Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 4,  commi
1, 2 e 4, della legge della Regione  Veneto  26  giugno  2008,  n.  3
(Interpretazione autentica dell'articolo 2 della legge  regionale  16
agosto 2007,  n.  22  «Disposizioni  di  riordino  e  semplificazione
normativa - collegato alla  legge  finanziaria  2006  in  materia  di
personale, affari  istituzionali,  rapporti  con  gli  enti  locali»,
dell'articolo 96 della legge regionale 27 febbraio 2008, n. 1  «Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2008» e  modifiche  alla  legge
regionale 10 gennaio 1997, n. 1 «Ordinamento delle funzioni  e  delle
strutture della Regione» e successive  modificazioni),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-26
agosto 2008, depositato in cancelleria il 26 agosto 2008 ed  iscritto
al n. 49 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  20  ottobre  2009  il  giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Luigi Fiorillo per la Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
depositato il 26 agosto 2008, ha impugnato gli articoli 1 e 4,  commi
1, 2 e 4, della legge della Regione  Veneto  26  giugno  2008,  n.  3
(Interpretazione autentica dell'articolo 2 della legge  regionale  16
agosto 2007,  n.  22  «Disposizioni  di  riordino  e  semplificazione
normativa - collegato alla  legge  finanziaria  2006  in  materia  di
personale, affari  istituzionali,  rapporti  con  gli  enti  locali»,
dell'articolo 96 della legge regionale 27 febbraio 2008, n. 1  «Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2008» e  modifiche  alla  legge
regionale 10 gennaio 1997, n. 1 «Ordinamento delle funzioni  e  delle
strutture della Regione» e successive  modificazioni)  per  contrasto
con gli articoli 3, 51, primo comma, 97 e 117, secondo  comma,  della
Costituzione. 
    Il ricorrente  ha  in  particolare  sollevato  due  questioni  di
legittimita' costituzionale, l'una  relativa  all'art.  1  e  l'altra
all'art. 4, commi 1, 2 e 4 della menzionata legge regionale. 
    1.1. - Con riferimento alla prima questione,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  sostiene  che  la   disciplina   censurata,
asseritamente  interpretativa  dell'articolo  2  della  legge   della
Regione Veneto 16 agosto 2007, n.  22  (Disposizioni  di  riordino  e
semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2006  in
materia di personale, affari istituzionali,  rapporti  con  gli  enti
locali), a sua volta attuativo dell'art. 1, comma 565, della legge 27
dicembre 2006 n. 296 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), abbia in
realta'  esteso,  con  effetto  innovativo,  la  stabilizzazione  del
personale precario del Servizio sanitario nazionale anche ai  profili
di livello dirigenziale. Con cio' essa avrebbe violato i criteri e  i
limiti previsti dalla disciplina statale  sulla  stabilizzazione  dei
dipendenti pubblici, contenuti in particolare nell'art. 1,  commi  da
513 a 543, della legge n. 296 del 2006 (cui rinvia il gia' menzionato
art. 1, comma 565, della medesima legge) e  nell'art.  3,  comma  94,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2008). Ad avviso del ricorrente, le predette disposizioni legislative
statali, le quali escludono la stabilizzazione del personale precario
di livello  dirigenziale,  costituiscono  «principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della  finanza  pubblica»,  cui  le  Regioni
devono attenersi «in vista delle inevitabili  ricadute  di  carattere
economico permanente  che  un  uso  estensivo  della  stabilizzazione
sarebbe idoneo a causare». Secondo il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, pertanto, la disciplina censurata, nel porsi  in  contrasto
con  tali  principi  fondamentali  di  coordinamento  della   finanza
pubblica, lederebbe l'art. 117, secondo  comma,  della  Costituzione.
Essa violerebbe, inoltre, ad avviso del ricorrente, anche i «principi
di ragionevolezza, imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione riposanti sugli artt. 3 e 97 della Costituzione». 
    1.2. - Relativamente alla seconda questione sollevata, avente  ad
oggetto l'art. 4, commi 1, 2 e 4, della legge della Regione Veneto n.
