Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma  1,
3, 4, 13 e 18 della legge della Regione Puglia 23 dicembre  2008,  n.
45  (Norme  in  materia  sanitaria),  promosso  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorso spedito  per  la  notifica  il  27
febbraio 2009, depositato in cancelleria il 9 marzo 2009 ed  iscritto
al n. 21 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2010 il Giudice  relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del
Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Luigi  Volpe  per  la  Regione
Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 27 febbraio 2009 e  depositato  il
successivo  9  marzo,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41, 51, 65,  97,  117,  commi
primo, secondo, lettere m), p) e s),  e  terzo,  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. l, comma  1,  3,
4, 13 e 18 della legge della Regione Puglia 23 dicembre 2008,  n.  45
(Norme in materia sanitaria). 
    1.1. - Il ricorrente, in primo luogo, censura l'art. 1, comma  1,
della legge regionale n. 45 del 2008, che, intervenendo sul comma  40
dell'art.  3  della  legge  regionale  31  dicembre   2007,   n.   40
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2008  e
bilancio pluriennale 2008-2010  della  Regione  Puglia),  cosi'  come
modificato dall'art. 5 della legge regionale 19 febbraio 2008, n.  1,
e dall'art. 11 della legge regionale 2 luglio 2008, n.  19,  dopo  le
parole «all'attivita' di ricerca», ha introdotto un ulteriore periodo
ai sensi del quale «il personale medico, in servizio presso le unita'
operative di medicina e chirurgia d'accettazione  e  d'urgenza  delle
aziende sanitarie, assunto a tempo determinato, in  deroga  a  quanto
previsto dal decreto del  Presidente  della  Repubblica  10  dicembre
1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina  concorsuale  per  il
personale dirigenziale del servizio sanitario nazionale),  accede  al
processo di stabilizzazione qualora in possesso di uno dei  requisiti
sopra indicati». 
    Secondo il ricorrente, tale disposizione si pone in contrasto con
l'art.  3,  comma  94,  della  legge  24  dicembre   2007,   n.   244
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2008), che  esclude  l'applicabilita'
delle procedure di stabilizzazione a favore del personale dirigente. 
    Il ricorrente assume  che,  costituendo  la  citata  disposizione
statale norma di principio ai fini del  coordinamento  della  finanza
pubblica, la previsione regionale  violi  l'art.  117,  comma  terzo,
Cost. 
    La violazione di tale ultima norma  deriverebbe,  inoltre,  dalla
circostanza che l'accesso alle  procedure  di  stabilizzazione  viene
disposto «in deroga a quanto  previsto  dal  d.P.R.  n.  483/1997»  e
quindi, per cio'  che  riguarda  la  dirigenza  sanitaria,  senza  il
necessario filtro del concorso pubblico per titoli ed esami  previsto
dall'art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), il quale, a sua
volta,  costituisce,  sempre  secondo  il  ricorrente,  per  espressa
volonta' del legislatore (manifestata dal disposto dell'art.  19  del
medesimo d.lgs. n. 502 del 1992) normativa di principio in materia di
tutela della salute ai fini dell'art. 117, comma terzo, Cost. 
    La norma censurata sembra all'Avvocatura dello Stato essere anche
in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialita'  e  buon
andamento della pubblica amministrazione, nonche'  con  il  principio
del pubblico concorso, di cui  agli  artt.  3,  51  e  97  Cost..  Al
riguardo, vengono richiamati, in particolare, i principi espressi  da
Corte costituzionale nella sentenza n. 81 del 2006. 
    1.2. - Il ricorrente censura, altresi', l'art. 3  della  medesima
legge regionale n. 45 del 2008, nella parte in cui esclude dal regime
dell'autorizzazione, di cui  all'art.  5  della  legge  regionale  28
maggio 2004, n. 8  (Disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla
realizzazione e  all'esercizio,  all'accreditamento  istituzionale  e
accordi contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie
pubbliche  e  private),  «lo   studio   medico   privato   o   studio
odontoiatrico privato, organizzato in forma singola o  associata,  in
quanto  studio  professionale  o  gabinetto  medico  non  aperto   al
pubblico». 
    L'Avvocatura dello Stato rileva che  tale  previsione  eccede  la
competenza regionale concorrente attribuita alla Regione  in  materia
di tutela della salute dall'art. 117, comma terzo, Cost.,  assumendo,
in particolare, che l'art. 3 della citata legge  regionale  contrasti
con il principio fondamentale espresso dagli articoli 8, comma  4,  e
8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo i  quali  tutti  gli  studi
medici e odontoiatrici, per la peculiarita' dell'attivita'  posta  in
essere  e  comunque  ove  debbano  essere  erogate  «prestazioni   di
chirurgia  ambulatoriale  o  procedure  diagnostiche  di  particolare
complessita'  che  comportino  un  rischio  per  la   sicurezza   del
paziente», devono essere autorizzati previa verifica del possesso dei
requisiti fissati con il d.P.R. 14 gennaio 1997 recante «Approvazione
dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e  alle  province
autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio  delle  attivita'
sanitarie da parte delle strutture pubbliche  e  private  (previsioni
rilevanti relative  agli  ambulatori)»  -  emanato  d'intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni,  e  le
Province autonome. 
    Secondo il ricorrente, il rispetto delle prescrizioni  richiamate
dalla normativa nazionale e' indispensabile  per  assicurare  livelli
essenziali di sicurezza e di qualita' delle prestazioni in ambiti nei
quali il possesso della  dotazione  strumentale  e  la  sua  corretta
gestione e manutenzione assume preminente  interesse  per  assicurare
l'idoneita' e la sicurezza delle cure. 
    Inoltre, ad avviso del ricorrente, la norma censurata sarebbe  in
contrasto anche con gli artt. 3 e 41 Cost. 
    1.3. - Quanto all'art. 4 della legge regionale n.  45  del  2008,
l'Avvocatura dello Stato ritiene che tale disposizione  -  stabilendo
che «i dirigenti medici in servizio a tempo indeterminato presso  gli
uffici a staff della  direzione  generale  funzionalmente  dipendenti
dalle direzioni sanitarie delle aziende sanitarie locali (ASL), delle
aziende ospedaliero-universitarie e degli IRCCS  pubblici  ovvero  in
servizio presso le direzioni sanitarie  di  presidio  ospedaliero  da
almeno tre anni, alla data di entrata in vigore della presente  legge
sono  inquadrati,  a  domanda,  nelle  direzioni  sanitarie  con   la
disciplina "Direzione medica di presidio ospedaliero"» - esuli  dalla
competenza regionale concorrente attribuita alla Regione  in  materia
di tutela della salute dall'art. 117, comma terzo, Cost. 
