Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  22,  quarto  e
quinto comma, della legge 11 novembre  1981,  n.  689  (Modifiche  al
sistema  penale),  promosso  dal  Giudice  di  pace  di  Milano   nel
procedimento vertente tra F.M. e il Comune di Segrate  con  ordinanza
del 28 ottobre 2008, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 2010 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Giudice di pace  di  Milano,  sezione  II,  ha  sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale,  con  ordinanza  del  28
ottobre 2008 (reg. ord. n. 170 del 2010), in relazione agli artt.  3,
24 e 113 della Costituzione, dell'art. 22,  quarto  e  quinto  comma,
della legge 11 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
nella parte in cui pone a carico del ricorrente l'onere  di  eleggere
domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice adito e stabilisce che,
in difetto, le comunicazioni al medesimo avvengano mediante  semplice
deposito presso la cancelleria. 
    2. - L'art. 22, quarto  comma,  della  legge  n.  689  del  1981,
prevede che, nel caso di opposizione a sanzioni  amministrative,  «il
ricorso  deve  contenere  altresi',  quando  l'opponente  non   abbia
indicato  un  suo  procuratore,  la  dichiarazione  di  residenza   o
l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito». Il
successivo quinto comma  dispone  che  «se  manca  l'indicazione  del
procuratore oppure la dichiarazione  di  residenza  o  l'elezione  di
domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono  eseguite  mediante
deposito in cancelleria». 
    3. - Il giudice rimettente riporta che il ricorrente nel giudizio
principale, con atto  depositato  in  data  30  ottobre  2007  presso
l'Ufficio del Giudice di pace di Milano, ha proposto  opposizione  al
verbale della Polizia Locale di Segrate n.  27888/2007-R22935  del  3
settembre 2007, notificatogli il 24  settembre  2007,  a  seguito  di
violazione dell'art. 146, comma 3, del decreto legislativo 30  aprile
1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada). L'opponente,  residente  ad
Antegnate (Bergamo), non ha eletto domicilio in Milano  e,  pertanto,
la comunicazione di fissazione dell'udienza e' stata effettuata -  ai
sensi dell'art. 22, quinto comma, della  legge  n.  689  del  1981  -
mediante deposito nella cancelleria dell'Ufficio del Giudice di  pace
di Milano, sezione IV. All'udienza del 4 aprile 2008 e'  comparso  il
ricorrente, ma non si e' presentato il Comune opposto che,  con  atto
depositato in cancelleria, ha  chiesto  un  rinvio  della  causa.  Il
giudice ha quindi fissato una nuova udienza al 4  ottobre  2008,  con
avviso al Comune non presente. L'8 luglio  2008  la  causa  e'  stata
riassegnata al Giudice di pace della sezione II, odierno  rimettente,
che ha fissato altra udienza per il 28 ottobre 2008. Il provvedimento
e'  stato  regolarmente  notificato  al  Comune,  mentre   e'   stato
comunicato al ricorrente mediante il solo  deposito  in  cancelleria.
All'udienza del 28 ottobre 2008 si e'  presentato  il  rappresentante
del Comune opposto, ma non e' comparso il ricorrente. 
    3.1. - Il giudice a quo rileva, innanzitutto, che il  cambiamento
del magistrato investito del giudizio, per di  piu'  appartenente  ad
altra sezione, ha  reso  ancor  piu'  problematica  ed  aleatoria  la
possibilita' per il ricorrente di essere tempestivamente a conoscenza
dell'avvenuto deposito ed ancor maggiore la conseguente difficolta' a
farsi parte attiva presso la cancelleria, diversa  da  quella  a  lui
nota. Il giudice  rimettente  sottolinea,  inoltre,  che  la  mancata
comparazione del ricorrente riproduce  un  comportamento  assenteista
pressoche' costante a fronte della comunicazione del provvedimento di
convocazione con semplice deposito presso la cancelleria e  legittima
la supposizione che tale assenza si  debba  ricondurre  proprio  alla
difficolta' spesso insormontabile di  pervenire  a  conoscenza  della
comunicazione della data di  udienza,  considerando  di  fatto  anche
l'imprevedibilita' dei tempi di deposito del provvedimento. 
