Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  74,  comma
3, della legge della Regione Lombardia 14 luglio 2009, n.  11  (Testo
unico delle leggi regionali in materia di  trasporti),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  21
settembre 2009, depositato in cancelleria il successivo 22  settembre
ed iscritto al n. 61 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  aprile  2010  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli  avvocati  Nicolo'  Zanon  e  Andrea
Manzi per la Regione Lombardia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con il ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 74, comma 3, della legge  della  Regione
Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in
materia di trasporti),  per  violazione  dell'articolo  117,  secondo
comma, lettere e) ed l), della Costituzione. 
    1.1. - In via preliminare, il ricorrente  illustra  il  contenuto
dell'impugnata disposizione. 
    In  base  ad  essa,  la  Regione   Lombardia   provvede,   quanto
all'organizzazione   dei    servizi    ferroviari,    all'affidamento
progressivo degli stessi attraverso la procedura  ristretta  prevista
dall'art. 3, comma 38, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE),  «utilizzando
il criterio  dell'offerta  economicamente  piu'  vantaggiosa  di  cui
all'art. 83 dello stesso decreto legislativo». 
    La norma impugnata, tuttavia, contrasterebbe con l'art. 81, comma
2,  del  medesimo  Codice  degli  appalti,  il  quale  stabilisce   -
sottolinea il  ricorrente  -  che  «la  stazione  appaltante  sceglie
l'operatore economico che ha offerto le condizioni piu'  vantaggiose,
secondo  il  criterio  del   prezzo   piu'   basso   o   dell'offerta
economicamente piu' vantaggiosa». Detto articolo,  a  propria  volta,
avrebbe recepito quanto  affermato  dalla  sentenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea del 7 ottobre  2004  resa  nella  causa
C-247/02, secondo cui «la fissazione da  parte  del  legislatore,  in
termini generali ed astratti, di un unico criterio di  aggiudicazione
degli  appalti  di   lavori   pubblici   priva   le   amministrazioni
aggiudicatrici della possibilita' di prendere  in  considerazione  la
natura e le caratteristiche peculiari di tali  appalti,  isolatamente
considerati, scegliendo per ognuno di essi il criterio piu' idoneo  a
garantire la libera concorrenza e ad assicurare  la  selezione  della
migliore offerta». 
    Infine, la disposizione regionale  impugnata  contrasterebbe  con
l'art. 54, comma 1, del medesimo Codice, secondo cui  -  prosegue  il
ricorrente - «per  l'individuazione  degli  operatori  economici  che
possono  presentare  offerte  per  l'affidamento  di   un   contratto
pubblico, le stazioni  appaltanti  utilizzano  le  procedure  aperte,
ristrette,  negoziate,  ovvero  il  dialogo  competitivo,  lasciando,
quindi, nuovamente un ampio margine di autonomia alle amministrazioni
aggiudicatrici, rispetto, in tal caso, alla scelta della procedura di
aggiudicazione». 
    1.2. - Tanto premesso, secondo il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nella  disciplina  degli  appalti  -  come  chiarito  dalla
giurisprudenza costituzionale  (e'  richiamata,  in  particolare,  la
sentenza n. 411 del 2008) - «si profila un'interferenza  tra  materie
di competenza statale e materie di competenza regionale»,  destinata,
pero', a risolversi «normalmente con la prevalenza  della  disciplina
statale su ogni altra fonte normativa» (e' citata, a riguardo,  anche
la sentenza n. 401 del 2007). 
    In particolare, secondo il ricorrente, sarebbe stato chiarito che
«la  disciplina  delle  procedure  di  gara»  e,  segnatamente,   «la
regolamentazione  della  qualificazione   e   della   selezione   dei
concorrenti,  delle  procedure  di  affidamento  e  dei  criteri   di
aggiudicazione» sono dirette «a garantire che le stesse  si  svolgano
nel rispetto delle regole concorrenziali e  dei  principi  comunitari
della libera circolazione delle merci, della libera  prestazione  dei
servizi,  delle  liberta'  di  stabilimento,  nonche'  dei   principi
costituzionali  di  trasparenza  e  della  parita'  di   trattamento»
(sentenze n. 431 e n. 401 del 2007). 
