incrementare il costo per l'utenza  e  di  favorire  i  comportamenti
virtuosi di risparmio e conservazione, includendo  nella  tariffa  di
riferimento strumenti di promozione della  qualita'  del  servizio  e
allineando la regolazione tariffaria agli indirizzi e  obiettivi  del
Piano di tutela delle acque, in termini  di  risparmio.  Inoltre,  le
norme regionali prevedono elementi di «calmierazione» tariffaria  per
i soggetti svantaggiati economicamente. 
    La ricorrente chiede, infine, la sospensione dell'esecuzione  dei
denunciati artt. 154 e 155, sul rilievo  che  essi  si  sostituiscono
alla  «disciplina  regionale  sulla  tariffa  relativa  al   servizio
integrato ed alla gestione dei rifiuti dettata dalla legge  regionale
n. 7/2004, interrompendo la  sperimentazione  avviata  e  ingenerando
incertezza rispetto agli oneri  tributari  da  assolvere,  con  grave
danno per la certezza dei rapporti giuridici e per  i  bilanci  degli
enti coinvolti». 
    1.6. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo l'inammissibilita' e l'infondatezza delle censure  e
contestando, altresi', i  presupposti  della  richiesta  sospensione.
Tuttavia,  successivamente,  e'  stata  depositata  la  delibera  del
Consiglio dei ministri del 9 giugno 2006, con la quale il Governo  ha
deciso di «rinunciare all'intervento». 
    1.7. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente. 
    1.8. - In prossimita' della camera di consiglio  fissata  per  la
decisione   sull'istanza   di   sospensione   dell'esecuzione   delle
disposizioni  censurate,  la  ricorrente   ha   depositato   memoria,
insistendo in quanto gia' richiesto. 
    1.9. - Con ordinanza n. 245 del 2006, la Corte costituzionale  ha
dichiarato  non  luogo  a  provvedere  sull'istanza  di   sospensione
dell'esecuzione delle disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    1.10.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  ricorrente  Regione
Emilia-Romagna ha  depositato  memoria,  insistendo  in  quanto  gia'
richiesto e precisando che le ragioni di doglianza nei confronti  dei
censurati  artt.  154  e  155  permangono  anche  dopo   l'abolizione
dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e  sui  rifiuti  da
parte del comma 5 dell'art. 1 del d.lgs.  8  novembre  2006,  n.  284
(Disposizioni correttive e  integrative  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale). 
    1.11. - Ha depositato memoria in prossimita'  dell'udienza  anche
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF), insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    2. - Con ricorso notificato l'8 giugno  2006,  depositato  il  10
giugno successivo e iscritto al n. 68 del registro ricorsi del  2006,
la  Regione  Calabria   ha   promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006 e, tra queste, degli artt. 135, comma 2, 136, 141, comma
1, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154,  155,  156,
157, 158, 159, 160, 176, comma 1. 
    2.1. - Il censurato art. 135, comma 2, prevede che  «Fatto  salvo
quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo  1998,  n.  112,  ai
fini  della  sorveglianza  e  dell'accertamento  degli  illeciti   in
violazione  delle  norme   in   materia   di   tutela   delle   acque
dall'inquinamento provvede il  Comando  carabinieri  tutela  ambiente
(C.C.T.A.); puo' altresi' intervenire il Corpo forestale dello  Stato
e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.  Il
Corpo delle capitanerie di porto,  Guardia  costiera,  provvede  alla
sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di  cui  alla  parte
terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni
o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero». 
    Ad avviso della ricorrente, la quale non evoca  alcuno  specifico
parametro costituzionale,  detta  disposizione  viola  le  competenze
regionali in materia  di  individuazione  dei  soggetti  preposti  ai
compiti di polizia amministrativa, perche' il precedente comma 1 - il
quale  prevede  che  «In  materia  di  accertamento  degli   illeciti
amministrativi,   all'irrogazione   delle   sanzioni   amministrative
pecuniarie  provvede,  con  ordinanza-ingiunzione  ai   sensi   degli
articoli 18 e seguenti della legge  24  novembre  1981,  n.  689,  la
regione o la provincia autonoma nel cui territorio e' stata  commessa
la violazione, ad eccezione  delle  sanzioni  previste  dall'articolo
133, comma 8, per le quali e' competente il comune,  fatte  salve  le
attribuzioni affidate dalla legge  ad  altre  pubbliche  autorita»  -
attribuisce alle Regioni la  competenza  ad  accertare  gli  illeciti
amministrativi e ad erogare le relative sanzioni. 
    La ricorrente lamenta, in particolare,  che  la  norma  censurata
«cristallizza i compiti delle diverse forze di polizia, affidando  il
ruolo centrale a strutture facenti capo allo Stato e relegando ad  un
ruolo facoltativo e residuale il Corpo forestale, vale a dire  quella
che, in precedenza, era l'unica forza espressamente contemplata,  sia
pure come struttura «concorrente» con altre,  che  le  regioni  erano
ovviamente chiamate a specificare», con la  conseguenza  «di  avocare
allo Stato una competenza  gia'  trasferita  agli  enti  territoriali
infra-statuali». 
    2.2. - L'art. 136 denunciato dispone che: a) «le somme  derivanti
dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza
del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio  regionale
per essere riassegnate alle unita'  previsionali  di  base  destinate
alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei  corpi
idrici»; b) le  Regioni  ripartiscono  «le  somme  riscosse  fra  gli
interventi di prevenzione e di risanamento». 
    La ricorrente censura  la  norma,  perche',  nel  disciplinare  i
proventi delle sanzioni  amministrative,  che  costituiscono  entrate
regionali, pone un vincolo di destinazione delle  somme  a  vantaggio
delle «opere di risanamento e riduzione dell'inquinamento» dei  corpi
idrici e viola cosi'  l'art.  119  Cost.,  perche'  tale  vincolo  e'
illegittimo «come dimostrato  dalla  costante  giurisprudenza»  della
Corte costituzionale. 
    2.3. - La Regione denuncia, inoltre, [senza che  la  disposizione
risulti  fra  quelle  elencate  nella  delibera   a   ricorrere]   in
riferimento al principio di leale collaborazione, l'art.  141,  comma
1, il quale dispone, in apertura del Titolo I  (Principi  generali  e
competenze) della Sezione III (Gestione delle  risorse  idriche)  del
d.lgs. n. 152 del 2006, che  «Oggetto  delle  disposizioni  contenute
nella presente sezione e' la disciplina della gestione delle  risorse
idriche e del servizio idrico integrato per i profili che  concernono
la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la  determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato  e
delle relative funzioni fondamentali di  comuni,  province  e  citta'
metropolitane», perche'  interviene  in  un  settore  in  cui  vi  e'
concorrenza di competenze, senza che vi sia prevalenza di una materia
sulle altre, ma non prevede un «coinvolgimento degli  enti  regionali
che  vada  ben  oltre  il  semplice  parere,  e  che   si   incardini
essenzialmente sul modello dell'intesa in senso forte». 
    Osserva la ricorrente che, nella disciplina della gestione  delle
risorse idriche si «realizza un complesso intreccio  di  interessi  e
competenze  in  cura  a   diversi   livelli   istituzionali»   (Corte
costituzionale, sentenza n. 412 del 1994) e che tale  disciplina  non
e' riconducibile: a) alla competenza legislativa esclusiva statale in
tema di «tutela della concorrenza», perche' ad essa sono  ascrivibili
i soli  servizi  pubblici  locali  «di  rilevanza  economica»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 272 del 2004), tra i quali non  rientrano
i servizi idrici; b) alla competenza legislativa esclusiva statale in
tema  di  «funzioni  fondamentali  di  comuni,  province   e   citta'
metropolitane», perche' gli «ambiti territoriali ottimali» nei  quali
si  svolge  il  servizio  idrico  integrato  hanno   una   dimensione
territoriale variabile,  «tale  da  escludere  che  la  gestione  dei
servizi in questione possa considerarsi esplicazione di una  funzione
propria ed indefettibile dell'ente locale». 
    Ad avviso della Regione, la disciplina in questione  e',  invece,
riconducibile alle materie, di competenza legislativa  concorrente  o
residuale regionale: a) del «governo del territorio», per  l'evidente
collegamento fra gestione del  servizio  e  ambito  territoriale;  b)
della «tutela della salute», per le «ricadute  che  la  tutela  delle
risorse idriche non puo' non avere  sul  diritto  alla  salute  degli
individui, anche inteso come diritto all'ambiente  salubre»;  c)  dei
«servizi pubblici locali», sulla scorta delle  pronunce  della  Corte
costituzionale n. 222 del 2005 e n. 26 del 2006». 
    2.4. - La Regione Calabria censura anche gli  artt.  144,  145  e
146. 
    2.4.1. - La prima di tali norme, nel disciplinare «Tutela  e  uso
delle risorse idriche», prevede che: a) «tutte le acque  superficiali
e sotterranee, ancorche' non estratte dal sottosuolo, appartengono al
demanio dello Stato»  (comma  1);  b)  «le  acque  costituiscono  una
risorsa  che  va  tutelata   ed   utilizzata   secondo   criteri   di
solidarieta'; qualsiasi loro  uso  e'  effettuato  salvaguardando  le
aspettative ed i diritti delle generazioni  future  a  fruire  di  un
integro patrimonio ambientale» (comma 2); c) «la disciplina degli usi
delle acque e' finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di
evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle  risorse,  di  non
pregiudicare il  patrimonio  idrico,  la  vivibilita'  dell'ambiente,
l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e  la  flora  acquatiche,  i
processi geomorfologici e gli equilibri  idrologici»  (comma  3);  d)
«gli usi diversi dal consumo umano sono  consentiti  nei  limiti  nei
quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non  ne
pregiudichino la qualita» (comma 4). 
    Il successivo art.  145  disciplina  l'«Equilibrio  del  bilancio
idrico», attribuendo all'Autorita' di bacino competente il compito di
definire ed aggiornare «periodicamente il bilancio idrico diretto  ad
assicurare l'equilibrio fra le disponibilita' di risorse reperibili o
attivabili nell'area di riferimento ed i  fabbisogni  per  i  diversi
usi» e di pianificare l'economia idrica, in funzione  degli  usi  cui
sono  destinate  le  risorse.  Prevede,  inoltre,  che,  nei   bacini
idrografici   caratterizzati   da   consistenti   prelievi    o    da
trasferimenti, «le derivazioni sono regolate in modo da garantire  il
livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi  e  tale
da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati». 
    L'art. 146, allo scopo di realizzare il risparmio idrico, prevede
che le Regioni adottino «norme e  misure  volte  a  razionalizzare  i
consumi e eliminare gli sprechi» ed elenca le specifiche finalita' da
perseguire. 
    2.4.2.  -  La  ricorrente  impugna  nel  complesso  le   suddette
disposizioni, affermando che esse, nel dettare «i  principi  generali
alla luce dei quali porre in essere la gestione del demanio  idrico»,
violano: a) l'art. 76 Cost., in  combinato  disposto  con  l'art.  1,
comma 8, della legge delega n.  308  del  2004,  perche'  tale  legge
«impone al legislatore il rispetto  delle  attribuzioni  regionali  e
degli enti locali stabilite all'interno del  decreto  legislativo  n.
112 del 1998» e l'art. 88, comma  1,  lettera  h),  di  tale  decreto
legislativo stabilisce che hanno rilievo  nazionale  i  soli  compiti
relativi «ai criteri per la gestione del servizio idrico  integrato»,
con l'ulteriore conseguenza della «impossibilita'  per  lo  Stato  di
dettagliare  la  normativa  in  materia,  dovendosi   limitare   alla
predisposizione di un quadro  assolutamente  generale  nel  quale  le
regioni (e, se del caso, gli enti locali) siano  lasciati  liberi  di
agire  nel  modo  ritenuto  piu'  consono  alla  tutela  del  proprio
territorio  ed  al  soddisfacimento  delle  esigenze  della   propria
popolazione»; b) l'art. 117, quarto comma,  Cost.,  perche'  incidono
sulla materia,  di  potesta'  legislativa  residuale  regionale,  dei
«servizi pubblici locali»; c) il principio di  leale  collaborazione,
perche' non prevedono «una  partecipazione  effettiva  delle  regioni
alla determinazione dei loro contenuti»; d) l'art. 118 Cost., perche'
recano «disposizioni di minuto dettaglio, indiscutibilmente  ultronee
rispetto  alla  fissazione  di  standards  di  tutela  uniformi,   in
contrasto, quindi, con  i  principi  che  reggono  il  riparto  delle
funzioni amministrative». 
    Quanto,  in  particolare,  all'art.  146,  comma  3,  la   stessa
ricorrente afferma anche  che  esso  -  nell'attribuire  al  Ministro
dell'ambiente  la  potesta'  regolamentare  per  la  definizione  dei
criteri e dei metodi in base  ai  quali  valutare  le  perdite  degli
acquedotti e delle fognature - viola: a) in  via  principale,  l'art.
117, sesto comma, Cost., perche' prevede «un potere regolamentare  in
capo allo Stato in un settore non riconducibile  ad  una  materia  di
competenza  esclusiva  ex  art.  117,  secondo  comma»;  b)  in   via
subordinata, il principio della leale collaborazione, per la «mancata
previsione della necessita' di un coinvolgimento  dei  rappresentanti
degli enti regionali». 
    2.5. - La Regione denuncia, nel loro complesso, gli artt. da  147
a 158,  affermando  che  essi,  nel  disciplinare  la  materia  della
gestione  delle  risorse  idriche,  violano  il  principio  di  leale
cooperazione, perche', trattandosi di una materia nella quale  vi  e'
«intreccio  di  competenze  trasversali,  concorrenti  e  residuali»,
avrebbero dovuto essere adottati con «un  coinvolgimento  degli  enti
regionali che vada ben oltre il semplice parere, e che  si  incardini
essenzialmente sul modello dell'intesa in senso forte». 
    2.6. - La ricorrente censura poi l'art. 148, il  quale  reca  una
dettagliata   disciplina   dell'«Autorita'   d'ambito    territoriale
ottimale»,  prevedendo  che  essa  «e'  una   struttura   dotata   di
personalita' giuridica  costituita  in  ciascun  ambito  territoriale
ottimale delimitato dalla competente regione,  alla  quale  gli  enti
locali partecipano obbligatoriamente  ed  alla  quale  e'  trasferito
l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione
delle  risorse  idriche,  ivi  compresa   la   programmazione   delle
infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1»  (comma  1).
La disposizione prevede, inoltre, ai commi da 2  a  4,  che:  a)  «le
regioni e le province autonome possono disciplinare  le  forme  ed  i
modi della cooperazione tra gli enti locali  ricadenti  nel  medesimo
ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorita'
d'ambito di cui  al  comma  1,  cui  e'  demandata  l'organizzazione,
l'affidamento e il  controllo  della  gestione  del  servizio  idrico
integrato»  (comma  2);  b)  «i  bilanci  preventivi   e   consuntivi
dell'Autorita' d'ambito e loro variazioni  sono  pubblicati  mediante
affissione ad apposito albo, istituito presso la  sede  dell'ente,  e
sono trasmessi all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio
entro quindici giorni dall'adozione delle relative  delibere»  (comma
3); c) i costi  di  funzionamento  «fanno  carico  agli  enti  locali
ricadenti nell'ambito  territoriale  ottimale»  (comma  4).  Prevede,
infine,  al  comma  5  che:   «Ferma   restando   la   partecipazione
obbligatoria all'Autorita' d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi
del comma 1, l'adesione  alla  gestione  unica  del  servizio  idrico
integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione  fino  a  1.000
abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione
che la gestione del servizio idrico sia  operata  direttamente  dalla
amministrazione comunale  ovvero  tramite  una  societa'  a  capitale
interamente  pubblico  e  controllata  dallo  stesso  comune.   Sulle
gestioni di cui  al  presente  comma  l'Autorita'  d'ambito  esercita
funzioni  di  regolazione  generale  e  di  controllo.  Con  apposito
contratto di servizio  stipulato  con  l'Autorita'  d'ambito,  previo
accordo  di  programma,  sono  definiti  criteri  e   modalita'   per
l'eventuale  partecipazione  ad  iniziative  promosse  dall'Autorita'
d'ambito medesima». 
    Ad  avviso  della  Regione,  la  disposizione,  che,   «nel   suo
complesso», individua «nell'Autorita' d'ambito la  struttura  cui  e'
affidata la gestione delle risorse  idriche»,  viola:  a)  l'art.  76
Cost., in combinato disposto con l'art. 1, comma 8,  della  legge  n.
308 del 2004, perche' tale legge «impone al legislatore  il  rispetto
delle  attribuzioni  regionali  e   degli   enti   locali   stabilite
all'interno del decreto legislativo n. 112 del  1998»  e  l'art.  86,
comma 1, di tale decreto legge stabilisce che «alla gestione dei beni
del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti
per  territorio»,  con  la  conseguenza  che,  con  la   disposizione
denunciata,  «lo  Stato  priva  gli  enti  territoriali   di   poteri
amministrativi  loro  attribuiti»;  b)  l'art.  117  Cost.,   perche'
«espropria le regioni di poteri legislativi», che, in  base  all'art.
86, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  112  del  1998,  sono  di
spettanza regionale; c) l'art. 118  Cost.,  perche'  «ipostatizza  un
certo assetto di competenze amministrative, senza tener  conto  delle
peculiarita' di ciascun territorio, peculiarita' che soltanto in sede
di legislazione regionale possono trovare adeguata rispondenza». 
    Inoltre - sempre per la Regione - i commi 3 e 5 del  citato  art.
148,  nel   disciplinare,   rispettivamente,   la   pubblicazione   e
trasmissione  dei  bilanci  preventivi  e  consuntivi  dell'Autorita'
d'ambito  e  l'adesione  alla  gestione  unica  del  servizio  idrico
integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti  inclusi
nel territorio delle comunita' montane, violano l'art. 117 Cost., «in
ragione del contenuto di estremo  dettaglio  che  essi  recano»,  che
incide sulle  potesta'  legislative  regionali,  non  attenendo  alla
tutela dell'ambiente in senso stretto, ma «a misure organizzative che
le regioni devono poter calibrare in relazione alle peculiarita'  del
proprio territorio». 
    2.7. - La ricorrente censura l'art. 149, il quale,  al  comma  1,
attribuisce  all'Autorita'  d'ambito  il  compito  di  predisporre  e
aggiornare  il  piano  d'ambito,  costituito   dai   seguenti   atti,
dettagliatamente definiti nei commi da 2 a 5: a)  ricognizione  delle
infrastrutture; b) programma degli interventi; c) modello  gestionale
ed organizzativo; d) piano economico finanziario. Il  comma  6  dello
stesso articolo prevede che «Il piano  d'ambito  e'  trasmesso  entro
dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione  competente,
all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti  e  al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorita' di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  puo'  notificare
all'Autorita'  d'ambito,  entro   novanta   giorni   decorrenti   dal
ricevimento del piano, i propri rilievi  od  osservazioni,  dettando,
ove  necessario,  prescrizioni  concernenti:   il   programma   degli
interventi,  con  particolare   riferimento   all'adeguatezza   degli
investimenti programmati in relazione ai livelli minimi  di  servizio
individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con
particolare riferimento alla capacita' dell'evoluzione tariffaria  di
garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in
relazione agli investimenti programmati». 
    A  detta  della  stessa  ricorrente:  a)   il   comma   1   della
disposizione, il quale prevede la predisposizione del piano  d'ambito
indicandone il contenuto, viola gli artt. 117 e  118  Cost.,  perche'
attribuisce illegittimamente allo Stato la disciplina dell'«esercizio
delle funzioni amministrative spettanti agli enti infra-statuali»; b)
i successivi commi da 2 a 5 sono illegittimi, perche'  attuativi  del
comma 1; c) il comma  6  e'  illegittimo,  perche',  specificando  la
disciplina  relativa  alle   fasi   successive   alla   delibera   di
approvazione del piano d'ambito, detta  una  «disciplina  procedurale
assai dettagliata». 
    2.8. - Oggetto di censura e' anche il  successivo  art.  150,  il
quale prevede, ai commi  1  e  2,  che  «l'Autorita'  d'ambito  [...]
delibera la forma di gestione fra quelle  di  cui  all'articolo  113,
comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» e «aggiudica
la gestione del servizio idrico integrato mediante gara  disciplinata
dai principi e dalle  disposizioni  comunitarie,  in  conformita'  ai
criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo  18
agosto 2000, n.  267,  secondo  modalita'  e  termini  stabiliti  con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  nel
rispetto delle competenze regionali in materia». 
    La ricorrente lamenta che la norma, nel disciplinare la forma  di
gestione del servizio e le  procedure  di  affidamento  dello  stesso
«basandosi essenzialmente sulla disciplina dell'art. 113 del  decreto
legislativo n. 267 del 2000», viola l'art. 117 Cost.,  «sulla  scorta
delle affermazioni [...] della sentenza n. 272 del 2004», perche': a)
«dimostra   chiaramente   l'intento   dilatatorio   perseguito    dal
legislatore  statale  relativamente  alle  competenze   di   cui   e'
titolare»; b) «l'esclusione  di  ogni  rilievo  della  «tutela  della
concorrenza» nel settore che ci occupa configura,  in  effetti,  come
improponibile una recezione della normativa dal precitato art. 113». 
    2.9. - E' censurato, poi,  il  l'art.  151,  che  prevede  che  i
rapporti tra autorita'  d'ambito  e  soggetti  gestori  del  servizio
idrico  integrato   «sono   regolati   da   convenzioni   predisposte
dall'Autorita' d'ambito» e indica il contenuto delle convenzioni tipo
e dei relativi disciplinari. 
    Ad avviso della Regione, la disposizione e'  illegittima  perche'
«prosieguo logico e specificazione» dell'art. 150. 
    2.10. - E' censurato l'art.  153,  a  norma  del  quale:  a)  «le
infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti  locali  ai  sensi
dell'articolo 143 sono affidate in concessione  d'uso  gratuita,  per
tutta la durata  della  gestione,  al  gestore  del  servizio  idrico
integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei  termini  previsti
dalla   convenzione   e   dal   relativo   disciplinare»;    b)    le
immobilizzazioni, le attivita' e le passivita' relative  al  servizio
idrico integrato sono trasferite al soggetto gestore,  «che  subentra
nei relativi obblighi; di tale trasferimento  si  tiene  conto  nella
determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli
oneri per la finanza pubblica». 
    La Regione lamenta che la  disposizione  e'  illegittima  per  le
medesime ragioni esposte in relazione all'art. 150. 
    2.11. - La ricorrente denuncia anche l'art. 154,  affermando  che
esso, nel disciplinare  la  tariffa  del  servizio  idrico  integrato
«fissando i parametri in base ai quali essa deve essere concretamente
determinata», si pone in contrasto con: a) gli artt. 117 e 118 Cost.,
come interpretati  dalla  sentenza  n.  335  del  2005,  perche'  «La
determinazione della tariffa di un servizio  rientra,  evidentemente,
negli aspetti di pura gestione dello stesso, e dunque  non  puo'  non
tradursi in una normativa di minuto dettaglio (sul presupposto -  che
si e' qui fatto proprio, peraltro solo per ipotesi - che si versi  un
ambito materiale comunque riconducibile alla  competenza  trasversale
dello Stato)»; b) l'art. 119 Cost., «in  ragione  della  compressione
che si viene a creare dell'autonomia  di  entrata  costituzionalmente
garantita a regioni ed enti locali». 
    In via subordinata, quanto ai commi 2 e 3 della disposizione,  la
Regione lamenta che essi violano: a) l'art. 117, sesto comma,  Cost.,
perche'  prevedono  poteri  regolamentari  che  incidono  su  materie
diverse  da  quelle  di  competenza  esclusiva  statale;  b)  in  via
ulteriormente  subordinata,  il  principio  di  leale   cooperazione,
perche' «i poteri regolamentari ivi contemplati  non  prevedono,  nel
loro esercizio, alcun coinvolgimento delle istanze rappresentative di
regioni ed enti locali». 