    3.2. - In ordine alla rilevanza, il  giudice  rimettente  osserva
che il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 22,  quarto  e
quinto comma, della legge n.  689  del  1981,  e'  determinante  agli
effetti del giudizio. Quest'ultimo,  infatti,  «dipende  dai  diversi
elementi di prova di cui il giudice potrebbe disporre a  seconda  che
sia o meno  affermata  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme
considerate, per la parte  a  carico  del  ricorrente  stesso,  posto
nell'impossibilita' concreta di proporli laddove si ritenga legittima
la sua convocazione mediante la sola comunicazione  in  cancelleria».
Ad avviso del giudice rimettente, nel caso di specie, per la  mancata
notifica della sostituzione del giudice, con l'avviso di  udienza  in
data modificata, l'opponente non si e' presentato e non ha sviluppato
le proprie difese, mentre, dall'altra parte, il Comune opposto non ha
prodotto alcunche' da cui  desumere  l'illegittimita'  o  meno  della
sanzione impugnata. Secondo il giudice a quo, mancherebbero,  dunque,
i presupposti per una corretta pronuncia di merito. 
    3.3  -  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il   giudice
rimettente  premette  che,  in  base  all'interpretazione  prevalente
dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981,  la
comunicazione in cancelleria e' legittima  ogni  volta  che  non  sia
stato indicato alcun indirizzo di residenza  o  domicilio  nel  luogo
dove ha sede il giudice adito. Secondo il  giudice  a  quo,  inoltre,
sarebbe gia' stata esclusa  la  illegittimita'  costituzionale  delle
norme censurate (con l'ordinanza n. 391 del  2007),  talche'  non  vi
sarebbe alcuna violazione della Costituzione laddove sia prevista una
diversa forma di comunicazione fra la pubblica amministrazione, da un
lato, e i cittadini, dall'altro,  trattandosi  di  materia  riservata
alla libera valutazione discrezionale  del  legislatore.  Al  giudice
rimettente  sarebbe  quindi  precluso  adottare  altro  criterio   di
applicazione delle norme in questione, come quello che  riconosca  la
possibilita' di attuare  la  notifica  mediante  deposito  presso  la
cancelleria solo nell'ipotesi in cui l'opponente non  abbia  indicato
in assoluto alcun luogo di residenza o  di  domicilio  e  non  quando
abbia, invece, dichiarato la propria residenza in altro Comune. 
    Il giudice a quo, tuttavia, asserisce di proporre la questione di
legittimita' costituzionale in termini  che  non  sono  ancora  stati
sottoposti all'esame di questa Corte. Secondo il giudice  rimettente,
l'art. 22, quarto e quinto  comma,  della  legge  n.  689  del  1981,
lederebbe il principio di uguaglianza dei cittadini  di  fronte  alla
legge e nell'esercizio del loro diritto  di  tutela  giudiziaria  nei
confronti di qualsiasi atto della pubblica amministrazione (artt.  3,
24 e 113 Cost.),  in  quanto  comporterebbe  «una  sperequazione  fra
coloro che risiedono o possono eleggere domicilio - di regola  presso
un difensore o procuratore legale» nel comune dove ha sede il giudice
adito «e coloro che tale possibilita'  non  hanno».  Tale  disparita'
contrasterebbe con il principio di uguaglianza perche'  introdurrebbe
«un elemento discriminatorio e  privo  di  qualunque  giustificazione
progettuale del legislatore, proprio fra i singoli cittadini». Ne' vi
sarebbe altra spiegazione razionale, ad avviso  del  giudice  a  quo,
data la possibilita' per gli uffici di porre in essere altre forme di
comunicazione alternative, quali l'uso di  telefono,  fax,  internet,
attualmente previsti e utilizzati nelle cause  civili.  Peraltro,  il
giudice rimettente  rileva  che  una  simile  soluzione  non  sarebbe
consentita nel caso  delle  opposizioni  a  sanzioni  amministrative,
trattandosi di materia regolata con norme a carattere eccezionale  e,
percio', non interpretabili  in  via  analogica  o  con  applicazione
estensiva delle  norme  generali.  La  normativa  censurata,  dunque,
secondo il giudice a quo, sarebbe irragionevole, perche' non contiene
alcuna spiegazione a  giustificazione  del  diverso  trattamento  dei
cittadini, ma e' basata soltanto sul fatto della  residenza  o  della
possibilita' di eleggere o meno domicilio dove  ha  sede  il  giudice
adito. Ne' sarebbe invocabile la discrezionalita' del legislatore, in
quanto si risolverebbe in puro arbitrio, inammissibile per i principi
della Costituzione, «che prevede l'impegno dello  Stato  a  rimuovere
gli ostacoli  che  si  frappongono  all'uguaglianza  dei  cittadini».
