Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  2,
della  legge  della  Regione  Calabria  31  dicembre  2008,   n.   46
(Disposizioni in materia sanitaria), e degli artt. 7,  8  e  9  della
legge della  Regione  Calabria  15  gennaio  2009,  n.  1  (Ulteriori
disposizioni in  materia  sanitaria),  promossi  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorsi spediti per la notifica il 3 e  il
20 marzo 2009, depositati in cancelleria il 9 ed il 24 marzo 2009  ed
iscritti ai nn. 20 e 22 del registro ricorsi 2009. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Calabria; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2010  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la
Regione Calabria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato il 9 marzo 2009,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha chiesto che sia dichiarata, con riferimento
all'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Calabria 31 dicembre 2008, n. 46 (Disposizioni in materia sanitaria). 
    La norma regionale impugnata dispone che «il personale  sanitario
incaricato ai sensi della legge 9 ottobre 1970 n. 740  e'  inquadrato
con uguale numero di ore contrattualizzate, nei  ruoli  del  Servizio
Sanitario Regionale nella corrispondente categoria e profilo previsti
per  il  personale  delle   Aziende   Sanitarie   Provinciali.   Tale
disposizione  non  si  applica  ai  rapporti  a   tempo   determinato
instaurati ai sensi della stessa legge. Il  personale  incaricato  ai
sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740 dovra'  eliminare  eventuali
situazioni   di   incompatibilita'   al   momento   dell'accettazione
dell'inquadramento nei ruoli del Servizio Sanitario Regionale». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione qui censurata investirebbe
due  diversi  ambiti  materiali:  da  un  lato,  essa   costituirebbe
espressione della funzione di coordinamento della  finanza  pubblica;
dall'altro, afferirebbe alla tutela della  salute,  materie  entrambe
oggetto di potesta' legislativa concorrente di Stato  e  Regioni,  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. Da  cio'  conseguirebbe  che,
vertendosi in materie di legislazione concorrente, lo  Stato  sarebbe
legittimato a porre principi fondamentali, come tali  vincolanti  per
le Regioni e per le Province autonome,  palesemente  disattesi  dalla
legge regionale impugnata. 
    L'articolo 1, comma 2, della legge  Regione  Calabria  violerebbe
innanzitutto il principio fondamentale in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica contenuto nell'art. 3, comma 4,  del  d.P.C.m.
1° aprile 2008, adottato in attuazione dell'art. 2, comma 283,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008),
secondo  il  quale,  nell'ambito  del  trasferimento  del   personale
sanitario penitenziario al Servizio sanitario regionale,  i  rapporti
di lavoro instaurati ai sensi della legge  9  ottobre  1970,  n.  740
(Ordinamento della categoria  di  personale  sanitario  addetto  agli
istituti di previdenza e  pena  non  appartenenti  a  ruoli  organici
dell'amministrazione    penitenziaria),    continuano    ad    essere
disciplinati dalla stessa legge fino alla relativa scadenza.  Secondo
tale norma  finanziaria  statale,  infatti,  il  personale  sanitario
penitenziario «incaricato» ai sensi della menzionata legge n. 740 del
1970,   a   differenza   del   personale    dipendente    di    ruolo
dell'amministrazione penitenziaria, non  dovrebbe  essere  inquadrato
nei ruoli del Servizio sanitario regionale, ma sarebbe  semplicemente
trasferito  alle  Aziende  sanitarie  locali  continuando  ad  essere
disciplinato e retribuito secondo quanto previsto dalla citata  legge
statale. La disposizione regionale  in  esame  pertanto,  comportando
oneri  aggiuntivi  non  quantificati,  eccederebbe  dalla  competenza
concorrente attribuita alla Regione in materia di coordinamento della
finanza  pubblica  e  violerebbe  l'art.  117,  terzo  comma,   della
Costituzione. 
    Dopo aver  effettuato  un'articolata  disamina  delle  norme  che
costituiscono,  a  suo   giudizio,   il   fondamento   dell'attivita'
dell'Amministrazione   penitenziaria   in    materia    di    sanita'
penitenziaria, il Presidente del Consiglio espone che  il  comma  283
dell'art. 2 della legge n. 244  del  2007,  in  particolare,  avrebbe
previsto, tra l'altro, che «sono definiti,  nell'ambito  dei  livelli
essenziali di assistenza previsti dalla legislazione vigente e  delle
risorse finanziarie (...) b) le modalita' e le procedure (...) per il
trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di  lavoro
in  essere  (...)  relativi  all'esercizio  di   funzioni   sanitarie
nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del
Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della  giustizia,
con contestuale riduzione  delle  dotazioni  organiche  dei  predetti
Dipartimenti in misura corrispondente alle  unita'  di  personale  di
ruolo trasferite al Servizio sanitario nazionale». 
    Il d.P.C.m. 1° aprile 2008 summenzionato, che ha dato  attuazione
al suddetto comma, si sarebbe preoccupato di disciplinare  dal  punto
di vista operativo «le modalita', i criteri e  le  procedure  per  il
trasferimento  al  Servizio  sanitario   nazionale   delle   funzioni
sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di  lavoro,  delle
attrezzature,  arredi  e  beni  strumentali  relativi  alla   sanita'
penitenziaria» (art. 1). Il provvedimento quindi, riferisce sempre il
Presidente del Consiglio, prevede che, ai fini  dell'esercizio  delle
funzioni sanitarie afferenti alla medicina penitenziaria da parte del
Sistema sanitario nazionale, siano  trasferite  allo  stesso  risorse
finanziarie dallo stesso quantificate. 