    Vengono, pertanto, in  rilievo  quelle  esigenze,  connesse  alla
necessita' di «consentire la piena apertura del mercato  nel  settore
degli  appalti»,  che  risultano  «riconducibili  alla  tutela  della
concorrenza, di  esclusiva  competenza  statale».  Parimenti,  ad  un
ambito di esclusiva competenza dello  Stato  deve  essere  ricondotta
anche   «la   fase   negoziale   dei   contratti    della    pubblica
amministrazione, che ricomprende l'intera  disciplina  di  esecuzione
del rapporto contrattuale», connotandosi «per la normale mancanza  di
poteri  autoritativi  in  capo  al  soggetto   pubblico,   sostituiti
dall'esercizio di autonomie negoziali»,  sicche'  essa  «deve  essere
ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento civile»  (sentenze  n.
411 del 2008 e n. 401 del 2007). 
    Sulla base, dunque, di tali premesse il  ricorrente  ha  concluso
che l'impugnato art. 74, comma 3, della legge  regionale  n.  11  del
2009, «introducendo il criterio esclusivo dell'offerta economicamente
piu' vantaggiosa nell'affidamento dei servizi  ferroviari,  viola  il
principio, di matrice anche  comunitaria,  della  libera  scelta  del
criterio   di   aggiudicazione    da    parte    dell'amministrazione
aggiudicatrice e, conseguentemente, invade  la  competenza  esclusiva
statale in materia di tutela della concorrenza». 
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Lombardia  chiedendo
che la questione venga dichiarata inammissibile o, in subordine,  non
fondata. 
    2.1. - La Regione eccepisce, innanzitutto, l'inammissibilita' del
ricorso sotto un duplice profilo. 
    2.1.1. - Viene  dedotta,  in  primo  luogo,  la  «violazione  dei
termini di cui all'art. 127 Cost.». 
    Si rileva, infatti, che la proposta impugnazione «ha  ad  oggetto
una norma fedelmente riproduttiva  di  una  disposizione  entrata  in
vigore nel gennaio del 2002», ovvero  il  comma  2-bis  dell'art.  22
della legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma  del  trasporto
pubblico locale in Lombardia), comma ivi inserito dall'art. 3,  comma
1, della  legge  regionale  2  febbraio  2001,  n.  3  (Modifiche  ed
integrazioni a  disposizioni  legislative  regionali  in  materia  di
assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio  e  ambiente  e
infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all'attuazione del
documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi
dell'art. 9-ter della legge regionale n. 34 del 1978). 
    La presente questione si indirizzerebbe, dunque, nei confronti di
una previsione legislativa contenuta in  un  testo  unico  di  natura
meramente compilativa, nel quale sono riprodotte disposizioni gia' da
tempo  vigenti  per  la  Regione  Lombardia,  sicche'  una  eventuale
declaratoria di ammissibilita' di ricorsi - come quello  in  esame  -
che investono testi unici esclusivamente compilativi  «finirebbe  per
consentire una sostanziale elusione del disposto dell'art. 127 Cost.,
secondo cui le leggi regionali vanno impugnate entro 60 giorni  dalla
loro pubblicazione». Per queste ragioni la Regione Lombardia insiste,
in via preliminare,  per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  del
ricorso. 
    2.1.2. - Il medesimo esito, in secondo  luogo,  si  imporrebbe  -
prosegue  la  difesa  regionale  -  anche  a  causa  della   «erronea
indicazione dei termini della questione di costituzionalita'». 
    Il ricorrente, difatti, assume  che  la  norma  sarebbe  invasiva
della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  tutela  della
concorrenza. In  particolare,  essa  violerebbe  il  principio  della
libera   scelta   del   criterio   di   aggiudicazione    da    parte
dell'amministrazione aggiudicatrice, sancito dall'art. 81,  comma  2,
del Codice  degli  appalti,  nonche'  il  principio  secondo  cui  le
stazioni appaltanti sono libere di scegliere se fare ricorso  ad  una
procedura aperta o ad una ristretta, ex art. 54 dello stesso Codice. 
    Tale presupposto - secondo la Regione - sarebbe, pero',  erroneo,
giacche', in base  a  quanto  previsto  dall'art.  3,  comma  5,  del
medesimo  Codice,  «il  servizio  del   trasporto   (incluso   quello
ferroviario) disciplinato dalla legge regionale rientra  in  uno  dei
cosiddetti "settori speciali" dei contratti pubblici», per  i  quali,
ai sensi dell'art. 206, comma 2, del  Codice  non  si  applicano  ne'
l'art. 54 ne' il comma 2 dell'art. 81, ovvero le  due  norme  statali
delle quali il ricorso lamenta la violazione. 