3 del 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva  che  le
norme  censurate,  attraverso  una  procedura  selettiva   riservata,
dispongono l'applicazione della stabilizzazione prevista dall'art. 96
della legge della Regione  Veneto  27  febbraio  2008,  n.  1  (Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2008) anche al personale  degli
uffici di diretta collaborazione degli organi  politici,  assunti  ai
sensi degli artt. 178 e 179  della  legge  della  Regione  Veneto  10
giugno 1991, n. 12 (Organizzazione amministrativa e  ordinamento  del
personale della Regione) e degli artt.  8  e  19  della  legge  della
Regione Veneto 10 gennaio 1997, n. 1 (Ordinamento  delle  funzioni  e
delle strutture della Regione). Anche in questo caso, ad  avviso  del
ricorrente, le disposizioni regionali si porrebbero in contrasto  con
i principi dettati dalla disciplina legislativa statale in materia di
stabilizzazione del personale pubblico (art. 1, commi da 513  a  543,
della legge n. 296 del 2006 e art. 3, comma 94, della  legge  n.  244
del 2007), sia  perche'  tali  principi  «escludono  l'applicabilita'
delle  procedure  di  stabilizzazione   al   personale   di   diretta
collaborazione degli organi politici», sia perche',  in  particolare,
l'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del  2006  prevede,  ai  fini
della stabilizzazione, un  criterio  temporale  difforme  rispetto  a
quello  indicato  dall'art.  4,  comma  4,  della   legge   regionale
impugnata. Le disposizioni regionali censurate, inoltre,  secondo  il
Presidente del Consiglio dei  ministri,  introdurrebbero  una  deroga
ingiustificata alla regola del concorso pubblico,  posta  a  garanzia
del buon andamento  e  dell'imparzialita'  dell'amministrazione,  con
conseguente violazione degli artt. 3, 51, primo  comma,  e  97  della
Costituzione. 
    2. - Si e' costituita in giudizio, con atto depositato in data 24
ottobre 2008, la  Regione  Veneto,  chiedendo  che  le  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate siano dichiarate  inammissibili
o, comunque, non fondate. 
    2.1.  -   La   difesa   regionale   eccepisce,   preliminarmente,
l'inammissibilita'  del  ricorso  per  assoluta   genericita'   delle
doglianze.  Ad  avviso  della  Regione  Veneto,  il  Presidente   del
Consiglio dei ministri  avrebbe  impugnato  diverse  disposizioni  di
legge regionale, adducendo la violazione di  numerose  ed  eterogenee
disposizioni costituzionali, senza rendere esplicito  ed  argomentato
il percorso logico giuridico che conduce  alla  censura  di  ciascuno
degli  articoli  censurati  in   relazione   ai   singoli   parametri
costituzionali. La carenza di un'adeguata, e non meramente assertiva,
motivazione  delle  censure  risulterebbe  particolarmente  evidente,
secondo la difesa regionale, in  relazione  alla  pretesa  violazione
degli artt. 3 e 97 Cost. da  parte  dell'art.  1  della  legge  della
Regione Veneto n. 3 del 2008. 
    2.2. - Nel  merito,  con  riferimento  alla  prima  questione  di
legittimita'  costituzionale,  la  difesa  regionale,  dopo  un'ampia
ricostruzione del quadro legislativo statale e  regionale  rilevante,
richiama  l'orientamento  di  questa  Corte  -  affermato  anche  con
specifico riferimento all'art. 1, comma 565, della legge n.  296  del
2006 - secondo cui le norme statali che  fissano  limiti  alla  spesa
delle Regioni e  degli  enti  locali  possono  qualificarsi  principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica a condizione che
esse si  limitino  a  porre  «obiettivi  di  riequilibrio»  volti  ad
ottenere un «contenimento complessivo» della spesa,  senza  prevedere
«in modo esaustivo strumenti o modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi» (sentenza n. 120 del 2008).  Tale  giurisprudenza
costituzionale dimostrerebbe, ad avviso della difesa  regionale,  che
la condizione di legittimita' dell'intervento legislativo statale  in
materia di coordinamento della finanza pubblica e' che esso lasci uno
«spazio deliberativo» all'autonomia  regionale.  Siffatta  condizione
sarebbe rispettata dalla disciplina statale richiamata dal ricorrente
quale norma interposta. Quest'ultima,  in  particolare,  in  tema  di
stabilizzazione del personale sanitario (art. 1, comma  565,  lettera
c), da un  lato,  prevede  «la  mera  facolta'  e  non  l'obbligo  di
effettuare valutazioni ai fini della trasformazione dei  rapporti  di