    Ebbene,  secondo  la  ricorrente  la  suddetta  disposizione  non
sarebbe  estranea  alle  esigenze  di  coordinamento  della   finanza
pubblica, in quanto tenderebbe  a  contenere  i  costi  del  Servizio
sanitario.  L'art.  6,  comma  4,  del  predetto  decreto,   infatti,
stabilisce espressamente  che  dalla  sua  applicazione  «non  devono
derivare  oneri   a   carico   della   finanza   pubblica   superiori
all'ammontare delle risorse complessivamente trasferite  al  Servizio
sanitario nazionale ai sensi del comma 1». L'esigenza  di  assicurare
la universalita' e  la  completezza  del  sistema  assistenziale  nel
nostro Paese si  scontra  con  la  limitatezza  delle  disponibilita'
finanziarie che annualmente e' possibile destinare, nel quadro di una
programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e
sociale, al settore sanitario. 
    L'art. 1, comma 2, della legge della Regione Calabria n.  46  del
2008, comportando l'inquadramento nei ruoli  del  Servizio  sanitario
regionale dei dirigenti medici che sono stati ammessi all'incarico di
cui alla legge n. 740 del 1970 mediante pubblico concorso per  titoli
ed in possesso del solo diploma di laurea in  medicina  e  chirurgia,
contrasterebbe inoltre con il principio fondamentale  in  materia  di
tutela della salute di cui all'art. 15  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria
a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e  all'art.
24 del d.P.R. 10  dicembre  1997,  n.  483  (Regolamento  recante  la
disciplina concorsuale per il  personale  dirigenziale  del  Servizio
sanitario nazionale), secondo i quali  alla  dirigenza  sanitaria  si
accede per concorso pubblico per titoli ed esami solo se in  possesso
della laurea e della specializzazione nella  disciplina  oggetto  del
concorso. 
    La disposizione  impugnata  sarebbe,  quindi,  costituzionalmente
illegittima, perche' attribuirebbe il diritto al  conferimento  degli
incarichi dirigenziali in questione a soggetti  privi  dei  requisiti
stabiliti dalla  normativa  statale,  ovvero  della  specializzazione
nella disciplina oggetto del concorso. 
    Cosi' disponendo, la norma regionale eccederebbe dalla competenza
legislativa concorrente attribuita alla Regione in materia di  tutela
della  salute  e  violerebbe   l'art.   117,   comma   terzo,   della
Costituzione. 
    2.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la   Regione   Calabria,
contestando, con varie argomentazioni, le affermazioni del Presidente
del Consiglio e, in primo  luogo,  negando  che  la  legge  censurata
riguardi sia la materia del coordinamento della finanza pubblica  che
la materia della tutela della  salute  e  che  in  tali  materie  (di
legislazione   concorrente)   sarebbero   presenti    dei    principi
fondamentali dettati dalle leggi dello Stato che la  legge  regionale
avrebbe violato. 
    Quanto alla prima censura, in base alla quale la legge  regionale
impugnata avrebbe violato il principio  fondamentale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica contenuto nell'art. 3, comma  4,
del d.P.C.m. 1° aprile 2008,  adottato  in  attuazione  dell'art.  2,
comma 283, della legge n. 244 del 2007, a tenore del quale i rapporti
di lavoro instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970  dovrebbero
essere disciplinati da quella stessa legge sino alla  loro  scadenza,
la Regione eccepisce innanzitutto l'inammissibilita'  della  censura,
dato che la materia nella quale la legge regionale censurata  incide,
infatti, non sarebbe quella del coordinamento della finanza  pubblica
e  nemmeno  quella  della  tutela   della   salute,   bensi'   quella
dell'organizzazione degli uffici e del  personale  regionale.  A  tal
proposito, la difesa della Regione ricorda la  sentenza  n.  223  del
2006 con la quale questa Corte, pronunciandosi su una legge regionale
relativa alla decadenza automatica  di  alcune  nomine  di  personale
regionale,  aveva  affermato  che  la  norma,  «in   quanto   diretta
esclusivamente a disciplinare 1'organizzazione  amministrativa  delle
aziende in questione,  non  incide  sulla  materia  dell'«ordinamento
civile» (ne' su quella della  «tutela  della  salute»,  su  cui  cfr.
sentenza n. 181 del 2006» (par. 5), essendosi limitata a «porre norme
in materia di competenza residuale (art. 117, quarto comma, Cost.)». 
    In secondo luogo, il ricorso sarebbe inammissibile per  l'assenza
del rango normativo della disposizione  interposta,  un  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri che non  costituirebbe  neppure
un regolamento. 
    Il ricorso sarebbe inoltre inammissibile (e  comunque  infondato)
in quanto l'art. 2, comma  283,  della  legge  n.  244  del  2007  e'
finalizzato proprio ad ottenere il risultato perseguito  dalla  legge
regionale impugnata, e cioe' il trasferimento al  Servizio  sanitario
del personale sanitario in servizio presso gli istituti penitenziari.