    2.12. - E' denunciato anche l'art. 155 per le medesime ragioni di
cui al punto 2.11. 
    2.13. - La Regione impugna, inoltre, l'art. 156, il quale dispone
che la tariffa del servizio idrico integrato e' riscossa dal  gestore
e regola le modalita' della riscossione. 
    Per la ricorrente, la disposizione viola  gli  artt.  117  e  118
Cost., perche' «si occupa della disciplina  della  riscossione  della
tariffa, incidendo  dunque  su  un  aspetto  di  ulteriore  dettaglio
rispetto a quanto previsto negli artt. 154 e 155». 
    2.14 - Sono censurati anche gli artt. 159 e 160. 
    2.14.1. - La prima di tali disposizioni istituisce  e  disciplina
sul piano strutturale l'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche
e sui rifiuti, in particolare disponendo che: a) «il Comitato per  la
vigilanza sull'uso delle risorse  idriche  istituito  dalla  legge  5
gennaio  1994,  n.  36,  assume  la  denominazione  di  Autorita'  di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito  denominata
«Autorita», con il compito di assicurare l'osservanza,  da  parte  di
qualsiasi  soggetto  pubblico  e  privato,  dei  principi   e   delle
disposizioni di cui alle parti terza e quarta del  presente  decreto»
(comma 1); b) sono organi dell'Autorita' «il presidente, il  comitato
esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni  denominate
"Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e  "Sezione  per  la
vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione e' composta  dal  presidente
dell'Autorita', dal coordinatore di sezione e  da  cinque  componenti
per la "Sezione per la vigilanza sulle  risorse  idriche"  e  da  sei
componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"» (comma  2);
c) «il comitato esecutivo e' composto dal presidente dell'Autorita' e
dai  coordinatori  di  sezione»   (comma   2);   d)   «il   consiglio
dell'Autorita' e'  composto  da  tredici  membri  e  dal  presidente,
nominati  con   decreto   del   Presidente   della   Repubblica,   su
deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri»  (comma  2);   e)   «il
presidente dell'Autorita' e quattro  componenti  del  consiglio,  dei
quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono  nominati  su
proposta del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,
due su proposta del Ministro dell'economia e delle  finanze,  due  su
proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su  proposta  del
Ministro delle attivita' produttive relativamente alla  "Sezione  per
la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione  della  Conferenza
dei presidenti delle regioni e delle province autonome» (comma 2); f)
il «Presidente dell'Autorita' e' il legale  rappresentante,  presiede
il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso  si
articola»  (comma  3);  g)  il  «comitato   esecutivo   e'   l'organo
deliberante dell'Autorita»  (comma  3);  h)  «l'organizzazione  e  il
funzionamento, anche contabile, dell'Autorita' sono disciplinati,  in
conformita' alle disposizioni di cui alla parte terza  e  quarta  del
presente  decreto,  da  un  regolamento  deliberato   dal   Consiglio
dell'Autorita' ed emanato con decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei Ministri» (comma 4). 
    2.14.2. - L'art. 160 dispone, al  comma  1,  che,  nell'esercizio
delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1  dell'articolo  159,
«l'Autorita' vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti  e  controlla
il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse  e  della
salvaguardia  ambientale  esercitando  i  relativi  poteri  ad   essa
attribuiti dalla legge». I commi 2 e  3  dello  stesso  articolo  160
individuano nel dettaglio le singole attivita' svolte dall'Autorita',
nonche' gli strumenti sanzionatori e  di  controllo  dei  quali  essa
dispone. 
    2.14.3. - La ricorrente sostiene che i suddetti artt. 159 e  160,
nell'istituire un'autorita' di vigilanza e nel disciplinare i compiti
e le funzioni dell'autorita' medesima, violano: a) gli  artt.  117  e
118  Cost.,  in  quanto:  (a.1.)  «escludono   qualunque   intervento
regionale che incida su un ambito che incide indiscutibilmente  sulle
attribuzioni costituzionali alle regioni» e, percio',  adottano  «una
prospettiva  tale  per  cui  e'  lo  Stato  ad  avere  un   monopolio
sostanzialmente assoluto»; (a.2.)  determinano  illegittimamente  «la
concentrazione in capo  allo  Stato  della  funzione  di  vigilanza»,
mentre al riguardo «non puo' non prospettarsi una contiguita' tra  le
competenze normative  in  tema  di  gestione  e  quelle  in  tema  di
vigilanza», come evidenziato dalle sentenze n. 106 e n. 63 del  2006;
b) l'art. 118 Cost., sub  specie  del  principio  di  sussidiarieta',
perche' non si puo' «negare che il livello regionale  di  governo  e'
ampiamente nelle condizioni di assicurare lo  svolgimento  di  questa
funzione [e cioe' della funzione di vigilanza],  ed  anzi  -  per  la
migliore conoscenza delle peculiarita' del proprio territorio - lo e'
in misura certo maggiore rispetto ad una autorita' centrale». 
    Quanto, in particolare, al  comma  2  dell'art.  159,  la  stessa
ricorrente sostiene che esso contrasta con: a) l'art.  76  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004
perche'  tale  legge  «impone  al  legislatore  il   rispetto   delle
attribuzioni regionali e degli enti locali stabilite all'interno  del
decreto legislativo n. 112 del 1998» e l'art. 88,  comma  1,  lettera
h), di tale decreto legge prevedeva che «il Comitato per la vigilanza
sull'uso  delle  risorse  idriche  era  composto  "da  sette  membri,
nominati con decreto del Ministro dei lavori  pubblici,  di  concerto
con il Ministro dell'ambiente", con conseguente "arretramento", nella
disposizione impugnata, «della posizione assegnata ai  rappresentanti
regionali»;  b)  l'art.  118  Cost.,  perche'  «lede  le  prerogative
costituzionali   delle   regioni»;   c)   il   principio   di   leale
collaborazione, perche' «lede  le  prerogative  costituzionali  delle
regioni». 
    Quanto, poi, al comma 4 dello stesso art. 159, la Regione afferma
che esso viola: a)  l'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,  perche'  «la
disposizione si traduce nella attribuzione allo Stato  di  un  potere
regolamentare in un ambito diverso da quello  per  cui  lo  Stato  ha
competenza  legislativa  esclusiva»;  b)  il   principio   di   leale
collaborazione,  per  «il  mancato   coinvolgimento   delle   istanze
rappresentative delle regioni nella approvazione  di  un  regolamento
che  avrebbe  importanti  ricadute  sulla  gestione   delle   risorse
idriche». 
    2.15. - La Regione denuncia, infine,  l'art.  176,  comma  1,  il
quale prevede che «Le  disposizioni  di  cui  alla  parte  terza  del
presente decreto che concernono materie di  legislazione  concorrente
costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma
3, della Costituzione», in riferimento all'art. 117, comma 3,  Cost.,
perche' «l'autoqualificazione alla stregua di norme di  principio  e'
da ritenersi illegittima, nella misura in cui non tiene  conto  della
riscontrabilita' di (molte) disposizioni che, come in  precedenza  si
e'  visto,  intervengono,  disciplinando  aspetti  eminentemente   di
dettaglio, su materie di competenza concorrente». 
    2.16.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  ricorrente  Regione
Calabria ha depositato memoria, insistendo in quanto gia' richiesto. 
    3.  -  Con  ricorso  notificato  tramite  il  servizio   postale,
consegnato all'ufficio  postale  il  12  giugno  2006,  pervenuto  al
destinatario il 21 giugno  2006,  depositato  il  14  giugno  2006  e
iscritto al n. 69 del registro ricorsi del 2006, la  Regione  Toscana
ha promosso questioni  di  legittimita'  costituzionale  di  numerose
disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 e,  tra  queste,
degli artt. 148, comma 5, 149, comma 6, 154, 155, 159, comma 2,  160,
comma 2, lettere f) e g). 
    3.1. - La ricorrente censura l'art. 148, comma 5, in  riferimento
l'art. 117, quarto comma, Cost.,  perche',  disciplinando  l'adesione
dei Comuni alla gestione unica del servizio idrico integrato,  incide
sulla materia,  di  potesta'  legislativa  residuale  regionale,  dei
«servizi pubblici locali». 
    Osserva la Regione che la Corte  costituzionale  ha  operato  una
distinzione all'interno dei servizi pubblici locali tra quelli dotati
di rilevanza economica e quelli che ne sono sprovvisti: mentre questi
ultimi possono ricondursi alle materie di competenza residuale  delle
Regioni, per quelli a rilevanza economica lo Stato e'  legittimato  a
porre principi in virtu' della sua competenza esclusiva in materia di
tutela della concorrenza. La competenza statale si riferisce,  pero',
solo alle disposizioni di  carattere  generale  che  disciplinano  le
modalita' di gestione e l'affidamento dei servizi. 
    Ad avviso della ricorrente, la previsione  di  eventuali  deroghe
alla gestione unica del servizio  idrico  integrato  per  particolari
enti territoriali ed in particolari circostanze, non concretizza  una
misura volta a  tutelare  la  concorrenza,  perche'  e'  strettamente
connessa a «valutazioni sulle caratteristiche e sulle tipologie degli
enti   che   insistono   sul   territorio   nonche'   a   valutazioni
sull'opportunita'  ed  economicita'  di  gestioni  separate  che  non
possono che competere alle regioni». 
    3.2. - E' poi censurato l'art. 149, comma 6, del  d.lgs.  n.  152
del 2006, perche' esso, nello stabilire  che  il  piano  d'ambito  e'
trasmesso alla Regione competente, all'Autorita' di  vigilanza  sulle
risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e nel prevedere un potere di controllo da parte
dell'Autorita'  di  vigilanza,   che   «presenta   una   composizione
fortemente sbilanciata a  favore  dei  rappresentanti  ministeriali»,
viola: a) l'art. 117, quarto comma, Cost., incidendo, in parte, sulla
materia, di potesta' legislativa residuale  regionale,  dei  «servizi
pubblici locali»; b) l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  incidendo,  in
parte, sulla materia, di potesta' legislativa concorrente  regionale,
del «governo del territorio», dettando disposizioni di dettaglio. 
    Sostiene la ricorrente  che,  poiche'  «il  contenuto  del  Piano
d'ambito consente di ricondurlo in parte  alla  materia  dei  servizi
pubblici ed in parte alla materia del governo del  territorio  (basti
pensare al programma delle manutenzioni e  degli  investimenti)»,  la
competenza legislativa statale deve  essere  ritenuta  limitata  alla
disciplina di stretta tutela della concorrenza e alla fissazione  dei
principi fondamentali. 
    3.3. - La Regione denuncia, inoltre, gli artt.  154  e  155,  sul
rilievo che essi, nel prevedere, nella sostanza, «poteri ministeriali
sovraordinati a quelli delle regioni, in violazione delle  competenze
ad esse riconosciute dal titolo  V  della  Costituzione»  contrastano
con: a) l'art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  perche'  incidono  sulla
competenza legislativa residuale  regionale  in  materia  di  servizi
pubblici locali; b) l'art. 3  Cost.,  perche'  sono  incoerenti  «con
l'evoluzione  della  stessa  legislazione  statale»  ed  omettono  di
indicare «tra i criteri per la  determinazione  della  tariffa»,  gli
«obiettivi di miglioramento  della  produttivita»,  parametro  invece
previsto dall'art. 13 della legge n. 36  del  1994;  c)  l'art.  119,
primo e secondo comma, Cost., perche' ledono l'«autonomia finanziaria
e tributaria delle regioni, incidendo  [...]  su  un'entrata  la  cui
disciplina ricade nella competenza regionale». 
    3.4. - E' impugnato anche l'art. 159, comma 2, del d.lgs. n.  152
del 2006, sul rilievo che esso, nel disciplinare la composizione e le
competenze dell'Autorita' per la vigilanza sulle  risorse  idriche  e
sui  rifiuti,  prevede  una  composizione   dell'organo   «fortemente
sbilanciata a favore della componente statale», pur essendo investito
detto organo di funzioni che incidono su «una  pletora  di  interessi
riconducibili ora alla competenza statale (tutela della  concorrenza,
tutela dell'ambiente), ora alla competenza concorrente delle  regioni
(governo del territorio)  ora  alla  competenza  esclusiva  regionale
(disciplina del servizio pubblico economico)». Per la  Regione,  esso
viola, percio': a) gli artt. 117 e 118 Cost., «in via residuale e  in
via concorrente», perche' «non riconosce adeguata  rappresentativita'
agli interessi regionali»; b) il principio di leale collaborazione. 
    3.5. - La  ricorrente  denuncia,  infine  l'art.  160,  comma  2,
lettere f) e g), perche' esso, nello  stabilire  che  l'Autorita'  di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti  «specifica  i  livelli
generali di qualita' riferiti ai servizi da prestare» e che i gestori
devono adottare e rispettare una  carta  del  servizio  pubblico  con
indicazione di standard dei singoli servizi, si pone in contrasto con
l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,   incidendo   sulla   competenza
legislativa  residuale  regionale  in  materia  di  servizi  pubblici
locali, esercitata nel caso di specie con le leggi  regionali  n.  81
del 2005, n. 26 del 1997 e n. 25 del 1998. 
    3.6. - Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, rilevando l'inammissibilita' e l'infondatezza delle censure. 
    La difesa erariale rileva, in particolare che,  contrariamente  a
quanto  affermato  dalla  Regione:  a)  l'art.  148,  comma  5,   nel
consentire che i piccoli Comuni di montagna gestiscano direttamente i
servizi idrici, non attiene alla materia dei servizi pubblici locali,
ma solo a quelle dell'ambiente e della tutela della  concorrenza;  b)
l'art. 149, comma 6,  fissa,  nell'interesse  generale,  «un  livello
minimo  di  servizi  idrici,  determinato  in  maniera  quanto   piu'
possibile omogenea»; c) gli artt. 154 e 155  rispondono  all'esigenza
di fissare gli elementi di base delle tariffe  in  modo  omogeneo  su
tutto il territorio nazionale e lasciano alle Regioni «ampi spazi per
le politiche locali di incentivazione e di aggravamento»;  d)  l'art.
159, comma 2, nel disciplinare l'organismo di vigilanza  del  settore
della gestione delle risorse idriche come un'autorita'  indipendente,
legittimamente stabilisce  «quanto  e  come  le  regioni  (principali
attori nella gestione) debbano partecipare»  a  detto  organismo;  e)
l'art. 160, comma 2,  lettere  f)  e  g),  non  invade  la  sfera  di
competenza della Regione, perche' si limita  a  disciplinare  «poteri
generali di controllo nell'interesse generale dell'utenza». 
    3.7. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente. 
    3.8. - In prossimita' dell'udienza, la ricorrente  ha  depositato
memoria, insistendo nelle richieste gia' formulate. 
    La  ricorrente  afferma:  a)  di   non   avere   piu'   interesse
all'impugnazione dell'art. 148, comma 5, perche' la  norma  e'  stata
sostituita dall'art. 2, comma 14, del decreto legislativo  n.  4  del
2008, il quale, tra le condizioni  che  legittimano  la  deroga  alla
gestione  unica,  prevede  che  vi  sia  il  consenso  dell'autorita'
d'ambito competente, istituita dalla Regione; b) di  non  avere  piu'
interesse all'impugnazione dell'art. 149, comma 6,  perche'  tutti  i
riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche  e  sui
rifiuti sono stati soppressi dal comma 5 dell'art. 1,  del  d.lgs.  8
novembre 2006, n. 284; c) di avere ancora interesse  all'impugnazione
degli artt. 154  e  155,  perche'  dette  norme,  pur  essendo  state
modificate  successivamente  alla  presentazione  del  ricorso,  sono
rimaste  invariate  nel  loro   nucleo   essenziale,   lesivo   delle
attribuzioni   regionali;   d)   di   non   avere   piu'    interesse
all'impugnazione degli artt. 159, comma 2, e 160, comma 2, lettere f)
e g), perche' abrogati. 
    3.9.  -  Ha  depositato  memoria  in   prossimita'   dell'udienza
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF), insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    4.  -  Con  ricorso  notificato  tramite  il  servizio   postale,
consegnato all'ufficio  postale  il  12  giugno  2006,  pervenuto  al
destinatario il 27 giugno  2006,  depositato  il  15  giugno  2006  e
iscritto al n. 70 del registro ricorsi del 2006, la Regione  Piemonte
ha promosso questioni  di  legittimita'  costituzionale  di  numerose
disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 e,  tra  queste,
degli artt. 148, comma 5, 150, « in  combinato  disposto  con  l'art.
170, comma 3, lettera i)», e 176. 
    La Regione premette di  avere  dato  attuazione  alla  disciplina
della gestione delle risorse idriche contenuta nella legge n. 36  del
1994, con la legge regionale 20 gennaio 1997,  n.  13  (Delimitazione
degli ambiti territoriali ottimali per l'organizzazione del  servizio
idrico integrato e disciplina delle forme e dei modi di  cooperazione
tra gli Enti Locali ai sensi della legge 5  gennaio  1994,  n.  36  e
successive modifiche ed integrazioni. Indirizzo e  coordinamento  dei
soggetti istituzionali in materia di risorse idriche), attraverso  un
complesso    processo    di    concertazione,    che    ha    portato
all'«individuazione  di  sei  ambiti  che  rispondono  alle  seguenti
caratteristiche: rispetto sostanziale delle  infrastrutture  e  degli
impianti   esistenti,   indipendentemente   dalle   singole   realta'
gestionali; dimensione sufficientemente ampia per  l'applicazione  di
una tariffa di ambito idonea a compensare tutti i costi di gestione e
di  investimento  senza  essere  eccessivamente   onerosa;   presenza
all'interno di ogni ambito di situazioni differenziate, quali piccoli
centri abitati e citta' di notevoli  dimensioni,  zone  di  montagna,
collinari e di pianura, porzioni di territorio  altamente  dotate  di
infrastrutture ed aree poco attrezzate». 
    In particolare, la ricorrente riferisce che, con la citata  legge
reg. n. 13 del 1997: a) si e' esclusa la possibilita'  «di  ricorrere
alle gestioni in economia, incompatibili con i criteri di efficienza,
efficacia ed economicita' posti dalla legge n. 36/1994 con  specifico
riferimento ai servizi idrici e con le norme dell'art. 113 del d.lgs.
n. 267/2000 in materia di servizi pubblici locali»; b) si e' previsto
che la gestione del servizio idrico integrato possa  essere  affidata
«anche ad una pluralita' di soggetti, anziche' ad un  unico  gestore,
purche'  cio'  risponda  all'interesse  generale  dell'intero  ambito
territoriale ottimale ed  a  condizione  che  ciascuno  dei  soggetti
individuati provveda, nella  porzione  di  territorio  servito,  alla
gestione unitaria del c.d.  ciclo  completo  dell'acqua  (captazione,
adduzione e  distribuzione,  fognatura  e  depurazione)»;  c)  si  e'
disposta «l'applicazione graduale della c.d. tariffa d'ambito, intesa
quale corrispettivo del servizio idrico integrato pagato  dall'utenza
nell'intero ambito territoriale ottimale». 
    4.1. - La ricorrente censura l'art. 148, comma 5, in riferimento:
a) all'art. 3 Cost., sub specie del principio di uguaglianza, perche'
detta disposizione «e' totalmente avulsa dalla  considerazione  della
forte differenziazione delle realta' territoriali  ed  amministrative
nelle regioni italiane»; b) allo stesso art. 3 Cost., sub specie  del
principio di ragionevolezza,  perche'  detta  norma  e'  «in  patente
contraddizione con lo stesso principio di organizzazione del servizio
idrico in base all'individuazione di ambiti  territoriali  ottimali»;
c) all'art. 76 Cost., perche' «l'introdotta deroga  al  principio  di
unicita' della gestione d'ambito esula  dai  principi  dettati  dalla
legge di delega»; d) agli artt. 117 e 118 Cost., perche' detta deroga
«contrasta con il mantenimento del complessivo quadro istituzionale e
dell'assetto   organizzativo   delle   funzioni   gia'    stabilito»,
condizionando e limitando «le potesta'  regionali  di  organizzazione
delle funzioni  amministrative  nel  territorio  e  negli  ambiti  di
competenza regionale  quali  quello  della  regolazione  dei  servizi
pubblici locali, senza che sia ravvisabile alcuna razionale superiore
diversa esigenza di carattere unitario ed anzi in evidente  contrasto
con gli stessi principi della disciplina del settore». 
    Rileva la Regione che «la previsione generalizzata di sottrazione
dei comuni indicati dall'art. 148, comma 5 alla  partecipazione  agli
ambiti territoriali  ottimali,  a  meno  che  essi  non  vi  prestino
volontaria [...] adesione, e' totalmente avulsa dalla considerazione»
delle caratteristiche del territorio regionale,  perche',  mentre  «i
territori montani piemontesi sono caratterizzati da  superfici  vaste
su cui insistono piccoli centri abitati, solitamente poco  attrezzati
sotto il profilo infrastrutturale (soprattutto depurativo)  a  fronte
di   una   presenza   di   risorsa    idrica    qualitativamente    e
quantitativamente  rilevante»,  le  zone  di  pianura,  invece,  sono
«territori ad  alta  densita'  abitativa,  dotati  di  infrastrutture
idriche ma in  condizioni  quali-quantitative  precarie»  e  le  zone
collinari hanno «peculiarita' geomorfologiche  e  di  antropizzazione
rilevanti».  La  deroga  al  principio  di  unicita'  della  gestione
d'ambito introdotta dal legislatore statale, senza previsione neppure
di un regime transitorio o di una clausola di  salvezza  dell'attuale
«operativita' degli ambiti territoriali  ottimali  e  delle  gestioni
gia' esistenti,  spezza  improvvisamente  un  sistema  che  [...]  e'
strutturato, dimensionato e finanziariamente esposto  per  rispondere
alle esigenze di gestione e infrastrutturazione unitaria  dell'ambito
territoriale ottimale». 
    In  base  a  tali  considerazioni,  la   ricorrente   chiede   la
sospensione dell'esecuzione della disposizione censurata. 
    4.2. - E' censurato, inoltre, l'art. 150, in  combinato  disposto
con l'art. 170, comma 3, lettera i). 
    Tale ultima disposizione prevede che:  «fino  all'emanazione  del
decreto di cui  all'articolo  150,  comma  2,  all'affidamento  della
concessione  di  gestione  del  servizio  idrico  integrato   nonche'
all'affidamento a societa' miste continuano ad applicarsi il  decreto
ministeriale 22 novembre 2001,  nonche'  le  circolari  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004». 
    La  Regione  sostiene   che   detto   combinato   disposto,   nel
disciplinare la scelta della forma di  gestione  del  servizio  e  le
procedure di affidamento dello stesso,  nonche'  il  relativo  regime
transitorio,  viola:  a)  gli  artt.  117  e   118   Cost.,   perche'
illegittimamente determina una «attrazione  completa  nell'ambito  di
attivita' amministrativa ministeriale di tutta la disciplina relativa
alla gestione del servizio considerato, consolidando nelle norme  del
decreto delegato precedenti atti ministeriali», senza che  «a  fronte
di  cio'  si  possano  rinvenire  peculiarita'  del  servizio  idrico
integrato che giustifichino un simile intervento legislativo  statale
in deroga alla disciplina generale dei servizi pubblici  locali»;  b)
l'art. 117, terzo comma, Cost., perche', non limitandosi a  stabilire
principi fondamentali della materia,  detta  «misure  di  dettaglio»,
«con conseguente invasione delle competenze regionali in  materia  di
regolazione del servizio idrico integrato». 
    4.3. - La ricorrente censura,  infine,  in  riferimento  all'art.