    La disposizione impugnata, infatti, nel  prevedere  genericamente
l'inquadramento nelle direzioni sanitarie  di  dirigenti  medici  che
svolgono attivita' di staff presso direzioni  generali  senza  alcuna
specificazione circa la necessita' che vi sia corrispondenza  (ovvero
equipollenza o  affinita')  tra  le  specializzazioni  acquisite  dai
medici e quelle richieste  per  operare  nelle  direzioni  sanitarie,
viola il principio generale in materia di tutela della salute di  cui
dall'art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 - come  specificato
dall'art. 24 del d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante
la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del  Servizio
sanitario  nazionale),  e  dall'art.  13  del  Contratto   collettivo
nazionale di lavoro (CCNL) quadriennio 1998-2001  dell'Area  relativa
alla dirigenza medica e veterinaria del servizio sanitario  nazionale
per la dirigenza medica e veterinaria dell'8 giugno 2000 - in base al
quale l'inquadramento del dirigente medico nelle direzioni  sanitarie
ha come presupposto imprescindibile, oltre alla laurea in medicina  e
chirurgia, la specializzazione nella disciplina di riferimento. 
    Il  ricorrente  sottolinea  ancora  che  l'art.  4  della   legge
regionale n. 45 del 2008 contrasta con i principi  di  eguaglianza  e
buona amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., nonche' con  la
garanzia dei livelli essenziali di assistenza previsti dall'art. 117,
comma secondo, lettera m), Cost., specificando che,  in  particolare,
la disposizione impugnata  viola  i  principi  di  uguaglianza  e  di
parita'  di   trattamento   sia   nei   confronti   degli   operatori
(differenziando i medici  destinatari  della  disposizione  in  esame
rispetto agli altri medici della stessa e delle altre  Regioni),  sia
nei confronti dei cittadini pugliesi che,  diversamente  dagli  altri
cittadini italiani, non hanno la sicurezza di poter essere curati dai
medici specializzati nella disciplina richiesta. 
    1.4.  -  Il  Governo   denuncia,   anche,   l'incostituzionalita'
dell'art. 13 della legge regionale pugliese - ai sensi del  quale  «i
componenti, a qualsiasi  titolo,  ivi  compresi  i  segretari,  delle
commissioni per  l'accertamento  della  invalidita'  civile,  cecita'
civile, sordomutismo e della legge 5 febbraio  1992,  n.  104  (Legge
quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale  e  i  diritti  delle
persone handicappate), sono incompatibili con tali  funzioni  qualora
detengano cariche elettive politiche o si candidino per  conseguirle»
- per violazione degli artt. 65 e 117, comma secondo,  lettere  m)  e
p), Cost. 
    L'Avvocatura dello Stato rileva l'illegittimita' della previsione
nella parte in cui, con l'utilizzo  dell'espressione  onnicomprensiva
«cariche elettive politiche», include  fra  i  propri  destinatari  i
parlamentari nazionali e si estende a tutte le cariche elettive degli
enti locali territoriali. 
    In primo luogo, il ricorrente osserva che tale  previsione  viola
la competenza esclusiva dello Stato in materia di incompatibilita' ed
ineleggibilita' dei parlamentari nazionali di cui all'art.  65  Cost.
e, in secondo luogo, che il medesimo art. 13  della  legge  in  esame
invade la competenza esclusiva dello Stato nella materia  «organi  di
governo»  di  Comuni,  Province  e  Citta'   metropolitane   prevista
dall'art. 117,  comma  secondo,  lettera  p),  Cost.,  nonche'  nella
materia inerente  la  determinazione  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto  il  territorio  ai  sensi  dell'art.  117,  comma
secondo, lettera m), Cost. 
    A tale fine l'Avvocatura dello Stato richiama i rilievi  espressi
dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 29 del 2006 e n. 456 del
2005. 
    1.5. - Viene, infine, denunciata l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 18 della citata legge regionale - ai sensi  del  quale  «il
personale laureato non medico in servizio presso le ASL della regione
Puglia con la qualifica di educatore professionale  a  cui  e'  stato
riconosciuto il possesso del titolo  di  laurea  magistrale,  che  ha
usufruito  dei  benefici   previsti   dall'articolo   24   (Educatori
professionali)  della  legge  regionale  12  gennaio   2005,   n.   1
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2005  e
bilancio pluriennale 2005-2007  della  Regione  Puglia),  cosi'  come
sostituito dall'articolo 23 della legge regionale n. 10 del  2007,  e
dell'articolo 6, comma 6, della legge regionale  n.  26  del  2006  e
inquadrato nella categoria DS del CCNL Comparto sanita', alla data di
entrata in vigore della presente legge,  e'  equiparato  alle  figure
similari laureate, secondo il parere del  Consiglio  superiore  della
sanita' - art. 4 ed  e'  inquadrato  nella  dirigenza  sanitaria  non
medica, di cui  all'allegato  2  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato  giuridico  del  personale
delle unita' sanitarie locali), in ossequio, altresi', alla  sentenza
del Consiglio di Stato, sez. V, del 13 luglio 1994,  n.  763»  -  per
violazione dell'art. 117, comma  terzo,  Cost.,  e  dei  principi  di
ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione, nonche' del principio del pubblico concorso, di  cui
agli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    Si assume, infatti, che tale disposizione si ponga  in  contrasto
con il principio fondamentale in materia di tutela  della  salute  di
cui all'art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251  (Disciplina  delle
professioni    sanitarie,    infermieristiche,     tecniche     della
riabilitazione,   della   prevenzione   nonche'   della   professione
ostetrica) - specificato con d.P.R. del  10  dicembre  1997,  n.  483
(Regolamento recante la  disciplina  concorsuale  del  personale  non
dirigenziale del Servizio sanitario  nazionale)  -  il  quale,  nello
stabilire la procedura per l'accesso alla  dirigenza  per  i  profili
professionali del comparto, prevede la  procedura  concorsuale  «alla
quale si  accede  con  requisiti  analoghi  a  quelli  richiesti  per
l'accesso alla dirigenza del Servizio sanitario regionale». 
    In ragione del disposto di tale  previsione,  l'Avvocatura  dello
Stato ritiene di muovere, in relazione all'art. 13 della citata legge
regionale, gli stessi rilievi svolti con riferimento all'art. 1 della
medesima. 
    2. - Con memoria del 20 marzo 2009, depositata il  successivo  30
marzo, si e' costituita la Regione Puglia chiedendo a questa Corte di
rigettare il ricorso in esame. 
    2.1. - Relativamente all'art. 1 della legge regionale n.  45  del
2008, la Regione rileva, primariamente,  che  tale  disposizione  non
stabilisce  la  possibilita'  di  stabilizzazione  per  il  personale
dirigente medico incluso nell'ambito  di  applicazione  del  medesimo
articolo - giacche' tale possibilita' era stata  invece  testualmente
prevista nella precedente e non impugnata legge  regionale  (art.  3,
comma 40, della legge regionale n. 40 del 2007) - risultando pertanto
siffatto  profilo  estraneo  all'oggetto  dell'attuale  giudizio   di
legittimita' costituzionale. 
    Secondo  la  Regione,  pertanto,  i  profili  disciplinati  dalla
previsione impugnata rientrano nell'ambito della potesta' legislativa
regionale residuale esclusiva, cosi'  che,  anche  ove  la  normativa
statale di cui alla legge n. 244 del  2007  avesse  inteso  suggerire
alle Regioni la  stabilizzazione  del  solo  personale  precario  non
dirigente, non si sarebbe potuto escludere che, nell'esercizio  della
propria  potesta'  legislativa  esclusiva,  le  Regioni  stesse,  sui
medesimi presupposti, potessero altresi' estendere  la  normativa  di
stabilizzazione al personale dirigente. 