Il  ricorrente  non  dimostrerebbe  in  alcun  modo  che  la  Regione
Calabria, con la legge censurata, abbia determinato oneri  aggiuntivi
per  la  finanza  pubblica,  ovvero  oneri   eccedenti   le   risorse
trasferite. 
    Quanto all'infondatezza, la Regione  contesta  che  il  principio
invocato dal ricorrente sia un  principio  fondamentale.  Invero,  lo
stabilire che i rapporti di lavoro del personale sanitario assunto in
forza della legge n. 740 del 1970 debbano  essere  regolati  da  tale
legge sino alla scadenza (art. 3, comma 4,  del  d.P.C.m.  1°  aprile
2008) significherebbe interferire, con disciplina di dettaglio, nella
regolazione di un rapporto di lavoro  che  non  intercorre  piu'  con
l'Amministrazione statale, bensi' con quella regionale. 
    Quanto  alla  seconda   censura   prospettata   dal   ricorrente,
concernente  l'asserita  violazione  del  principio  fondamentale  in
materia di tutela della salute fissato dall'art. 15 del d.lgs. n. 502
del 1992 e dall'art. 24 del d.P.R. n. 483 del 1997 - che  limiterebbe
l'accesso alla dirigenza sanitaria ai soggetti in possesso  non  solo
della laurea, ma anche della  specializzazione -  la  stessa  sarebbe
inammissibile, dato che il ricorrente censurerebbe l'intero  art.  1,
comma 2, della legge regionale impugnata, senza distinguere  il  tipo
di personale, cosi' non consentendo l'individuazione della  questione
oggetto dello scrutinio di costituzionalita'. 
    La censura, comunque, sarebbe infondata. In primo luogo,  secondo
la Regione, occorrerebbe rilevare  che  la  legge  regionale  prevede
espressamente  l'inserimento  «nei  ruoli  del   Servizio   Sanitario
Regionale nella corrispondente categoria e profilo  previsti  per  il
personale delle Aziende Sanitarie Provinciali», con cio' chiarendo la
corrispondenza  della  posizione   in   ruolo   prima   e   dopo   il
trasferimento. 
    3. - Con ricorso depositato in cancelleria il 24 marzo  2009,  il
Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che sia  dichiarata,
con riferimento agli artt. 3,  51,  97  e  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, l'illegittimita' costituzionale degli artt. 7,  8  e  9
della legge della Regione Calabria 15 gennaio 2009, n.  1  (Ulteriori
disposizioni in materia sanitaria). 
    Riferisce il ricorrente che, in particolare, l'art. 7 della legge
regionale censurata dispone che «ai sensi del combinato  disposto  di
cui all'art. 8, comma 1-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992,  n.  502,  e
successive  modifiche  ed  integrazioni  e  dell'Accordo   collettivo
nazionale della medicina generale  del  23  marzo  2005,  la  Regione
provvede all'inquadramento in ruolo dei medici a tempo indeterminato,
attualmente incaricati nell'emergenza sanitaria, previo  giudizio  di
idoneita' secondo le procedure di cui al decreto del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 12 dicembre 1992, n. 502, a condizione che gli
stessi abbiano maturato almeno cinque anni di attivita' a  regime  di
convenzione, di cui almeno tre nell'emergenza.»;  che,  a  mente  del
successivo art.  8,  comma  1,  «i  medici  titolari  di  continuita'
assistenziale in servizio  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge ed utilizzati in attivita' diverse, da almeno tre anni
presso le Aziende sanitarie della Regione, possono chiedere, entro 60
giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  presente  legge,  di
essere inquadrati nel relativo posto in organico, previo giudizio  di
idoneita' ove gia' non esperito»; che, ai sensi dell'art. 9,  infine,
«i medici della Medicina dei servizi  risultati  idonei  ed  inseriti
negli elenchi di cui ai decreti dirigenziali n. 17301 del 17 novembre
2005 e 12611 del 6 ottobre 2006  del  Dipartimento  regionale  tutela
della salute sono inquadrati in ruolo, nei  posti  in  atto  occupati
nelle aree previste dal decreto dirigenziale n.  416  del  17  luglio
2000 dello stesso Dipartimento». 
    Secondo il Presidente del Consiglio,  le  disposizioni  censurate
investirebbero  due  diversi  ambiti  materiali.  Da  un  lato,  esse
costituirebbero espressione della  funzione  di  coordinamento  della
finanza pubblica; dall'altro, atterrebbero alla tutela della  salute:
materie, entrambe, oggetto di  potesta'  legislativa  concorrente  di
Stato e Regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.  Da  cio'
conseguirebbe che, vertendosi in materie di legislazione concorrente,
lo Stato sarebbe legittimato a porre principi fondamentali, come tali
vincolanti per le  Regioni  e  per  le  Province  autonome,  e  detti
principi  sarebbero  palesemente  disattesi  dalla  legge   regionale
impugnata. 
    Secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'art. 7  della
legge della Regione Calabria n. 1 del 2009 violerebbe,  innanzitutto,
il principio fondamentale in materia di tutela della salute contenuto
nell'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n.  502  del  1992,  secondo  il
quale l'inquadramento dei dirigenti medici e' consentito,  in  deroga
al  principio  del  pubblico  concorso,  solo  qualora  ricorrano  le
particolari  condizioni  ed  i  determinati   riferimenti   temporali
indicati dalla norma stessa. Infatti, l'art. 8, comma 1-bis,  citato,
permetterebbe,  in  deroga  al  principio  del   pubblico   concorso,
l'inquadramento dei soli medici in servizio alla data di  entrata  in
vigore del d.lgs. n. 229 del  1999,  i  quali  al  31  dicembre  1998
risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato  da  almeno
cinque anni. 
    La disposizione regionale - prevedendo,  invece,  l'inquadramento
nei  ruoli  della   dirigenza   medica   del   personale   incaricato
nell'emergenza sanitaria, che abbia maturato cinque anni di attivita'
in regime di convenzione e che  risulti  in  servizio  alla  data  di
entrata in vigore della legge  regionale -  protrarrebbe  l'efficacia
della norma transitoria contenuta nel predetto art. 8,  comma  1-bis,
che, secondo  il  ricorrente,  e'  una  disposizione  transitoria  ed
eccezionale e, quindi, insuscettibile  di  applicazione  estensiva  o
analogica. Pertanto, la previsione regionale,  operando  l'estensione
dell'inquadramento a fattispecie non contemplate dalla norma statale,
eccederebbe dalla competenza concorrente in materia di  tutela  della
salute e violerebbe l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    L'art. 7 della impugnata  legge  Regione  Calabria,  inoltre,  si
porrebbe in contrasto anche con il principio fondamentale in  materia
di coordinamento della finanza pubblica contenuto nell'art. 1,  comma
565, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2007), il cui obiettivo e' il contenimento della spesa di
personale.  Infatti,  la  disposizione   regionale,   prevedendo   un
inquadramento nei ruoli dei dirigenti  medici  non  consentito  dalla
legislazione   statale,   determinerebbe   oneri    aggiuntivi    non
quantificati e, pertanto, eccederebbe  dalla  competenza  concorrente
attribuita alle Regioni in materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, violando l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    La medesima disposizione regionale contrasterebbe, altresi',  con
i principi di ragionevolezza, imparzialita' e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97, Cost.,  in  quanto
elude - al di fuori dei casi espressamente contemplati  dall'art.  8,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 502 del 1992 - il principio di eguaglianza
dei cittadini ed il principio del concorso pubblico, quale  strumento
ineludibile di accesso al pubblico impiego, come piu' volte  ribadito
dalla  Corte  costituzionale,  ed  a  creare,  in  ambito  nazionale,
difformita' di applicazione della disposizione statale richiamata. 
    Secondo il Presidente del Consiglio, anche gli artt. 8 e 9  della
legge regionale censurata, nel prevedere l'inquadramento in ruolo dei
medici  titolari,  in  virtu'  di  convenzione,  della   «continuita'
assistenziale»  e  della  «Medicina  dei  Servizi»,  che   presentino
determinati requisiti, eccederebbero dalle competenze regionali. Tali
disposizioni regionali  configurerebbero,  infatti,  una  sostanziale
stabilizzazione dei dirigenti medici  che  non  e'  consentita  dalla
legislazione   statale.   In   particolare,   esse   contrasterebbero
innanzitutto con i principi fondamentali in materia di  coordinamento
della finanza pubblica contenuti nell'art. 3, comma 94,  della  legge
n. 244 del 2007 e nell'art. 1, comma 558, e commi da 513  a  543  (ai
quali il comma 565 fa rinvio), della  menzionata  legge  n.  296  del
2006,  che,  nel  disciplinare  la  stabilizzazione   del   personale
precario, escludono  espressamente  l'applicabilita'  delle  relative
procedure al personale dirigente, eccedendo pertanto dalle competenze
regionali in  materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e
violando l'art. 117, terzo comma, Cost. Inoltre tale  stabilizzazione
del personale dirigenziale contrasterebbe con la necessita' che  alla
dirigenza sanitaria si acceda per concorso  pubblico  per  titoli  ed
esami, stabilita dall'art.  15  del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  che
costituisce normativa di principio in materia di tutela della  salute
(ai fini dell'art. 117, terza  comma,  Cost.),  secondo  quanto  puo'
evincersi anche dall'art. 19, comma 1, della  stessa  legge,  che  la
qualifica espressamente come tale. 
    Esse, in fine, potendo dar luogo ad un trattamento  differenziato
rispetto al personale precario di  altre  amministrazioni  pubbliche,
violerebbero altresi' i principi di ragionevolezza,  imparzialita'  e
buon andamento della pubblica amministrazione, nonche'  il  principio
del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    Inoltre, secondo il ricorrente, gli artt. 7, 8 e  9  della  legge
regionale in esame, prevedendo, ai fini dell'inquadramento nei ruoli,
semplicemente un previo  giudizio  di  idoneita',  si  porrebbero  in
contrasto anche con il principio  del  pubblico  concorso,  stabilito
dall'art. 97 Cost., e darebbero luogo ad un trattamento differenziato
rispetto al personale precario di  altre  amministrazioni  pubbliche,
violando gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. 