    L'errore effettuato dal ricorrente  renderebbe  inammissibile  il
ricorso,  giacche'  -  conclude  sul  punto  la  difesa  regionale  -
costringerebbe, di  fatto,  la  parte  resistente,  ovvero  la  Corte
costituzionale, «a  sostituirsi  al  ricorrente  nell'individuare  le
eventuali norme statali» con le quali la legge regionale si pone,  in
ipotesi, in contrasto. 
    2.2.  -  Nel  merito,  la  Regione  Lombardia   assume   che   la
disposizione  impugnata   sarebbe   immune   dai   vizi   denunciati,
presentandosi pienamente conforme alla normativa statale. 
    Essa nega, infatti, che la disciplina in esame possa considerarsi
lesiva dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  giacche'
essa, nell'ottica di favorire la concorrenza, «si colloca  nel  solco
di quanto gia'  disposto  dal  legislatore  statale  in  merito  alla
procedura di scelta del contraente per i settori speciali». 
    Ribadisce, infatti, che, ai sensi dell'art. 206 del d.lgs. n. 163
del 2006, e' stabilito «che per  i  contratti  pubblici  nei  settori
speciali, quale e' il trasporto ferroviario, non  trovi  applicazione
l'art. 81, comma 2, dello stesso Codice, che prevede la  possibilita'
per le stazioni appaltanti di scegliere tra il  criterio  del  prezzo
piu' basso e quello dell'offerta  economicamente  piu'  vantaggiosa».
Opererebbe, viceversa, il comma 1 del medesimo art. 81,  secondo  cui
«la migliore offerta e' selezionata con il criterio del  prezzo  piu'
basso  o   con   il   criterio   dell'offerta   economicamente   piu'
vantaggiosa». 
    Ne consegue, secondo la Regione Lombardia, che  in  base  a  tale
sistema  residua  -  per  i  settori  speciali  -  «uno   spazio   di
discrezionalita'  che  ben  puo'  essere  occupato  dal   legislatore
regionale». 
    Infine, si sottolinea che l'impugnato art.  74,  comma  3,  della
legge regionale n.  11  del  2009  sarebbe  conforme  alla  normativa
comunitaria, ed in particolare alla citata sentenza  della  Corte  di
giustizia  dell'Unione  europea  del  7  ottobre  2004,   intervenuta
all'esito della causa C-247/02. 
    La ratio della pronuncia in esame sarebbe, difatti, solo quella -
secondo la resistente - «di consentire, con tutti gli strumenti a tal
fine  necessari,  all'amministrazione  aggiudicatrice  di   scegliere
l'offerta migliore», impedendo l'automatica applicazione del criterio
del  prezzo  piu'  basso,  ma  non  anche  di   quello   dell'offerta
economicamente piu' vantaggiosa. 
    3. -  Con  memoria  depositata  il  24  marzo  2010,  la  Regione
Lombardia ha insistito per la declaratoria di inammissibilita' o,  in
alternativa, per il rigetto della questione. 
    4. - Con memoria del 6 aprile 2010, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha chiesto rigettarsi  l'eccezione  di  inammissibilita'
della questione, per intempestivita'  del  ricorso,  sollevata  dalla
difesa regionale. 
    Rileva, difatti, l'Avvocatura generale dello Stato che - anche  a
voler ritenere «meramente formali le differenze tra  la  disposizione
qui  impugnata  e  la  previgente  norma  regionale,  che  si  assume
meramente riprodotta nel Testo unico» - l'oggetto del ricorso statale
«e' il contrasto tra la disposizione regionale ed una  norma  statale
contenuta nel Codice dei contratti  pubblici  del  2006,  l'art.  81,
comma  2».  Quest'ultima,  in  particolare,  «innovando  rispetto  al
passato»,  ha  «stabilito  che  non  esistono  preclusioni  normative
rispetto all'adozione di uno dei criteri di selezione delle  offerte,
la  cui  scelta   e'   demandata   alla   discrezionale   valutazione
dell'Amministrazione». 