lavoro» e, dall'altro lato, nell'ipotesi in cui le Regioni optino per
la stabilizzazione, dispone soltanto che  esse  «possono  nella  loro
autonomia far riferimento ai principi desumibili  dalle  disposizioni
di cui ai commi da 513 a 543».  Pertanto,  ad  avviso  della  Regione
Veneto,  la  disciplina  regionale   censurata,   nell'estendere   la
stabilizzazione al personale dirigenziale, sarebbe  esplicazione  del
margine di autonomia che il legislatore statale e' tenuto a concedere
alle Regioni e, comunque,  si  muoverebbe  «all'interno  dei  confini
tracciati dai principi di coordinamento della legge dello Stato».  La
difesa regionale, inoltre, rileva che gia'  la  legge  della  Regione
Veneto n. 22 del 2007, oggetto di interpretazione autentica da  parte
della norma censurata, e non tempestivamente impugnata, prevedeva  la
stabilizzazione del personale medico e veterinario, che e'  tutto  di
livello dirigenziale. Ne deriva che,  in  caso  di  accoglimento  del
ricorso,  si   determinerebbe   una   irragionevole   disparita'   di
trattamento  fra  il  personale  dirigenziale  medico,  ammesso  alla
stabilizzazione, e il personale  dirigenziale  amministrativo,  dalla
stessa escluso. 
    2.3.  -   Quanto   alla   seconda   questione   di   legittimita'
costituzionale, sollevata in relazione all'art. 4, commi  1,  2  e  4
della legge della Regione Veneto n. 3 del 2008, la  difesa  regionale
innanzitutto ribadisce, con riferimento  all'asserita  violazione  di
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, quanto
argomentato a proposito della censura proposta in relazione  all'art.
1 della medesima legge regionale. Inoltre, la Regione  Veneto  rileva
che il ricorso poggia su  un  presupposto  palesemente  erroneo,  dal
momento  che  la  richiamata  disciplina  statale   in   materia   di
stabilizzazione esclude la stabilizzazione del personale  di  diretta
collaborazione degli organi politici che sia titolare di contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, ma non di  quello  che  sia
invece  titolare  di  contratti  a   tempo   determinato.   Da   cio'
deriverebbe, secondo la difesa regionale, anche l'infondatezza  della
censura  riferita  al  comma  4  dell'art.   4   della   disposizione
legislativa censurata, relativa al computo del periodo utile ai  fini
della stabilizzazione, non comprendendosi «la ragione per la quale il
periodo lavorativo  pregresso  non  dovrebbe  rilevare  ai  fini  del
raggiungimento  del  periodo  utile».  Infine,  quanto   all'asserita
violazione del principio di accesso agli impieghi  mediante  concorso
pubblico,  la  Regione  Veneto   osserva   che   la   stabilizzazione
costituisce una ipotesi  di  deroga  legislativa  a  tale  principio,
autorizzata dall'art. 97 Cost. e giustificata sia dall'esigenza della
pubblica  amministrazione  di  coprire  posti  in  organico  mediante
personale gia' ampiamente  rodato  e  formato,  sia  dal  bisogno  di
promuovere l'occupazione e realizzare  concretamente  il  diritto  al
lavoro dei dipendenti che hanno fornito per lungo  tempo  prestazioni
di lavoro a favore dell'amministrazione. 
    3. - In prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, con memoria depositata in data 28 settembre 2009, ha  ribadito
le argomentazioni poste a  fondamento  del  ricorso,  insistendo  per
l'accoglimento di esso. Con memoria depositata  il  7  ottobre  2009,
anche la  difesa  regionale  ha  sviluppato  ed  arricchito  le  tesi
sostenute nell'atto di costituzione, insistendo per  il  rigetto  del
ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  proposto
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 4,  commi
1, 2 e 4, della legge della Regione  Veneto  26  giugno  2008,  n.  3
(Interpretazione autentica dell'articolo 2 della legge  regionale  16
agosto 2007,  n.  22  «Disposizioni  di  riordino  e  semplificazione
normativa - collegato alla  legge  finanziaria  2006  in  materia  di
personale, affari  istituzionali,  rapporti  con  gli  enti  locali»,
dell'articolo 96 della legge regionale 27 febbraio 2008, n. 1  «Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2008» e  modifiche  alla  legge
regionale 10 gennaio 1997, n. 1 «Ordinamento delle funzioni  e  delle
strutture della Regione» e successive modificazioni),  per  contrasto
con gli articoli 3, 51, primo comma, 97 e 117, secondo  comma,  della
Costituzione. 