    4. - Si e' costituita in giudizio la Regione Calabria e, in primo
luogo,  ha  contestato  il  parametro  costituzionale  invocato   dal
ricorrente (l'art. 117, terzo comma, Cost.). La materia  nella  quale
la legge regionale censurata incide, infatti, non sarebbe quella  del
coordinamento della finanza pubblica e nemmeno  quella  della  tutela
della salute, bensi' quella dell'organizzazione degli  uffici  e  del
personale regionale. 
    In ordine alla asserita violazione di  principi  fondamentali  in
materia di tutela della salute, la Regione afferma che tali  principi
non sarebbero compromessi per effetto del mero inquadramento in ruolo
di medici che gia' sono a tempo indeterminato e che gia' sono  legati
al S.S.N. da  un  rapporto  convenzionale,  con  specifici  incarichi
nell'emergenza sanitaria, in tal modo maturando una competenza ed una
professionalita'  specifiche.  La  legge  regionale,  anzi,   sarebbe
estremamente rigorosa, poiche' non si  limiterebbe  a  richiedere  la
maturazione  di  almeno  un  quinquennio  di  regime   convenzionale,
imponendo che entro  il  quinquennio  almeno  tre  anni  siano  stati
destinati a compiti nel settore dell' emergenza. 
    In ogni caso,  secondo  la  Regione  il  ricorrente  cadrebbe  in
contraddizione, laddove qualifica come principio fondamentale  quello
che vorrebbe desumere da una disposizione che  lo  stesso  ricorrente
qualifica transitoria ed eccezionale. 
    Per  quanto  attiene   all'asserita   violazione   dei   principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza  pubblica,  la
Regione rammenta che  l'art.  10,  comma  1,  della  legge  regionale
impugnata   dispone   espressamente   che   «L'assunzione   a   tempo
indeterminato ovvero l'immissione nei ruoli organici del personale di
cui alla presente  legge  e'  subordinata  al  rispetto  del  vincolo
previsto dall'art. 1, comma 565, della legge  27  dicembre  2006,  n.
296,  alla  esistenza  dei   relativi   posti   in   organico,   alla
disponibilita' finanziaria, nonche' alle  motivate  esigenze  per  la
stabile copertura dei posti». 
    In ordine al principio del concorso (invocato  in  connessione  a
quello di uguaglianza), la Regione ammette  che  la  norma  censurata
prevede una procedura selettiva che chiama «giudizio  di  idoneita'»,
ma ritiene che, nella specie, la distinzione di tale giudizio  da  un
pubblico concorso sarebbe a dir poco opinabile,  dato  che  la  legge
regionale definirebbe l'ambito dei requisiti soggettivi necessari per
la partecipazione non  meno  di  quanto  si  faccia  in  un  pubblico
concorso.  La  Regione  soggiunge  che,  in  base  a  un  consolidato
indirizzo della Corte, al principio del  concorso  si  puo'  derogare
quando vi siano ragioni peculiari di pubblico interesse (sentenza  n.
81 del 2006). 
    Quanto, infine, agli artt. 8 e 9 della legge regionale impugnata,
la Regione sottolinea che il ricorrente invoca un  parametro  (l'art.
1, comma 565, della legge n. 296 del 2006) il cui rispetto l'art. 10,
comma 1, della legge regionale impugnata assume  a  condizione  della
propria operativita'. 
    D'altronde, prosegue la Regione Calabria,  l'art.  3,  comma  94,
della legge n. 244 del 2007 si limiterebbe a disporre l'obbligo,  per
le Amministrazioni, di elaborare piani  per  la  stabilizzazione  del
personale non dirigenziale, e non escluderebbe che,  in  presenza  di
esigenze di  pubblico  interesse  (quelle  che,  nella  specie,  sono
esplicitamente menzionate - si ripete - dagli artt.  10  e  11  della
legge impugnata), la stabilizzazione (disposta con  legge  regionale)
possa riguardare anche il personale dirigenziale. 
    In ogni caso, la legge censurata sarebbe stata significativamente
modificata, dopo poco  tempo  dalla  sua  entrata  in  vigore,  dalla
successiva  legge  regionale  19  marzo  2009,  n.  5  (Modifiche   e
integrazioni alla  legge  regionale  15  gennaio  2009,  n.  1),  con
l'introduzione  di  una  specifica  prova  concorsuale.   La   difesa
regionale ritiene che, per tale motivo, sarebbe  cessata  la  materia
del contendere. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  con
riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  2,  della  legge
della Regione Calabria 31  dicembre  2008,  n.  46  (Disposizioni  in
materia sanitaria), nonche', con riferimento agli artt. 3, 51,  97  e
117, terzo  comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt.  7,  8  e  9  della  legge  della  Regione
Calabria 15 gennaio 2009, n. 1  (Ulteriori  disposizioni  in  materia
sanitaria). 
    2. - Preliminarmente, deve  disporsi  la  riunione  dei  giudizi,
avendo gli stessi ad oggetto lo scrutinio, sulla base di parametri in
parte coincidenti, di disposizioni di legge tra loro omogenee. 