    Ne consegue, pertanto, che se la norma  regionale  del  2002  era
conforme  alla  disciplina  statale  allora  vigente  -  prosegue  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   -   «non   e'   possibile
ipotizzare», come assume la difesa regionale,  «che  la  sua  mancata
impugnazione costituisca manifestazione di acquiescenza da parte  del
Governo». Il contrasto, per contro,  con  la  disciplina  del  Codice
degli appalti, «che si assume  essere  espressione  della  competenza
legislativa esclusiva in materia di concorrenza», ha determinato «una
situazione di illegittimita' costituzionale  sopravvenuta,  derivante
dall'omesso adeguamento della disciplina regionale a quella statale»,
quest'ultima,    a    sua     volta,     costituente     applicazione
dell'interpretazione delle norme comunitarie effettuata  dalla  Corte
di giustizia dell'Unione europea. 
    5. - Con nuova memoria depositata il 6 aprile  2010,  la  Regione
Lombardia ha ribadito le proprie difese. 
    In particolare,  sottolinea  come  l'infondatezza  della  censura
statale risulti confermata «anche alla luce di quanto prevede  l'art.
18, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 422  del  1997».  Tale  norma,
infatti, stabilisce che le gare per la scelta dei gestori dei servizi
pubblici regionali e locali di trasporto  devono  essere  aggiudicate
«sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del
servizio, nonche' dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti  e
degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente  minimo
di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento  delle  singole
linee esercite». Sarebbe, in tal modo,  ribadito  che,  «al  fine  di
poter   verificare   l'esistenza   dei   requisiti   richiesti    per
l'aggiudicazione dei servizi di trasporto  ferroviario  e  verificare
quali siano le migliori condizioni di prestazione  del  servizio,  si
rende necessario il ricorso al criterio  dell'offerta  economicamente
piu' vantaggiosa». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 74, comma 3, della legge  della  Regione
Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in
materia di  trasporti),  in  riferimento  all'articolo  117,  secondo
comma, lettere e) ed l), della Costituzione. 
    1.1. - Secondo il ricorrente, la norma  impugnata,  «introducendo
il criterio esclusivo dell'offerta  economicamente  piu'  vantaggiosa
nell'affidamento dei servizi ferroviari», sarebbe in contrasto con il
«principio, di matrice anche comunitaria,  della  libera  scelta  del
criterio   di   aggiudicazione    da    parte    dell'amministrazione
aggiudicatrice»  e,  conseguentemente,  invaderebbe  «la   competenza
esclusiva statale in materia  di  tutela  della  concorrenza».  Detta
norma, infatti, violerebbe, per un verso, l'art.  81,  comma  2,  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il quale, nello stabilire che «la
stazione appaltante sceglie l'operatore economico che ha  offerto  le
condizioni piu' vantaggiose, secondo  il  criterio  del  prezzo  piu'
basso o dell'offerta economicamente piu'  vantaggiosa»,  si  porrebbe
come  «puntuale  applicazione»  del  criterio  di  delega   contenuto
nell'art.  25,  comma  1,  della  legge  18  aprile   2005,   n.   62
(Disposizioni    per    l'adempimento    di    obblighi     derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee.   Legge
comunitaria 2004), in base  al  quale  il  legislatore  delegato  era
tenuto ad adeguare la normativa  vigente  in  materia  alla  sentenza
della Corte di giustizia dell'Unione europea del 7 ottobre 2004  resa
nella causa C-247/02. Per  altro  verso,  la  disposizione  censurata
violerebbe l'art. 54, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 163  del  2006,
secondo cui - ad avviso del ricorrente -«per  l'individuazione  degli
operatori economici che possono presentare offerte per  l'affidamento
di un  contratto  pubblico,  le  stazioni  appaltanti  utilizzano  le
procedure   aperte,   ristrette,   negoziate,   ovvero   il   dialogo
competitivo,  lasciando,  quindi,  nuovamente  un  ampio  margine  di
autonomia alle amministrazioni aggiudicatrici, rispetto, in tal caso,
alla scelta della procedura di aggiudicazione». 
    2. - La resistente Regione Lombardia -  oltre  a  contestare  nel
merito  la  fondatezza  della  presente  questione  -  ha   eccepito,
preliminarmente, l'inammissibilita' dell'impugnativa statale sotto un
duplice profilo. 