    La Regione rileva, inoltre, che la deroga al d.P.R.  n.  483  del
1997,  (prevista  dall'art.   1   della   legge   regionale   oggetto
d'impugnazione) si riferisce esclusivamente al possesso del requisito
del titolo di specializzazione, previsto dall'anzidetto d.P.R., e non
gia' alle prove selettive, cui restano comunque  sottoposti  tutti  i
dirigenti medici in servizio a tempo determinato, ed anche quelli  in
servizio presso  le  unita  operative  di  medicina  e  chirurgia  di
accettazione e urgenza, in ragione del disposto dell'art. 3 comma 40,
della precedente legge regionale n. 40 del 2007, ai sensi  del  quale
«al processo di stabilizzazione il  personale,  di  cui  al  presente
comma, accede, previo superamento di apposita pubblica  selezione  di
natura concorsuale, [...] con le procedure e i criteri  previsti  dal
decreto del Presidente della Repubblica 10  dicembre  1997,  n.  483,
qualora in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti [...]». 
    La difesa regionale afferma, altresi', che la  scuola  attraverso
la cui frequenza dovrebbe conseguirsi la specializzazione di Medicina
e  Chirurgia  di  accettazione  e  urgenza  non  risulta  ancora  ne'
finanziata, ne' attivata dal Ministero per  l'Universita'  e  per  la
Ricerca scientifica, cui appartiene la competenza in materia. 
    Comunque, per la resistente,  l'art.  1  risulta  rispettoso  del
principio  costituzionale  del   pubblico   concorso,   condizionando
l'accesso  alla  stabilizzazione,  in  conformita'  della   normativa
statale di cui alla legge n. 244 del 2007, o all'aver partecipato  ad
una  procedura  selettiva  per  l'accesso  alla  posizione  a   tempo
determinato da stabilizzare ovvero, nel caso in cui non vi  sia  tale
presupposto,   alla   sottoposizione,   prima    dell'accesso    alla
stabilizzazione, ad  una  procedura  siffatta,  ritenendosi  pertanto
infondata la censura relativa alla violazione dell'art.  97,  nonche'
degli artt. 3 e 51 Cost. 
    A supporto di tale conclusione, la  Regione  offre  un'articolata
ricostruzione  della  giurisprudenza  costituzionale  in  materia  di
stabilizzazione del personale, nell'ambito della quale viene messo in
luce il rilievo che questa Corte ha attribuito, nel giudizio relativo
alle norme regionali disciplinanti tali procedure,  al  «possesso  di
una  precedente  esperienza  nell'ambito  dell'Amministrazione,   ove
questo si configuri ragionevolmente  quale  requisito  professionale»
(sentenza n. 1 del 1999), al «vasto ambito  di  discrezionalita'  che
spetta al  legislatore,  sia  statale  che  regionale,  nelle  scelte
relative alla creazione e alla organizzazione  dei  pubblici  uffici»
(sentenza  n.  141  del  1999)  e  alla  necessita'  di  «consolidare
pregresse     esperienze     lavorative     maturate      nell'ambito
dell'Amministrazione» (sentenza n. 34 del 2004). 
    2.2. - Con riferimento ai profili di censura relativi all'art. 3,
la Regione  rileva  che  la  disposizione  impugnata  e'  ispirata  a
finalita' di semplificazione amministrativa, richiamando, sul  punto,
il disposto della precedente legge della  Regione  Puglia  28  maggio
2004, n. 8, che, all'art. 5, aveva gia'  escluso  dall'autorizzazione
gli studi medici esercenti attivita' professionale, ad eccezione  dei
soli studi esercenti attivita' specialistica ambulatoriale chirurgica
(per le prestazioni comprese  tra  quelle  individuate  con  apposito
provvedimento di  giunta  regionale)  e  specialistica  ambulatoriale
odontoiatrica (anche in tal caso per prestazioni comprese tra  quelle
individuate con apposito provvedimento della giunta regionale). 
    La difesa regionale rileva che la disposizione impugnata  risulta
solo parzialmente innovativa rispetto al regime previgente,  giacche'
ha  inteso   semplificare   l'avvio   dell'esercizio   dell'attivita'
professionale  medica  o  odontoiatrica  limitatamente   alle   forme
organizzative piu' semplici e sempre che le strutture  non  intendano
domandare l'accreditamento istituzionale con  il  servizio  sanitario
nazionale, ne' aspirare ad accordi contrattuali  con  lo  stesso  per
disimpegnare il pubblico servizio. 
    La Regione Puglia, inoltre, non condivide il richiamo agli  artt.
3  e  41  Cost.  operato  dalla  difesa  erariale,  sostenendo,   con
riferimento al primo  parametro,  che  non  sussiste  violazione  del
principio  di  eguaglianza;  e,  relativamente  al  secondo,  che  il
disposto dell'art. 41 non  puo'  essere  sic  et  simpliciter  esteso
all'attivita'  professionale  (salvo  che,  per  l'appunto,  non  sia
esercitata  in  forma  di  impresa),  giacche'  per  la   stessa,   a
prescindere dagli eventuali controlli e dalle  eventuali  limitazioni
amministrative,  valgono  le  attribuzioni   proprie   degli   ordini
professionali ed i codici deontologici delle professioni. 
    La resistente sottolinea,  infine,  l'inconferenza  del  richiamo
all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  giacche'  la  normativa  statale
richiamata dal ricorrente (e cioe' l'art. 8, comma 4, e l'art.  8-ter
del d.lgs. n. 502 del 1992) fissa la  «competenza  delle  regioni  in
materia di autorizzazione e  vigilanza  sulle  istituzioni  sanitarie
private» (art. 8, comma 4) e limita la necessita'  di  autorizzazione
all'esercizio di attivita' sanitarie (professionali) ai soli casi  in
cui presso gli studi  professionali  siano  erogate  «prestazioni  di
chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure  diagnostiche  terapeutiche
di particolare complessita'  o  che  comportino  un  rischio  per  la
sicurezza del  paziente,  nonche'  per  le  strutture  esclusivamente
dedicate ad attivita' diagnostiche». 
    2.3.  -  Con  riferimento,  poi,  alla  lamentata  illegittimita'
costituzionale dell'art. 4 della  legge  della  Puglia,  la  Regione,
richiamando la sentenza n. 45 del 2008  della  Corte  costituzionale,
afferma  che  la  regolamentazione  oggetto  di  tale  previsione  e'
riconducibile alla materia dell'organizzazione  amministrativa  delle
Regioni e degli enti pubblici regionali e  rientra,  pertanto,  nella
competenza residuale delle medesime Regioni,  di  cui  all'art.  117,
comma quarto, Cost. 
    La stessa Regione sottolinea,  inoltre,  che  nei  confronti  del
personale medico cui si applica l'art. 4 non e' prevista alcuna forma
di stabilizzazione, atteso che i soggetti interessati  sono  gia'  in
servizio a tempo indeterminato, e  che  la  disciplina  impugnata  ha
esclusivamente la finalita' di garantire la massima  efficienza  alle
funzioni strategiche  delle  ASL,  senza  che  cio'  comporti  alcuna
variazione numerica e di costo della dotazione organica. 
