Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 ottobre 2007, n. 160, promosso dal Tribunale ordinario di Ravenna nel procedimento vertente tra la BBK s.r.l. e la Prefettura di Ravenna con ordinanza del 23 maggio 2009, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta. Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale ordinario di Ravenna ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 6 del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 ottobre 2007, n. 160. 1.1. - Il remittente premette, in punto di fatto, di dover decidere in ordine alla opposizione proposta, ai sensi dell'art. 22-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), dalla societa' BBK s.r.l. per l'annullamento del decreto, emesso il 2 settembre 2008 dal Prefetto della Provincia di Ravenna, con il quale - in base a quanto previsto dalla censurata disposizione - e' stata disposta la chiusura della discoteca gestita dalla predetta societa' per la durata di quattordici giorni dalla notifica del medesimo decreto. Lo stesso remittente evidenzia, inoltre, che la parte attrice ha sollevato «quale motivo in rito, la questione di legittimita' costituzionale della norma in esame», sostenendo che essa deve intendersi «riferita inequivocabilmente ed esclusivamente a quegli esercizi pubblici ove, congiuntamente all'attivita' di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche», si svolgano, «con qualsiasi modalita', spettacoli o altre forme di intrattenimento», essendosi in particolare previsto, «unicamente per tali esercizi pubblici, l'obbligo di interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 di notte». Il giudice a quo afferma di condividere il dubbio di costituzionalita' avanzato dalla societa' opponente, secondo la quale il censurato art. 6 del decreto-legge n. 117 del 2007 introdurrebbe una disparita' di trattamento tra i titolari di licenze di pubblico esercizio, «non imponendo alcuna limitazione oraria alla somministrazione di bevande alcoliche» a carico di quegli esercizi, come in particolare «i bar e i pub», che pur muniti della licenza di vendita e somministrazione di alcolici «non effettuano spettacoli o altre forme di intrattenimento». Detta disparita' di trattamento, secondo il Tribunale remittente, darebbe luogo alla violazione degli artt. 3 e 41 Cost., donde la decisione di sollevare questione di legittimita' costituzionale. 1.2. - Quanto, poi, alla rilevanza della stessa, il giudice a quo - sottolineato «come esista un evidente collegamento giuridico» tra la norma censurata e la questione giuridica oggetto del giudizio principale - deduce che il prospettato dubbio di costituzionalita' ha «un'incidenza attuale e non meramente eventuale», giacche' investe una disposizione dalla cui applicazione non si «puo' prescindere per addivenire ad una statuizione che definisca il giudizio in corso». Ne', d'altra parte, l'articolo in esame «appare suscettibile di interpretazioni costituzionalmente orientate, considerata l'inequivocabilita' e perentorieta' del dato testuale». 1.3. - In merito alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo rileva come il censurato art. 6 risulti, sin dalla sua rubrica, diretto «a promuovere la consapevolezza dei rischi di incidente stradale in caso di guida in stato di ebbrezza». Nondimeno, si porrebbe in contrasto proprio con tale ratio la scelta di limitare «l'obbligo di interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte, soltanto per i titolari e gestori di esercizi pubblici ove, congiuntamente all'attivita' di vendita e somministrazione di bevande, si svolgono con qualsiasi modalita' spettacoli o altre forme di intrattenimento». La norma, dunque, «introduce una disparita' di trattamento normativo» tra «esercizi pubblici», con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., giacche' essa «risulta chiaramente ed unicamente riferita» a taluni di essi, «quali le discoteche o le sale da ballo in genere, escludendo altri esercizi pubblici quali i bar, pub, ristoranti, osterie ecc.», perseguendo, per questo motivo, «in modo irragionevole» l'obiettivo di «promuovere la consapevolezza dei rischi da incidente stradale». Considerato, infatti, che «il bene, inteso quale interesse tutelato», alla cui protezione e' diretta la norma censurata, «e' la sicurezza della circolazione stradale», deve osservarsi - conclude sul punto il remittente - come «la disparita' di trattamento tra le diverse tipologie di esercizi pubblici» sia idonea «proprio a vanificare gli intenti del legislatore». La norma consente, ad esempio, «ad un avventore di un pub che si limiti unicamente a somministrare