    Ha dedotto, innanzitutto, la  violazione  del  termine  stabilito
dall'art. 127 Cost.,  giacche'  il  ricorso  investirebbe  una  norma
contenuta  in  un  testo  unico  compilativo,  e  dunque  «fedelmente
riproduttiva di una disposizione entrata in vigore  nel  gennaio  del
2002», ed  esattamente  il  comma  2-bis  dell'art.  22  della  legge
regionale 29 ottobre 1998, n.  22  (Riforma  del  trasporto  pubblico
locale in Lombardia), comma ivi inserito dall'art. 3, comma 1,  della
legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche  ed  integrazioni  a
disposizioni   legislative   regionali   in   materia   di    assetto
istituzionale,  sviluppo   economico,   territorio   e   ambiente   e
infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all'attuazione del
documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi
dell'art. 9-ter della legge regionale n. 34 del 1978). 
    In  secondo  luogo,  l'inammissibilita'  della  questione   viene
argomentata sul presupposto che ricorra un'«erronea  indicazione  dei
termini della questione di costituzionalita'», giacche',  in  base  a
quanto previsto dall'art. 3, comma 5, del citato d.lgs.  n.  163  del
2006,  «il  servizio  del  trasporto  (incluso  quello   ferroviario)
disciplinato dalla legge regionale  rientra  in  uno  dei  cosiddetti
"settori speciali" dei contratti pubblici», per  i  quali,  ai  sensi
dell'art. 206, comma 2, del medesimo Codice,  non  si  applicano  ne'
l'art. 54 ne' il comma 2 dell'art. 81, ovvero le  due  norme  statali
delle quali il ricorrente lamenta la violazione. 
    Nel merito, la difesa regionale esclude che l'impugnato art.  74,
comma 3, della legge regionale n. 11  del  2009  possa  ritenersi  in
contrasto con l'obiettivo,  sancito  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., della tutela della concorrenza. 
    3.  -  In  limine,  e'   necessario   vagliare   l'ammissibilita'
dell'impugnazione. 
    3.1. - Ritiene, in particolare, questa Corte -  cui  spetta,  nel
valutare il complesso delle eccezioni e delle  questioni  costituenti
il thema decidendum devoluto al  suo  esame,  «stabilire,  anche  per
economia di giudizio, l'ordine con cui affrontarle nella  sentenza  e
dichiarare assorbite le altre» (da ultimo, sentenza n. 262 del  2009)
- che l'eccezione di inammissibilita' per  «erronea  indicazione  dei
termini della questione di costituzionalita'» meriti accoglimento. 
    3.2. - In base a quanto previsto dall'art. 3, comma 5,  del  gia'
citato d.lgs. n. 163 del 2006, rientra tra i «settori  speciali»  dei
contratti  pubblici,  tra  gli  altri,  anche  quello  dei  trasporti
(compresi quelli ferroviari). Ne consegue  che,  ai  sensi  dell'art.
206, comma 2, dello stesso decreto  legislativo,  non  si  applicano,
alla fattispecie disciplinata dalla norma impugnata,  ne'  l'art.  54
ne' il comma 2 dell'art. 81, del medesimo Codice, vale a dire proprio
le due norme statali delle quali il ricorrente  lamenta,  invece,  la
violazione. 
    Il  riferimento  esclusivamente  a   disposizioni   statali   non
conferenti rispetto al caso in esame,  compiuto  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri nel suo ricorso, non  consentendo  neppure  di
stabilire «se le norme impugnate vengano censurate per il solo  fatto
di invadere la competenza esclusiva dello Stato  in  tema  di  tutela
della concorrenza o di ordinamento civile» (competenze, entrambe,  la
cui violazione e'  contestata  con  il  ricorso),  si  risolve  nella
proposizione di un'impugnazione le cui censure  risultano  «formulate
in modo generico ed indeterminato» (sentenza n. 45 del 2010). 
    Deve, dunque,  dichiararsi  l'inammissibilita'  della  questione,
giacche' il ricorrente avrebbe dovuto indicare le esatte disposizioni
del predetto  Codice  «eventualmente  recanti  prescrizioni  difformi
rispetto a quelle oggetto di  impugnazione»  (cosi',  nuovamente,  la
sentenza n. 45 del 2010). 
    Resta assorbito l'esame di ogni altra questione.