    La difesa regionale, a tale fine, cita l'art. 1  della  legge  29
dicembre 2000, n. 401 (Norme sull'organizzazione e sul personale  del
settore  sanitario),  che  ha  previsto,  per  i  dirigenti   medici,
l'inquadramento nella disciplina nella quale gli stessi esercitano le
funzioni, anche se diverse da quelle per le quali sono stati assunti. 
    Infine, la resistente Regione rileva l'inconferenza del  richiamo
al principio di eguaglianza rispetto  sia  agli  altri  medici  della
stessa Puglia ai quali non si applica il disposto della  disposizione
denunciata, sia a quelli delle altre  Regioni  italiane,  cosi'  come
relativamente alla posizione dei cittadini pugliesi - i quali secondo
la difesa erariale non avrebbero la sicurezza di poter essere  curati
da medici specializzati nella  disciplina  richiesta  al  pari  degli
altri cittadini italiani - dal momento che i medici  delle  Direzioni
sanitarie  non  prestano  assistenza  diretta   nei   confronti   dei
cittadini,  ma  piuttosto  esercitano  la  funzione   di   management
sanitario, e cioe' di responsabilita'  dell'organizzazione  sanitaria
nel suo complesso. 
    2.4. - Relativamente,  poi,  ai  profili  di  censura  aventi  ad
oggetto l'art. 13 della citata legge, la Regione Puglia,  ritenendoli
infondati, sostiene che la norma in questione non ha inteso prevedere
alcuna forma di  ineleggibilita'  o  incompatibilita'  rispetto  alla
posizione di  parlamentare  nazionale  o  all'assunzione  di  cariche
elettive presso enti territoriali, affermando che  la  stessa  si  e'
limitata a stabilire un requisito negativo di  accesso  a  componente
delle Commissioni per l'accertamento dell'invalidita' civile, cecita'
civile, sordomutismo e della legge 5 febbraio  1992,  n.  104  (Legge
quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale  e  i  diritti  delle
persone handicappate),  ovvero  per  la  nomina  a  segretario  delle
stesse. 
    Secondo la difesa regionale,  tale  disposizione  e'  espressione
della propria  potesta'  normativa  esclusiva,  costituendone  tipica
manifestazione in quanto riguardante la disciplina della composizione
di strutture amministrative dipendenti dalla medesima Regione Puglia.
Quest'ultima ritiene, infine, inconferente  il  riferimento  all'art.
117, comma secondo, lettera m), Cost., sostenendo nel merito  che  la
disposizione  impugnata  non  incide  in  alcun  modo   sui   livelli
essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i  «diritti   civili   e
sociali». 
    2.5. - Quanto alle  censure  relative  all'art.  18  della  legge
regionale n. 45 del 2008,  la  Regione  contesta  la  fondatezza  dei
profili di illegittimita' rilevati dal ricorrente, sostenendo che  il
personale interessato da tale previsione risulta comunque fornito del
titolo di laurea magistrale e che lo stesso, ai  sensi  dell'art.  24
della  legge  regionale  12  gennaio  2005,  n.  1  (come  sostituito
dall'art. 23 della legge regionale n. 10 del  2007),  e'  gia'  stato
equiparato alla figura professionale di «collaboratore  professionale
esperto», non ricorrendo pertanto una deroga alla regola del pubblico
concorso. 
    Secondo la Regione resistente, infatti, la disposizione impugnata
determina  una  forma  di  riqualificazione   normativa   dell'intera
posizione di lavoro  denominata  «educatore  professionale»,  che  e'
altresi' confermata nella sua legittimita' dalla circostanza che, con
la stessa,  la  Regione  ha  inteso  conformarsi  ad  un  parere  del
Consiglio Superiore della Sanita' ed alla decisione del Consiglio  di
Stato 13 luglio 1994, n. 763. 
    3. - Con successiva memoria,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha precisato i profili di illegittimita' oggetto del ricorso
e ha preso posizione  in  relazione  alle  argomentazioni  sviluppate
dalla Regione Puglia nel proprio atto di costituzione in giudizio. 
    3.1. - Con particolare riferimento alla prima censura, la  difesa
erariale contesta la ricostruzione della Regione - secondo cui l'art.
1, comma 1, della legge della Regione  Puglia  n.  45  del  2008  non
riguarderebbe l'accesso al processo di stabilizzazione del  personale
medico   dirigenziale,   quanto,   invece,   l'assunzione   a   tempo
indeterminato del personale medico non dirigente -  ritenendo  invece
che la  normativa  censurata  abbia  invero  ad  oggetto  proprio  la
posizione dei dirigenti. Tale  ultimo  assunto  si  fonda  sia  sulla
considerazione che la disposizione impugnata e' stata  collocata  dal
legislatore regionale «alla fine del  quarto  periodo  del  comma  40
della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2007, n.  40»,  relativo
alla stabilizzazione del personale del ruolo della dirigenza, sia sul
richiamo espresso,  previsto  dalla  norma  regionale  impugnata,  al
d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483, recante  la  disciplina  concorsuale
per il  personale  dirigenziale  del  servizio  sanitario  nazionale,
anziche' al d.P.R. 27 marzo 2001,  n.  220  (Regolamento  recante  la
disciplina concorsuale del personale non  dirigenziale  del  Servizio
sanitario nazionale). 
    Il ricorrente  sostiene,  altresi',  che  -  pur  se  si  volesse
accogliere la ricostruzione della Regione  -  l'art.  1  della  legge
regionale n. 45  del  2008  risulterebbe  parimenti  illegittimo  per
contrasto con l'art. 3, comma 94, della legge n. 244 del 2007 che ha,
in ogni  caso,  subordinato  la  stabilizzazione  del  personale  non
dirigenziale  all'espletamento  di  prove  selettive,  attraverso  il
riferimento agli artt. 519 e 558 della legge  27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato  (legge  finanziaria  2007)».  Tali  articoli
richiedono, infatti, per i titolari di contratti a tempo determinato,
i1  possesso  del  requisito   dell'assunzione   mediante   procedure
selettive di  natura  concorsuale,  in  quanto  prevedono  che  «alle
iniziative  di  stabilizzazione  del  personale   assunto   a   tempo
determinato mediante procedure diverse (in assenza del  concorso)  si
provvede previo espletamento di prove selettive». Parimenti gli artt.
529 e 560 della medesima legge prevedono, per  l'assunzione  a  tempo
indeterminato   del   personale   utilizzato   con    contratto    di
collaborazione coordinata e continuativa,  lo  svolgimento,  in  ogni
caso, di prove di natura concorsuale con riserva del 60 per cento del
totale dei posti programmati. 
    Sul  punto,  l'Avvocatura   dello   Stato,   ribadisce   che   la
disposizione regionale impugnata costituisce una  deroga  tout  court
alla procedura concorsuale. 
    Il ricorrente chiarisce, infatti, che mentre il  previgente  art.