    3. - La prima questione all'esame della Corte attiene alla  legge
regionale calabra n. 46 del 2008, il cui art.  1,  comma  2,  dispone
l'inquadramento  nei  ruoli  del  Servizio  sanitario  regionale  del
personale sanitario «incaricato», ai  sensi  della  legge  9  ottobre
1970, n. 740 - ossia del personale sanitario che, pur non essendo  in
carico all'amministrazione penitenziaria,  presta  la  propria  opera
all'interno della stessa con un rapporto di lavoro  non  subordinato.
Tale inquadramento e' disposto dalla norma censurata per un numero di
ore  pari  a  quelle  contrattualizzate  nell'ambito   del   rapporto
disciplinato dalla citata legge n. 740 del 1970. 
    Secondo il Presidente del Consiglio, la norma regionale censurata
inciderebbe su una materia  di  competenza  legislativa  concorrente,
quale quella del coordinamento della  finanza  pubblica.  Sotto  tale
aspetto, essa contrasterebbe  con  i  principi  fondamentali  dettati
dall'art. 3, comma 4,  del  d.P.C.m.  1°  aprile  2008,  adottato  in
attuazione dell'art. 2, comma 283, della legge 24  dicembre  2007  n.
244 (legge finanziaria per il 2008), secondo  il  quale,  nell'ambito
del trasferimento del personale penitenziario al  Servizio  sanitario
regionale, i rapporti di lavoro del «personale incaricato» continuano
ad  essere  disciplinati  dalla  stessa  legge  fino  alla   relativa
scadenza. Infatti, secondo la legge statale, il  personale  sanitario
incaricato  non  e'  inquadrato  nei  ruoli  del  servizio  sanitario
regionale ma  semplicemente  trasferito  alle  Asl.  Di  conseguenza,
comportando  oneri  finanziari   aggiuntivi,   la   norma   censurata
eccederebbe dalla competenza concorrente regionale. 
    3.1. - La Regione Calabria ha, preliminarmente, messo  in  dubbio
l'idoneita' della disposizione  del  citato  d.P.C.m.  a  fungere  da
principio fondamentale della  legislazione  statale,  attesa  la  sua
natura di provvedimento non normativo, ed ha chiesto che la questione
sia dichiarata inammissibile. 
    Tale eccezione deve essere disattesa. Deve infatti rilevarsi  che
il menzionato d.P.C.m. ha disposto il trasferimento dei  rapporti  di
lavoro  dall'amministrazione  penitenziaria  al  Servizio   sanitario
nazionale in pedissequa attuazione  dell'art.  2,  comma  283,  della
legge finanziaria per il  2008,  parimenti  indicato  come  principio
fondamentale  dal  Presidente  del  Consiglio:  e'   a   tale   fonte
legislativa, avente rango di norma primaria che, dunque, nel valutare
la legittimita' della normativa  regionale  censurata,  occorre  fare
esclusivo riferimento. 
    3.2. - La questione e' fondata. 
    La figura  dei  cd.  medici  incaricati  e'  stata  introdotta  e
disciplinata per la prima volta dall'art. 1  della  legge  9  ottobre
1970, n. 740 (Ordinamento  delle  categorie  di  personale  sanitario
addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli
organici dell'Amministrazione penitenziaria), che cosi'  qualifica  i
medici   «non   appartenenti   al   personale   civile    di    ruolo
dell'Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, i quali
prestano   la   loro   opera   presso   gli   istituti   o    servizi
dell'amministrazione stessa». 
    In base alla predetta disciplina statale, le prestazioni rese  da
questi ultimi non ineriscono ad un rapporto di lavoro subordinato, ma
sono inquadrabili nella prestazione d'opera professionale, in  regime
di parasubordinazione, come questa Corte ha  indirettamente  statuito
in tempi  risalenti  (sentenza  n.  577  del  1989)  affermando  che,
diversamente  dagli  impiegati   civili   dello   Stato,   i   medici
«incaricati»  possono  esercitare  liberamente  la   professione   ed
assumere altri impieghi o incarichi. 
    Sotto tale aspetto,  la  successiva  norma  statale  dettata  dal
citato art.  2,  comma  283,  indicata  dallo  Stato  come  principio
fondamentale, non  ha  alterato  l'originaria  natura  giuridica  del
contratto di lavoro  con  i  predetti  medici,  ma,  nell'ottica  del
contenimento della finanza pubblica, ha delegato lo stesso Presidente
del Consiglio a definire il mero trasferimento al Servizio  sanitario
nazionale di tutte le  funzioni  sanitarie  svolte  dal  Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia
minorile del Ministero della giustizia, e si e' esplicitamente  fatto
carico del contenimento  della  spesa  pubblica,  stabilendo:  a)  il
trasferimento  delle  risorse  finanziarie   complessive   al   Fondo
sanitario nazionale per il successivo riparto tra  le  Regioni  e  le
Province autonome; b) i criteri per la ripartizione delle stesse  tra
le Regioni  e  le  Province  (quantificandole  con  riferimento  agli
esercizi finanziari a venire  fino  a  quello  del  2010  e  finanche
prevedendone la progressiva traslazione economica  dal  bilancio  del
Ministero della giustizia a quello della salute); c) il  riordino  di
un intero comparto  di  spesa  (il  rapporto  di  lavoro  dei  medici
operanti nel sistema penitenziario). 