117, terzo comma, Cost., l'art. 176, comma 1, il quale prevede - come
visto - che «Le disposizioni di cui alla  parte  terza  del  presente
decreto  che   concernono   materie   di   legislazione   concorrente
costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma
3,  della  Costituzione»,  perche'  «le  evidenziate  violazioni  dei
precetti costituzionali ineriscono al sistema delle competenze  ed  a
quello della pianificazione di settore,  veri  e  propri  cardini  di
tutto  l'impianto   normativo   considerato»   e,   percio',   «anche
disposizioni in se' e per se' non censurabili non  possono  risultare
sottratte alle questioni sollevate, cosicche' per tale ragione, oltre
al rilievo inerente al metodo procedurale adottato, che  riflette  su
tutte  le  disposizioni  la  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione,  come  evidenziato  al  I  motivo,   l'illegittimita'
costituzionale si estende all'intero complesso normativo di cui  alla
Parte III del d.lgs. n. 152/1999». 
    4.4. - Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il  ricorso  sia  dichiarato  «inammissibile  ed
infondato» e riservandosi ulteriori  deduzioni  nel  successivo  atto
difensivo. 
    4.5. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente. 
    4.6. - Nel giudizio sono  intervenute  anche,  costituendosi  con
unico atto, la s.p.a. Biomasse Italia, la  s.r.l.  Societa'  Italiana
Centrali Termoelettriche - SICET, la s.r.l.  Ital  Green  Energy,  la
s.p.a. E.T.A. - Energie Tecnologie Ambiente, chiedendo che  la  Corte
costituzionale    «dichiari    l'inammissibilita'    e/o     comunque
l'infondatezza dell'epigrafato ricorso». 
    4.7. - Con successiva  memoria  la  s.p.a.  Biomasse  Italia,  la
s.r.l. Societa' Italiana Centrali Termoelettriche - SICET, la  s.r.l.
Ital Green Energy, la s.p.a. E.T.A.  -  Energie  Tecnologie  Ambiente
hanno insistito nelle conclusioni formulate nell'atto  di  intervento
«e, comunque per la dichiarazione di  sopravvenuta  improcedibilita',
in parte qua, del ricorso». 
    4.8.  -  Ha  depositato  memoria  in   prossimita'   dell'udienza
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF), insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    5. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato  il  16
giugno 2006 e iscritto al n. 72 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Umbria ha promosso questioni di  legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 148, comma 5, 149, comma  6,  153,  comma  1,
154, 155, 160, 166, comma 4. 
    Sostiene la ricorrente che - contrariamente  a  quanto  si  legge
nell'art. 141, comma 1, dello stesso d.lgs. n.  152  del  2006  -  le
disposizioni  censurate,  che   disciplinano   il   servizio   idrico
integrato, non si limitano a regolare i «profili  che  concernono  la
tutela dell'ambiente e della  concorrenza  e  la  determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato  e
delle relative funzioni fondamentali di  comuni,  province  e  citta'
metropolitane».  La  Regione  osserva  che  i  titoli  di  competenza
invocati dal legislatore statale non consistono in «normali materie»,
ma piuttosto in «materie trasversali»,  le  quali,  «se  da  un  lato
consentono un intervento statale con riferimento a qualunque materia,
ivi comprese quelle riservate ex art. 117, comma 4,  alla  competenza
esclusiva regionale, dall'altro, proprio per tale ragione,  impongono
che l'intervento statale sia limitato tassativamente alla  disciplina
di quanto e' strettamente necessario al conseguimento della finalita'
culla clausola trasversale medesima e'  preordinata:  pena,  in  caso
contrario,  il  fin  troppo  evidente  sostanziale   svuotamento   di
qualunque prerogativa costituzionale delle regioni». 
    Quanto alla materia della «tutela dell'ambiente»  -  prosegue  la
Regione -, deve ritenersi che la competenza legislativa  dello  Stato
sia  limitata  alle  «determinazioni  che  rispondono   ad   esigenze
meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio  nazionale».
Del pari, la tutela della concorrenza, in quanto  «materia-funzione»,
caratterizzata da  un'estensione  non  rigorosamente  circoscritta  e
determinata, puo' giustificare interventi del legislatore statale che
siano  basati  «sul  criterio  di  proporzionalita-adeguatezza».   La
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale» e' poi del tutto estranea rispetto  all'oggetto
delle disposizioni statali relative al servizio idrico, perche'  esse
riguardano servizi di rilevanza economica. La materia  relativa  alle
«funzioni fondamentali di comuni, province e  citta'  metropolitane»,
infine, e'  anch'essa  estranea  all'ambito  delle  norme  censurate,
perche' «la gestione dei  servizi  pubblici  locali  non  puo'  certo
considerarsi esplicazione di una funzione  propria  ed  indefettibile
dell'ente locale». 
    Osserva, in conclusione, la  ricorrente  che  la  disciplina  del
servizio idrico integrato deve essere  ricondotta  alla  materia  dei
servizi pubblici locali, che - come affermato  dalla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 29 del  2006  -  appartiene  alla  competenza
residuale delle regioni. 
    5.1. - L'art. 148, comma 5, e' censurato in quanto  stabilisce  -
come visto - che l'adesione alla gestione unica del  servizio  idrico
integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione  fino  a  1.000
abitanti  inclusi  nel  territorio  delle   comunita'   montane,   «a
condizione  che  la  gestione  del  servizio   idrico   sia   operata
direttamente  dalla  amministrazione  comunale  ovvero  tramite   una
societa' a capitale interamente pubblico e controllata  dallo  stesso
comune». La ricorrente  sostiene  che  la  disposizione  si  pone  in
contrasto con: a) l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  perche',  non
trovando «fondamento nelle  clausole  trasversali  pure  evocate  dal
legislatore statale all'art. 141, primo comma», del medesimo  decreto
legislativo, incide sulla competenza legislativa residuale  regionale
in materia di servizi  pubblici  locali,  cui  e'  riconducibile  «la
decisione sugli ambiti  concreti  e  sulle  modalita'  gestionali  ed
organizzative del servizio»;  b)  l'art.  3  Cost.,  sub  specie  del
principio di ragionevolezza, perche'  comporta  «necessariamente  una
riorganizzazione   dell'intero   servizio   idrico    incredibilmente
irrazionale, complessa e difficoltosa, con conseguenti disservizi per
tutti gli utenti e gravi diseconomie di gestione»; c) l'art. 76 Cost.
e, quale norma interposta, l'art. 1, comma 1, della legge  delega  n.
308 del 2004, la quale, stabilendo che «Il  Governo  e'  delegato  ad
adottare [...] uno o piu' decreti  legislativi  di  [mero]  riordino,
coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni   legislative»
previgenti, non permette l'introduzione nel decreto delegato di  «una
previsione del tutto  nuova,  che  innova  radicalmente  rispetto  al
sistema della legge Galli (legge n. 16/1994)»,  quale  e'  quella  in
esame. 
    5.2. - La ricorrente censura  anche  l'art.  149,  comma  6,  per
violazione: a) dell'art. 76 Cost. e, quale  norma  interposta,  della
legge delega n. 308 del 2004, la quale:  (a.1.)  stabilendo  che  «Il
Governo e' delegato ad adottare [...] uno o piu' decreti  legislativi
di [mero] riordino, coordinamento e integrazione  delle  disposizioni
legislative»   previgenti   (art.   1,   comma   1),   non   permette
l'introduzione nel decreto delegato di una disposizione di «carattere
innovativo»;  (a.2.)  stabilendo  che   la   fonte   delegata   debba
rispettare, tra l'altro,  le  attribuzioni  regionali  e  degli  enti
locali stabilite all'interno del decreto legislativo n. 112 del  1998
(art. 1, comma 8), preclude l'attribuzione di funzioni amministrative
all'Autorita' di vigilanza «in contrasto con i  disposti  di  cui  al
d.lgs. n. 112/1998», dal cui art. 88 «non  si  ricavano  elementi  in
grado di includere le funzioni affidate  all'Autorita'  di  vigilanza
fra i "compiti di rilievo nazionale" di cui l'articolo si occupa»; b)
degli artt. 117, secondo e quarto comma,  Cost.,  perche'  incide  su
«ambiti certamente estranei alle materie di cui all'art.  141,  comma
1, d.lgs. n. 52/2006 (oltre che ovviamente alle altre materie di  cui
all'art. 117,  secondo  comma  Cost.)»  e,  dunque,  non  corrisponde
all'esercizio di potesta'  legislativa  riferibile  ad  alcun  titolo
d'intervento statale;  c)  dell'art.  118,  primo  comma,  Cost.,  in
quanto:  (c.1.)  attribuisce  all'Autorita'  di  vigilanza  «funzioni
amministrative di controllo e prescrittive in assenza di reali motivi
che ne giustifichino un'attrazione a livello statale»; (c.2.) lede le
«potesta' di controllo regionali, che nel caso della  Regione  Umbria
sono gia' state disciplinate dall'art. 12  della  legge  regionale  5
dicembre 1997, n. 43»; d) in subordine, degli artt. 117 e 118  Cost.,
perche'  «un'attrazione  di  tali  potesta'  [e  cioe'   dei   poteri
amministrativi di controllo] ad opera  dello  Stato  potrebbe  essere
consentita - ricorrendone i presupposti sostanziali (cosa che non  e'
nel presente  caso)  -  previo  reale  coinvolgimento  delle  regioni
nell'esercizio del potere». 
    5.3. - E' poi oggetto di censura l'art. 153, comma  1,  il  quale
stabilisce  -  come  visto  -  che  «Le  infrastrutture  idriche   di
proprieta' degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate
in concessione d'uso gratuita [...] al gestore  del  servizio  idrico
integrato, il quale ne assume i relativi oneri [...]». 
    La Regione lamenta che la  disposizione  viola:  a)  l'art.  117,
quarto comma, Cost., in  quanto,  senza  «alcun  collegamento  con  i
titoli di competenza invocati dal legislatore statale  all'art.  141,
comma  1  del  decreto  [...]  impugnato»  incide  sulla  «competenza
esclusiva residuale delle regioni»; b) l'art. 3 Cost., sub specie del
principio   di   ragionevolezza,   in   quanto:   (b.1.),   «sancendo
inderogabilmente la gratuita' della concessione delle  infrastrutture
idriche di proprieta' degli  enti  locali  determina  un  fin  troppo
evidente danno a carico  delle  finanze  dei  medesimi  enti  locali,
privandoli di un introito  certo  che  solo  in  misura  parziale  ed
insufficiente e' compensato dalla assunzione degli oneri connessi  da
parte dei gestori»; (b.2.) puo' essere  interpretata  nel  senso  che
«abbia effetto anche in relazione agli affidamenti gia' in essere che
prevedono la onerosita' della concessione»; c)  l'art.  76  Cost.  e,
quale norma interposta, la legge di delegazione n. 308 del  2004,  la
quale: (c.1.) stabilendo che «Il  Governo  e'  delegato  ad  adottare
[...]  uno  o  piu'   decreti   legislativi   di   [mero]   riordino,
coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni   legislative»
previgenti (art. 1, comma 1), non permette l'introduzione nel decreto
delegato di una disposizione «innovativa»; (c.2.) stabilendo  che  la
fonte delegata non debba introdurre «nuovi o maggiori  oneri  per  la
finanza pubblica»  (art.  1,  comma  1),  non  permette  un  siffatto
affidamento a titolo gratuito, che priva  «gli  enti  locali  di  una
fonte d'entrata gia' ampiamente acquisita» e, percio',  determina  un
maggior onere per la finanza pubblica. 
    5.4. - La Regione denuncia anche gli artt. 154 e 155,  affermando
che essi  violano:  a)  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  perche'
incidono sulla competenza legislativa residuale regionale in  materia
di servizi pubblici locali; b) l'art. 119,  primo  e  secondo  comma,
Cost., perche' incidono «su un'entrata la cui disciplina ricade nella
competenza regionale»; c) l'art. 76 Cost. e, quale norma  interposta,
la legge delega  n.  308  del  2004,  la  quale:  (c.1.)  vincola  il
legislatore  delegato  al  «rispetto  dei  principi  e  delle   norme
comunitarie e delle  competenze  per  materia  delle  amministrazioni
statali, nonche'  delle  attribuzioni  delle  regioni  e  degli  enti
locali, come definite ai sensi dell'articolo 117 della  Costituzione,
della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31  marzo
1998, n. 112» (art.1, comma 8,  alinea);  (c.2.)  stabilisce  che  il
legislatore delegato debba conformarsi al  criterio  direttivo  dello
«sviluppo e coordinamento, con l'invarianza del gettito, delle misure
e degli interventi che prevedono incentivi e disincentivi, finanziari
o  fiscali,  volti  a  sostenere,  ai   fini   della   compatibilita'
ambientale, l'introduzione e  l'adozione  delle  migliori  tecnologie
disponibili, come definite dalla direttiva 96/61/CE del 24  settembre
1996 del Consiglio, nonche' il risparmio e l'efficienza energetica, e
a rendere piu' efficienti le azioni  di  tutela  dell'ambiente  e  di
sostenibilita' dello sviluppo, anche attraverso strumenti  economici,
finanziari e fiscali» (art.1, comma 8, lettera d); (c.3.) non prevede
«l'introduzione ex novo dell'imposta in questione». 
    5.5. - E' denunciato autonomamente il comma 6 dell'art.  154,  il
quale   stabilisce   che   «Per   conseguire   obiettivi   di    equa
redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa [...]
per le aziende artigianali, commerciali e industriali», per contrasto
con: a) l'art. 117, quarto comma, Cost.,  in  quanto,  senza  trovare
«fondamento legislativo nelle "materie" indicate nell'art. 141, comma
1»  del  medesimo  decreto  legislativo,   incide   sulla   «potesta'
legislativa esclusiva regionale»; b) l'art. 76 Cost. e,  quale  norma
interposta, la legge delega n. 308 del 2004, la quale, stabilendo che
«Il Governo  e'  delegato  ad  adottare  [...]  uno  o  piu'  decreti
legislativi di [mero] riordino, coordinamento  e  integrazione  delle
disposizioni legislative» previgenti (art. 1, comma 1), non  permette
l'introduzione nel decreto delegato di una  disposizione  «del  tutto
innovativa», quale e' quella denunciata, dato che l'art. 13, comma 7,
della legge n. 36 del 1994 «non prevede affatto  maggiorazioni  della
tariffa a carico delle categorie teste' indicate». 
    5.6. - La Regione censura, inoltre,  l'art.  160,  perche'  esso,
nell'indicare «analiticamente i molti e penetranti poteri  attribuiti
all'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche,  organismo  i  cui
componenti [...] sono in massima parte  espressione  del  livello  di
governo  statale»,  viola:  a)  gli  artt.  117,  118  e  76   Cost.,
quest'ultima disposizione costituzionale in combinato con  l'art.  1,
comma 8, della legge n. 308  del  2004,  per  le  stesse  ragioni  di
censura esposte in relazione all'art. 148, comma 5; b) gli artt.  76,
117 e 118 Cost., perche' omette «qualunque riferimento ai  poteri  di
pianificazione regionali  che  trovano  concretizzazione  nel  "piano
regolatore generale degli  acquedotti"  gia'  previsto  dall'art.  8,
comma 4, della legge Galli (n. 36/1994) ed in seguito disciplinato  a
livello regionale dall'art. 12, comma  2,  della  legge  regionale  5
dicembre 1997, n. 43». 
    5.7. - E', infine, impugnato l'art. 166, comma 4,  perche'  esso,
nello stabilire che «Il contributo di cui al  comma  3  [e  cioe'  il
contributo che deve essere versato al  consorzio  da  "chiunque,  non
associato ai consorzi di bonifica  ed  irrigazione,  utilizza  canali
consortili o acque  irrigue  come  recapito  di  scarichi,  anche  se
depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti
di qualsiasi natura"] e'  determinato  dal  consorzio  interessato  e
comunicato al soggetto utilizzatore,  unitamente  alle  modalita'  di
versamento», si riferisce anche agli enti locali, le cui attribuzioni
costituzionali   ben   possono   essere   tutelate   dalla   Regione.
Quest'ultima sostiene, in particolare, che il comma denunciato viola:
a)  l'art.   119   Cost.,   perche',   cosi'   interpretato,   incide
sull'autonomia finanziaria degli enti locali; b) l'art.  117,  quarto
comma, Cost., perche', cosi' interpretato,  incide  sulla  competenza
legislativa residuale regionale, nel caso di specie  gia'  esercitata
dalla Regione con l'approvazione dell'art. 12 della legge n. 430  del
2004; c) degli artt. 3 e 41 Cost., perche' determina «una illegittima
compressione dell'autonomia negoziale (non importa qui se  privata  o
pubblicistica) degli enti locali, che si vedono  costretti  a  subire
unilateralmente le decisioni di un soggetto  quale  il  Consorzio  di
bonifica, non ad essi sovraordinato»; d) dell'art. 76 Cost.,  perche'
e' una norma innovativa e «sprovvista di  copertura  nella  legge  n.
308/2004». 
    Riferisce, inoltre, la Regione di  avere  «gia'  disciplinato  la
materia prevedendo l'intesa per la determinazione del contributo  tra
Consorzio di bonifica e AATO ex art. 12, l.r. n. 430/2004». 
    5.8. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente. 
    5.9.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Umbria   ha
depositato memoria, in generale insistendo in quanto gia'  richiesto.
Precisa la ricorrente che la materia del contendere  deve  intendersi
cessata quanto alle questioni relative agli artt. 149, comma 6, e 160
perche' esse sono riferite  ai  poteri  dell'Autorita'  di  vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti, abolita dal comma 5 dell'art.  1
del d.lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e mai entrata in funzione. 
    5.10. - Ha depositato memoria in prossimita'  dell'udienza  anche
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF), insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    6. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato  il  16
giugno 2006 e iscritto al n. 73 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione  Emilia-Romagna  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006 e, tra queste, degli artt. 147,  comma  2,  lettera  b),
150, commi 1 e 2, 159, 160, 166, comma 1, 172, comma 2, e 176,  comma
1. 
    La ricorrente  si  riporta,  in  premessa,  ai  rilievi  generali
contenuti nel ricorso n. 56 del  2006  e,  quanto  al  riparto  delle
competenze  legislative  nella   disciplina   del   servizio   idrico
integrato, svolge  argomentazioni  analoghe  a  quelle  svolte  dalla
Regione Umbria con il ricorso n. 72 del 2006. 
    6.1. - E' censurato l'art. 147, comma 2,  lettera  b),  il  quale
prevede  che  le  Regioni  debbano  rispettare,  tra  gli  altri,  il
principio di «unitarieta' della  gestione  e,  comunque,  superamento
della frammentazione verticale  delle  gestioni»,  nel  caso  in  cui
decidano di modificare «le delimitazioni  degli  ambiti  territoriali
ottimali per migliorare la gestione del  servizio  idrico  integrato,
assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di  efficienza,
efficacia ed economicita». 
    La ricorrente lamenta che la disposizione  viola:  a)  l'art.  76
Cost., per eccesso  di  delega,  perche'  «introduce  in  un  decreto
delegato  di  mero  «riordino,  coordinamento  e  integrazione  della
materia (cfr. art. 1, comma 1, legge n. 308/2004) una previsione  del
tutto nuova, che innova radicalmente rispetto al sistema della  legge
Galli (legge n. 36/1994)», la quale al riguardo  «aveva  previsto  il
diverso criterio della unitarieta' attraverso  il  superamento  della
frammentazione delle gestioni esistenti: ma non la rigida  necessaria
unicita' della gestione»; b) l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  in
quanto, senza trovare «fondamento in alcuna delle materie  richiamate
all'art. 141, comma 1» del medesimo decreto  legislativo  ne'  in  un
diverso titolo di competenza costituzionale,  incide  sulla  potesta'
legislativa  residuale  della  Regione  nella  materia  dei  «servizi
pubblici locali»; c) l'art. 3 Cost.,  sub  specie  del  principio  di
ragionevolezza,  perche'  e'  «adottata  senza   tenere   conto   dei
potenziali effetti negativi che essa e'  in  grado  di  produrre»,  e
cioe' senza considerare «le particolari esigenze  e  le  peculiarita'
delle singole realta' territoriali, le quali  ben  potrebbero  invece
consigliare - in casi particolari - una soluzione differente». 
    6.2. - La Regione denuncia anche l'art. 150,  comma  1,  per  gli
stessi motivi prospettati in relazione all'art. 147, comma 2, lettera
b). 
    6.3. - E' censurato, poi, il comma 2 dello stesso  art.  150,  il
quale stabilisce - come visto - che l'aggiudicazione  della  gestione
del servizio idrico integrato e' effettuata dall'Autorita' d'ambito -
nel rispetto dei criteri di cui all'art. 113, comma 7, del d.lgs.  n.
67 del 2000, - «secondo modalita' e termini stabiliti con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  nel  rispetto
delle competenze regionali in materia». 
    Per la ricorrente, la disposizione viola: a) l'art. 117,  secondo
e quarto comma, Cost., perche',  riservando  al  livello  statale  la
determinazione delle modalita' e dei termini di aggiudicazione,  lede
i  principi  di  proporzionalita'  e  di  adeguatezza  che  connotano
l'esercizio della potesta' legislativa statale in materia  di  tutela
della concorrenza (art. 117, secondo comma, Cost.) e, pertanto, opera
un'illegittima compressione della competenza  legislativa  regionale;
b) l'art. 117, sesto comma,  Cost.,  perche'  demanda  la  disciplina
delle  modalita'  e  dei  termini  dell'aggiudicazione  ad  un   atto
ministeriale che, al di la' del nomen  juris  utilizzato,  ha  natura
regolamentare ed interviene nella  materia  di  potesta'  legislativa
regionale dei «servizi pubblici locali»; c) l'art. 76 Cost. e,  quale
norma interposta, la legge delega n. 308 del 2004, la  quale:  (c.1.)
stabilendo che «Il Governo e' delegato ad adottare [...] uno  o  piu'
decreti legislativi di [mero] riordino, coordinamento e  integrazione
delle disposizioni legislative» previgenti (art.  1,  comma  1),  non
permette l'introduzione nel  decreto  delegato  di  una  disposizione
«innovativa»;  (c.2.)  disponendo  che  la   fonte   delegata   debba
rispettare, tra l'altro,  le  attribuzioni  regionali  e  degli  enti
locali stabilite all'interno del decreto legislativo n. 112 del  1998
(art. 1, comma 8), preclude l'attribuzione di funzioni amministrative
all'Autorita' d'ambito «in contrasto con i disposti di cui al  d.lgs.
n. 112/1998», «il cui art. 88 non riserva certo al livello di governo
statale il compito di disciplinare le  modalita'  ed  i  termini  per
l'aggiudicazione della gestione del servizio idrico integrato». 
    Rileva la ricorrente che la sentenza della  Corte  costituzionale
n. 272 del  2004,  richiamando  i  principi  di  proporzionalita'  ed
adeguatezza in  tema  di  tutela  della  concorrenza,  ha  dichiarato
l'incostituzionalita' del secondo e del terzo  periodo  del  comma  7
dell'art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, perche' tali  disposizioni,
indicando nell'estremo dettaglio i criteri di  aggiudicazione,  vanno
«al di la' della pur doverosa  tutela  degli  aspetti  concorrenziali
inerenti  alla  gara»,  realizzando  una  «illegittima   compressione
dell'autonomia  regionale,  poiche'  risulta  ingiustificato  e   non
proporzionato rispetto all'obiettivo della tutela  della  concorrenza
l'intervento legislativo statale». Tale orientamento  -  prosegue  la
ricorrente - si attaglia anche al caso di specie, con la  conseguenza
che  trova   applicazione   il   principio   secondo   cui   «aspetti
concorrenziali inerenti alla  gara  [...]  appaiono  sufficientemente
garantiti dalla puntuale indicazione [...] di una serie di standard -
coerenti con quelli contenuti nella direttiva 2004/18/CE  -  nel  cui
rispetto la gara appunto deve essere indetta ed aggiudicata»  e  ogni
previsione  ulteriore  costituisce  una  «palese  compressione  delle
legittime facolta' delle Regioni». 