1, comma 40, della  legge  della  Regione  Puglia  n.  40  del  2007,
subordinava,  in   generale,   la   stabilizzazione   del   personale
dirigenziale al superamento di «apposita pubblica selezione di natura
concorsuale [...] con le procedure ed i criteri previsti  dal  d.P.R.
10 dicembre 1997, n. 483» ed al possesso di almeno uno dei prescritti
requisiti, la novella inserita dall'art. 1 della legge  regionale  n.
45  del  2008  -  oggetto  dell'attuale  giudizio   di   legittimita'
costituzionale  -  dispone  invece  testualmente  che  «il  personale
medico,  in  servizio  presso  le  unita'  operative  di  medicina  e
chirurgia d'accettazione e d'urgenza delle aziende sanitarie, assunto
a tempo determinato, in  deroga  a  quanto  previsto  dal  d.P.R.  n.
483/1997, accede al processo di stabilizzazione qualora  in  possesso
di uno dei requisiti sopra indicati». 
    Il Governo ritiene privo di riscontro normativo  e  contrario  al
dato  testuale  l'argomento  della  Regione  Puglia  secondo  cui  la
disposizione impugnata, anziche' derogare alla procedura concorsuale,
derogherebbe  esclusivamente  al   possesso   del   requisito   della
specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e  d'urgenza,
atteso che, se l'intenzione del  legislatore  regionale  fosse  stata
quella  prospettata  dalla   Regione   Puglia,   lo   stesso,   nella
formulazione della  norma  oggetto  del  presente  giudizio,  avrebbe
dovuto operare un riferimento  esplicito  alla  procedura  selettiva,
presente, invece, solo nella ricordata precedente parte del comma  40
dell'art. 3 della legge della Regione Puglia n. 40 del 2007. 
    Quindi, il ricorrente ritiene  errata  la  ricostruzione  operata
dalla Regione relativamente  alla  giurisprudenza  costituzionale  in
materia di lesione  del  principio  del  concorso  per  l'accesso  ai
pubblici uffici, rilevando come, invece,  la  deroga  alla  procedura
concorsuale possa essere giustificata esclusivamente da straordinarie
ragioni di  interesse  pubblico,  ivi  compresa  la  necessita',  per
l'amministrazione,   di   avvalersi   di   esperienze   professionali
caratterizzate da  specificita'  assoluta,  acquisite  dal  personale
destinatario della  stabilizzazione  e,  come  tali,  non  reperibili
attraverso procedure concorsuali aperte a soggetti esterni  (sentenze
n. 81 del 2006 e n. 159 del 2005, ordinanza n.  517  del  2002),  con
presupposti cioe' che, secondo l'Avvocatura  dello  Stato,  non  sono
presenti  nel  caso  di  specie,  palesandosi  quindi   ulteriormente
l'illegittimita' costituzionale della normativa sottoposta al  vaglio
della Corte. 
    Con riferimento alle altre norme impugnate, la difesa erariale si
limita  a  ribadire  i  rilievi  di   illegittimita'   costituzionale
contenuti nel ricorso, contestando, a tale  fine,  le  considerazioni
difensive  espresse  dalla  Regione  Puglia  nel  proprio   atto   di
costituzione. 
    4. - In prossimita' dell'udienza la Regione Puglia ha depositato,
fuori termine, una memoria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  proposto
questione di legittimita' costituzionale - in riferimento agli  artt.
3, 41, 51, 65, 97, 117, commi primo, secondo, lettere m), p) e s),  e
terzo, della Costituzione - degli artt. l, comma 1, 3,  4,  13  e  18
della legge della Regione Puglia 23 dicembre del 2008, n.  45  (Norme
in  materia  sanitaria),  in  quanto  tali  norme  eccederebbero   le
competenze regionali sotto vari profili. 
    1.1. - In particolare, con riferimento all'art. 1, comma 1, della
legge regionale Puglia n. 45 del 2008, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri  deduce  che  la  disciplina  censurata,  disponendo  la
stabilizzazione di personale dirigenziale  medico,  assunto  a  tempo
determinato, qualora in possesso di determinati requisiti,  lederebbe
l'art. 117, comma terzo, della Costituzione sotto un duplice profilo:
sia, cioe', per contrasto  con  i  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica, dettati dall'art.  3,  comma  94,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)»,
che vieta l'applicabilita'  delle  procedure  di  stabilizzazione  al
personale  dirigenziale;  sia  per   contrasto   con   il   principio
fondamentale in materia di tutela della salute, dettato dall'art. 15,
comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502  (Riordino
della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1  della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), che impone l'accesso  alla  dirigenza
sanitaria mediante concorso pubblico per titoli ed esami. 
    Inoltre, la norma impugnata lederebbe gli artt. 3, 51 e 97 Cost.,
cioe' i principi di ragionevolezza, imparzialita'  e  buon  andamento
della   pubblica    amministrazione,    introducendo    una    deroga
ingiustificata alla regola del concorso pubblico. 
    1.2. - Anche l'art. 4 della citata legge regionale  -  prevedendo
l'inquadramento a domanda  nelle  direzioni  sanitarie  di  dirigenti
medici che svolgono attivita' di  staff  presso  direzioni  generali,
senza l'espletamento di un pubblico concorso e senza, quindi,  alcuna
possibilita' di oggettiva verifica circa la  necessita'  che  vi  sia
corrispondenza   (ovvero   equipollenza   o   affinita')    tra    le
specializzazioni acquisite dai medici e quelle richieste per  operare
nelle direzioni sanitarie - violerebbe, sempre secondo il ricorrente,
l'art. 117, comma terzo, Cost., in quanto in contrasto anch'esso  con
l'art. 15, comma 7, del d.lgs. n.  502  del  1992,  come  specificato
dall'articolo 24 del d.P.R. 10 dicembre  1997,  n.  483  (Regolamento
recante la disciplina concorsuale per il personale  dirigenziale  del
Servizio  sanitario  nazionale),  e  dall'art.   13   del   Contratto
collettivo nazionale di lavoro (CCNL), quadriennio 1998-2001, per  la
dirigenza medica  e  veterinaria  8  giugno  2000,  secondo  i  quali
l'inquadramento del dirigente medico  nelle  direzioni  sanitarie  ha
come presupposto imprescindibile, oltre alla  laurea  in  medicina  e
chirurgia, la specializzazione nella disciplina di riferimento. 
    La norma regionale  impugnata  sarebbe,  altresi',  lesiva  degli
artt. 3 e 97 Cost. per violazione, rispettivamente, dei  principi  di
eguaglianza e di buona amministrazione; nonche' dell'art. 117,  comma
secondo, lettera m), Cost., in relazione  alla  competenza  esclusiva
dello Stato nella materia della determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale. 