    1.1. - Con riferimento  all'art.  1  della  legge  della  Regione
Veneto n. 3 del 2008, il ricorrente deduce che il legislatore veneto,
nel  dettare  una  disposizione   asseritamente   interpretativa   di
precedente norma regionale (art. 2 della legge della  Regione  Veneto
n. 22 del 2007), abbia  esteso  la  stabilizzazione  da  quest'ultima
norma prevista anche a talune categorie  di  personale  di  qualifica
dirigenziale  e,  precisamente,  «a  tutti  i  profili  professionali
dirigenziali del ruolo sanitario, oltre che i medici  e  veterinari».
Con  cio'  la  disposizione  censurata,  ad  avviso  del  ricorrente,
violerebbe innanzitutto l'art. 117, secondo comma,  Cost.,  ponendosi
in  contrasto  con  le   disposizioni   legislative   statali   sulla
stabilizzazione, cui essa intende dare attuazione. Tali  disposizioni
legislative statali (art. 1, commi da  513  a  543,  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2007»,  cui
rinvia  l'art.  1,  comma  565,  della  medesima   legge),   infatti,
nell'escludere  dalla  stabilizzazione  il   personale   di   livello
dirigenziale, porrebbero un principio di coordinamento della  finanza
pubblica, il cui rispetto si  impone  al  legislatore  regionale.  La
norma impugnata, inoltre, ad avviso  del  ricorrente,  confliggerebbe
anche  con  i  «principi  di  ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon
andamento della pubblica amministrazione riposanti sugli artt. 3 e 97
della Costituzione». 
    1.2. - Con riferimento all'art. 4, commi 1, 2  e  4  della  legge
della Regione Veneto n. 3 del 2008, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri deduce che la disciplina censurata,  nel  dettare  norme  di
interpretazione autentica  di  una  disposizione  regionale  volta  a
stabilizzare personale precario (art. 96 della  legge  della  Regione
Veneto 27 febbraio  2008,  n.  1  «Legge  finanziaria  regionale  per
l'esercizio 2008»), estende l'applicazione del  beneficio  ad  alcune
categorie di personale di uffici di diretta collaborazione di  organi
politici regionali. Anche in questo caso, ad avviso  del  ricorrente,
cio' violerebbe un duplice parametro costituzionale. In primo  luogo,
sarebbe  leso  l'art.  117,  secondo  comma,  Cost.,  risultando   la
disciplina  regionale  censurata  in  contrasto  con  i  principi  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  dettati   dalla   disciplina
legislativa  statale,  la  quale  esclude  il  personale  di  diretta
collaborazione   degli   organi   politici   dalle    procedure    di
stabilizzazione  da  essa  previste.  Inoltre,  le  norme   impugnate
introdurrebbero una deroga ingiustificata alla  regola  del  concorso
pubblico, in contrasto con gli artt. 3, 51, primo comma, e  97  della
Costituzione. 
    2.  -  Deve  essere  preliminarmente  disattesa  l'eccezione   di
inammissibilita', per assoluta genericita' delle doglianze, sollevata
dalla  difesa  regionale  e  riferita  in  particolare  alla  censura
relativa alla violazione, ad opera  dell'art.  1  della  legge  della
Regione Veneto n. 3 del 2008, degli artt. 3 e 97  Cost.  L'esame  del
ricorso nel suo complesso  consente  di  individuare  agevolmente  la
specifica  motivazione  che   sorregge   la   censura   asseritamente
inammissibile. Il ricorrente lamenta infatti  l'introduzione  di  una
ingiustificata deroga al principio  del  concorso  pubblico,  che  e'
previsto dall'art. 97 Cost.  e  costituisce  diretta  attuazione  dei
principi  di  imparzialita'   e   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione. 