    6.4. - Gli artt. 159  e  160,  che  istituiscono  e  disciplinano
l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e  sui  rifiuti,  sono
impugnati in riferimento:  a)  all'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,
perche' incidono sulla materia,  di  potesta'  legislativa  residuale
delle  Regioni,  dei  «pubblici  servizi  locali»,  stante   altresi'
l'istituzione di una Autorita' regionale di vigilanza in forza  degli
artt. 20 e 21 della legge reg. n. 25 del 1999; b) all'art. 118 Cost.,
perche' stabiliscono «l'attribuzione di funzioni amministrative ad un
organo statale in  assenza  di  reali  motivi  che  ne  giustifichino
un'attrazione a livello statale»; c) all'art. 76 Cost. e, quale norma
interposta, alla legge delega n. 308 del 2004, la quale:  (c.1.)  non
individua, quale oggetto della delega medesima,  l'istituzione  della
predetta autorita'; (c.2.) stabilendo che  la  fonte  delegata  debba
rispettare, tra l'altro,  le  attribuzioni  regionali  e  degli  enti
locali stabilite all'interno del decreto legislativo n. 112 del  1998
(art. 1, comma 8),  preclude  l'attribuzione  a  livello  statale  di
funzioni amministrative in contrasto con l'art. 88 del d.lgs. n.  112
del 1998; d) agli artt. 117 e 118 Cost.,  perche'  «un'attrazione  di
tali potesta' [e cioe' dei poteri  amministrativi  di  vigilanza]  ad
opera  dello  Stato  potrebbe  essere  consentita  -  ricorrendone  i
presupposti sostanziali (cosa che non e' nel presente caso) -  previo
reale coinvolgimento delle  regioni  nell'esercizio  del  potere,  in
ossequio ai principi indicati con la nota sentenza n. 303/2003  della
Corte cost.»; e) all'art.  3  Cost.,  sub  specie  del  principio  di
ragionevolezza,  perche'  «costituiscono  un   organismo   denominato
"Autorita'" pur in assenza dei caratteri di  indipendenza,  capacita'
tecnica e terzieta' che dovrebbero caratterizzare le "Autorita'"». 
    6.5. - La ricorrente censura  anche  l'art.  166,  comma  1,  del
d.lgs. n. 152 del 2006,  il  quale  cosi'  dispone:  «I  consorzi  di
bonifica ed irrigazione, nell'ambito  delle  loro  competenze,  hanno
facolta' di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo  irriguo,
gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue,  gli
acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi  irrigui
e di bonifica e, previa domanda alle competenti  autorita'  corredata
dal progetto delle opere da realizzare, hanno facolta' di  utilizzare
le acque fluenti nei  canali  e  nei  cavi  consortili  per  usi  che
comportino la restituzione  delle  acque  siano  compatibili  con  le
successive utilizzazioni,  ivi  compresi  la  produzione  di  energia
idroelettrica   e   l'approvvigionamento   di   imprese   produttive.
L'Autorita' di bacino esprime  entro  centoventi  giorni  la  propria
determinazione.  Trascorso  tale  termine,  la  domanda  si   intende
accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati  ai  pagamento  dei
relativi  canoni  per   le   quantita'   di   acqua   corrispondenti,
applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al  secondo
comma dell'articolo 36 del testo unico delle  disposizioni  di  legge
sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto  11
dicembre 1933, n. 1775.». 
    Per la Regione, la norma viola:  a)  l'art.  117,  quarto  comma,
Cost., perche': (a.1.) incide sulle materie, di potesta'  legislativa
residuale delle Regioni, dell'«agricoltura» e  dei  «lavori  pubblici
d'interesse   regionale»;   (a.2.)   prevedendo   «una    forma    di
silenzio-assenso da parte dell'Autorita'  di  bacino  per  l'utilizzo
delle   acque»,   illegittimamente   disciplina   «il    procedimento
[amministrativo] nelle materie regionali, come e' reso evidente dallo
stesso art. 29, commi 1 e 2, della legge statale  n.  241  del  1990,
legge generale sul procedimento amministrativo»; b) l'art. 118, primo
comma, Cost., perche',  prevedendo  «l'affidamento  della  competenza
decisionale ad un organo non  appartenente  alla  regione»,  lede  le
competenze  amministrative  di  detto  ente  territoriale,  mancando:
(b.1.) «una fondata ragione di attrazione a livello statale»;  (b.2.)
pur nel caso  di  attrazione  in  sussidiarieta',  l'«imprescindibile
concorso regionale come da sentenza 303/2003 Corte cost.»; c)  l'art.
76 Cost. e, quale norma interposta, la legge delega n. 308 del  2004,
la quale: (c.1.) stabilendo che «Il Governo e' delegato  ad  adottare
[...]  uno  o  piu'   decreti   legislativi   di   [mero]   riordino,
coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni   legislative»
previgenti (art. 1, comma 1), non permette l'introduzione nel decreto
delegato di una disposizione «innovativa»; (c.2.) disponendo  che  la
fonte  delegata  debba  rispettare,  tra  l'altro,  le   attribuzioni
regionali e degli  enti  locali  stabilite  all'interno  del  decreto
legislativo  n.  112  del  1998   (art.   1,   comma   8),   preclude
l'attribuzione  a  livello  statale  di  funzioni  amministrative  in
contrasto con gli artt. 88 e 89 del d.lgs. n. 112 del 1998. 
    6.6. - La ricorrente censura, inoltre, l'art. 172,  comma  2,  il
quale, in combinato con l'art. 147, comma 2, nel  prevedere  che  «In
relazione  alla  scadenza  del  termine  di  cui  al   comma   15-bis
dell'articolo 113 del decreto legislativo 18  agosto  2000,  n.  267,
l'Autorita' d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto  della
parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti
tale scadenza», si pone - a suo avviso - in contrasto  con  l'art.  3
Cost., sub specie del principio di ragionevolezza, perche',  «venendo
[...] ad insistere in una realta' che - normata dalla legge  Galli  e
dalle  leggi  regionali  di  settore  -  ammetteva  invece  anche  la
possibilita' di  piu'  gestioni  all'interno  del  medesimo  ambito»,
«nell'ipotesi di scadenze differenziate a seguito del termine di  cui
all'art.  113,  comma  15-bis,  d.lgs.  n.  267/2000»,  realizza  «la
situazione paradossale della inapplicabilita' della  gestione  unica,
ovvero  della  lesione  dei  diritti   dei   gestori   con   scadenze
differenziate». 
    6.7. - E' censurato, infine, l'art. 176, comma 1, sul rilievo che
esso  violerebbe   l'art.   117,   comma   3,   Cost.,   perche'   e'
«giurisprudenza  costituzionale   costante   quella   che   nega   la
legittimita'  di  un'autoqualificazione  di  disposizioni  come   "di
principio" a prescindere dai loro concreti contenuti e  dal  rigoroso
rispetto dei criteri  di  riparto  di  cui  all'art.  117  Cost.»  e,
percio', «la qualificazione "in blocco" di tutte le  disposizioni  di
cui alla Parte Terza [...] come "di principio", appare in realta' del
tutto arbitraria ed illegittima». 
    6.8. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente. 
    6.9. - In prossimita' dell'udienza, la Regione Emilia-Romagna  ha
depositato memoria, precisando che la  materia  del  contendere  deve
intendersi cessata quanto alle questioni relative agli  artt.  159  e
160, norme che disciplinano l'Autorita' di  vigilanza  sulle  risorse
idriche e sui rifiuti, abolita dal comma 5 dell'art. 1 del  d.lgs.  8
novembre 2006, n. 284 e mai entrata in funzione. 
    La ricorrente rileva, inoltre, di non avere piu'  interesse  alle
questioni relative agli artt. 147, comma 2, lettera b), 150, comma 1,
172,  comma  2,  perche'  tali  norme   richiedevano   il   requisito
dell'unicita' della gestione, sostituito, per  effetto  dell'art.  2,
comma 13, da quello dell'unitarieta' della gestione, gia' previsto  -
a suo avviso - dalla legge n. 36  del  1994  e  fatto  proprio  dalla
legislazione regionale. 
    6.10. - Ha depositato memoria in prossimita'  dell'udienza  anche
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF), insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    7. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato  il  16
giugno 2006 e iscritto al n. 74 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Liguria ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 148, comma 5, 149, comma 6, e 154. 
    7.1. - Le questioni proposte dalla  ricorrente  sono  analoghe  a
quelle proposte con il ricorso della Regione Umbria n. 72 del 2006  e
sopra riportate ai punti 5.1., 5.2. e 5.4. 
    7.2. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    7.3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Liguria  ha
depositato memoria, precisando che la  materia  del  contendere  deve
intendersi cessata quanto alle questioni relative all'art. 149, comma
6, perche' esse sono riferite ai poteri dell'Autorita'  di  vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti, abolita dal comma 5 dell'art.  1
del d.lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e mai entrata in funzione. 
    7.4. - L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for  Nature
Onlus (WWF),  ha  depositato  memoria  in  prossimita'  dell'udienza,
insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    8. - Con ricorso notificato il 12 giugno 2006, depositato  il  17
giugno 2006 e iscritto al n. 75 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Abruzzo ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 154 e 155. 
    8.1. - Le questioni proposte dalla  ricorrente  sono  analoghe  a
quelle proposte con il ricorso della Regione Emilia Romagna n. 56 del
2006 e sopra riportate ai punti 1.3. e 1.4. 
    La ricorrente chiede anche la sospensione  dell'esecuzione  delle
disposizioni censurate. 
    8.2. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    8.3. - L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for  Nature
Onlus (WWF),  ha  depositato  memoria  in  prossimita'  dell'udienza,
insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    9. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato  il  20
giugno 2006 e iscritto al n. 76 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Puglia ha promosso questioni di  legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 154 e 155. 
    9.1. - Ad avviso  della  ricorrente,  le  disposizioni  censurate
violano: a) l'art. 117, quarto comma, Cost.,  perche'  -  concernendo
una materia che non puo' farsi rientrare tra  quelle  riservate  alla
potesta' legislativa esclusiva statale, «dato che  non  attiene  alla
tutela dell'ambiente di cui alla lettera s) del  comma  1,  dell'art.
117 Cost., ne' al sistema tributario e contabile dello Stato, di  cui
alla lettera e) dello  stesso  comma»  -  incidono  sulla  competenza
legislativa residuale regionale;  b)  l'art.  119,  primo  e  secondo
comma, Cost., perche' incidono su un «tributo di  carattere  locale»,
«la cui determinazione spetta alle autonomie territoriali»; c) l'art.
76 Cost. e, quale norma interposta, la legge di  delegazione  n.  308
del  2004,  «per  contrasto  [...]  con  i  principi  direttivi»   di
quest'ultima. 
    La ricorrente chiede anche la sospensione  dell'esecuzione  delle
disposizioni  censurate,  «in  considerazione  del  rischio   di   un
pregiudizio irreparabile all'interesse pubblico o di  un  pregiudizio
grave ed irreparabile per i diritti della popolazione regionale». 
    In particolare, tale pregiudizio deriva - a detta della Regione -
dalla «previsione della soppressione delle Autorita' di Bacino di cui
alla legge n. 183/1989, prima ancora  di  provvedere  all'istituzione
delle  nuove  Autorita';  dalla  sovrapposizione  di  nuove  funzioni
statali a quelle gia' svolte dalle regioni, con conseguenze  negative
in termini di  certezza  del  diritto  e  di  efficienza  dell'azione
amministrativa». 
    9.2. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for  Nature  Onlus  (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    9.3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Puglia   ha
depositato memoria, ribadendo le argomentazioni gia' svolte. 
    9.4. - Anche l'Associazione Italiana per il World Wide  Fund  for
Nature  Onlus   (WWF),   ha   depositato   memoria   in   prossimita'
dell'udienza,   insistendo   per   l'accoglimento   delle   questioni
sollevate. 
    10. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato il  21
giugno 2006 e iscritto al n. 78 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Campania ha promosso questioni di legittimita' costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 154 e 155. 
    10.1. - Le  questioni  proposte  dalla  ricorrente  e  aventi  ad
oggetto tali disposizioni sono analoghe  a  quelle  proposte  con  il
ricorso della Regione Emilia-Romagna n. 56 del 2006 e sopra riportate
ai punti 1.3 e 1.4. 
    10.2. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione  Italiana  per
il World Wide Fund for Nature Onlus (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    10.3. - Con memoria depositata in  prossimita'  dell'udienza,  la
ricorrente ha ribadito quanto gia' richiesto nel ricorso. 
    10.4. - L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature
Onlus (WWF),  ha  depositato  memoria  in  prossimita'  dell'udienza,
insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    11. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato il  21
giugno 2006 e iscritto al n. 79 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione Marche ha promosso questioni di  legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del  2006  e,
tra queste, degli artt. 148, comma 5, 149, comma 6,  154,  155,  159,
comma 2, 160, comma 2, lettere f) e g). 
    11.1. - L'art. 148, comma 5, e' censurato in riferimento all'art.
117, quarto comma, Cost., perche',  non  concretizzando  «una  misura
volta a tutelare la concorrenza», incide sulla competenza legislativa
residuale regionale in materia di servizi pubblici locali. 
    11.2. - L'art. 149, comma 6, e' censurato in rifermento  all'art.
117, terzo e quarto comma, Cost., perche' «le finalita' del controllo
consentono di  ricondurre  l'attivita'  in  parte  alla  materia  dei
servizi pubblici, in parte alla materia del  governo  del  territorio
(programma degli investimenti)», entrambe di competenza regionale. 
    11.3. - La ricorrente impugna anche  gli  artt.  154  e  155,  in
riferimento: a) all'art. 117, quarto comma, Cost.,  perche'  incidono
sulla  competenza  legislativa  residuale  regionale  in  materia  di
servizi pubblici locali; b) all'art.  119,  primo  e  secondo  comma,
Cost., perche' incidono «su un'entrata la cui disciplina ricade nella
competenza regionale». 
    11.4. - E' censurato, inoltre, l'art. 159, comma 2, perche'  esso
-  nel  prevedere  nella  composizione  dell'organo   «una   presenza
minoritaria dei rappresentanti delle regioni (quattro membri nominati
su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle
province autonome) rispetto a quella riconosciuta ai  vari  Ministeri
(nove  membri  piu'  il  Presidente)»,  pur  essendo   detto   organo
investito, in forza dell'art. 160 del medesimo  decreto  legislativo,
di «numerosi compiti, fortemente incisivi in  materie  di  competenza
regionale» - si pone in contrasto con gli  artt.  117  e  118  Cost.,
dando luogo ad «un'illegittima attribuzione in  capo  allo  Stato  di
funzioni costituzionalmente garantite  alle  regioni  in  materia  di
servizi pubblici locali». 
    11.5. - La Regione denuncia, infine, le lettere f) e g) del comma
2 dell'art. 160, per violazione dell'art. 117, quarto  comma,  Cost.,
perche'  dette  previsioni  incidono  sulla  competenza   legislativa
residuale regionale in materia di servizi pubblici locali. 
    11.6. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione  Italiana  per
il World Wide Fund for Nature Onlus (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    11.7.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Marche  ha
depositato memoria, modificando in parte le richieste gia' formulate,
in conseguenza delle modifiche della normativa  censurata  successive
alla presentazione del ricorso. 
    Quanto al censurato art. 148, comma 5, la ricorrente  rileva  che
esso - che non ha subito significative modifiche ad opera del  d.lgs.
n. 116 del 2008, il quale ha dato attuazione alla direttiva 2006/7/CE
sulla gestione delle acque di  balneazione  -  e'  stato  interamente
sostituito dall'art. 2, comma 14, del d.lgs. n. 4 del 2008, il  quale
ha introdotto una disposizione del seguente tenore:  «Ferma  restando
la partecipazione obbligatoria all'Autorita' d'ambito  di  tutti  gli
enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica  del
servizio idrico integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione
fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane,
a condizione che gestiscano l'intero  servizio  idrico  integrato,  e
previo consenso della Autorita' d'ambito competente».  La  ricorrente
ritiene che tale modifica sostanziale della norma censurata  soddisfi
le sue pretese, perche' il nuovo testo dell'art. 148,  comma  5,  non
lede la competenza regionale in  tema  di  servizi  pubblici  locali,
limitandosi a  stabilire  solo  un  principio  generale  in  tema  di
gestione e affidamento del servizio (la  menzionata  "facoltativita'"
dell'adesione all'ATO dei piccoli Comuni inclusi nel territorio delle
Comunita' montane, condizionata alla  gestione  dell'intero  servizio
idrico integrato), rimettendone oltretutto la  concreta  operativita'
al consenso dell'Autorita' d'ambito. La  Regione  prosegue  rilevando
che, «per poter accedere ad una  eventuale  pronuncia  di  cessazione
della materia del contendere, occorre  considerare  che  la  modifica
innovativa sopravvenuta, pur non risultando formalmente efficace  per
il  passato,  presenta  carattere  sostanzialmente  retroattivo,  dal
momento che qualunque Comune che avesse optato per  la  non  adesione
all'ATO in applicazione della norma qui censurata si troverebbe  oggi
sottoposto al nuovo regime e alle nuove condizioni previste dall'art.
148, comma 5, nel testo vigente».  Per  l'ipotesi  in  cui  la  Corte
costituzionale  non  ritenesse  realizzati  i  presupposti   per   la
cessazione della materia del contendere, la  stessa  Regione  insiste
per l'accoglimento della questione, come gia' prospettata. 
    Quanto al censurato art. 149, comma 6, la ricorrente  rileva  che
esso e' stato «direttamente inciso» dal d.lgs. n. 284  del  2006,  il
cui art. 1, comma 5, ha espressamente disposto che «gli articoli 159,
160 e 207 del  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  sono
abrogati ed il Comitato  per  la  vigilanza  sull'uso  delle  risorse
idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono  ricostituiti  ed
esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti  nel  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi». Ad  avviso  della
Regione, «la "ricostituzione" e il rinvio  alle  "relative  funzioni"
del precedente Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse  idriche,
gia' disciplinato dagli artt. 21 e seguenti della  legge  n.  36  del
1994,  impone  di  considerare  questa   disciplina   come   lo   ius
superveniens  da  valutare   al   fine   di   accertare   l'eventuale
soddisfazione  delle  doglianze».  In  conseguenza  di   tale   nuova
disciplina, la ricorrente ritiene che la materia del  contendere  sia
cessata,  anche  in  considerazione  del  fatto  che  l'Autorita'  di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti prevista dall'art.  159
del d.lgs. n. 152 non e' mai stata costituita. Tuttavia -  rileva  la
ricorrente - successivamente al citato d.lgs. n.  284  del  2006,  e'
intervenuto il d.lgs. n. 4 del 2008, il cui  art.  2,  comma  15,  ha
interamente sostituito  l'art.  161  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,
ridisciplinando il Comitato per la vigilanza sull'uso  delle  risorse
idriche e attribuendo nuovamente ad esso il potere di  controllo  sul
piano d'ambito, addirittura in termini piu' generici e, dunque,  piu'
pervasivi di quanto non facesse la norma originaria. In base al testo
vigente, il  Comitato  «verifica  la  corretta  redazione  del  piano
d'ambito,  esprimendo  osservazioni,  rilievi  e  prescrizioni  sugli
elementi tecnici ed economici e sulla  necessita'  di  modificare  le
clausole contrattuali e gli atti che  regolano  il  rapporto  tra  le
Autorita' d'ambito  e  i  gestori  in  particolare  quando  cio'  sia
richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti»  (cosi'  il  nuovo
art. 161, comma 4, lettera b). La Regione si duole del fatto  che  la
nuova norma sopravvenuta si configura come modifica  «sostanzialmente
coincidente» con il contenuto normativo di quella impugnata, non solo
nella parte in cui reintroduce  il  potere  di  controllo  sul  piano
d'ambito, ma anche laddove prevede il piu' generale potere di dettare
«prescrizioni  sugli  elementi  tecnici  ed  economici  del   piano».
Ricorrerebbero, pertanto, i  presupposti  che  impongono  alla  Corte
costituzionale di procedere al trasferimento  della  questione  sulla
nuova norma sopravvenuta, «in forza  del  principio  di  effettivita'
della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via d'azione». 
    Quanto alle censure relative agli artt. 154  e  155,  la  Regione
ribadisce le argomentazioni gia' svolte nel ricorso, precisando,  con
riferimento all'impugnato comma 2 dell'art. 154, che  esso  e'  stato
direttamente inciso dal d.lgs. n. 4 del 2008, il cui  art.  2,  comma
15, ha interamente sostituito l'art. 161 del d.lgs. n. 152 del  2006,
confermando il potere del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare di "adottare" il metodo tariffario con  proprio
decreto «sentita la Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano»
(art. 161, comma 4, lettera a, del d.lgs. n. 152 del 2006  nel  testo
attualmente  vigente).  In  particolare,  il  fatto  che   il   testo
attualmente in vigore non faccia piu'  riferimento  alla  definizione
diretta delle «componenti  di  costo  della  tariffa»  da  parte  del
Ministro, bensi'  alla  sola  definizione  del  «metodo  tariffario»,
oltretutto con il parere della Conferenza Stato-Regioni, sarebbe,  ad
avviso della Regione, sufficiente a far ritenere cessata  la  materia
del contendere,  perche'  configura  un  intervento  del  legislatore
statale limitato a quelle «disposizioni  di  carattere  generale  che
disciplinano le modalita' di gestione  e  l'affidamento  dei  servizi
pubblici  locali  di  "rilevanza  economica"»,   che   sole   possono
considerarsi legittime in  forza  della  potesta'  legislativa  dello
Stato in materia di «tutela della concorrenza». 
    Quanto al denunciato art. 159,  comma  2,  la  ricorrente  rileva
preliminarmente che detto articolo e'  stato  abrogato  dal  comma  5
dell'art. 1 del d.lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e che  l'Autorita'  di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, da esso  disciplinata,
non e' mai entrata in funzione. Successivamente al citato  d.lgs.  n.
284 del 2006, e' intervenuto il d.lgs. n. 4 del 2008, il cui art.  2,
comma 15, ha interamente sostituito l'art. 161 del d.lgs. n. 152  del
2006 regolando ex novo il Comitato per la  vigilanza  sull'uso  delle
risorse idriche. Il nuovo comma  2  dell'art.  161  dispone  che  «il
Comitato e' composto, nel rispetto del principio  dell'equilibrio  di
genere,  da  sette  membri,  nominati  con   decreto   del   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare»,  dei  quali
tre sono designati dalla Conferenza dei presidenti  delle  Regioni  e
delle Province autonome e quattro  -  di  cui  uno  con  funzioni  di
presidente individuato con il medesimo  decreto  -  sono  scelti  tra
persone particolarmente esperte in materia di  tutela  ed  uso  delle
acque, sulla base di specifiche esperienze e conoscenze del  settore.
Per la ricorrente, dunque, la materia del contendere non e'  cessata,
perche', dal punto di  vista  della  composizione  del  Comitato,  la
normativa attualmente vigente si limita a riproporre quanto era  gia'
reperibile nel testo richiamato in vigore dalla modifica operata  dal
d.lgs. n. 284 del 2006, con il mantenimento di quella  "predominanza"
dei membri di origine  statale  che  costituiva  l'oggetto  specifico
della censura formulata dalla ricorrente  medesima  in  relazione  al
testo originario dell'impugnato art. 159, comma 2. La Regione chiede,
pertanto, che la questione avente ad oggetto tale ultima disposizione
sia  trasferita  sulla  disposizione  attualmente  vigente,  e  cioe'
sull'art.  161,  comma  2,  sul  rilievo  che  l'ultima  modifica  si
configura come «sostanzialmente coincidente»  rispetto  al  contenuto
normativo censurato in riferimento al testo originario, in quanto «un
organismo composto in prevalenza da membri di  origine  statale  puo'
svolgere compiti molto incisivi sulle materie di competenza regionale
senza adeguate forme di collaborazione con le Regioni». 