    Quanto, poi, all'art. 18 della legge in esame  -  che  stabilisce
l'inquadramento  nella  dirigenza  sanitaria  non  medica   (di   cui
all'allegato  2  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  20
dicembre 1979, n. 761,  recante  norme  sullo  «Stato  giuridico  del
personale  delle  unita'  sanitarie  locali»,  e  alla  sentenza  del
Consiglio di Stato, sez. V, del 13 luglio 1994, n. 763) del personale
laureato non medico, in servizio presso le aziende  sanitarie  locali
(ASL)  della  Regione  Puglia   con   la   qualifica   di   educatore
professionale, al quale e' stato riconosciuto il possesso del  titolo
di laurea magistrale - lo stesso, secondo il  ricorrente,  violerebbe
l'art. 117, comma terzo, Cost.. Sarebbe, infatti, in contrasto con il
principio fondamentale desumibile dall'art. 6 della legge  10  agosto
2000,   n.    251    (Disciplina    delle    professioni    sanitarie
infermieristiche, tecniche della  riabilitazione,  della  prevenzione
nonche' della  professione  ostetrica),  che  -  nello  stabilire  la
procedura  per  l'accesso  alla  dirigenza  per  i   citati   profili
professionali - prevede la procedura concorsuale alla quale si accede
con  requisiti  analoghi  a  quelli  richiesti  «per  l'accesso  alla
dirigenza del Servizio sanitario regionale».  Vi  sarebbe,  altresi',
lesione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., per violazione dei principi  di
ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione e del principio del pubblico concorso. 
    Il  ricorrente  censura  anche  l'art.  3  della   citata   legge
regionale, poiche' violerebbe l'art.  117,  comma  terzo,  Cost.,  in
quanto in contrasto con  i  principi  fondamentali  desumibili  dagli
artt. 8, comma 4, e 8-ter del d.lgs. n. 502  del  1992  ,  secondo  i
quali «gli studi medici e odontoiatrici ove  attrezzati  per  erogare
prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche
e terapeutiche  di  particolare  complessita'  o  che  comportino  un
rischio per la sicurezza  del  paziente»  devono  essere  autorizzati
previa verifica del possesso dei requisiti fissati con il  d.P.R.  14
gennaio 1997 (Approvazione dell'atto  di  indirizzo  e  coordinamento
alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia
di requisiti strutturali, tecnologici  ed  organizzativi  minimi  per
l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  da  parte  delle  strutture
pubbliche e private), adottato ai sensi del citato art. 8, comma 4. 
    La disposizione regionale censurata contrasterebbe, inoltre,  con
gli artt. 3 e 41 Cost. 
    Infine, con riferimento all'art. 13 della legge regionale  n.  45
del 2008, il ricorrente lamenta che lo stesso - nella  parte  in  cui
stabilisce l'incompatibilita' a far parte «a  qualsiasi  titolo,  ivi
compresi i segretari,  delle  commissioni  per  l'accertamento  della
invalidita' civile, cecita' civile,  sordomutismo  e  della  legge  5
febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza,  l'integrazione
sociale e i diritti  delle  persone  handicappate)»,  di  coloro  che
«detengano cariche elettive politiche o si candidino per conseguirle»
- violerebbe l'art. 65 Cost., in relazione alla competenza  esclusiva
dello Stato in materia di  incompatibilita'  ed  ineleggibilita'  dei
parlamentari nazionali; l'art. 117, comma secondo, lettera p), Cost.,
relativamente alla competenza esclusiva dello Stato nella materia  di
«organi di governo» di Comuni, Province e Citta'  metropolitane;  ed,
infine, anche l'art.  117,  comma  secondo,  lettera  m),  Cost.,  in
riferimento alla competenza esclusiva dello Stato nella materia della
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono  essere  garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale. 
    Il ricorrente sottolinea, in particolare, l'illegittimita'  della
previsione  nella  parte  in  cui,  con  l'utilizzo  dell'espressione
onnicomprensiva «cariche elettive politiche», include  fra  i  propri
destinatari i parlamentari nazionali ed estende il divieto a tutte le
cariche elettive degli enti locali territoriali. 
    2. - Prima di  affrontare  il  merito  delle  questioni,  occorre
esaminare un profilo preliminare, riferibile all'intero  ricorso:  le
censure riguardanti la violazione dei commi primo e secondo,  lettera
s), dell'art. 117  Cost.  sono  presenti  solo  nel  dispositivo  del
ricorso, mentre e' omesso qualsiasi accenno  alle  stesse  sia  nella
parte motiva del medesimo ricorso, sia  nell'allegata  Relazione  del
Ministro  per  i  rapporti  con  le  Regioni.  Pertanto,  secondo  la
giurisprudenza di questa Corte, tali censure sono inammissibili. 
    3. - In ragione della omogeneita' e della reciproca  connessione,
sembra opportuno, primariamente, trattare le questioni relative  agli
artt. 1, comma 1, e 18 della legge della Regione  Puglia  n.  45  del
2008, in riferimento agli artt. 3, 51  e  97  Cost.,  nonche'  quella
relativa all'art. 4 della medesima legge in riferimento ai soli artt.
3 e 97 Cost. 
    3.1. - Le questioni,con riferimento alla violazione  degli  artt.
97 e 117 Cost., sono fondate. Restano assorbiti gli ulteriori profili
di censura. 
    Tutte e  tre  le  disposizioni  legislative  censurate  prevedono
ipotesi di accesso alla dirigenza sanitaria medica (art. 1, comma  1,
e art. 4) e non medica (art. 18)  che,  in  assenza  di  peculiari  e
straordinarie    ragioni    di    interesse    pubblico,     derogano
significativamente al criterio del concorso pubblico, richiesto  sia,
in via generale, dall'art. 97 Cost., sia da  specifiche  disposizioni
legislative  statali  che,  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,
costituiscono  principi  fondamentali  in  materia  di  tutela  della
salute. 
    Al riguardo, e' opportuno sottolineare che questa  Corte,  ancora
di recente (sentenza. n. 293 del 2009), ha escluso la legittimita' di
arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle procedure  selettive,
chiarendo che «al concorso pubblico deve riconoscersi  un  ambito  di
applicazione ampio, tale da non  includere  soltanto  le  ipotesi  di
assunzione  di  soggetti  precedentemente  estranei  alle   pubbliche
amministrazioni. Il concorso e' necessario anche nei  casi  di  nuovo
inquadramento di dipendenti  gia'  in  servizio  (cio'  che  comunque
costituisce una «forma di reclutamento» - sentenza n. 1 del 1999),  e
in quelli, che piu' direttamente interessano le fattispecie in esame,
di trasformazione di rapporti non  di  ruolo,  e  non  instaurati  ab
origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenza n. 205  del
2004). Sotto quest'ultimo profilo, infine, questa Corte ha  precisato
i limiti entro i quali puo' consentirsi al  legislatore  di  disporre
procedure di stabilizzazione di personale precario  che  derogano  al
principio  del  concorso.  Secondo  l'orientamento   progressivamente
consolidatosi nella giurisprudenza costituzionale,  infatti,  «l'area
delle  eccezioni»  al  concorso  deve  essere  «delimitata  in   modo
rigoroso» (sentenza n.  363  del  2006).  Le  deroghe  sono  pertanto
legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze  di
interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006).
Non  e'  in  particolare  sufficiente,  a  tal  fine,   la   semplice
circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano  prestato
attivita' a tempo determinato presso l'amministrazione  (sentenza  n.