    3. - Nel merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge della Regione Veneto n. 3 del 2008, sollevata
in  riferimento  agli  artt.  3  e  97  Cost.,  e  la  questione   di
legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  commi  1,  2  e  4  della
medesima legge regionale, sollevata in riferimento agli artt. 3,  51,
primo comma, e 97 Cost., sono fondate. 
    3.1. - L'art. 97, terzo comma, della  Costituzione  prevede  che,
salvo i casi stabiliti dalla legge, «agli  impieghi  nelle  pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso». Cio' significa  che  la
«forma  generale  e  ordinaria  di  reclutamento  per  le   pubbliche
amministrazioni» (sentenza n. 363 del 2006) e' rappresentata  da  una
selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul  merito
e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti  previamente  e
obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio  e'  condizione
necessaria per assicurare che l'amministrazione pubblica risponda  ai
principi della democrazia, dell'efficienza e  dell'imparzialita'.  Il
concorso  pubblico  e',  innanzitutto,  condizione   per   la   piena
realizzazione  del  diritto  di  partecipazione  all'esercizio  delle
funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini, fra  i  quali  oggi
sono da includersi, per la maggior parte degli impieghi, anche quelli
di altri Stati membri dell'Unione europea (sentenze  della  Corte  di
giustizia delle Comunita' europee, del 2 luglio  1996,  in  cause  n.
473/1993, n. 173/1994 e n. 290/1994).  In  diretta  attuazione  degli
artt. 3 e 51 Cost., il concorso  consente  infatti  ai  cittadini  di
accedere ai pubblici uffici in condizioni  di  eguaglianza  e  «senza
altra distinzione che quella delle loro virtu' e dei  loro  talenti»,
come fu  solennemente  proclamato  dalla  Dichiarazione  dei  diritti
dell'uomo  e  del  cittadino  del  1789.  Il  concorso,  inoltre,  e'
«meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione»
(sentenza n. 205 del 2004), cioe' al  principio  di  buon  andamento,
sancito  dall'art.  97,  primo  comma,  Cost.  Il  reclutamento   dei
dipendenti  in  base  al  merito  si  riflette,  migliorandolo,   sul
rendimento delle pubbliche amministrazioni  e  sulle  prestazioni  da
queste rese ai cittadini. Infine, il concorso pubblico garantisce  il
rispetto del principio di imparzialita',  enunciato  dall'art.  97  e
sviluppato dall'art. 98 Cost. Infatti, il concorso impedisce  che  il
reclutamento dei pubblici impiegati avvenga  in  base  a  criteri  di
appartenenza politica e garantisce, in tal modo, un  certo  grado  di
distinzione  fra  l'azione  del  governo,  «normalmente  legata  agli
interessi di una  parte  politica»,  e  quella  dell'amministrazione,
«vincolata invece ad agire senza distinzioni di parti  politiche,  al
fine  del  perseguimento  delle   finalita'   pubbliche   obiettivate
nell'ordinamento».  Sotto  tale  profilo  il  concorso   rappresenta,
pertanto, «il metodo migliore per la provvista di organi chiamati  ad
esercitare le proprie funzioni in condizioni di  imparzialita'  e  al
servizio esclusivo della Nazione» (sentenza n. 453 del 1990). 