    Il d.P.C.m.  1°  aprile  2008  ha  poi  dato  attuazione  a  tale
novazione   meramente    soggettiva    del    rapporto,    disponendo
esplicitamente la persistente applicazione al personale  «incaricato»
del regime dettato dalla legge n. 740 del 1970. 
    Al contrario, la norma regionale censurata, disponendo lo stabile
inquadramento dei medici incaricati nei ruoli della  Regione,  ha  di
fatto  trasformato,  all'interno  della  Regione  Calabria,  rapporti
parasubordinati  in  rapporti  di  lavoro  subordinato  e   a   tempo
indeterminato. 
    Tale  disciplina   e'   chiaramente   lesiva   delle   competenze
legislative  statali  in  materia  di  coordinamento  della   finanza
pubblica. 
    Invero, come chiarito di  recente  da  questa  Corte,  spetta  al
legislatore statale il compito  di  evitare  l'aumento  incontrollato
della spesa sanitaria (sentenza n. 203 del 2008) e di  effettuare  un
bilanciamento tra  l'esigenza  di  garantire  egualmente  a  tutti  i
cittadini il diritto fondamentale  alla  salute,  nella  misura  piu'
ampia possibile, e quella di rendere compatibile la  spesa  sanitaria
con la limitatezza delle disponibilita' finanziarie che e'  possibile
ad essa destinare (sentenza n. 94 del 2009). 
    Contravvenendo a tali principi, la norma censurata si e' posta in
contrasto con il citato art. 2, comma 283,  della  legge  finanziaria
per il 2008, che si limita a trasferire la titolarita'  del  rapporto
di lavoro dal Servizio sanitario nazionale a quello regionale  e  che
costituisce principio fondamentale della legislazione dello Stato  in
materia. D'altra parte, la stessa norma, determinando la costituzione
di nuovi rapporti di lavoro a  tempo  indeterminato,  ha  causato  un
considerevole aggravio di oneri finanziari a carico della Regione  e,
in definitiva, del Servizio sanitario nazionale. 
    4. -  Il  Presidente  del  Consiglio  ricorre  anche  contro  gli
articoli 7, 8 e 9 della legge Regione Calabria n. 1 del 2009. 
    Tali  norme  dispongono  tutte  l'inquadramento  in  ruolo,   con
contratti a tempo indeterminato, di diverse  categorie  di  personale
sanitario incaricato, che in precedenza non risultavano stabilizzati:
l'art. 7 dei medici incaricati dell'emergenza sanitaria, gli artt.  8
e 9 dei medici titolari, in virtu' di convenzione, della «continuita'
assistenziale» e della «Medicina dei Servizi». 
    In particolare, l'art. 7 dispone  che  «ai  sensi  del  combinato
disposto di cui all'art. 8, comma 1-bis del d.lgs. 31 dicembre  1992,
n.  502,  e  successive  modifiche  ed  integrazioni  e  dell'Accordo
collettivo nazionale della medicina generale del 23  marzo  2005,  la
Regione provvede  all'inquadramento  in  ruolo  dei  medici  a  tempo
indeterminato,  attualmente  incaricati   nell'emergenza   sanitaria,
previo giudizio di idoneita' secondo le procedure di cui  al  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 1992, n. 502, a
condizione che gli stessi abbiano  maturato  almeno  cinque  anni  di
attivita'   a   regime   di   convenzione,   di   cui   almeno    tre
nell'emergenza.»; il successivo art. 8,  comma  1,  sancisce  che  «i
medici titolari di continuita' assistenziale in servizio alla data di
entrata in vigore della presente legge  ed  utilizzati  in  attivita'
diverse, da  almeno  tre  anni  presso  le  Aziende  sanitarie  della
Regione, possono chiedere, entro 60 giorni dalla data di  entrata  in
vigore della presente legge, di essere inquadrati nel relativo  posto
in organico, previo giudizio di idoneita'  ove  gia'  non  esperito»;
l'art. 9, infine, dispone che «i medici della  Medicina  dei  servizi
risultati  idonei  ed  inseriti  negli  elenchi  di  cui  ai  decreti
dirigenziali n. 17301 del 17 novembre 2005 e n. 12611 del  6  ottobre
2006 del Dipartimento regionale tutela della salute  sono  inquadrati
in ruolo, nei posti in atto occupati nelle aree previste dal  decreto
dirigenziale n. 416 del 17 luglio 2000 dello stesso Dipartimento». 
    Secondo il Presidente del Consiglio,  le  disposizioni  censurate
investirebbero  due  diversi  ambiti  materiali.  Da  un  lato,  esse
costituirebbero espressione della  funzione  di  coordinamento  della
finanza pubblica; dall'altro, afferirebbero alla tutela della salute,
materie, entrambe, oggetto di  potesta'  legislativa  concorrente  di
Stato e Regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.  Da  cio'
conseguirebbe che, vertendosi in materie di legislazione concorrente,
lo Stato sarebbe legittimato a porre principi fondamentali, come tali
vincolanti per le Regioni e per le Province autonome. Tali  principi,
stabiliti dalla legislazione  statale  in  materia,  sarebbero  stati
violati dalle disposizioni censurate e segnatamente,  in  materia  di
tutela della salute, quello dettato dall'art.  8,  comma  1-bis,  del
d.lgs. n. 502 del 1992, e, in materia di coordinamento della  finanza
pubblica, quello dettato dall'art. 1, comma 565, della legge  n.  296
del 2006 (legge finanziaria 2007). 