bevande», senza «lo svolgimento di spettacoli o altre forme di intrattenimento», di proseguire la consumazione di bevande alcoliche «anche dopo le ore 2 della notte», e cioe', «evidentemente fino all'orario di chiusura dell'esercizio». Infine, la circostanza che «la sede della societa' ricorrente e' posta in una localita' balneare ove risultano esservi moltissimi altri esercizi pubblici con licenze per la somministrazione di bevande alcoliche che non sono soggetti alle limitazioni imposte dalla norma in esame» evidenzierebbe un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, ovvero quello derivante dalla violazione delle norme sulla tutela della concorrenza e del mercato, introdotte dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), «in attuazione dell'art. 41 della Costituzione». Il censurato art. 6, secondo il giudice a quo, realizzerebbe «una violazione del suddetto contesto normativo», determinando una sensibile alterazione della «concorrenza tra esercizi pubblici che si collocano incontestabilmente all'interno dello stesso mercato e che si rivolgono alla stessa tipologia di clientela». 2. - Non e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale ordinario di Ravenna ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 6 del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 ottobre 2007, n. 160. 1.1. - Secondo il giudice a quo, il censurato articolo - nel prevedere, al comma 2, che «l'obbligo di interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte» operi soltanto «per i titolari e gestori di esercizi pubblici ove, congiuntamente all'attivita' di vendita e somministrazione di bevande, si svolgono con qualsiasi modalita' spettacoli o altre forme di intrattenimento» - darebbe luogo ad «una disparita' di trattamento normativo» tra «esercizi pubblici». La disposizione censurata, pertanto, violerebbe l'art. 3 Cost., essendo «chiaramente ed unicamente riferita» a taluni esercizi, «quali le discoteche o le sale da ballo in genere, escludendo altri esercizi pubblici quali i bar, pub, ristoranti, osterie ecc.», con il risultato di perseguire «in modo irragionevole» l'obiettivo - costituente la sua ratio - di «promuovere la consapevolezza dei rischi da incidente stradale», determinando una situazione di «disparita' di trattamento normativo» tra «esercizi pubblici». Essa, inoltre, violerebbe l'art. 41 Cost., giacche' - in contrasto con le norme sulla tutela della concorrenza e del mercato, introdotte dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) proprio «in attuazione» di detto articolo della Costituzione - realizzerebbe una sensibile alterazione della «concorrenza tra esercizi pubblici che si collocano incontestabilmente all'interno dello stesso mercato e che si rivolgono alla stessa tipologia di clientela». 2. - La questione non e' fondata. 3. - Preliminarmente, e' utile partire dal contenuto specifico sia della norma censurata, sia del testo legislativo nel quale essa si inserisce. Il citato decreto-legge n. 117 del 2007 costituisce uno dei molteplici interventi che, nell'ultimo decennio, hanno interessato il codice della strada, perseguendo l'obiettivo - come rivela il suo stesso titolo - di «incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione», attraverso misure di vario genere. In tale contesto trova collocazione il censurato art. 6, il quale - allo scopo, dichiarato sin dalla rubrica, di «promuovere la consapevolezza dei rischi di incidente stradale in caso di guida in stato di ebbrezza» - stabilisce (comma 2) una serie di prescrizioni a carico dei titolari e dei gestori di locali ove si svolgono, con qualsiasi modalita' e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all'attivita' di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche. Gli interessati, infatti, sono tenuti non soltanto ad «interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte» (si tratta dell'enunciato normativo sul quale si appunta la censura del remittente), ma anche ad «assicurarsi che all'uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei clienti, una rilevazione del tasso alcolemico», nonche' ad «esporre all'entrata, all'interno e all'uscita dei locali apposite tabelle che riproducano: a) la descrizione dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica nell'aria alveolare espirata; b) le quantita', espresse in centimetri cubici, delle bevande alcoliche piu' comuni che determinano il superamento del tasso alcolemico per la guida in stato di ebbrezza, pari a 0,5 grammi per litro, da determinare anche sulla base del peso corporeo». L'inosservanza di ognuna di tali prescrizioni comporta «la sanzione