205 del 2006), ne' basta la «personale aspettativa  degli  aspiranti»
ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006). Occorrono
invece  particolari  ragioni  giustificatrici,   ricollegabili   alla
peculiarita' delle funzioni che il personale da reclutare e' chiamato
a svolgere, in particolare relativamente all'esigenza di  consolidare
specifiche    esperienze    professionali    maturate     all'interno
dell'amministrazione e non acquisibili all'esterno, le quali facciano
ritenere che la deroga al principio del concorso  pubblico  sia  essa
stessa    funzionale    alle    esigenze    di     buon     andamento
dell'amministrazione». 
    Anche relativamente alle ipotesi che determinano  in  pratica  un
automatico e generalizzato  slittamento  di  soggetti  specificamente
individuati verso la qualifica superiore, questa Corte ha piu'  volte
stabilito che esse si pongono in evidente contrasto «con il principio
costituzionale  del  pubblico   concorso   e   con   la   consolidata
giurisprudenza di questa Corte in materia (sentenze n. 465 e  n.  159
del 2005)». 
    La natura comparativa e  aperta  della  procedura  e',  pertanto,
elemento  essenziale  del  concorso  pubblico.  Procedure   selettive
riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilita'
di accesso dall'esterno, violano il «carattere pubblico» del concorso
(sentenza  n.  34  del  2004)  e,  conseguentemente,  i  principi  di
imparzialita' e  buon  andamento,  che  esso  assicura.  Un'eventuale
deroga  a  tale  principio  e'  ammessa,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, solo ove essa stessa sia strettamente funzionale alle
esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenze  n.  9  del
2010 e n. 293 del 2009). 
    3.2. - Gli artt. 1, comma 1, 4 e  18  della  legge  regionale  in
esame, non rispettando precisi principi fondamentali,  violano  anche
l'art. 117, comma terzo, Cost., che fissa i limiti  della  competenza
legislativa regionale in materia di tutela della salute. 
    Per quanto riguarda l'art. 1, comma 1, innanzitutto,  e'  erroneo
il rilievo difensivo della parte resistente  volto  a  ricondurre  la
disciplina in oggetto alla materia residuale di cui al  quarto  comma
dell'art.  117  Cost.,  ed  in   particolare   alla   «organizzazione
amministrativa   regionale».   L'impugnata   disposizione,   difatti,
«afferendo alla delimitazione temporale dei rapporti di  lavoro  alle
dipendenze  delle   amministrazioni   sanitarie,   strumentale   alla
prestazione del servizio,  e',  invece,  espressione  della  potesta'
legislativa regionale nella materia concorrente della  "tutela  della
salute" di cui all'art. 117, terzo comma,  della  Costituzione,  come
gia' riconosciuto da questa Corte (cosi', infatti,  sentenza  n.  422
del 2006)». In questo ambito,  secondo  un  consolidato  orientamento
della giurisprudenza costituzionale,  «il  legislatore  regionale  e'
tenuto  a  rispettare  i  principi  fondamentali  sanciti  a  livello
statale» (sentenze n. 295 del 2009 e n. 105 del 2007). 
    Il  legislatore  regionale  pugliese,  nel  caso  di  specie,  ha
disatteso -  stante  il  disposto  della  norma  censurata  -  quanto
previsto dal comma 7 dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, che, al
primo periodo, impone, in base a  quanto  prescrive  il  decreto  del
Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483,  che  l'accesso
alla dirigenza  sanitaria  avvenga  mediante  concorso  pubblico  per
titoli ed esami. 
    Appare evidente il contrasto tra quanto  stabilito  dall'art.  1,
comma 1, della legge regionale n. 45 del 2008, che  prevede,  per  la
sola Regione Puglia, un'eccezione alla regola generale, e il suddetto
principio fondamentale sancito  dal  legislatore  statale.  Contrasto
reso evidente dalla considerazione  -  come  sottolineato  anche  dal
ricorrente - che la disposizione legislativa oggetto di censura elude
il necessario filtro del concorso pubblico (senza che tale  eccezione
venga ad essere giustificata da interessi pubblici ulteriori, ne'  da
particolari situazioni di emergenza), prevedendo espressamente che la
stabilizzazione di personale «assunto a  tempo  determinato»  avvenga
«in deroga a quanto previsto dal d.P.R. n. 483/1997». 
    Ne'  ha  pregio  l'argomentazione  difensiva  della  Regione  che
afferma che la deroga al contenuto del d.P.R.  n.  483  del  1997  si
riferirebbe   esclusivamente   al    requisito    del    titolo    di
specializzazione e non alle procedure concorsuali e che il  «processo
di  stabilizzazione»  non  riguarderebbe  la   dirigenza   sanitaria.
Contraddice   la   prima   argomentazione   la   collocazione   della
disposizione legislativa regionale, dato che  essa  e'  espressamente
inserita dopo il quarto  periodo  del  comma  40  dell'art.  3  della
precedente legge regionale 31 dicembre 2007, n. 40, vale a dire  dopo
la disposizione (contenuta nel terzo periodo) in cui  si  prevede  il
«previo  superamento  di  apposita  pubblica  selezione   di   natura
concorsuale». Ne deriva che la «deroga a quanto previsto  dal  d.P.R.
10 dicembre 1997, n. 483» che tale modifica normativa  prevede,  deve
intendersi proprio  riferita  alle  procedure  concorsuali  le  quali
costituiscono, oltretutto,  lo  specifico  oggetto  di  tale  decreto
presidenziale (che appunto reca «la  disciplina  concorsuale  per  il
personale dirigenziale del  servizio  sanitario  nazionale»).  Ma  il
riferimento a  tale  ben  determinata  normativa  vale  a  dimostrare
l'erroneita' anche della seconda argomentazione difensiva, posto che,
se la stabilizzazione avesse  riguardato  l'accesso  ad  un'area  non
dirigenziale, il riferimento non avrebbe riguardato il d.P.R. n.  483
del 1997, ma il d.P.R. 27  marzo  2001,  n.  220,  quello  cioe'  che
contiene  il  «Regolamento  recante  la  disciplina  concorsuale  del
personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale».  Vi  e'
poi da tenere presente che tutta la restante parte del  citato  comma
40 dell'art. 3 della legge regionale n. 40 del 2007, al  cui  interno
e'  stata  inserita  la   disposizione   censurata,   disciplina   la
«stabilizzazione del personale del ruolo della dirigenza». 
    3.3. - Quanto appena detto relativamente  alla  fondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della
medesima legge della Regione Puglia vale anche per  la  questione  di
legittimita' dell'art. 4 della legge regionale n. 45 del 2008. 