    In relazione al censurato art. 160, comma 2, lettere f) e g), che
disciplinava i  poteri  dell'abolita  Autorita'  di  vigilanza  sulle
risorse idriche e sui rifiuti, la ricorrente sostiene, invece, che la
materia del contendere dovrebbe essere ritenuta cessata. Verrebbe  in
rilievo,  anche  in  questo  caso,  il  nuovo  testo  dell'art.  161,
introdotto dall'art. 2, comma 15, del d.lgs. n. 4 del 2008, il  quale
- al comma 4  -  prevede  i  compiti  del  vigente  Comitato  per  la
vigilanza sull'uso delle  risorse  idriche.  Tra  tali  compiti,  non
figura piu' in alcun modo uno specifico  controllo  sull'adozione  da
parte dei gestori di una carta di servizio pubblico  con  indicazione
di standard dei singoli servizi quale quello  a  suo  tempo  previsto
dalla lettera g) dell'impugnato art. 160,  comma  2.  Si  tratterebbe
dunque di una modifica satisfattiva  della  doglianza  formulata  nel
ricorso  in  relazione  a  tale  lettera.  Quanto   all'altra   norma
censurata, contenuta nella lettera f) del comma 2 dell'art.  160,  la
ricorrente osserva che il nuovo art. 161, comma  4,  lettera  e),  si
limita ad attribuire al Comitato il compito di "definire" «i  livelli
minimi di qualita' dei servizi da prestare,  sentite  le  regioni,  i
gestori e le associazioni  dei  consumatori»  e,  cosi'  facendo,  si
limita ad individuare standard che − in questi termini  −  dovrebbero
potersi ricondurre alla competenza statale  in  materia  di  "livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali",
lasciando cosi' alle Regioni il potere di determinare  e  specificare
livelli di qualita' ulteriori. 
    11.8. - L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature
Onlus (WWF),  ha  depositato  memoria  in  prossimita'  dell'udienza,
insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    12. - Con ricorso notificato il 13 giugno 2006, depositato il  23
giugno 2006 e iscritto al n. 80 del registro  ricorsi  del  2006,  la
Regione   Basilicata   ha   promosso   questioni   di    legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006 e, tra queste, degli artt. 154 e 155. 
    12.1. - Quanto alla prima delle due disposizioni  denunciate,  la
Regione sostiene che essa,  nel  prevedere,  nella  sostanza,  poteri
normativi dei Ministri «con  rapporto  di  sovraordinazione  rispetto
agli enti regionali», viola a) l'art. 117, quarto  comma,  Cost.,  in
quanto, «non avendo lo Stato la competenza a provvedere» in  materia,
incide sulla «competenza  legislativa  attribuita  alle  regioni»  in
materia di servizi pubblici  locali,  che  e'  «residuale  e  percio'
esclusiva»; b) l'art. 76 Cost. e, quale norma  interposta,  la  legge
delega n. 308 del 2004, i cui criteri stabiliscono il rispetto  delle
attribuzioni regionali «come  definite  ai  sensi  dell'articolo  117
della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112» (art. 1,  comma  8,  alinea  della
legge delega); c) l'art. 76 Cost. e, quale norma interposta, la legge
n. 308 del 2004, per eccesso  di  delega,  non  prevedendo  la  fonte
delegante «il potere di istituire nuove imposte». 
    12.2. - Quanto al censurato art. 155, la ricorrente  afferma  che
esso si pone in contrasto con: a) l'art. 117, quarto comma, Cost., in
quanto, «non avendo lo Stato la competenza a provvedere» in  materia,
incide sulla «competenza  legislativa  attribuita  alle  regioni»  in
materia di servizi pubblici  locali,  che  e'  «residuale  e  percio'
esclusiva»; b) l'art. 76 Cost. e, quale norma interposta, la legge n.
308 del  2004,  per  eccesso  di  delega,  non  prevedendo  la  fonte
delegante «il potere di istituire nuove imposte». 
    12.3. - Nel giudizio e' intervenuta l'Associazione  Italiana  per
il World Wide Fund for Nature Onlus (WWF),  chiedendo  l'accoglimento
delle questioni sollevate. 
    12.4. - L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature
Onlus (WWF),  ha  depositato  memoria  in  prossimita'  dell'udienza,
insistendo per l'accoglimento delle questioni sollevate. 
                       Considerato in diritto 
    1. - I giudizi di legittimita' costituzionale di cui in  epigrafe
sono stati promossi dalle Regioni Emilia-Romagna (ricorsi n. 56 e  n.
73 del 2006), Calabria (ricorso n. 68 del 2006), Toscana (ricorso  n.
69 del 2006), Piemonte (ricorso n. 70 del 2006), Umbria  (ricorso  n.
72 del 2006), Liguria (ricorso n. 74 del 2006), Abruzzo  (ricorso  n.
75 del 2006), Puglia (ricorso n. 76 del 2006), Campania  (ricorso  n.
78 del 2006), Marche (ricorso n. 79 del 2006), Basilicata (ricorso n.
80 del 2006). 
    Le ricorrenti censurano gli artt. 135, 136, 141, da  144  a  160,
166,  170,  172,  176,  ricompresi  nella  parte  terza  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),
avente ad  oggetto  la  difesa  del  suolo,  la  tutela  delle  acque
dall'inquinamento, la gestione delle risorse idriche: gli artt. 135 e
136 sono contenuti nel capo  I  del  titolo  V  della  sezione  II  e
riguardano le sanzioni  amministrative  in  materia  di  inquinamento
idrico; gli artt. 141, da  144  a  160,  166,  170,  rientrano  nella
sezione III ed hanno per oggetto la gestione delle  risorse  idriche;
gli artt. 172 e 176, infine, appartengono alla sezione  IV  e  recano
norme transitorie e finali. 
    1.1. - Le questioni relative agli art. 135 e  136  sono  promosse
solo dalla Regione Calabria (ricorso n. 68 del 2006). 
    1.1.1. - L'art. 135 - che, al comma  2,  attribuisce  al  Comando
carabinieri   tutela   ambiente   (C.C.T.A.)   le   funzioni    della
«sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione  delle
norme in materia  di  tutela  delle  acque  dall'inquinamento»  -  e'
censurato per la lesione che arrecherebbe alle  competenze  regionali
in materia di individuazione dei  soggetti  preposti  ai  compiti  di
polizia amministrativa. 
    1.1.2. - L'art.  136  stabilisce  che  «Le  somme  derivanti  dai
proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del
presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale  per
essere riassegnate alle unita' previsionali di  base  destinate  alle
opere di risanamento  e  di  riduzione  dell'inquinamento  dei  corpi
idrici» ed e' denunciato in riferimento all'art. 119  Cost.,  perche'
porrebbe alla Regione un  illegittimo  vincolo  di  destinazione  dei
proventi delle sanzioni amministrative. 
    1.2. - Le questioni relative agli artt. 141, da 144 a 160, 166  e
170 - i quali hanno per oggetto la gestione delle risorse  idriche  e
rientrano, come visto, nella sezione III della parte terza del d.lgs.
n. 152 del 2006 - sono proposte da diverse ricorrenti. 
    1.2.1. - Un primo  gruppo  di  tali  questioni  e'  sollevato  in
riferimento all'art. 76  Cost.,  per  eccesso  di  delega,  sotto  il
profilo che  le  suddette  disposizioni,  nell'attuare  la  legge  di
delegazione 15 dicembre 2004,  n.  308  (Delega  al  Governo  per  il
riordino, il coordinamento e  l'integrazione  della  legislazione  in
materia ambientale e misure di diretta applicazione), introdurrebbero
norme innovative, in violazione dei principi e criteri posti da detta
legge di delegazione, la quale - al comma 1 dell'art. 1 - stabilisce,
invece,  che  il  decreto  delegato  deve  limitarsi   a   «riordino,
coordinamento e integrazione» della materia. 
    In  particolare,  le  ricorrenti  denunciano  la  violazione  dei
principi sulla gestione delle risorse idriche fissati dalla  legge  5
gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in  materia  di  risorse  idriche).
Sono censurati, sotto questo profilo: a) l'art. 147, comma 2, lettera
b) - anche in combinato con l'art. 172, comma 2, del medesimo decreto
legislativo  -,  secondo  cui  «Le  regioni  possono  modificare   le
delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali  per  migliorare  la
gestione del servizio idrico  integrato,  assicurandone  comunque  lo
svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicita',
nel  rispetto,  in  particolare»  del  principio  di  unicita'  della
gestione e, comunque, del superamento della frammentazione  verticale
delle gestioni (ricorso n. 73 del 2006); b) l'art. 148, comma  5,  il
quale  stabilisce,   in   particolare   che,   «Ferma   restando   la
partecipazione obbligatoria all'Autorita' d'ambito di tutti gli  enti
locali [...], l'adesione alla  gestione  unica  del  servizio  idrico
integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione  fino  a  1.000
abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione
che la gestione del servizio idrico sia  operata  direttamente  dalla
amministrazione comunale  ovvero  tramite  una  societa'  a  capitale
interamente pubblico e controllata dallo stesso comune»  (ricorsi  n.
70, n. 72 e n. 74 del 2006); c) l'art. 149, comma 6, che dispone  che
il piano d'ambito e' trasmesso alla regione competente, all'Autorita'
di vigilanza sulle risorse idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela   del   territorio   ed   attribuisce
all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche  e  sui  rifiuti  il
potere di svolgere rilievi e osservazioni su elementi essenziali  del
piano stesso (ricorsi n. 72 e n. 74 del 2006); d) l'art. 150, commi 1
e 2, il quale prevede che  l'autorita'  d'ambito,  nel  rispetto  del
piano d'ambito e del principio di unicita' della  gestione,  delibera
la forma di gestione e aggiudica la gestione stessa  (ricorso  n.  73
del 2006); e) l'art. 153, comma  1,  secondo  cui  le  infrastrutture
idriche di proprieta' degli enti locali sono affidate in  concessione
d'uso gratuita al gestore del servizio idrico integrato, il quale  ne
assume i relativi oneri (ricorso n. 72 del 2006); f) gli artt. 154  e
155, che istituiscono e disciplinano la tariffa del  servizio  idrico
integrato (ricorsi n. 72 e n. 76 del 2006); g) gli artt. 159 e 160, i
quali istituiscono l'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche  e
sui rifiuti e ne disciplinano i compiti e le funzioni (ricorsi n.  68
e n. 73 del 2006); h) l'art. 166, commi 1 e  4,  i  quali  prevedono,
rispettivamente, che i consorzi di bonifica  ed  irrigazione,  previa
domanda  all'Autorita'  di  bacino  competente,  «hanno  facolta'  di
utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per  usi
che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le
successive utilizzazioni» e che il contributo che, ai sensi del comma
3, deve essere versato al consorzio da «chiunque,  non  associato  ai
consorzi di bonifica ed irrigazione,  utilizza  canali  consortili  o
acque  irrigue  come  recapito  di  scarichi»  e'  «determinato   dal
consorzio  interessato  e  comunicato   al   soggetto   utilizzatore,
unitamente alle modalita' di versamento» (ricorsi n. 72 e n.  73  del
2006). 
    1.2.2. - Un secondo gruppo di questioni  e'  posto  anch'esso  in
riferimento all'art. 76  Cost.,  per  eccesso  di  delega,  sotto  il
diverso profilo che le disposizioni censurate violerebbero il riparto
di competenze amministrative fissato dal decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, e, pertanto, si porrebbero in contrasto con la legge di
delegazione n. 308 del 2004, la quale - al  comma  8  dell'art.  1  -
impone  al  legislatore  delegato  il  rispetto  delle   attribuzioni
regionali e degli enti locali stabilite dal medesimo  d.lgs.  n.  112
del 1998. 
    Sono censurati, sotto questo profilo: a) gli articoli  da  144  a
146, i quali  contengono  i  principi  generali  della  gestione  del
demanio idrico (ricorso n. 68 del 2006); b) l'art. 148, che individua
nell'autorita' d'ambito la  struttura  alla  quale  gli  enti  locali
partecipano  obbligatoriamente   ed   alla   quale   «e'   trasferito
l'esercizio delle competenze» spettanti agli enti locali «in  materia
di gestione delle risorse idriche»  (ricorso  n.  68  del  2006);  c)
l'art. 149, comma 6 (ricorsi n. 72 e n. 74 del 2006); d) l'art.  150,
commi 1 e 2 (ricorso n. 73 del 2006); e) l'art. 153,  che  disciplina
le «Dotazioni dei soggetti gestori  del  servizio  idrico  integrato»
(ricorso n. 72 del 2006); f) gli artt. 154 e 155, che sono  censurati
-  sempre  in  riferimento  all'art.  76  Cost.   -   anche   perche'
introdurrebbero  un  nuovo  tributo   e   violerebbero   il   diritto
comunitario e il  criterio  direttivo  dell'invarianza  del  gettito,
posto dall'art. 1, comma 8, lettera d), della  legge  di  delegazione
(ricorsi n. 56, n. 72, n. 74, n. 75, n. 78 e n. 80 del 2006); g)  gli
artt. 159 e 160 (ricorsi n. 68, n. 72 e n. 73 del  2006);  h)  l'art.
166, comma 1 (ricorso n. 73 del 2006). 
    1.2.3. - Un terzo gruppo di questioni e'  promosso  in  relazione
all'art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio  di
ragionevolezza. 
    Tali questioni hanno ad oggetto: a) l'art. 147, comma 2,  lettera
b), anche in combinato con l'art. 172, comma 2  (ricorso  n.  73  del
2006);  b)  l'art.  148,  comma  5,  che  e'  impugnato,  sempre   in
riferimento all'art. 3 Cost., anche sotto il profilo della violazione
del principio di uguaglianza (ricorsi n. 70 e n.  72  del  2006);  c)
l'art. 150, comma 1 (ricorso n. 73 del 2006); d) l'art. 153, comma 1,
il  quale,  in  particolare,  e'  censurato  sia  perche'   «sancendo
inderogabilmente la gratuita' della concessione delle  infrastrutture
idriche di proprieta' degli enti locali determina un  [...]  danno  a
carico delle finanze dei  medesimi  enti  locali,  privandoli  di  un
introito», sia perche' puo' essere interpretato nel senso che  «abbia
effetto anche in  relazione  agli  affidamenti  gia'  in  essere  che
prevedono la onerosita' della concessione» (ricorso n. 72 del  2006);
e) gli artt. 154 e 155 (ricorsi n. 56, n. 69,  n.  75  e  n.  78  del
2006); f) gli artt. 159 e 160 (ricorso n. 73 del 2006). 
    1.2.4. - L'art. 166, comma 4,  e'  censurato  -  con  l'implicita
evocazione a parametro degli artt. 3 e 41 Cost. -  perche'  determina
«una illegittima compressione dell'autonomia  negoziale  [...]  degli
enti locali, che si vedono  costretti  a  subire  unilateralmente  le
decisioni di un soggetto quale il Consorzio di bonifica, non ad  essi
sovraordinato» (ricorso n. 72 del 2006). 
    1.2.5. - Un quinto gruppo di  questioni  e'  posto  in  relazione
all'art. 117, quarto comma, Cost., sotto  il  profilo  della  lesione
delle competenze legislative regionali e, in particolare,  di  quella
residuale in materia di servizi  pubblici  locali.  Al  riguardo,  le
ricorrenti sostengono - per lo piu' - che le  disposizioni  censurate
non sono ascrivibili a materie  di  competenza  legislativa  statale,
quali la tutela della concorrenza o la tutela dell'ambiente. 
    Rientrano in tale gruppo le questioni aventi ad oggetto:  a)  gli
articoli da 144 a 146 (ricorso n. 68 del 2006); b) l'art. 147,  comma
2, lettera b), anche in combinato con l'art. 172, comma 2 (ricorso n.
73 del 2006); c) l'art. 148, anche con specifico riferimento ai commi
3 e 5 (ricorsi n. 68, n. 69, n. 72, n. 74  e  n.  79  del  2006);  d)
l'art. 149, comma 6 (ricorsi n. 69, n. 72, n. 74 e n. 79  del  2006);
e) l'art. 150 (ricorsi n. 68, n. 70 e n. 73 del 2006); f) l'art. 151,
recante «Rapporti tra  autorita'  d'ambito  e  soggetti  gestori  del
servizio idrico integrato» (ricorso n. 68 del 2006);  g)  l'art.  153
(ricorsi n. 68 e n. 72 del 2006); h) gli artt. 154 e 155 (ricorsi  n.
56, n. 72 e n. 76 del 2006); i) gli artt. 159 e 160 (ricorsi  n.  68,
n. 69, n. 72, n. 73 e n. 79  del  2006);  l)  l'art.  166,  anche  in
relazione alla sua incidenza su materie che le  ricorrenti  ritengono
di potesta' legislativa residuale regionale, quali l'«agricoltura»  e
i «lavori pubblici d'interesse regionale» (ricorso n. 73 del 2006). 
    1.2.6. - Con riferimento all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  la
Regione Toscana censura l'art. 149,  comma  6,  sostenendo  che  esso
incide sulla materia, di potesta' legislativa concorrente  regionale,
del «governo del  territorio»,  dettando  disposizioni  di  dettaglio
(ricorso n. 69 del 2006). 
    1.2.7. - In alcuni ricorsi e' evocato  a  parametro  l'art.  117,
sesto  comma,  Cost.,  sul  rilievo  che   la   normativa   censurata
attribuirebbe illegittimamente allo Stato la  competenza  ad  emanare
regolamenti in materie non riconducibili alla competenza  legislativa
esclusiva statale. 
    Le disposizioni impugnate in relazione a tale parametro sono:  a)
l'art. 146, comma 3,  il  quale  prevede,  in  particolare,  che  «il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio [...] adotta  un
regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi  in  base  ai
quali  valutare  le  perdite  degli  acquedotti  e  delle  fognature»
(ricorso n. 68 del 2006); b) l'art. 150, comma 2, il  quale  prevede,
in particolare che, con decreto del Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio nel  rispetto  delle  competenze  regionali  in
materia, sono fissati le modalita' e i termini  per  l'aggiudicazione
del  servizio  idrico  integrato  da  parte  dell'autorita'  d'ambito
(ricorso n. 73 del 2006); c) l'art. 154, commi 2 e 3 (ricorso  n.  68
del 2006); d) l'art. 159, comma 4 (ricorso n. 68 del 2006). 
    1.2.8. -  Un  ottavo  gruppo  di  questioni  e'  quello  riferito
all'art. 118 Cost. (in alcuni casi evocato in  combinato  con  l'art.
117 Cost.), per violazione delle competenze amministrative regionali,
a seguito  dell'allocazione  di  funzioni  amministrative  a  livello
statale senza che vi siano esigenze unitarie. 
    Sono censurati sotto tale profilo: a) gli  artt.  da  144  a  146
(ricorso n. 68 del 2006); b) l'art. 148 (ricorsi n. 68 e  n.  70  del
2006); c) l'art. 149 (ricorsi n. 68, n. 72 e  n.  74  del  2006);  d)
l'art. 150 (ricorso n. 70 del 2006); e) gli  artt.  154,  155  e  156
(ricorso n. 68 del 2006); f) gli artt. 159 e 160 (ricorsi n.  68,  n.
72 e n. 73 del 2006). 
    1.2.9. - In un nono gruppo di questioni e' evocato a parametro il
principio di leale collaborazione. Le ricorrenti lamentano il mancato
coinvolgimento   regionale    nel    procedimento    legislativo    o
nell'esercizio delle funzioni amministrative  attribuite  al  livello
statale. 
    Le disposizioni censurate in riferimento a tale  parametro  sono:
a) gli articoli da 144 a 146 (ricorso n. 68 del 2006);  b)  l'insieme
degli articoli da 147 a 158 (ricorso n. 68 del 2006); c) l'art.  149,
comma 6 (ricorsi n. 72 e n. 74 del 2006); d)  gli  artt.  154  e  155
(ricorso n. 68 del 2006); e) gli artt. 159 e 160 (ricorsi n.  68,  n.
69 e n. 73 del 2006); f) l'art. 166, comma 1 (ricorsi n. 72 e  n.  73
del 2006). 
    1.2.10. - Con un decimo e ultimo  gruppo  di  questioni  relative
alle disposizioni della sezione III, proposte in riferimento all'art.
119 Cost., si denuncia la lesione  dell'autonomia  finanziaria  delle
Regioni e degli enti locali. 
    Rientrano in tale gruppo le questioni aventi ad oggetto:  a)  gli
artt. 154 e 155 (ricorsi n. 56, n. 68, n. 69, n. 72, n. 74, n. 75, n.
76, n. 78 e n. 79 del 2006); b) l'art. 166, comma 4  (ricorso  n.  72
del 2006). 
    1.3. - Sono denunciati, infine, gli artt. 172, comma  2,  e  176,
comma 1, contenuti nella sezione IV della parte terza, i quali recano
norme transitorie e finali. 
    1.3.1. - L'art. 172, comma 2 - impugnato in combinato con  l'art.
147, comma 2 -, prevede che «In relazione alla scadenza  del  termine
di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto  legislativo  18
agosto  2000,  n.  267,  l'Autorita'   d'ambito   dispone   i   nuovi
affidamenti, nel rispetto della parte  terza  del  presente  decreto,
entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza».  La  disposizione
e' censurata in riferimento all'art.  3  Cost.  (ricorso  n.  73  del
2006). 
    1.3.2. - L'art. 176, comma 1, dispone che «Le disposizioni di cui
alla parte terza del  presente  decreto  che  concernono  materie  di
legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi
dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione». Esso e' censurato in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. (ricorsi n. 68, n. 70  e
n. 73 del 2006). 
    2. - L'esecuzione di alcune delle suddette disposizioni e'  stata
oggetto di domanda cautelare da parte di alcune delle ricorrenti. 
    In particolare, la Regione  Toscana  ha  chiesto  la  sospensione
dell'esecuzione  dell'art.  148,   comma   5,   mentre   le   Regioni
Emilia-Romagna,  Abruzzo  e  Puglia  hanno  chiesto  la   sospensione
dell'esecuzione degli artt. 154 e 155. 
    Sulla richiesta avanzata dalla Regione Emilia-Romagna (ricorso n.
56), questa Corte si e' gia' pronunciata con l'ordinanza n.  245  del
2006, dichiarando il non luogo a provvedere. Le richieste delle altre
ricorrenti sono assorbite dalla  pronuncia  definitiva  sui  relativi
ricorsi. 
    3. - Nei giudizi di cui ai ricorsi n. 56, n. 69, n. 70, n. 72, n.
73, n. 74, n. 75, n. 76, n. 78, n. 79 e n. 80 del 2006 e' intervenuta
l'Associazione Italiana per il  World  Wide  Fund  for  Nature  Onlus
(WWF),  chiedendo  l'accoglimento  delle  questioni  sollevate  dalla
ricorrente. Nel giudizio di cui al ricorso  n.  70  sono  intervenute
anche, costituendosi con unico atto, la s.p.a.  Biomasse  Italia,  la
s.r.l. Societa' Italiana Centrali Termoelettriche - SICET, la  s.r.l.
Ital Green Energy, la s.p.a. E.T.A. - Energie Tecnologie Ambiente. 