    La Costituzione  ha  accordato  al  legislatore  la  facolta'  di
derogare al principio del concorso. Le deroghe legislative, tuttavia,
sono sottoposte al sindacato di costituzionalita', nell'esercizio del
quale questa Corte ha progressivamente precisato il  significato  del
precetto costituzionale. Innanzitutto,  la  Corte  ha  affermato  che
anche le «modalita' organizzative e procedurali» del concorso  devono
«ispirarsi al  rispetto  rigoroso  del  principio  di  imparzialita'»
(sentenza n. 453 del 1990). Di conseguenza, non  qualsiasi  procedura
selettiva,  diretta  all'accertamento  della   professionalita'   dei
candidati, puo' dirsi di per se' compatibile  con  il  principio  del
concorso pubblico. Quest'ultimo non e'  rispettato,  in  particolare,
quando «le selezioni siano  caratterizzate  da  arbitrarie  forme  di
restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» (sentenza n. 194
del 2002).  La  natura  comparativa  e  aperta  della  procedura  e',
pertanto,  elemento  essenziale  del  concorso  pubblico;   procedure
selettive riservate, che escludano o  riducano  irragionevolmente  la
possibilita' di accesso dall'esterno, violano il «carattere pubblico»
del concorso (sentenza n. 34 del 2004). Questa Corte ha poi  chiarito
che al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di  applicazione
ampio, tale da non includere soltanto le  ipotesi  di  assunzione  di
soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni.  Il
concorso e' necessario anche  nei  casi  di  nuovo  inquadramento  di
dipendenti gia' in servizio (cio' che comunque costituisce una «forma
di reclutamento» - sentenza n. 1 del 1999), e  in  quelli,  che  piu'
direttamente interessano le fattispecie in esame,  di  trasformazione
di rapporti non di  ruolo,  e  non  instaurati  ab  origine  mediante
concorso, in rapporti di ruolo (sentenza  n.  205  del  2004).  Sotto
quest'ultimo profilo, infine, questa  Corte  ha  precisato  i  limiti
entro i quali puo' consentirsi al legislatore di  disporre  procedure
di stabilizzazione di personale precario che  derogano  al  principio
del concorso. Secondo l'orientamento  progressivamente  consolidatosi
nella   giurisprudenza   costituzionale,   infatti,   «l'area   delle
eccezioni» al concorso deve  essere  «delimitata  in  modo  rigoroso»
(sentenza n. 363 del 2006). Le deroghe sono pertanto  legittime  solo
in presenza di  «peculiari  e  straordinarie  esigenze  di  interesse
pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006). Non e' in
particolare sufficiente, a tal  fine,  la  semplice  circostanza  che
determinate categorie di  dipendenti  abbiano  prestato  attivita'  a
tempo determinato  presso  l'amministrazione  (sentenza  n.  205  del
2006), ne' basta la «personale aspettativa degli  aspiranti»  ad  una
misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006). Occorrono invece
particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla  peculiarita'
delle funzioni che il personale da reclutare e' chiamato a  svolgere,
in particolare relativamente all'esigenza di  consolidare  specifiche
esperienze professionali maturate all'interno dell'amministrazione  e
non acquisibili all'esterno, le quali facciano ritenere che la deroga
al principio del concorso pubblico sia essa  stessa  funzionale  alle
esigenze di buon andamento dell'amministrazione. 
    Alla luce dei principi costituzionali, secondo  gli  orientamenti
giurisprudenziali richiamati, devono essere valutate le questioni  di
legittimita' costituzionale delle due fattispecie di  stabilizzazione
previste dalle disposizioni legislative regionali censurate. 
    3.2. - Con riguardo alla prima fattispecie, l'art. 1 della  legge
della Regione Veneto n. 3 del 2008 reca una disposizione  di  pretesa
interpretazione autentica  dell'art.  2  della  legge  della  Regione
Veneto n. 22 del 2007.  Quest'ultimo  stabilisce  quanto  segue:  «in
attuazione dell'articolo 1, comma 565, lettera  c),  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), la  Giunta  regionale
e' autorizzata ad adottare  disposizioni  per  la  stabilizzazione  a
domanda, con la necessaria gradualita', del  personale  precario  del
Servizio  sanitario  regionale,  ivi   compreso   quello   medico   e
veterinario». Le parole «personale precario  del  Servizio  sanitario
regionale», contenute in quest'ultima disposizione, devono intendersi
riferite, in base alla norma impugnata,  «anche  a  tutti  i  profili
professionali dirigenziali del ruolo sanitario, oltre che i medici  e
veterinari». L'effetto della disposizione censurata, al di la'  della
sua  autoqualificazione,  e'  quello   di   ampliare   l'ambito   dei
beneficiari della stabilizzazione, includendovi alcune  categorie  di
personale dirigenziale  in  precedenza  escluse.  La  stabilizzazione
viene  estesa,  in  particolare,  agli  altri  profili  professionali
dirigenziali del ruolo sanitario, diversi dai gia' compresi medici  e
veterinari, cioe' ai farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi
(restando invece ancora esclusi - diversamente  da  quanto  sostenuto
dalla difesa regionale - i dirigenti dei ruoli professionale, tecnico
e amministrativo). 