    Infatti,  anche  tale   disposizione   regionale   -   prevedendo
l'inquadramento, a domanda, dei dirigenti medici in servizio a  tempo
indeterminato nelle direzioni sanitarie -  contravviene  alla  regola
generale desumibile dall'art. 15, comma 7,  del  d.lgs.  n.  502  del
1992, come integrato dall'art. 24 del d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483
(Regolamento recante  la  disciplina  concorsuale  per  il  personale
dirigenziale  del  Servizio   sanitario   nazionale).   La   suddetta
normativa,  cui  fa  riferimento  anche  l'art.  13   del   Contratto
collettivo nazionale di lavoro, relativo  al  quadriennio  1998-2001,
per la dirigenza medica e veterinaria 8 giugno 2000,  stabilisce  che
l'inquadramento del dirigente medico  nelle  direzioni  sanitarie  ha
come  presupposto   imprescindibile   l'espletamento   di   procedure
concorsuali e selettive, alle quali  si  puo'  accedere  solo  se  in
possesso, oltre che del titolo di laurea  in  medicina  e  chirurgia,
anche di specializzazione nella disciplina oggetto del concorso. 
    3.4.  -  Sulla  base  delle  precedenti  considerazioni,  e'   da
accogliere anche l'analoga censura mossa dal ricorrente  all'art.  18
della medesima legge regionale della Puglia,  sempre  per  violazione
del principio fondamentale dell'accesso alla dirigenza sanitaria - in
questo caso non medica - senza la previsione di pubblico concorso. 
    L'art. 18 della legge regionale in esame, difatti,  -  stabilendo
«l'inquadramento  nella  dirigenza  sanitaria  non  medica  (di   cui
all'allegato  2  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  20
dicembre 1979, n. 761,  recante  norme  sullo  "Stato  giuridico  del
personale  delle  unita'  sanitarie  locali",  e  alla  sentenza  del
Consiglio di Stato sez. V del 13 luglio 1994, n. 763)  del  personale
laureato non medico, in servizio presso le aziende  sanitarie  locali
(ASL)  della  regione  Puglia   con   la   qualifica   di   educatore
professionale e al quale e' stato riconosciuto il possesso del titolo
di laurea magistrale»  -  si  pone  in  contrasto  con  il  principio
fondamentale contenuto nel primo periodo dell'art. 6 della  legge  10
agosto 2000, n. 251, che, nello stabilire la procedura per  l'accesso
alla  dirigenza  per  i  citati  profili  professionali,  prevede  la
procedura concorsuale «alla quale si accede con requisiti analoghi  a
quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio  sanitario
regionale», cioe' «[...] mediante concorso  pubblico  per  titoli  ed
esami,  disciplinato  ai  sensi  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ivi compresa la  possibilita'  di
accesso con una specializzazione in disciplina affine». 
    Pertanto, anche la norma regionale in esame,  per  considerazioni
identiche alle precedenti sopra esposte  -  relative  agli  artt.  1,
comma  1,  e  4  della  stessa  legge  regionale  -   va   dichiarata
costituzionalmente illegittima per la violazione  degli  artt.  97  e
117, comma terzo, Cost. 
    4. - Il ricorrente deduce, altresi', in riferimento all'art. 117,
comma  terzo,  e  agli  artt.  3   e   41   Cost.,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della citata legge, a norma del  quale  e'
escluso il regime dell'autorizzazione per gli studi medici privati  o
studi  odontoiatrici  privati,  organizzati  in   forma   singola   e
associata, non  aperti  al  pubblico,  in  difformita'  al  principio
fondamentale in materia della salute previsto dagli artt. 8, comma 4,
e 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, che tale autorizzazione prevedono
al fine di verificare, preventivamente,  il  possesso  dei  requisiti
fissati con il d.P.R. 14 gennaio 1997. 
    Il primo motivo di censura e' fondato. 
    Innanzitutto, e' da disattendere il rilievo difensivo della parte
resistente  volto  a  giustificare  tale  deroga  sulla  base   della
considerazione che  la  disposizione  censurata  sarebbe  ispirata  a
finalita' di semplificazione amministrativa, tese  a  rimuovere  «non
sempre necessarie autorizzazioni allo svolgimento  di  attivita'  (in
specie professionali) private», e che la stessa sia  da  considerarsi
solo  parzialmente  innovativa   rispetto   al   previgente   sistema
legislativo regionale in tema, poiche' avrebbe esteso ad alcuni altri
casi di attivita' professionale medica quanto gia' previsto dall'art.
5 della legge regionale della Puglia 28 maggio 2004, n. 8 (Disciplina
in materia di  autorizzazione  alla  realizzazione  e  all'esercizio,
all'accreditamento  istituzionale  e   accordi   contrattuali   delle
strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private),  adottato
ai sensi del citato art. 8, comma 4. 
    Infatti, se e' condivisibile che la competenza regionale in  tema
di autorizzazione e vigilanza  delle  istituzioni  sanitarie  private
vada inquadrata nella potesta' legislativa concorrente in materia  di
tutela della  salute  (ex  art.  117,  comma  terzo,  Cost.),  resta,
comunque, -  come  gia'  sottolineato  -  precluso  alle  Regioni  di
derogare a norme statali che fissano principi fondamentali. 
    Nel  caso  di  specie,  il  denunciato  art.  3,  non  prevedendo
l'autorizzazione all'esercizio di attivita' sanitarie per  gli  studi
medici e odontoiatrici, finisce  con  il  disattendere  il  principio
fondamentale dettato dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter  del  d.lgs.  n.
502 del 1992 (norme di principio) che  stabilisce  la  necessita'  di
tale autorizzazione «per assicurare livelli essenziali di sicurezza e
di qualita' delle prestazioni, in ambiti nei quali il possesso  della
dotazione strumentale e  la  sua  corretta  gestione  e  manutenzione
assume preminente interesse per assicurare l'idoneita' e la sicurezza
delle  cure».  La  circostanza  che  queste  strutture  non   abbiano
l'accreditamento presso il servizio sanitario  nazionale  non  incide
sul tipo di prestazioni che esse vengono ad erogare. 
    La questione di legittimita' costituzionale relativa  all'art.  3
della legge regionale Puglia n. 45 del 2008, per le motivazioni sopra
esposte, e', dunque, fondata, restando assorbite le censure  relative
alla violazione degli artt. 3 e 41 Cost. 
    5. - In relazione, infine, all'art. 13 della legge  regionale  n.
45 del 2008, va rilevato che, successivamente alla  proposizione  del
ricorso, e' entrato in vigore l'art. 39  della  legge  della  Regione
Puglia 30 aprile 2009, n. 10  (Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio di previsione 2009 e bilancio  pluriennale  2009-2011  della
Regione Puglia), che ha integralmente modificato il testo della norma
impugnata. Per effetto di  tale  modifica,  si  sono  determinate  la
completa eliminazione della disposizione impugnata e  la  preclusione
di qualunque sua futura applicazione. 
    Avendo  la  disposizione  modificativa  contenuto   completamente
innovativo rispetto alla  previgente  disciplina,  non  e'  possibile
trasferire  sulla  nuova  disposizione  l'originaria   questione   di
legittimita' costituzionale.  Considerato,  inoltre,  che  la  difesa
della Regione  Puglia,  in  sede  di  discussione,  ha  richiesto  la
declaratoria di cessazione della materia  del  contendere  e  che  la
norma impugnata non risulta aver avuto applicazione,  medio  tempore,
(sentenza n. 289 del 2007), puo',  pertanto,  ritenersi  venuta  meno
ogni ragione della controversia e deve essere dichiarata al  riguardo
la cessazione della materia del contendere.