    Tali  interventi  sono   stati   dichiarati   inammissibili   con
l'ordinanza allegata alla presente sentenza e pronunciata all'udienza
del 5 maggio 2009, con cui e'  stato  ribadito  che  il  giudizio  di
costituzionalita' delle leggi, promosso in via di azione,  si  svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa,  fermi
restando, per i soggetti privi di tale potesta', i  mezzi  di  tutela
delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali, di  fronte  ad
altre istanze giurisdizionali ed eventualmente anche di  fronte  alla
stessa Corte costituzionale in via incidentale (sentenze n.  405  del
2008 e n. 469 del 2005). 
    4.  -  La  trattazione  delle   sopra   indicate   questioni   di
legittimita' costituzionale viene qui separata da quella delle altre,
promosse con i medesimi ricorsi, per le quali e' opportuno  procedere
ad  un  esame  distinto.  I  giudizi,  cosi'  separati  e  delimitati
nell'oggetto, vanno riuniti  per  essere  congiuntamente  trattati  e
decisi  in  considerazione  della  parziale  identita'  delle   norme
censurate e delle questioni prospettate. 
    5. - Cio' premesso, si deve  ora  procedere  all'esame  analitico
delle sollevate questioni, in relazione a ciascuna delle disposizioni
oggetto di censura. 
    6. - L'art. 135, comma 2, del d.lgs. n. 152 del  2006  stabilisce
che:  a)  «ai  fini  della  sorveglianza  e  dell'accertamento  degli
illeciti in violazione delle norme in materia di tutela  delle  acque
dall'inquinamento provvede il  Comando  carabinieri  tutela  ambiente
(C.C.T.A.)»; b) in relazione a tali  funzioni  amministrative,  «puo'
altresi'  intervenire  il  Corpo  forestale  dello  Stato  e  possono
concorrere la Guardia  di  finanza  e  la  Polizia  di  Stato».  Tali
disposizioni sono censurate dalla Regione Calabria (ricorso n. 68 del
2006), per  violazione  delle  competenze  regionali  in  materia  di
individuazione  dei  soggetti  preposti   ai   compiti   di   polizia
amministrativa. Esse, in particolare, si porrebbero in contrasto  con
il comma 1 del medesimo art. 135, il quale attribuisce  proprio  alle
Regioni la competenza ad accertare gli illeciti amministrativi  e  ad
irrogare  le  relative  sanzioni,  prevedendo  che,  «In  materia  di
accertamento degli  illeciti  amministrativi,  all'irrogazione  delle
sanzioni      amministrative      pecuniarie      provvede,       con
ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli  18  e  seguenti  della
legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o  la  provincia  autonoma
nel cui territorio e' stata  commessa  la  violazione,  ad  eccezione
delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le  quali  e'
competente il comune, fatte  salve  le  attribuzioni  affidate  dalla
legge ad altre pubbliche autorita». 
    La questione non e' fondata. 
    La ricorrente, pur non  evocando  espressamente  alcun  parametro
costituzionale, intende evidentemente denunciare il contrasto fra  la
disposizione censurata e l'art. 117, quarto comma,  Cost.,  il  quale
attribuisce alla potesta'  legislativa  residuale  delle  Regioni  la
materia della polizia amministrativa locale. Tuttavia, contrariamente
a quanto dedotto dalla  Regione,  un  tale  contrasto  non  sussiste,
perche' la disposizione censurata non attiene alla  suddetta  evocata
materia, ma si limita  ad  indicare  il  Comando  carabinieri  tutela
ambiente  (C.C.T.A.)  quale  organo  competente   ad   accertare   le
violazioni amministrative, senza privare delle  loro  competenze  gli
organi di polizia amministrativa locale. 
    7. - Il denunciato art. 136 prevede che: a) «Le  somme  derivanti
dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza
del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio  regionale
per essere riassegnate alle unita'  previsionali  di  base  destinate
alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei  corpi
idrici»; b) «Le regioni  provvedono  alla  ripartizione  delle  somme
riscosse fra gli interventi di prevenzione e  di  risanamento».  Tali
disposizioni sono censurate dalla Regione Calabria (ricorso n. 68 del
2006), perche' pongono un illegittimo  vincolo  di  destinazione  dei
proventi delle sanzioni amministrative  riscosse  dalle  Regioni,  in
contrasto con la giurisprudenza costituzionale in  materia  di  fondi
vincolati. 
    La questione non e' fondata. 
    E' principio ripetutamente  affermato  da  questa  Corte  che  la
disciplina delle sanzioni amministrative non costituisce una  materia
a se', ma rientra nell'ambito materiale cui  le  sanzioni  stesse  si
riferiscono (ex multis, sentenze n. 384 del 2005 e n. 12  del  2004).
Nel caso  di  specie,  la  regolamentazione  della  destinazione  del
gettito delle sanzioni e' funzionale alla disciplina «delle  sanzioni
amministrative previste dalla parte terza»,  e  cioe'  alle  sanzioni
previste  dal  precedente  art.  133,  le  quali  si  riferiscono   a
violazioni in materia di scarichi e  di  tutela  della  qualita'  dei
corpi  idrici,  come  tali  ascrivibili  alla  materia  della  tutela
dell'ambiente di competenza legislativa esclusiva dello  Stato  (come
affermato  da  questa  Corte  con  la  sentenza  n.  233  del  2009).
Trattandosi di entrata statale, il  potere  di  disporre  l'immediata
riassegnazione di tali somme ad individuate  unita'  previsionali  di
base rientra nella competenza legislativa dello Stato. Il  fatto  che
cio' avvenga attraverso il versamento delle  somme  «all'entrata  del
bilancio regionale» non significa che queste  costituiscono  "risorse
autonome" delle Regioni alle quali non e' apponibile  un  vincolo  di
destinazione.  Il  versamento  all'entrata  del  bilancio   regionale
costituisce, infatti, una mera appostazione  contabile,  al  fine  di
realizzare  la  destinazione  al   risanamento   e   alla   riduzione
dell'inquinamento dei  corpi  idrici,  cioe'  a  finalita'  meramente
ambientali. La circostanza che siano le  Regioni  a  provvedere  alla
ripartizione delle somme fra  gli  interventi  di  prevenzione  e  di
risanamento  costituisce  unicamente  un'attribuzione  di   ulteriore
autonomia alle Regioni stesse in una materia di esclusiva  competenza
legislativa statale. Non trova, percio', applicazione, nella  specie,
la giurisprudenza  costituzionale  in  materia  di  fondi  vincolati,
genericamente richiamata dalla ricorrente. 
    8. - La Regione Calabria (ricorso n. 68 del 2006) impugna  l'art.
141, il quale prevede, in apertura del titolo I (Principi generali  e
competenze) della sezione III (Gestione delle risorse  idriche),  che
«Oggetto delle disposizioni contenute nella presente  sezione  e'  la
disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico
integrato per i profili che  concernono  la  tutela  dell'ambiente  e
della concorrenza e la determinazione dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni del servizio idrico integrato e delle  relative  funzioni
fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane». 
    Ad avviso della ricorrente, la disposizione  viola  il  principio
della  leale  collaborazione,  perche'  omette  di   considerare   le
competenze legislative  regionali  nelle  materie  del  «governo  del
territorio», della «tutela della  salute»  e  dei  «servizi  pubblici
locali» e perche' non prevede un «coinvolgimento degli enti regionali
che  vada  ben  oltre  il  semplice  parere,  e  che   si   incardini
essenzialmente sul modello dell'intesa in senso forte». 
    La questione e' inammissibile, perche' il suddetto art.  141  non
e' preso in considerazione  nella  delibera  di  autorizzazione  alla
proposizione del ricorso. Trova, infatti, applicazione il  principio,
affermato dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte,  secondo  cui  la
deliberazione di autorizzazione alla proposizione  del  ricorso  deve
necessariamente indicare le specifiche disposizioni che si  intendono
impugnare (ex plurimis, sentenze n. 450, n. 398, n. 216 e  n.  3  del
2006). 
    9. - La Regione Calabria (ricorso n. 68  del  2006)  censura  gli
artt. da 144 a 146 del d.lgs. n. 152 del 2006, sul rilievo che  essi,
nel disciplinare la tutela e l'uso delle risorse idriche (art.  144),
l'equilibrio del bilancio idrico (art. 145)  e  il  risparmio  idrico
(art. 146), violano: a) l'art. 76 Cost., in  combinato  disposto  con
l'art. 1, comma 8, della  legge  di  delegazione  n.  308  del  2004,
perche'  quest'ultima  disposizione,  nell'imporre   al   legislatore
delegato il rispetto delle attribuzioni regionali e degli enti locali
stabilite  dal  decreto  legislativo  n.  112  del  1998  e,  quindi,
dall'art. 88, comma 1, lettera h), di tale decreto,  assegna  rilievo
nazionale ai soli compiti relativi «ai criteri per  la  gestione  del
servizio  idrico  integrato»,  cioe'  ad  un  «quadro   assolutamente
generale nel quale le regioni (e, se del caso, gli enti locali) siano
lasciati liberi di agire nel modo ritenuto piu' consono  alla  tutela
del proprio territorio ed al  soddisfacimento  delle  esigenze  della
propria popolazione», mentre gli articoli denunciati introducono  non
solo criteri di gestione del servizio idrico, ma anche una disciplina
di dettaglio; b) l'art. 117, quarto comma,  Cost.,  perche'  incidono
sulla materia,  di  potesta'  legislativa  residuale  regionale,  dei
«servizi   pubblici   locali»;   c)   il   principio   della    leale
collaborazione, perche' non e' stata prevista alcuna  «partecipazione
effettiva delle regioni  alla  determinazione  dei  [...]  contenuti»
degli  articoli  medesimi;  d)  l'art.  118  Cost.,  perche'   recano
«disposizioni  di  minuto   dettaglio,   indiscutibilmente   ultronee
rispetto  alla  fissazione  di  standards  di  tutela  uniformi,   in
contrasto, quindi, con  i  principi  che  reggono  il  riparto  delle
funzioni amministrative». 
    La stessa Regione Calabria impugna  anche  specificamente  l'art.
146, comma 3, il quale stabilisce che «il  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio, sentita l'Autorita' di  vigilanza  sulle
risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento  tutela  delle  acque
interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione  dei
criteri e dei metodi in base  ai  quali  valutare  le  perdite  degli
acquedotti  e  delle  fognature».  La  ricorrente  afferma  che  tale
disposizione viola: a) in via principale, l'art.  117,  sesto  comma,
Cost., perche' prevede «un potere regolamentare in capo allo Stato in
un settore non riconducibile ad una materia di  competenza  esclusiva
ex art. 117, secondo comma»; b)  in  via  subordinata,  il  principio
della  leale  collaborazione,  per  la  «mancata   previsione   della
necessita'  di  un  coinvolgimento  dei  rappresentanti  degli   enti
regionali». 
    Le questioni non sono fondate. 
    A prescindere da quanto affermato da questa Corte nella  sentenza
n. 225 del 2009 circa l'applicabilita' del d.lgs.  n.  112  del  1998
quale  criterio  direttivo  della  legge  di  delegazione,  le  norme
denunciate rispettano comunque il riparto delle competenze  stabilito
da quest'ultima, perche', nel fissare «criteri per  la  gestione  del
servizio idrico integrato» (art. 88, comma 1, lettera h,  del  d.lgs.
31 marzo 1998, n. 112), sono riconducibili a  materie  di  competenza
legislativa esclusiva statale. Infatti: a) l'art. 144, comma  1,  nel
prevedere che «Tutte le acque superficiali e  sotterranee,  ancorche'
non estratte dal sottosuolo, appartengono al  demanio  dello  Stato»,
disciplina il regime proprietario delle  acque,  che  e'  sicuramente
riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di  cui  all'art.
117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.;  b)  i  successivi  commi
dell'art.  144  attengono  a  materie  riconducibili  all'ordinamento
civile e alla tutela dell'ambiente (art. 117, secondo comma,  lettera
s, Cost.), perche' disciplinano i criteri dell'uso  delle  acque,  in
relazione alla finalita' di  evitare  sprechi,  favorire  il  rinnovo
delle  risorse,  garantire  i  diritti  delle  generazioni  future  e
tutelare, tra l'altro, «la vivibilita' dell'ambiente»; c) l'art.  145
e' anch'esso riconducibile alla materia della  tutela  dell'ambiente,
perche' disciplina l'equilibrio del bilancio idrico, richiamando,  al
comma 1, i criteri e gli obiettivi di tutela  di  cui  al  precedente
art. 144  e  prevedendo,  al  comma  3,  per  i  «bacini  idrografici
caratterizzati  da  consistenti  prelievi  o  da  trasferimenti»,  la
necessita' di garantire «la vita  negli  alvei  sottesi»  e  di  «non
danneggiare gli equilibri degli ecosistemi  interessati»;  d)  l'art.
146 disciplina specificamente una materia senza dubbio  riconducibile
alla tutela dell'ambiente, quale il risparmio della risorsa idrica. 
    La rilevata riconducibilita' delle norme censurate ai  titoli  di
competenza legislativa esclusiva statale sopra indicati vale anche  a
far ritenere insussistente la  lamentata  violazione  dell'art.  117,
quarto  e  sesto  comma,  Cost.   e   del   principio   della   leale
collaborazione, perche' esclude sia l'invocata  competenza  residuale
regionale in materia di servizi pubblici  locali  (art.  117,  quarto
comma,  Cost.)  sia  l'obbligo  di  prevedere  strumenti   di   leale
cooperazione con le Regioni, consentendo al  legislatore  statale  di
prevedere un  potere  regolamentare  ministeriale  (art.  117,  sesto
comma, Cost.). 
    Con riferimento, infine, alla dedotta  violazione  dell'art.  118
Cost.,  l'affermazione  della  ricorrente,  secondo  cui   le   norme
censurate, in quanto di dettaglio, comportano violazione del  riparto
costituzionale delle funzioni amministrative, non e' fondata, perche'
la disciplina in esame non attribuisce funzioni  amministrative,  ma,
in attuazione della legge di delegazione, si  limita  a  precisare  -
nell'ambito delle sopra  indicate  competenze  legislative  esclusive
dello Stato - i «criteri di gestione del  servizio  idrico»,  cui  le
Regioni e gli altri enti  interessati  devono  attenersi,  senza  che
abbia alcun  rilievo  la  generalita'  o  la  specificita'  di  detti
criteri. 
    10. - La Regione Calabria censura gli articoli da 147 a 158,  nel
loro complesso. La ricorrente afferma che tali disposizioni, le quali
disciplinano  la  materia  della  gestione  delle  risorse   idriche,
violerebbero il principio di leale cooperazione, perche', trattandosi
di  una  materia  nella  quale  vi  e'   «intreccio   di   competenze
trasversali,  concorrenti  e  residuali»,  avrebbero  dovuto   essere
adottate con «un coinvolgimento degli enti  regionali  che  vada  ben
oltre il semplice parere,  e  che  si  incardini  essenzialmente  sul
modello dell'intesa in senso forte». 
    La questione  e'  inammissibile,  perche'  generica.  Il  ricorso
avrebbe dovuto, infatti,  specificare  per  ciascuna  norma  in  cosa
consista il dedotto  concorso  di  competenze  e  perche'  sia  stato
violato il principio di leale collaborazione. 
    11. - La Regione Emilia-Romagna (ricorso n. 73 del 2006)  censura
l'art. 147, comma 2, lettera b), anche in combinato con il successivo
art. 172, comma 2. 
    Sostiene la ricorrente che detta disposizione -  nello  stabilire
che «Le regioni possono  modificare  le  delimitazioni  degli  ambiti
territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio  idrico
integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo  criteri  di
efficienza, efficacia ed economicita', nel rispetto, in  particolare,
dei seguenti principi: [...] b) unicita' della gestione e,  comunque,
superamento della frammentazione verticale delle gestioni»  -  viola:
a) l'art. 76 Cost., per eccesso di delega, perche' «introduce  in  un
decreto delegato di  mero  "riordino,  coordinamento  e  integrazione
della materia"  (cfr.  art.  1,  comma  1,  legge  n.  308/2004)  una
previsione del tutto  nuova,  che  innova  radicalmente  rispetto  al
sistema della legge Galli (legge n. 36/1994)», la quale  al  riguardo
«aveva previsto il diverso criterio della unitarieta'  attraverso  il
superamento della frammentazione delle gestioni esistenti: ma non  la
rigida necessaria unicita' della gestione»; b) l'art.  3  Cost.,  sub
specie del principio di ragionevolezza, perche'  e'  stata  «adottata
senza tenere conto dei potenziali effetti negativi  che  essa  e'  in
grado  di  produrre»,  e  cioe'  senza  considerare  «le  particolari
esigenze e le peculiarita' delle  singole  realta'  territoriali,  le
quali ben potrebbero invece consigliare - in casi particolari  -  una
soluzione differente»; c) l'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto,
senza trovare «fondamento in alcuna delle materie richiamate all'art.
141, comma 1» del medesimo decreto  legislativo  ne'  in  un  diverso
titolo di competenza previsto dal secondo comma dell'art. 117  Cost.,
incide sulla  potesta'  legislativa  residuale  della  Regione  nella
materia dei «servizi pubblici locali». 
    Per tali questioni, deve essere dichiarata cessata la materia del
contendere. 
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, infatti, la
ricorrente afferma di non avere piu' interesse alla  decisione  sulle
questioni relative agli artt. 147, comma 2, lettera b), e 172,  comma
2, perche' il principio dell'unicita'  della  gestione,  previsto  da
tali disposizioni, e' stato  sostituito,  per  effetto  dell'art.  2,
comma  13,  del  d.lgs.  16   gennaio   2008,   n.   4,   da   quello
dell'unitarieta' della gestione, gia' fissato, secondo la ricorrente,
dalla legge n.  36  del  1994  e  fatto  proprio  dalla  legislazione
regionale. Trova applicazione,  pertanto,  l'orientamento  di  questa
Corte  secondo  cui,  nel  giudizio  principale,  quando   la   parte
ricorrente, pur non rinunciando formalmente al ricorso, evidenzia  il
sopraggiunto venir meno delle ragioni della controversia e  la  parte
resistente non e' costituita - come nella specie - o non  si  oppone,
deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex
multis, ordinanze n. 418 del 2008 e n. 21 del 2004). 
    12. - La Regione Calabria (ricorso n. 68 del 2006) censura, sotto
diversi profili, l'art. 148, che individua nell'autorita' d'ambito la
struttura alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed
alla quale «e' trasferito  l'esercizio  delle  competenze»  spettanti
agli enti locali «in materia di gestione delle risorse idriche». 
    12.1. - E' evocato quale parametro di costituzionalita', in primo
luogo, l'art. 76 Cost., in combinato disposto con l'art. 1, comma  8,
della  legge  di  delegazione  n.  308  del  2004,  sul  rilievo  che
quest'ultimo impone al legislatore  il  rispetto  delle  attribuzioni
regionali e degli enti locali stabilite dal  decreto  legislativo  n.
112 del 1998 e, in  particolare,  dall'art.  86,  comma  1,  di  tale
decreto, il quale stabilisce che «alla gestione dei beni del  demanio
idrico provvedono  le  regioni  e  gli  enti  locali  competenti  per
territorio». La disposizione denunciata sarebbe in contrasto con tale
parametro,  perche'  priverebbe  «gli  enti  territoriali  di  poteri
amministrativi loro attribuiti» dal d.lgs. n. 112 del 1998. 
    La questione non e' fondata. 
    Infatti, a prescindere da  quanto  affermato  nella  sentenza  di
questa Corte n. 225 del 2009 circa l'applicabilita' del d.lgs. n. 112
del 1998 quale criterio direttivo  della  legge  di  delegazione,  la
norma censurata non menoma la preesistente  autonomia  amministrativa
degli enti locali, perche' si limita a razionalizzarne  le  modalita'
di  esercizio,  attraverso  l'imputazione   delle   loro   originarie
competenze in materia di gestione delle risorse idriche all'autorita'
d'ambito alla quale essi obbligatoriamente partecipano. 
    Le autorita' d'ambito erano gia' previste dagli artt. 8 e 9 della
legge n. 36 del 1994 e dagli articoli da 24 a 26-bis  della  legge  8
giugno 1990, n. 142 (Ordinamento  delle  autonomie  locali),  che  ne
consentivano l'istituzione, da parte delle Regioni, con  strutture  e
forme   giuridiche   diverse   alle    quali    pure    partecipavano
necessariamente gli enti locali, come le convenzioni, i consorzi,  le
unioni  di  comuni,  l'esercizio  associato  delle   funzioni.   Tali
disposizioni sono state attuate dalla legislazione regionale mediante
l'adozione di moduli organizzativi scelti tra quelli consentiti dalle
disposizioni  stesse,  seppure  diversamente   denominati   (agenzie,
consorzi, autorita'). La norma  censurata  razionalizza  tale  quadro
normativo, superando la frammentazione della  gestione  del  servizio
idrico,  nel  rispetto  delle  preesistenti  competenze  degli   enti
territoriali. In particolare, unifica le modalita' di esercizio della
gestione  delle  risorse   idriche,   prevedendo   espressamente   il
trasferimento   delle   relative   competenze   dagli   enti   locali
all'autorita' d'ambito; autorita' della quale - come visto - gli enti
locali  necessariamente  fanno  parte.  Tale  razionalizzazione   e',
dunque, avvenuta - come richiesto dalla legge di delegazione -  senza
privare  gli  enti  territoriali  dei  poteri   amministrativi   loro
conferiti dal d.lgs. n. 112 del 1998. 
    12.2. - In secondo luogo, l'art. 148 e' censurato - sempre  dalla
Regione  Calabria  -  in  riferimento  all'art.  117  Cost.,  perche'
«espropria le regioni di poteri legislativi» che, ai sensi  dell'art.
86,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  112  del  1998,   sono
«chiaramente (sia pure implicitamente) [...] di spettanza regionale». 
    La questione non e' fondata. 
    Invero, i poteri legislativi esercitati dallo Stato con la  norma
censurata  attengono  all'esercizio  delle   competenze   legislative
esclusive statali nelle materie della tutela della concorrenza  (art.
117, secondo comma, lettera e, Cost.) e  della  tutela  dell'ambiente
(art. 117, secondo  comma,  lettera  s,  Cost.),  materie  che  hanno
prevalenza  su  eventuali  titoli  competenziali  regionali  ed,   in
particolare, su quello dei servizi pubblici locali.  La  disposizione
attiene, infatti, alla tutela della concorrenza, laddove  prevede  il
superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche
attraverso l'individuazione  di  un'unica  Autorita'  d'ambito,  allo
scopo (come meglio  si  vedra'  al  punto  17.4.)  di  consentire  la
razionalizzazione del mercato, con la  determinazione  della  tariffa
del servizio secondo un meccanismo di price cap, diretto a  garantire
la concorrenzialita' e  l'efficienza  delle  prestazioni.  La  stessa
disposizione  attiene  anche  alla  tutela   dell'ambiente,   perche'
l'allocazione  all'Autorita'  d'ambito  territoriale  ottimale  delle
competenze sulla gestione serve a razionalizzare l'uso delle  risorse
idriche e le interazioni e gli equilibri fra  le  diverse  componenti
della  "biosfera"  intesa  «come  "sistema"  [...]  nel  suo  aspetto
dinamico» (sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007). 
    12.3. - Sempre la Regione Calabria evoca a  parametro,  in  terzo
luogo, l'art. 118 Cost.,  sul  rilievo  che  il  censurato  art.  148
«ipostatizza un certo assetto  di  competenze  amministrative,  senza
tener conto delle peculiarita' di  ciascun  territorio,  peculiarita'
che soltanto  in  sede  di  legislazione  regionale  possono  trovare
adeguata rispondenza». 
    La questione non e' fondata. 