    Questa  Corte  si  e'   gia'   pronunciata   sulla   legittimita'
costituzionale  di  una  analoga  disciplina  regionale,   la   quale
estendeva la stabilizzazione a  determinate  categorie  di  personale
dirigenziale del Servizio sanitario nazionale (sentenza  n.  215  del
2009), pervenendo a conclusioni che vanno ribadite con riferimento al
presente giudizio. Anche  l'ipotesi  di  stabilizzazione  attualmente
censurata, infatti, «non offre sufficienti  garanzie  per  assicurare
che la  disposta  trasformazione  del  rapporto  di  lavoro  riguardi
soltanto soggetti che siano stati  selezionati  ab  origine  mediante
procedure concorsuali». Una simile condizione  non  e'  espressamente
prevista dalla disciplina legislativa  regionale  impugnata,  ne'  da
quella statale cui il legislatore veneto ha inteso  dare  attuazione,
la quale, anzi,  espressamente  ammette  alla  stabilizzazione  anche
personale assunto a tempo  determinato  mediante  procedure  che  non
hanno  natura  concorsuale.  Inoltre,  la  stabilizzazione  in  ruolo
prevista  dalla  norma  regionale  impugnata  non   e'   «subordinata
all'accertamento     di     specifiche     necessita'      funzionali
dell'amministrazione», per il soddisfacimento delle quali risponda ad
esigenze di buon andamento ricorrere  esclusivamente  a  soggetti  in
possesso di esperienze professionali maturabili soltanto  all'interno
della  stessa  amministrazione.  La  stabilizzazione  in   esame   si
riferisce, all'opposto, a  figure  professionali,  come  i  dirigenti
sanitari, per le quali assume una  particolare  importanza  il  pieno
rispetto della selezione  concorsuale,  sia  per  la  loro  qualifica
dirigenziale, sia per l'«indubbio rilievo» che  le  loro  prestazioni
rivestono «per la migliore organizzazione  del  servizio  sanitario».
Per tali ragioni, dunque, l'art. 1 della legge della  Regione  Veneto
n. 3 del 2008 introduce una deroga al  principio  costituzionale  del
concorso, in  mancanza  di  peculiari  e  straordinarie  esigenze  di
interesse pubblico in grado di giustificarla. 
    3.3. - La seconda fattispecie di  stabilizzazione  censurata  dal
ricorrente e' prevista dall'art. 4, commi 1, 2 e 4 della legge  della
Regione Veneto n. 3 del 2008. Il primo comma di tale articolo dispone
l'applicabilita' della stabilizzazione, prevista  da  una  precedente
norma regionale (art. 96 della legge della Regione Veneto  n.  1  del
2008), a sua volta attuativa della disciplina legislativa statale, ad
alcune categorie di dipendenti degli uffici di diretta collaborazione
di organi politici regionali, vale a dire «al  personale  assunto  ai
sensi degli articoli 178 e 179 della legge regionale 10 giugno  1991,
n. 12 e [...] degli articoli 8 e 19 della legge regionale 10  gennaio
1997, n. 1». La norma si riferisce, in particolare, al personale  dei
gruppi consiliari e dei gabinetti e delle segreterie del Presidente e
dei componenti dell'Ufficio di presidenza  del  Consiglio  regionale,
nonche'  del  Presidente,  Vice  Presidente  e  membri  della  Giunta
regionale. Si tratta di personale assunto in base ad  un  rapporto  a
tempo  determinato  collegato  alla  durata  in  carica   dell'organo
politico che ne ha proposto l'assunzione. La  disposizione  impugnata
prevede che tali dipendenti siano stabilizzati mediante una «apposita
procedura  selettiva  riservata»,  dalla  quale  essi  sono  tuttavia
esentati, ai sensi del secondo comma, qualora «abbiano gia'  superato
una selezione pubblica per l'assunzione presso la  Regione  Veneto  o
altro ente pubblico». Il quarto comma, infine, prevede, per  il  solo
personale precario  degli  uffici  di  diretta  collaborazione  degli
organi politici, un regime  privilegiato  per  il  conseguimento  del
triennio utile ai fini della stabilizzazione, disponendo che  possano
essere computati anche  gli  anni  previsti  da  contratti  stipulati
successivamente al limite temporale indicato dalla  legge  per  tutti
gli altri tipi di rapporti precari. 