    Le medesime disposizioni  regionali  contrasterebbero,  altresi',
con i principi di  ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento
della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e  97,  Cost.,  in
quanto eludono - al  di  fuori  dei  casi  espressamente  contemplati
dall'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502 del 1992 -  il  principio
di eguaglianza dei cittadini ed il principio del  concorso  pubblico,
quale strumento di accesso al pubblico impiego. 
    4.1. - Preliminarmente, deve disattendersi la richiesta, avanzata
dalla difesa della Regione,  di  dichiarazione  di  cessazione  della
materia del contendere delle questioni sollevate, per  effetto  della
entrata in vigore della legge regionale 19 marzo 2009, n. 5, la quale
ha aggiunto all'art. 6 della legge censurata un comma 2, secondo  cui
«Per il personale della dirigenza del ruolo sanitario  si  procedera'
ad apposita selezione concorsuale con la  riserva  fino  al  50%  dei
posti a favore di quello con rapporto a tempo determinato individuato
ai sensi del comma  1,  in  possesso  dei  requisiti  previsti  dalla
normativa  vigente».  Invero,  la  introduzione  di  tale   procedura
concorsuale  riguarda  una  tipologia   contrattuale   di   personale
dirigenziale diversa da quelle oggetto di censura, essendo riferita a
quei dirigenti che avevano stipulato contratti di  lavoro,  anche  di
collaborazione coordinata e continuativa, in  data  anteriore  al  28
settembre 2007. 
    4.2. - Nel merito,  le  questioni  sollevate  sono  fondate,  con
riferimento all'art. 97 della Costituzione. 
    Le   norme    censurate,    infatti,    prevedendo,    ai    fini
dell'inquadramento nei ruoli, semplicemente  un  previo  giudizio  di
idoneita', si pongono in contrasto  con  il  principio  del  pubblico
concorso. 
    Questa Corte ha affermato piu' volte che solo esigenze obiettive,
quali la necessita' di valorizzare le esperienze lavorative  maturate
all'interno dell'amministrazione, possono giustificare  la  validita'
di procedure di selezione diverse rispetto al  concorso  pubblico,  e
solo a condizione che il principio del buon andamento della  pubblica
amministrazione  sia  assicurato  in  via  alternativa  con  adeguati
criteri selettivi idonei a garantire la professionalita' dei soggetti
prescelti (v. sentenze n. 9 del 2010, n. 191 del  2007,  n.  205  del
2004, n. 34 del 2004, n. 427 del 2007, n. 190 del 2005,  n.  517  del
2002 e n. 141 del 1999). 
    Ebbene, sia nel caso della stabilizzazione  dei  medici  reperiti
per far fronte a situazioni di emergenza, sia  nel  caso  dei  medici
titolari di «continuita' assistenziale» di cui al successivo art. 8 e
infine di quelli della medicina dei servizi di cui al censurato  art.
9,  la  legge  regionale  non  prevede  idonei  requisiti  e  criteri
selettivi del personale dirigente. 
    Neppure  la  disposizione,  invocata  dalla  resistente,  dettata
dall'art.  10  della  legge  regionale  censurata -   che   subordina
l'immissione nei ruoli organici del personale  disciplinata  da  tale
legge al rispetto del vincolo previsto dall'articolo  1,  comma  565,
della legge n. 296 del 2006, alla esistenza  dei  relativi  posti  in
organico, alla  disponibilita'  finanziaria,  nonche'  alle  motivate
esigenze per la  stabile  copertura  dei  posti -  puo'  considerarsi
idonea, in assenza di pubblico concorso, a soddisfare le esigenze  di
professionalita' del personale medico  e  dirigente  e,  quindi,  del
principio di buon andamento  della  pubblica  amministrazione.  Essa,
invero, si limita a prevedere una  generica  e  formale  clausola  di
salvaguardia della procedura dettata dal citato art. 1, comma  565  -
che peraltro e' finalizzata  ad  assicurare  la  realizzazione  degli
obiettivi di finanza pubblica per il  triennio  2007-2009,  e  non  a
garantire la professionalita' del personale da assumere con contratto
stabile - oltre che a ribadire,  in  modo  altrettanto  generico,  la
necessita'   dell'esistenza   di   obiettive   esigenze    e    della
disponibilita' finanziaria. 
    La mancata  previsione  di  un  valido  criterio  di  scelta  dei
soggetti i cui rapporti di collaborazione sono  destinati  ad  essere
stabilizzati fa si' che debba dichiararsi, in riferimento all'art. 97
Cost., l'illegittimita' costituzionale degli artt. 7,  8  e  9  della
legge della Regione Calabria n. 1 del 2009. 
    4.3. - L'accoglimento del ricorso con riferimento al parametro di
cui all'art.  97  Cost.  per  tutti  e  tre  gli  articoli  censurati
determina l'assorbimento delle altre censure.