    Per  un  evidente  errore  materiale,  la  ricorrente  ha   fatto
riferimento all'art. 118 Cost., laddove, dal  tenore  della  censura,
risulta invece  chiaramente  che  la  stessa  ricorrente  lamenta  la
lesione delle proprie competenze legislative, sotto il profilo  della
spettanza  ad  essa  della  competenza  ad   allocare   le   funzioni
amministrative in materia di gestione dei servizi idrici. La  Regione
intendeva,  quindi,  evocare  a  parametro  l'art.  117  Cost.  Cosi'
precisata la questione, valgono le considerazioni gia'  svolte  sopra
sub 12.2., e cioe' che lo  Stato  ha  legittimamente  esercitato  una
propria competenza legislativa esclusiva  in  tema  di  tutela  della
concorrenza e dell'ambiente. 
    12.4. - La Regione Calabria (ricorso  n.  68  del  2006)  impugna
anche, specificamente, il comma 3 dell'art. 148, il quale  stabilisce
che «I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorita' d'ambito e loro
variazioni sono pubblicati  mediante  affissione  ad  apposito  albo,
istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorita' di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero
dell'ambiente e della tutela del  territorio  entro  quindici  giorni
dall'adozione delle relative delibere», in riferimento  all'art.  117
Cost., «in ragione del contenuto di estremo dettaglio» che esso  reca
e che incide sulle potesta' legislative regionali, non attenendo alla
tutela dell'ambiente in senso stretto, ma «a misure organizzative che
le regioni devono poter calibrare in relazione alle peculiarita'  del
proprio territorio». 
    12.4.1.  -  La  questione  non  e'  fondata  in  relazione   alla
previsione dell'obbligo di trasmissione dei bilanci all'Autorita'  di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio. 
    Va preliminarmente rilevato che la censura non e' piu' riferibile
alla  trasmissione  dei  dati  all'Autorita'  di  vigilanza,  perche'
quest'ultima - gia' prevista dagli artt.  159  e  160,  abrogati  dal
comma 5 dell'art. 1 del d.lgs. 8 novembre 2006, n.  284  -  e'  stata
soppressa e non e' mai entrata in funzione. Infatti  -  come  risulta
dal  comunicato  del  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio del 26 giugno  2006  -  il  decreto  del  2  maggio  2006,
istitutivo di tale Autorita' non e'  stato  inviato  alla  Corte  dei
Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario  controllo  e,
quindi, non avendo ottenuto la registrazione prevista dalla legge, e'
rimasto inefficace. 
    Quanto,  invece,  all'obbligo  di  trasmissione  dei  bilanci  al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, deve rilevarsi
che lo Stato  puo'  fissare  obblighi  di  trasmissione  ai  fini  di
eventuali controlli, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
r), Cost., che assegna alla competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato  la  materia  del  «coordinamento  informativo   statistico   e
informatico dei dati dell'amministrazione statale regionale e locale»
(sentenze n. 417 e n. 35 del 2005, n. 376 del 2003, secondo le  quali
obblighi di questo tipo devono  essere  ritenuti  legittimi,  perche'
«espressione di un coordinamento meramente informativo»). 
    12.4.2. - La questione e', invece,  fondata,  in  relazione  alla
previsione dell'obbligo di affissione dei bilanci. 
    Si tratta, infatti,  di  una  disciplina  -  peraltro  di  minuto
dettaglio -  che  regola  una  specifica  modalita'  di  pubblicita',
incidente sulla  materia  dei  servizi  pubblici  locali,  senza  che
possano essere invocati titoli competenziali statali quali la  tutela
della concorrenza o la tutela dell'ambiente. Deve,  pertanto,  essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  148,  comma  3,
nella parte in cui prevede che «I  bilanci  preventivi  e  consuntivi
dell'Autorita' d'ambito e loro variazioni  sono  pubblicati  mediante
affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente». 
    12.5. - Il comma 5 dell'art.  148  e'  censurato,  sotto  diversi
profili, dalle Regioni Calabria (ricorso n.  68  del  2006),  Toscana
(ricorso n. 69 del 2006), Piemonte (ricorso n. 70 del  2006),  Umbria
(ricorso n. 72 del 2006), Liguria (ricorso n. 74 del 2006)  e  Marche
(ricorso n. 79 del 2006). 
    La disposizione prevede che, «Ferma  restando  la  partecipazione
obbligatoria all'Autorita' d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi
del comma 1, l'adesione  alla  gestione  unica  del  servizio  idrico
integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione  fino  a  1.000
abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione
che la gestione del servizio idrico sia  operata  direttamente  dalla
amministrazione comunale  ovvero  tramite  una  societa'  a  capitale
interamente  pubblico  e  controllata  dallo  stesso  comune.   Sulle
gestioni di cui  al  presente  comma  l'Autorita'  d'ambito  esercita
funzioni  di  regolazione  generale  e  di  controllo.  Con  apposito
contratto di servizio  stipulato  con  l'Autorita'  d'ambito,  previo
accordo  di  programma,  sono  definiti  criteri  e   modalita'   per
l'eventuale  partecipazione  ad  iniziative  promosse  dall'Autorita'
d'ambito medesima». 
    12.5.1. - Le Regioni Toscana (ricorso n.  69  del  2006),  Umbria
(ricorso n. 72 del 2006), Liguria (ricorso n. 74 del 2006)  e  Marche
(ricorso n. 79 del 2006) denunciano la  disposizione  in  riferimento
all'art. 117, quarto comma, Cost., perche' incide sulla  materia,  di
potesta'  legislativa  residuale  regionale,  dei  «servizi  pubblici
locali» (ricorso n. 69 del 2006) e perche', non trovando  «fondamento
nelle clausole  trasversali  pure  evocate  dal  legislatore  statale
all'art. 141, primo comma», del medesimo decreto  legislativo  e,  in
particolare, non concretizzando  «una  misura  volta  a  tutelare  la
concorrenza», incide sulla competenza legislativa residuale regionale
in materia di  servizi  pubblici  locali,  cui  e'  riconducibile  la
decisione sugli ambiti  concreti  e  sulle  modalita'  gestionali  ed
organizzative del servizio (ricorsi nn. 72, 74 e 79 del 2006). 
    La Regione Calabria (ricorso n. 68  del  2006)  sostiene  che  la
norma viola l'art. 117 Cost. per gli stessi motivi gia'  indicati  in
relazione al comma 3 dello stesso  art.  148,  e  cioe'  per  il  suo
«contenuto  di   estremo   dettaglio»,   incidente   sulle   potesta'
legislative regionali; essa,  infatti,  atterrebbe  non  alla  tutela
dell'ambiente in senso stretto, ma «a  misure  organizzative  che  le
regioni devono poter calibrare in  relazione  alle  peculiarita'  del
proprio territorio». 
    Va preliminarmente rilevato che la Regione Marche - nella memoria
depositata  in  prossimita'  dell'udienza  -  ha  chiesto  che  venga
dichiarata la cessazione della materia del contendere. Essa riferisce
che la norma censurata e' stata sostituita dall'art. 2, comma 14, del
d.lgs. n. 4 del 2008, secondo cui: «Ferma restando la  partecipazione
obbligatoria all'Autorita' d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi
del comma 1, l'adesione  alla  gestione  unica  del  servizio  idrico
integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione  fino  a  1.000
abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione
che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo  consenso
della Autorita' d'ambito competente». La ricorrente ritiene che  tale
modifica della norma  censurata  soddisfi  le  sue  pretese,  perche'
avrebbe  carattere  sostanzialmente  retroattivo,  dal  momento   che
qualunque Comune della Regione Marche «che avesse optato per  la  non
adesione  all'ATO  in  applicazione  della  norma  qui  censurata  si
troverebbe oggi sottoposto al nuovo regime e  alle  nuove  condizioni
previste dall'art. 148, comma 5, nel testo vigente». 
    Va  pertanto  dichiarata  la   cessazione   della   materia   del
contendere, limitatamente  alla  questione  sollevata  dalla  Regione
Marche,  perche',  argomentando  come   sopra,   la   ricorrente   ha
sostanzialmente affermato sia che il nuovo regime non e'  lesivo  del
parametro costituzionale evocato, sia che la  norma  denunciata  -  a
prescindere dalla sua "sostanziale retroattivita'" - non ha mai avuto
applicazione nel territorio regionale. 
    Quanto  alle  questioni  sollevate  dalle  altre  ricorrenti   in
riferimento all'intero art. 117 Cost. o al suo quarto  comma,  queste
devono essere esaminate nel merito e dichiarate non fondate. 
    La  disposizione  censurata,   infatti,   attiene   alla   tutela
dell'ambiente, con  prevalenza  rispetto  alla  materia  dei  servizi
pubblici  locali,  perche'  giustifica  la  possibilita'  di  deroghe
all'unicita' della gestione del servizio  sul  piano  soggettivo,  in
ragione  dell'elemento  tipicamente   ambientale   costituito   dalla
peculiarita' idrica delle zone comprese nei territori delle comunita'
montane. Se  infatti  -  come  si  e'  visto  sopra  -  le  modalita'
dell'organizzazione del servizio idrico, nelle loro  linee  generali,
sono  riconducibili  alla  materia  della  tutela  dell'ambiente,  di
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  rientra  in   tale
competenza anche stabilire le condizioni in presenza  delle  quali  i
Comuni  minori  appartenenti  alle  comunita'  montane  possono   non
partecipare alla gestione unica  del  servizio  idrico  integrato,  e
cioe' che la gestione del servizio sia operata direttamente da  parte
dell'amministrazione comunale ovvero tramite una societa' a  capitale
interamente pubblico controllata dallo stesso Comune. 
    12.5.2. - Le Regioni Piemonte (ricorso n. 70  del  2006),  Umbria
(ricorso n. 72 del 2006), Liguria (ricorso n. 74 del 2006) denunciano
l'art. 148, comma 5, per contrasto con l'art. 76 Cost. 
    La Regione Piemonte lamenta che «l'introdotta deroga al principio
di unicita' della gestione d'ambito esula dai principi dettati  dalla
legge di delega», mentre le Regioni Umbria e  Liguria  evocano  quale
parametro interposto, l'art. 1, comma 1, della legge  di  delegazione
n. 308 del 2004, il quale, stabilendo che «il Governo e' delegato  ad
adottare  [...]  uno  o  piu'  decreti   legislativi   di   riordino,
coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni   legislative»
previgenti, non permetterebbe l'introduzione nel decreto delegato  di
«una previsione del tutto nuova, che innova radicalmente rispetto  al
sistema della legge Galli (legge n. 36/1994)»,  quale  e'  quella  in
esame. 
    Le questioni non sono fondate. 
    Le ricorrenti deducono il carattere innovativo della disposizione
rispetto alla legge n. 36 del 1994 e,  dunque,  la  violazione  della
legge di delegazione, perche' quest'ultima non  consentirebbe  alcuna
innovazione rispetto ai principi fondamentali desumibili dalla citata
legge n. 36 del 1994, assunti dalla stessa legge di delegazione quali
criteri direttivi. In particolare, la deroga introdotta  dalla  norma
censurata al principio - desumibile dalla legge  n.  36  del  1994  -
dell'unicita' della gestione, sarebbe una previsione del tutto  nuova
e, pertanto, illegittima. 
    In realta', tanto il comma 5 dell'art. 148 quanto la legge n.  36
del 1994, richiamata dall'art. 8, comma 1, lettera b), della legge di
delegazione,   fissano   il   principio   del   «superamento    della
frammentazione  delle  gestioni»,  con  la  differenza  che  solo  la
disposizione  censurata  indica  il  criterio  dell'«unicita'   della
gestione»,  quale  modalita'  preferenziale  di  attuazione  di  tale
«superamento». La norma denunciata,  quindi,  costituisce  attuazione
del principio del «superamento della frammentazione  delle  gestioni»
stabilito  dalla  legge  n.  36  del  1994,  che  puo'   realizzarsi,
indifferentemente, sia con l'«unitarieta»  delle  gestioni,  sia  con
l'«unicita» prevista dalla norma censurata.  E  cio',  a  prescindere
dalla considerazione che - anche a voler ritenere, con le ricorrenti,
che la  norma  censurata  abbia  carattere  innovativo  -  la  delega
legislativa avrebbe comunque consentito l'innovazione al  fine  della
razionalizzazione  della  disciplina  (sentenza  n.  225  del  2009).
Infatti, all'art. 1, comma 1, la delega prevede  che  il  legislatore
delegato provveda al «riordino, coordinamento  e  integrazione  delle
disposizioni legislative [...] anche mediante la redazione  di  testi
unici»; e  non  pare  dubbio  che  l'uso  dei  termini  «riordino»  e
«integrazione» sia sufficiente a consentire interventi innovativi del
legislatore,  quali  quelli  censurati  dalla  ricorrente  (principio
desumibile anche dalle sentenze n. 308 del 2002, n. 198 del 1998,  n.
4 del 1992). 
    12.5.3. - Le Regioni Piemonte (ricorso n. 70 del 2006)  e  Umbria
(ricorso n. 72 del 2006) censurano l'art. 148,  comma  5,  anche  con
riferimento all'art. 3 Cost. 
    In  particolare,  la  prima  delle  due  ricorrenti  denuncia  la
violazione  dell'art.  3  Cost.,  sub   specie   del   principio   di
uguaglianza, perche' la disposizione impugnata «e' totalmente  avulsa
dalla  considerazione  della  forte  differenziazione  delle  realta'
territoriali ed amministrative nelle regioni italiane».  Entrambe  le
ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 3 Cost., sub specie del
principio di ragionevolezza, rilevando che la norma censurata si pone
in contraddizione con il principio  di  organizzazione  del  servizio
idrico in base all'individuazione di  ambiti  territoriali  ottimali,
creando, conseguentemente, disservizi e diseconomie di gestione. 
    Le questioni sono inammissibili. 
    Come questa  Corte  ha  piu'  volte  chiarito,  le  Regioni  sono
legittimate a denunciare la violazione di  norme  costituzionali  non
relative al riparto di competenze  con  lo  Stato  solo  quando  tale
violazione comporti un'incidenza diretta o indiretta sulle competenze
attribuite dalla Costituzione alle Regioni stesse (sentenze n. 270  e
n. 50 del 2005, n. 287 e n. 286 del 2004; n. 303 del 2003). Nel  caso
di specie, le ricorrenti si limitano a lamentare  la  violazione  dei
principi di uguaglianza e ragionevolezza senza dedurre l'incidenza di
tale violazione sulle competenze regionali. 
    12.5.4. - La Regione Piemonte (ricorso n. 70  del  2006)  censura
l'art. 148, comma 5, in riferimento  agli  artt.  117  e  118  Cost.,
perche' esso pone una deroga che «contrasta con il  mantenimento  del
complessivo quadro istituzionale e dell'assetto  organizzativo  delle
funzioni gia' stabilito»,  condizionando  e  limitando  «le  potesta'
regionali  di  organizzazione  delle  funzioni   amministrative   nel
territorio e negli ambiti di competenza regionale quali quello  della
regolazione dei servizi pubblici locali, senza  che  sia  ravvisabile
alcuna razionale superiore diversa esigenza di carattere unitario  ed
anzi in evidente contrasto con gli stessi principi  della  disciplina
del settore». In sostanza, la ricorrente  censura  la  norma  perche'
lederebbe la sua  competenza  legislativa  residuale  in  materia  di
servizi pubblici locali (art. 117, quarto comma,  Cost.),  senza  che
sussistano le condizioni per  l'attrazione  in  sussidiarieta'  della
competenza legislativa in tale materia (art. 118 Cost.). 
    La questione non e' fondata. 
    Non sussiste, infatti, l'invocata competenza regionale, ma - come
si e' visto - l'esclusiva competenza statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente, con la  conseguenza  che  il  legislatore  statale  e'
legittimato ad allocare le competenze amministrative. 
    13. - Le Regioni Calabria  (ricorso  n.  68  del  2006),  Toscana
(ricorso n. 69 del 2006), Umbria (ricorso n. 72  del  2006),  Liguria
(ricorso n. 74 del 2006) e Marche (ricorso n. 79 del 2006) censurano,
sotto diversi profili, diversi commi dell'art. 149. 
    13.1. - Il comma  1  di  detto  articolo,  il  quale  prevede  la
predisposizione  e  l'aggiornamento  del  piano  d'ambito  da   parte
dell'autorita' d'ambito,  e'  censurato  dalla  Regione  Calabria  in
riferimento  agli  artt.  117  e  118   Cost.,   perche'   disciplina
«l'esercizio  delle  funzioni  amministrative  spettanti  agli   enti
infra-statuali». La stessa ricorrente censura,  in  riferimento  agli
stessi parametri, anche i commi da 2 a 5 del  medesimo  articolo,  la
cui  illegittimita'  costituzionale   deriverebbe   da   quella   del
precedente comma 1. 
    Le questioni non sono fondate. 
    La  ricorrente,  che   pure   non   specifica   a   quali   «enti
infra-statuali» si riferisce la censura relativa al comma 1 dell'art.
149, si duole, da un lato, dell'intervento legislativo dello Stato in
mancanza di un titolo competenziale  (art.  117  Cost.),  dall'altro,
dell'allocazione all'autorita' d'ambito delle funzioni amministrative
di   pianificazione   (art.   118   Cost.),   con   la    conseguenza
dell'illegittimita' costituzionale anche dei successivi commi da 2  a
5. 
    In relazione al primo parametro costituzionale evocato,  si  deve
rilevare che l'attivita' pianificatoria disciplinata  dal  denunciato
art. 149 deve essere  ricondotta  alla  materia  della  tutela  della
concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, perche'
e' strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio e  ha,
percio',  lo  scopo  di  consentire  il  concreto  superamento  della
frammentazione della gestione  delle  risorse  idriche,  al  fine  di
inserire  armonicamente  tale  gestione  in  un  piu'  ampio   quadro
normativo diretto alla razionalizzazione del mercato del settore. 
    In relazione all'art. 118 Cost., secondo parametro costituzionale
evocato, si deve rilevare che, data l'organizzazione del servizio  in
ambiti  territoriali  ottimali  gestiti  ciascuno   da   un'autorita'
d'ambito, il  livello  piu'  adeguato  a  cui  allocare  le  funzioni
amministrative di pianificazione  e'  proprio  quello  dell'autorita'
d'ambito medesima, cui partecipano obbligatoriamente i  Comuni  e  le
Province ai sensi dell'art. 148, comma 1, e non quello di non  meglio
identificati «enti infra-statuali». 
    All'insussistenza dell'illegittimita' costituzionale del comma  1
consegue l'insussistenza della denunciata illegittimita' derivata dei
commi da 2 a 5. 
    13.2. - Il comma 6  dell'art.  149  e'  censurato  dalle  Regioni
Calabria (ricorso n. 68 del 2006), Toscana (ricorso n. 69 del  2006),
Umbria (ricorso n. 72 del 2006), Liguria (ricorso n. 74 del  2006)  e
Marche (ricorso n. 79 del 2006). 
    La disposizione stabilisce che «Il piano  d'ambito  e'  trasmesso
entro dieci  giorni  dalla  delibera  di  approvazione  alla  regione
competente, all'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche  e  sui
rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» e
che «L'Autorita' di vigilanza sulle risorse  idriche  e  sui  rifiuti
puo'  notificare  all'Autorita'  d'ambito,   entro   novanta   giorni
decorrenti  dal  ricevimento  del  piano,   i   propri   rilievi   od
osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti:  il
programma   degli    interventi,    con    particolare    riferimento
all'adeguatezza  degli  investimenti  programmati  in  relazione   ai
livelli  minimi  di  servizio  individuati  quali   obiettivi   della
gestione; il piano  finanziario,  con  particolare  riferimento  alla
capacita'  dell'evoluzione  tariffaria  di   garantire   l'equilibrio
economico  finanziario  della  gestione,  anche  in  relazione   agli
investimenti programmati». 
    Le ricorrenti sostengono che il  menzionato  comma  6  viola:  a)
l'art.  76  Cost.  e,  quale  parametro  interposto,  la   legge   di
delegazione n. 308 del 2004, la  quale:  (a.1.)  stabilendo  che  «Il
Governo e' delegato ad adottare [...] uno o piu' decreti  legislativi
di  riordino,  coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni
legislative»   previgenti   (art.   1,   comma   1),   non   permette
l'introduzione nel decreto delegato di una disposizione di «carattere
innovativo»;  (a.2.)  stabilendo  che   la   fonte   delegata   debba
rispettare, tra l'altro,  le  attribuzioni  regionali  e  degli  enti
locali fissate dal decreto legislativo n. 112 del 1998 (art. 1, comma
8), preclude l'attribuzione di funzioni amministrative  all'Autorita'
di vigilanza «in contrasto  con  i  disposti  di  cui  al  d.lgs.  n.
112/1998», dal cui art. 88 «non si  ricavano  elementi  in  grado  di
includere le funzioni  affidate  all'Autorita'  di  vigilanza  fra  i
"compiti di rilievo nazionale" di cui l'articolo si occupa»  (ricorsi
n. 72 e n. 74 del 2006); b)  l'art.  117,  secondo  e  quarto  comma,
Cost., perche' prevede, nella sostanza, «un potere di  controllo  nei
confronti della "Autorita' d'ambito territoriale  ottimale"  affidato
alla "Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche  e  sui  rifiuti",
organismo i cui componenti,  ex  art.  159  dello  stesso  d.lgs.  n.
152/2006, sono largamente espressione statale» e, pertanto, incide su
«ambiti certamente estranei alle materie di cui all'art.  141,  comma
1, d.lgs. n. 152/2006 (oltre che ovviamente alle altre materie di cui
all'art. 117, secondo comma Cost.)», con conseguente carenza di alcun
titolo che legittimi l'intervento legislativo statale (ricorsi n.  72
e n. 74 del 2006); c) l'art. 118,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto:
(c.1.)   attribuisce    all'Autorita'    di    vigilanza    «funzioni
amministrative di controllo e prescrittive in assenza di reali motivi
che ne giustifichino un'attrazione a livello statale»; (ricorsi n. 72
e n. 74 del 2006); (c.2.) lede le «potesta' di  controllo  regionali,
che nel caso  della  Regione  Umbria  sono  gia'  state  disciplinate
dall'art. 12 della legge regionale 5 dicembre 1997, n.  43»  (ricorso
n. 72 del 2006); d) in subordine alle censure sub b) e c), gli  artt.
117 e 118 Cost., perche' «un'attrazione di tali potesta' [e cioe' dei
poteri amministrativi di controllo] ad  opera  dello  Stato  potrebbe
essere consentita - ricorrendone i presupposti sostanziali (cosa  che
non e' nel presente caso) - previo reale coinvolgimento delle regioni
nell'esercizio del potere, in ossequio al principi  indicati  con  la
nota sentenza n. 303/2003 della Corte cost.» (ricorsi n. 72 e  n.  74
del 2006); e) l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  perche'  incide,  in
parte, sulla materia, di potesta' legislativa concorrente  regionale,
del «governo del  territorio»,  dettando  disposizioni  di  dettaglio
(ricorso n. 69 del 2006); f) l'art. 117, quarto comma, Cost., perche'
prevede un potere di controllo da parte dell'Autorita' di  vigilanza,
che «presenta una composizione fortemente sbilanciata  a  favore  dei
rappresentanti ministeriali»  e  pertanto  incide,  in  parte,  sulla
materia  dei  «servizi  pubblici  locali»,  di  potesta'  legislativa
residuale regionale (ricorso n. 69 del 2006); g) gli artt. 117, terzo
e quarto comma, Cost., in quanto,  se  «le  finalita'  del  controllo
consentono di  ricondurre  l'attivita'  in  parte  alla  materia  dei
servizi pubblici, in parte alla materia del  governo  del  territorio
(programma  degli  investimenti)»,  il  controllo   «previsto   dalla
disposizione in esame non appare giustificabile ne' in relazione alla
materia dei servizi pubblici locali, (non  venendo  qui  in  rilievo,
stante quanto esposto in relazione  all'art.  148,  comma  5  profili
attinenti alla "tutela  della  concorrenza"  ne'  in  relazione  alla
materia del "governo del territorio" dove lo Stato deve  limitarsi  a
dettare i principi fondamentali)» (ricorso n. 79 del  2006);  h)  non
precisati parametri costituzionali, perche' prevede, nella  sostanza,
«un potere di  controllo  nei  confronti  della  "Autorita'  d'ambito
territoriale ottimale" affidato alla "Autorita'  di  vigilanza  sulle
risorse idriche e sui rifiuti", organismo i cui componenti,  ex  art.