L'art. 22, quarto e quinto  comma,  della  legge  n.  689  del  1981,
dunque, imponendo  modalita'  di  ricorso  al  giudice  ordinario  in
condizioni differenziate per le diverse categorie di  cittadini,  con
riferimento a situazioni di fatto che «ostacolano ad alcuni e non  ad
altri  l'esercizio  del  loro  diritto  di  tutela  giurisdizionale»,
violerebbe gli artt. 3, 24 e 113 Cost. 
    4. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata infondata. 
    La difesa dello Stato rileva  che  questa  Corte  e'  gia'  stata
investita in passato delle questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 22 della legge n. 689  del  1981,  in  termini  analoghi  a
quelli contenuti nell'ordinanza di rimessione del presente  giudizio,
optando per l'inammissibilita' di tale questione. In particolare, con
riferimento  all'art.  3  Cost.,  la  Corte  ha  affermato  che   «le
differenze riscontrabili fra la disciplina delle  notificazioni  alla
parte che non nomina un procuratore ed a quella costituita a mezzo di
procuratore  legale  rispecchiano  le  differenze  esistenti  fra  la
situazione del soggetto che sceglie di difendersi  personalmente,  ed
e' percio' interessato a seguire gli  sviluppi  di  un'unica  vicenda
processuale e la situazione  del  soggetto  che,  avendo  optato  per
l'assistenza di un legale, ha diritto di attendersi che  quest'ultimo
sia in grado di svolgere efficacemente l'attivita'  professionale  in
sua difesa» (ordinanza n. 42 del 1988). Con riguardo  al  diritto  di
difesa,  inoltre,  questa  Corte  ha  precisato  che  «il  regime  di
notificazione  previsto  dalla  norma   impugnata   non   rende   ne'
impossibile, ne' eccessivamente gravoso l'esercizio  del  diritto  di
difesa, ma si inserisce razionalmente nell'ambito  di  una  normativa
diretta a snellire  e  a  semplificare  le  procedure  relative  alle
infrazioni di lieve entita' "depenalizzate"»  (ordinanza  n.  42  del
1988). 
    L'Avvocatura generale dello Stato osserva,  infine,  che,  questa
Corte avrebbe rilevato che una analoga disciplina per la notifica dei
provvedimenti e' prevista  in  disposizioni  di  contenuto  similare,
anche per altri procedimenti, tanto  da  poter  affermarsi  che  tale
assetto rappresenta un dato dell'ordinamento variabile in relazione a
diversi modelli  procedimentali  su  cui  non  e'  possibile  operare
muovendo da una singola norma e  valutando,  all'interno  del  quadro
sistematico  complessivo,  una  singola  ratio,  dovendo,   pertanto,
riconoscersi che si tratta di materia riservata alla discrezionalita'
del legislatore (sentenza n. 431 del 1992). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ordinanza del 28 ottobre 2008, il  Giudice  di  pace  di
Milano,  sezione  II,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in  relazione  agli  artt.  3,  24   e   113   della
Costituzione, dell'art. 22, quarto e quinto  comma,  della  legge  11
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella  parte  in
cui pone a carico del ricorrente l'onere di  eleggere  domicilio  nel
luogo in cui ha sede il giudice adito e stabilisce che,  in  difetto,
le comunicazioni al medesimo  avvengano  mediante  semplice  deposito
presso la cancelleria. 
    1.1.  -  La  normativa  censurata  riguarda  le  modalita'  delle
notificazioni al ricorrente che abbia proposto opposizione a sanzione
amministrativa. L'art. 22, quarto comma, della legge n. 689 del 1981,
prevede che «il ricorso deve contenere altresi',  quando  l'opponente
non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di  residenza
o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito».