    Le  disposizioni  legislative  censurate  prevedono  ipotesi   di
accesso ai pubblici impieghi che derogano palesemente al criterio del
concorso pubblico. Cio' vale sia per coloro che,  non  essendo  stati
assunti ab origine mediante concorso, vengono  stabilizzati  mediante
apposita procedura selettiva riservata (art. 4,  comma  1),  sia  per
coloro che, invece, vengono stabilizzati senza doversi  sottoporre  a
tale procedura, avendo gia'  in  precedenza  superato  una  selezione
pubblica (art. 4, comma 2). Nel primo caso, e' del tutto evidente che
il carattere interamente riservato  della  procedura  contraddice  la
natura pubblica del concorso, la quale esige invece che la  selezione
sia  aperta  alla  partecipazione  degli  esterni  e   abbia   natura
comparativa. Nel secondo caso, il previo superamento di una qualsiasi
«selezione pubblica», presso qualsiasi «ente pubblico», e'  requisito
troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione  senza
concorso, perche' la norma non garantisce  che  la  previa  selezione
avesse natura concorsuale  e  fosse  riferita  alla  tipologia  e  al
livello delle funzioni che il personale successivamente  stabilizzato
e' chiamato a svolgere. 
    Tali deroghe al principio del  concorso  pubblico,  inoltre,  non
sono giustificate da peculiari e straordinarie ragioni  di  interesse
pubblico. Dalle funzioni  del  personale  di  diretta  collaborazione
degli organi politici,  infatti,  non  e'  «desumibile  [...]  alcuna
peculiarita' che possa giustificare una prevalenza dell'interesse  ad
una  sua  stabilizzazione  [...]  rispetto  a  quello  di  assicurare
l'accesso  all'impiego  pubblico  dei  piu'  capaci   e   meritevoli»
(sentenza n. 81 del  2006).  Al  contrario,  la  stabilizzazione  del
personale degli uffici di diretta  collaborazione  non  solo  non  e'
funzionale al buon andamento dell'amministrazione, ma  contrasta  con
la specifica funzione cui  questo  personale  deve  assolvere,  cioe'
quella di consentire al titolare dell'organo politico di avvalersi di
personale nominato intuitu personae.  La  stabilizzazione  di  questa
specifica categoria di  personale,  infatti,  come  questa  Corte  ha
chiarito,  impedirebbe  ai  titolari  degli  organi  politici   nella
successiva legislatura «di potersi valere, per la durata del mandato,
di  collaboratori  di  loro  fiducia»,  diversi   cioe'   da   quelli
stabilizzati, «se non accettando che il nuovo personale cosi' assunto
si aggiunga ad essi, con inevitabile aggravio del bilancio regionale»
(sentenza n. 277 del 2005). Ne'  puo'  sostenersi  che  il  principio
costituzionale del concorso pubblico possa tollerare deroghe  proprio
per consentire l'assunzione di personale di fiducia degli  organi  di
direzione politica. Simili  deroghe,  infatti,  potrebbero  ritenersi
ammissibili, sempre che vi siano  criteri  di  valutazione  idonei  a
garantire   la   competenza   e   professionalita'    dei    soggetti
discrezionalmente prescelti (sentenza n. 252 del 2009),  precisamente
alla condizione che si  riferissero  all'assunzione  di  personale  a
tempo determinato,  destinato  a  cessare  dal  servizio  al  rinnovo
dell'organo politico che lo  ha  nominato.  Ma  in  questo  caso  non
vengono censurate norme che consentono  di  assumere  senza  concorso
personale di fiducia del titolare dell'organo politico  per  il  solo
tempo in cui questi resta in carica. Vengono, invece, impugnate norme
che stabilizzano  successivamente  in  ruolo,  senza  concorso,  quel
personale. 
    4. - Restano assorbite le altre censure di costituzionalita'.