di chiusura del locale da sette fino a trenta giorni, secondo la valutazione dell'autorita' competente» (comma 3). Nell'insieme, dunque, si tratta di una normativa - come emerge anche dai lavori parlamentari relativi alla legge 2 ottobre 2007, n. 160, che ha convertito in legge il predetto decreto-legge n. 117 del 2007 - la cui ratio e', chiaramente, quella di contrastare il fenomeno delle cosiddette "stragi del sabato sera". Difatti, le misure che sono state previste mirano a favorire una presa di coscienza dei pericoli, per l'incolumita' degli utenti della strada, derivanti dall'abuso di bevande alcoliche, e dunque alla fissazione di limiti alla loro somministrazione negli esercizi commerciali che costituiscono luogo di abituale ritrovo sopratutto di quei soggetti - i piu' giovani - rispetto ai quali e' maggiormente avvertita la necessita' di una responsabilizzazione in ordine alle conseguenze del consumo di alcolici. 4. - Alla luce di tali rilievi deve escludersi la fondatezza della duplice censura sollevata dal remittente. 4.1. - Quanto, infatti, all'ipotizzata violazione dell'art. 3 Cost., se si muove dalla constatazione che «l'individuazione delle condotte punibili e la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni rientrano nella discrezionalita' del legislatore», potendo tale discrezionalita' «essere oggetto di censura, in sede di scrutinio di costituzionalita', soltanto nei casi di "uso distorto o arbitrario", cosi' da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza» (testualmente, tra le molte pronunce relative proprio al settore della circolazione stradale, l'ordinanza n. 23 del 2009), deve escludersi che tale evenienza ricorra nel caso di specie. La scelta compiuta dal legislatore con la normativa in esame risponde all'obiettivo, non irragionevole, di limitare la somministrazione di bevande alcoliche in quelle situazioni nelle quali gli effetti conseguenti al loro consumo possono risultare ampliati dall'ascolto di musica, protratto per ore e talora fino al mattino. Ne', d'altra parte, nel caso di specie ricorre - in ragione della eterogeneita' delle situazioni poste a confronto dal remittente - una «identita' di condizioni soggettive ed oggettive» tra le «categorie di commercianti considerate che valga a giustificare la parita' del loro trattamento normativo» (cosi' la sentenza n. 76 del 1972, relativa a scelte del legislatore nella fissazione degli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali). Sotto altro profilo, si deve osservare che l'iniziativa assunta dal giudice remittente presenta profili di contraddittorieta', giacche', pur essendo basata su argomenti che - nel sollecitare l'ampliamento del novero dei destinatari della norma censurata - sembrerebbero diretti ad ottenere un intervento di tipo additivo da parte di questa Corte, si risolvono nella richiesta - peraltro necessitata, giacche' la sola coerente con l'oggetto del giudizio principale - di caducazione integrale della disposizione de qua. 4.2. - Del pari, non ricorre neppure la violazione dell'art. 41 Cost. Questa Corte ha costantemente negato che sia «configurabile una lesione della liberta' d'iniziativa economica allorche' l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilita' sociale», purche', per un verso, l'individuazione di quest'ultima «non appaia arbitraria e che, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue» (da ultimo, sentenza n. 167 del 2009). Escluso, infatti, per le ragioni gia' dette, che il censurato art. 6 realizzi un intervento arbitrario o palesemente incongruo del legislatore, deve ritenersi che esso risponda a ragioni di utilita' sociale. La norma in esame, come le altre contenute nel decreto-legge n. 117 del 2007, persegue - seppure in via mediata - la finalita' generale che e' tipica delle disposizioni concernenti la sicurezza stradale; cioe' quella, «connessa alla strutturale pericolosita' dei veicoli a motore, di assicurare l'incolumita' personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni)» (cosi', testualmente, la sentenza n. 428 del 2004, nonche', piu' di recente, le sentenze n. 9 del 2009 e n. 165 del 2008). Puo', dunque, ribadirsi - anche in relazione alla disposizione censurata - quanto gia' affermato da questa Corte, e cioe' che, rispondendo la disposizione stessa a esigenze di sicurezza delle strade (e quindi alla sicurezza degli utenti: art. 41, secondo comma, della Costituzione), rilevante, nella specie, e' la necessita' di «protezione di valori primari attinenti alla persona», il cui rispetto «e' il limite insuperabile di ogni attivita' economica» (ordinanza n. 548 del 1990).