159 dello stesso d.lgs.  n.  152/2006,  sono  largamente  espressione
statale» e  detta  una  «disciplina  procedurale  assai  dettagliata»
(ricorso n. 68 del 2006). 
    13.2.1. -  Preliminarmente  deve  essere  dichiarata  cessata  la
materia del contendere in relazione  alle  questioni  sopra  indicate
alle lettere a.2.), b), c), d), f), g), h), che si riferiscono in via
esclusiva alle competenze dell'Autorita' di vigilanza  sulle  risorse
idriche e sui rifiuti, perche' quest'ultima - come  visto  sopra  sub
12.4.1. - e' stata abolita dall'art. 1, comma 5, del  d.lgs.  n.  284
del 2006 e non e' mai entrata in funzione. 
    A tale conclusione non puo'  opporsi  -  come  fa  la  ricorrente
Regione Marche nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza -
che vi  sarebbe  il  trasferimento  delle  promosse  questioni  sulla
normativa attualmente vigente in materia, introdotta dal d.lgs. n.  4
del 2008, art. 2, comma 15,  il  quale,  riformando  l'art.  161  del
d.lgs. n. 152 del 2006, ha attribuito al Comitato  per  la  vigilanza
sull'uso  delle  risorse  idriche  la  competenza  a  verificare  «la
corretta  redazione  del  piano  d'ambito,  esprimendo  osservazioni,
rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed  economici  e  sulla
necessita' di modificare le clausole  contrattuali  e  gli  atti  che
regolano il rapporto  tra  le  Autorita'  d'ambito  e  i  gestori  in
particolare quando cio'  sia  richiesto  dalle  ragionevoli  esigenze
degli  utenti».  Sussistono,  infatti,   rilevanti   diversita'   tra
l'Autorita'  e  il  Comitato,  quanto  a  struttura,  composizione  e
competenze. In particolare: quanto alla struttura, l'art. 159,  comma
2, prevede che sono organi dell'Autorita' il presidente, il  comitato
esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni  denominate
"Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e  "Sezione  per  la
vigilanza sui rifiuti", mentre il nuovo art. 161 non prevede  per  il
Comitato  alcuna  specifica  suddivisione  in  organi;  quanto   alla
composizione, l'Autorita' ha quattordici membri, tutti  nominati  con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  su  deliberazione   del
Consiglio dei Ministri, di cui dieci sono  designati  da  ministri  e
quattro  dalla  Conferenza  dei  presidenti  delle  regioni  e  delle
province autonome (art. 159, comma 2), mentre il  Comitato  ha  sette
membri, tutti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare, di cui tre sono designati dalla Conferenza dei
presidenti delle regioni e delle province autonome (nuovo  art.  161,
comma 2); quanto alle competenze, quelle  dell'Autorita'  comprendono
il settore delle risorse idriche e quello  dei  rifiuti  (art.  160),
mentre quelle del Comitato sono limitate  al  settore  delle  risorse
idriche e sono diverse da quelle dell'Autorita' anche in tale settore
(nuovo art. 161, comma 4). Le evidenziate diversita' escludono che il
contenuto precettivo delle due disposizioni sia lo stesso e che possa
trovare applicazione nel caso di specie il  trasferimento  sul  nuovo
testo normativo delle questioni promosse (sentenze n. 168 del 2008  e
n. 533 del 2002). 
    13.2.2. - Delle questioni che residuano, quella sub a.1.)  -  con
la quale si lamenta, in riferimento all'art. 76 Cost.,  il  carattere
innovativo della disposizione censurata sul presupposto che la  legge
di  delegazione   non   consentirebbe   innovazioni   rispetto   alla
legislazione previgente - non e' fondata. 
    Infatti, il presupposto delle ricorrenti e' erroneo, perche', nel
caso di specie, la legge di delega consente l'innovazione, nei limiti
di quanto gia' osservato al punto 12.5.2. 
    13.2.3. - Con la questione sub e), si denuncia  -  come  visto  -
l'art. 149, comma 6, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost.,
perche' inciderebbe, con disposizioni di dettaglio, sulla materia, di
potesta' legislativa concorrente, del «governo del territorio». 
    La  censura  e'  formulata  in  modo  assai   ampio,   cosi'   da
ricomprendere sia il profilo relativo all'Autorita' di vigilanza, sia
quello relativo alla trasmissione della delibera di approvazione  del
piano d'ambito alla Regione e  al  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio. 
    Quanto al  primo  profilo,  deve  essere  dichiarata  cessata  la
materia del contendere, in forza di quanto osservato al punto 13.2.1. 
    Quanto al secondo profilo, la questione non e' fondata, perche' -
analogamente a quanto visto al punto 12.4.1. -  la  trasmissione  del
piano d'ambito alla Regione e al  Ministero  rientra  fra  i  normali
obblighi informativi, che possono legittimamente essere fissati dalla
legge statale ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  r),
Cost. 
    14. - Le Regioni Calabria (ricorso  n.  68  del  2006),  Piemonte
(ricorso n. 70 del 2006) ed Emilia-Romagna (ricorso n. 73  del  2006)
censurano, sotto vari profili, diversi commi dell'art. 150. 
    14.1. - L'intero articolo e'  censurato  dalla  Regione  Calabria
(ricorso  n.  68  del  2006),  la  quale  lamenta  che  esso  -   nel
disciplinare la forma di gestione del  servizio  e  le  procedure  di
affidamento dello stesso e, in particolare, nel rinviare a  tal  fine
al disposto dell'art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000,  n.  267  (Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) - viola  l'art.
117 Cost., perche' si basa «essenzialmente sulla disciplina dell'art.
113 del  decreto  legislativo  n.  267  del  2000»,  con  la  duplice
conseguenza   che   «dimostra   chiaramente   l'intento   dilatatorio
perseguito dal legislatore statale relativamente alle  competenze  di
cui e' titolare» e che l'esclusione di  ogni  rilievo  della  "tutela
della concorrenza" nel settore che ci  occupa  configura  [...]  come
improponibile una recezione della normativa dal precitato art. 113». 
    La questione non e' fondata. 
    La censura  prospettata  dalla  ricorrente  Regione  Calabria  e'
sostanzialmente diretta a negare la riconducibilita' della norma alla
materia della tutela della  concorrenza,  di  competenza  legislativa
esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. 
    Tuttavia, al riguardo, va rilevato che il richiamo ai commi 5 e 7
dell'art. 113 del d.lgs. n. 267  del  2000,  effettuato  dalla  norma
censurata, esprime la chiara volonta' del legislatore di disciplinare
aspetti generali attinenti alla tutela della  concorrenza,  quali  la
forma di gestione e le procedure di affidamento del  servizio  idrico
integrato. In particolare, il comma 5 dell'art. 113 del d.lgs. n. 267
del 2000 prevede che «L'erogazione del servizio  avviene  secondo  le
discipline di settore e  nel  rispetto  della  normativa  dell'Unione
europea, con  conferimento  della  titolarita'  del  servizio:  a)  a
societa' di capitali individuate attraverso  l'espletamento  di  gare
con procedure ad evidenza pubblica; b) a societa'  a  capitale  misto
pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso
l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano
dato garanzia di  rispetto  delle  norme  interne  e  comunitarie  in
materia di concorrenza secondo le linee di  indirizzo  emanate  dalle
autorita' competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a societa' a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente
o gli enti pubblici titolari del capitale  sociale  esercitino  sulla
societa' un controllo analogo a quello esercitato sui propri  servizi
e che la societa' realizzi la parte  piu'  importante  della  propria
attivita' con l'ente o gli enti  pubblici  che  la  controllano».  Il
comma 7 dello stesso art. 113 del d.lgs.  n.  267  del  2000,  a  sua
volta, prevede che «La gara di cui al comma 5 e' indetta nel rispetto
degli  standard  qualitativi,  quantitativi,  ambientali,   di   equa
distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente
Autorita' di settore o, in mancanza di essa, dagli  enti  locali.  La
gara e' aggiudicata sulla base del migliore  livello  di  qualita'  e
sicurezza  e  delle  condizioni  economiche  e  di  prestazione   del
servizio,  dei  piani  di  investimento  per   lo   sviluppo   e   il
potenziamento delle reti e degli impianti,  per  il  loro  rinnovo  e
manutenzione, nonche' dei  contenuti  di  innovazione  tecnologica  e
gestionale. Tali elementi fanno parte  integrante  del  contratto  di
servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono  considerarsi
integrative delle discipline di settore». 
    Tali regole sono dirette ad assicurare la concorrenzialita' nella
gestione del servizio idrico integrato,  disciplinando  le  modalita'
del suo  conferimento  e  i  requisiti  soggettivi  del  gestore,  al
precipuo scopo di garantire la trasparenza, l'efficienza, l'efficacia
e l'economicita' della gestione medesima. In questo quadro, anche  il
superamento   della   frammentazione   della   gestione,   perseguito
attraverso  l'affidamento  unitario   di   quest'ultima   in   ambiti
territoriali ottimali, concorre  alla  piena  realizzazione  di  tali
finalita'. La riconducibilita' della  norma  censurata  alla  materia
della tutela  della  concorrenza  e',  del  resto,  confermata  dalla
formulazione letterale del comma 1 dello stesso art. 113  del  d.lgs.
n. 267 del 2000, il quale prevede espressamente che  le  disposizioni
che «disciplinano le modalita'  di  affidamento  e  di  gestione  dei
servizi pubblici locali», come quelle di cui ai commi  5  e  7  dello
stesso articolo, «concernono la tutela della concorrenza [...]» (come
anche rilevato da questa Corte con la sentenza n. 272 del 2004). 
    14.2. - La Regione Piemonte (ricorso  n.  70  del  2006)  censura
l'art. 150, in  combinato  con  l'art.  170,  comma  3,  lettera  i),
sostenendo che esso,  nel  disciplinare  la  scelta  della  forma  di
gestione del servizio e le procedure  di  affidamento  dello  stesso,
nonche' il relativo regime transitorio, viola: a) gli artt. 117 e 118
Cost., perche' illegittimamente determina  una  «attrazione  completa
nell'ambito di attivita'  amministrativa  ministeriale  di  tutta  la
disciplina  relativa  alla   gestione   del   servizio   considerato,
consolidando  nelle  norme  del  decreto  delegato  precedenti   atti
ministeriali», senza che «a  fronte  di  cio'  si  possano  rinvenire
peculiarita' del  servizio  idrico  integrato  che  giustifichino  un
simile intervento  legislativo  statale  in  deroga  alla  disciplina
generale dei servizi pubblici locali»; b) l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., perche', non limitandosi  a  stabilire  principi  fondamentali
della  materia,  detta  «misure  di  dettaglio»,   «con   conseguente
invasione delle competenze regionali in materia  di  regolazione  del
servizio idrico integrato». 
    La questione sub a) e' inammissibile, perche' oscura. 
    Infatti,  la  ricorrente  muove  dalla  generica  e  indimostrata
premessa che la norma censurata abbia "consolidato" «precedenti  atti
ministeriali», senza spiegare in cosa consista tale  "consolidazione"
e quali siano tali atti ministeriali.  Da  cio'  fa  derivare,  quale
effetto,   l'«attrazione   completa    nell'ambito    di    attivita'
amministrativa ministeriale di  tutta  la  disciplina  relativa  alla
gestione del servizio», senza chiarire  quale  rapporto  vi  sia  fra
premessa e conseguenza. Da tale asserita  «attrazione»  fa  derivare,
poi,  la  lesione  degli  evocati  parametri  costituzionali,   senza
chiarirne le ragioni. E cio', a prescindere dalla considerazione  che
la censura, ove interpretata nel senso che sia diretta  a  negare  la
riconducibilita'  della  norma  alla  materia  della   tutela   della
concorrenza, sarebbe comunque infondata, perche' - come si  e'  visto
sub 14.1. - il richiamo ai commi 5 e 7 dell'art. 113  del  d.lgs.  n.
267 del 2000 effettuato dal legislatore esprime la  sua  volonta'  di
disciplinare   aspetti   generali   attinenti   alla   tutela   della
concorrenza, quali la forma di gestione e le procedure di affidamento
del servizio idrico integrato. 
    La questione sub b) non e' fondata. 
    La Regione lamenta che la norma censurata fissa una disciplina di
dettaglio  e   non   principi   fondamentali   nella   materia,   che
evidentemente ritiene di competenza  legislativa  concorrente,  della
«regolazione del servizio idrico integrato». Il presupposto su cui si
basa la censura e' erroneo, perche' l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
il quale contiene l'elenco delle materie  di  competenza  legislativa
concorrente, non contempla la materia indicata dalla ricorrente. 
    14.3. - La  Regione  Emilia-Romagna  (ricorso  n.  73  del  2006)
impugna specificamente il comma 1 dell'art. 150, affermando che esso,
nello stabilire che «L'Autorita' d'ambito,  nel  rispetto  del  piano
d'ambito e del principio  di  unicita'  della  gestione  per  ciascun
ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui  all'articolo
113, comma 5, del decreto legislativo 18  agosto  2000,  n.  267»,  e
percio', nell'adottare il  principio  dell'unicita'  della  gestione,
viola: a) l'art. 76 Cost., per eccesso di delega; b) l'art. 3  Cost.,
sub specie del principio di ragionevolezza;  c)  l'art.  117,  quarto
comma, Cost. A sostegno delle questioni proposte, richiama le  stesse
ragioni fatte valere in relazione all'art. 147, comma 2, lettera  b),
per contestare l'introduzione da parte del legislatore  delegato  del
principio di unicita' della gestione del servizio idrico. 
    Riguardo a tali questioni,  deve  essere  dichiarata  cessata  la
materia del contendere. 
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, infatti, la
ricorrente  afferma  di  non  avere  piu'  interesse  alle  questioni
relative alla previsione del principio dell'unicita' della  gestione,
sostituito, per effetto dell'art. 2, comma 13, del d.lgs. 16  gennaio
2008, n. 4, da quello dell'unitarieta' della gestione, gia'  fissato,
secondo la ricorrente, dalla legge n. 36 del  1994  e  fatto  proprio
dalla   legislazione   regionale.   Trova   applicazione,   pertanto,
l'orientamento di questa Corte secondo cui, nel giudizio  principale,
quando la  parte  ricorrente,  pur  non  rinunciando  formalmente  al
ricorso, evidenzia il sopraggiunto venir  meno  delle  ragioni  della
controversia e la parte resistente non e'  costituita  -  come  nella
specie - o non si oppone, deve essere dichiarata la cessazione  della
materia del contendere. 
    14.4. - La  Regione  Emilia-Romagna  (ricorso  n.  73  del  2006)
censura l'art. 150,  comma  2,  il  quale  prevede  che  «L'Autorita'
d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante
gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni  comunitarie,  in
conformita' ai criteri di cui all'art.  113,  comma  7,  del  decreto
legislativo 18 agosto 2000,  n.  267,  secondo  modalita'  e  termini
stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia». 
    La ricorrente sostiene che la disposizione viola:  a)  l'art.  76
Cost. e, quale parametro interposto, la legge di delegazione  n.  308
del 2004, la quale: (a.1.) stabilendo che «Il Governo e' delegato  ad
adottare  [...]  uno  o  piu'  decreti   legislativi   di   riordino,
coordinamento  e   integrazione   delle   disposizioni   legislative»
previgenti (art. 1, comma 1), non permette l'introduzione nel decreto
delegato di una disposizione «innovativa»; (a.2.) stabilendo  che  la
fonte  delegata  debba  rispettare,  tra  l'altro,  le   attribuzioni
regionali e degli enti locali fissate dal decreto legislativo n.  112
del 1998 (art. 1,  comma  8),  preclude  l'attribuzione  di  funzioni
amministrative all'Autorita' d'ambito  in  contrasto  con  l'art.  88
dello stesso d.lgs. n. 112 del 1998, il quale «non riserva  [...]  al
livello di governo statale il compito di disciplinare le modalita' ed
i termini per l'aggiudicazione della  gestione  del  servizio  idrico
integrato»; b) l'art. 117, secondo e quarto  comma,  Cost.,  perche',
riservando al livello statale la determinazione delle modalita' e dei
termini di aggiudicazione, lede i principi di proporzionalita'  e  di
adeguatezza che  connotano  l'esercizio  della  potesta'  legislativa
statale in materia di tutela della  concorrenza  e,  pertanto,  opera
un'illegittima compressione della competenza  legislativa  regionale;
c) l'art. 117, sesto comma, Cost. perche' demanda la disciplina delle
modalita' e dei termini dell'aggiudicazione ad un  atto  ministeriale
che, al di la' del nomen juris utilizzato, ha natura regolamentare ed
interviene  nella  materia  di  potesta'  legislativa  regionale  dei
«servizi pubblici locali». 
    14.4.1. - La questione sub a.1.) - con la quale  si  lamenta,  in
riferimento  all'art.  76  Cost.,  il  carattere   innovativo   della
disposizione censurata - non e' fondata. 
    Il  presupposto  interpretativo  delle  ricorrenti  e',  infatti,
erroneo, perche' - come gia' osservato ai punti 12.5.2. e  13.2.2.  -
la legge di delegazione consente, nel caso di specie, l'innovazione. 
    14.4.2. - A prescindere da quanto  affermato  nella  sentenza  di
questa Corte n. 225 del 2009 circa l'applicabilita' del d.lgs. n. 112
del 1998 quale criterio direttivo della legge  di  delegazione,  deve
rilevarsi che anche la questione sub a.2.) - con la quale si lamenta,
sempre in riferimento all'art. 76 Cost., la violazione  dell'art.  88
di tale decreto legislativo - non e' fondata. 
    Infatti, l'art. 88 del d.lgs. n. 112 del 1998 non preclude che la
legge  statale  attribuisca  all'autorita'   d'ambito   le   funzioni
amministrative in tema di aggiudicazione. Infatti, detto articolo, al
comma 1, lettera h), fa espressamente rientrare, fra  i  «compiti  di
rilievo nazionale» attribuiti allo Stato, quelli relativi «ai criteri
per  la  gestione  del  servizio  idrico  integrato   come   definito
dall'articolo 4 della legge 5 gennaio 1994,  n.  36»;  e  non  vi  e'
dubbio   che   tra   tali    criteri    rientri    quello    relativo
all'aggiudicazione della gestione, che  e'  un  tipico  strumento  di
tutela della concorrenza. 
    14.4.3. - E' parimenti non fondata la questione sub  b),  con  la
quale si lamenta, in  riferimento  all'art.  117,  secondo  e  quarto
comma, Cost., che la riserva a livello statale  della  determinazione
delle modalita' e dei termini di aggiudicazione viola i  principi  di
proporzionalita' e di adeguatezza  che  connotano  l'esercizio  della
potesta' legislativa statale in materia di tutela della concorrenza e
opera  un'illegittima  compressione  della   competenza   legislativa
regionale. 
    Infatti, l'aggiudicazione, essendo  lo  strumento  attraverso  il
quale si realizza l'affidamento del servizio, rientra a pieno  titolo
- come si e' visto ai punti 14.1.  e  14.2.  -  nella  materia  della
tutela  della  concorrenza,  di  competenza   legislativa   esclusiva
statale. 
    14.4.4. - La questione sub c) -  con  la  quale  si  lamenta,  in
riferimento all'art. 117, sesto comma, Cost., che  lo  Stato  non  ha
potesta' regolamentare  per  la  disciplina  delle  modalita'  e  dei
termini dell'aggiudicazione - e' anch'essa non fondata. 
    Infatti, la disciplina dell'aggiudicazione rientra - come  appena
osservato  -  nella  materia  della  tutela  della  concorrenza,   di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, con la conseguenza  che
quest'ultimo ha, nella specie,  potesta'  regolamentare,  proprio  ai
sensi dell'evocato parametro. 
    15. - La sola Regione Calabria (ricorso n. 68 del  2006)  censura
l'art. 151 - recante la rubrica «Rapporti tra  autorita'  d'ambito  e
soggetti gestori del servizio  idrico  integrato»  -  in  riferimento
all'art.  117  Cost.,  perche'  costituisce   «prosieguo   logico   e
specificazione» dell'art. 150 e quindi  e'  illegittimo  per  effetto
dell'illegittimita' di tale ultima disposizione. 
    La questione non e' fondata. 
    Infatti, la denunciata illegittimita' non sussiste, perche'  essa
deriverebbe   -   nella    prospettazione    della    ricorrente    -
dall'accoglimento  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
relative all'art. 150, che sono state, invece, rigettate. 
    16. - L'art. 153 e' censurato dalle Regioni Calabria (ricorso  n.
68 del 2006) e Umbria (ricorso n. 72 del 2006), rispettivamente,  nel
suo complesso e nel comma 1. 
    La disposizione - la cui rubrica recita «Dotazioni  dei  soggetti
gestori  del  servizio  idrico  integrato»  -  prevede  che:  a)  «Le
infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti  locali  ai  sensi
dell'articolo 143 sono affidate in concessione  d'uso  gratuita,  per
tutta la durata  della  gestione,  al  gestore  del  servizio  idrico
integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei  termini  previsti
dalla convenzione e dal relativo  disciplinare»  (comma  1);  b)  «Le
immobilizzazioni, le attivita' e le passivita' relative  al  servizio
idrico integrato, ivi compresi gli  oneri  connessi  all'ammortamento
dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali  contributi
a fondo perduto in conto  capitale,  e/o  in  conto  interessi,  sono
trasferiti al soggetto gestore, che subentra nei  relativi  obblighi.
Di tale trasferimento  si  tiene  conto  nella  determinazione  della
tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza
pubblica» (comma 2). 
    16.1. - La Regione Calabria sostiene che  la  disposizione  viola
l'art. 117 Cost. e richiama a sostegno della  promossa  questione  le
medesime  ragioni   fatte   valere   in   relazione   all'art.   150.
L'illegittimita' costituzionale della norma deriverebbe,  cioe',  dal
fatto che essa si basa «essenzialmente sulla disciplina dell'art. 113
del decreto legislativo n. 267 del 2000», con la duplice  conseguenza
che  essa  e'  indice  dell'«intento   dilatatorio   perseguito   dal
legislatore statale relativamente alle competenze di cui e' titolare»
e che «l'esclusione di ogni rilievo della "tutela della  concorrenza"
nel settore che ci occupa  configura  [...]  come  improponibile  una
recezione della normativa dal precitato art. 113». 
    La questione non e' fondata. 
    La   censura   e'   sostanzialmente   diretta   a    negare    la
riconducibilita' del comma 1 dell'art. 153 alle materie di competenza
legislativa esclusiva statale, di cui all'art.  117,  secondo  comma,
Cost. La disciplina della dotazione dei gestori del  servizio  idrico
integrato recata dalla norma, diversamente da quanto  ritenuto  dalla
ricorrente,  e'   riconducibile   in   prevalenza   alla   competenza
legislativa esclusiva statale. La  disposizione  censurata,  infatti,
nel riferirsi alle infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti
locali, che sono beni  senza  dubbio  funzionali  alla  gestione  del
servizio idrico quale servizio pubblico  locale,  esclude  in  radice
l'onerosita'  della  concessione  d'uso  di  tali  infrastrutture  al
gestore  del   servizio   ed   incide,   percio',   sulla   tipologia
contrattuale.  Essa  attiene,  dunque,  all'esercizio  dell'autonomia
negoziale in tema di  concessioni-contratto  e  deve  percio'  essere
ricondotta,  secondo  un  criterio  di   prevalenza,   alla   materia
dell'ordinamento civile,  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,