Il successivo quinto comma stabilisce che «se manca l'indicazione del
procuratore oppure la dichiarazione di residenza  o  la  elezione  di
domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono  eseguite  mediante
deposito in cancelleria». 
    1.2. - Secondo il giudice rimettente, l'art. 22, quarto e  quinto
comma, della legge  n.  689  del  1981,  lederebbe  il  principio  di
uguaglianza dei cittadini in ordine al loro esercizio del diritto  di
tutela giudiziaria nei confronti di  qualsiasi  atto  della  pubblica
amministrazione,  in  quanto  comporterebbe  «una  sperequazione  fra
coloro che risiedono o possono eleggere domicilio - di regola  presso
un difensore o procuratore legale» nel comune dove ha sede il giudice
adito «e coloro che tale  possibilita'  non  hanno».  Ad  avviso  del
giudice   a   quo,   pertanto,   la   normativa   censurata   sarebbe
irragionevole,   perche'   non   contiene   alcuna   spiegazione    a
giustificazione del diverso trattamento dei cittadini, ma  e'  basata
soltanto sul fatto della residenza o della possibilita' di eleggere o
meno domicilio dove ha sede il giudice adito.  L'art.  22,  quarto  e
quinto comma, della legge n. 689 del 1981,  sostiene  il  rimettente,
imponendo modalita' di ricorso al  giudice  ordinario  in  condizioni
differenziate per le diverse categorie di cittadini, con  riferimento
a  situazioni  di  fatto  che  ostacolano  l'esercizio  della  tutela
giurisdizionale, violerebbe gli artt. 3, 24 e 113 Cost. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1.  -  Il  procedimento  giurisdizionale  di  opposizione  alle
sanzioni amministrative, regolato in via generale dagli artt. 22 e 23
della legge n. 689 del 1981, si caratterizza «per una semplicita'  di
forme del tutto peculiare, all'evidenza  intesa  a  rendere  il  piu'
possibile  agevole  l'accesso  alla  tutela   giurisdizionale   nella
specifica materia» (sentenza n. 98 del 2004). Una volta introdotto il
giudizio (art. 22, terzo comma), «l'opponente - cui e' data  facolta'
di stare in giudizio personalmente (art. 23, quarto comma) -  non  e'
infatti  gravato  da  alcun  ulteriore  incombente  al   fine   della
instaurazione  del  contraddittorio,  essendo   fatto   carico   alla
cancelleria di provvedere alla notificazione alle parti  del  ricorso
stesso  e  del  decreto  del   giudice   contenente   la   fissazione
dell'udienza di comparizione (art. 23, secondo comma). All'udienza  i
mezzi di prova necessari sono disposti dal giudice anche d'ufficio  e
la citazione dei testimoni - cui pure si  provvede  d'ufficio,  cosi'
come ad ogni comunicazione e notificazione  nel  corso  del  processo
(art. 23, nono comma) - puo' essere disposta anche senza formulazione
di capitoli (art. 23, sesto comma)» (cosi' ancora la sentenza  n.  98
del 2004). 
    2.2. - In tale contesto, l'art. 22, quarto e quinto comma,  della
legge n. 689 del 1981, detta modi di notificazione differenziati. Se,
infatti, l'opponente non ha dichiarato la propria residenza,  ne'  ha
eletto domicilio nel  comune  dove  ha  sede  il  giudice  adito,  le
notificazioni  al  ricorrente  sono  eseguite  mediante  deposito  in
cancelleria. Se, invece, l'opponente ha dichiarato di risiedere o  ha
eletto domicilio nel comune sede del giudice adito, le  notificazioni
sono effettuate, a cura della cancelleria  (ai  sensi  dell'art.  23,
nono comma , della legge n. 689  del  1981),  secondo  le  norme  del
codice di procedura civile. 
    Tale  differenziazione   rappresenta,   in   contrasto   con   la
semplificata struttura processuale degli art. 22 e 23 della legge  n.
689 del 1981, un fattore di dissuasione  anche  di  natura  economica
dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale, in  considerazione
tra l'altro dei costi, del  tutto  estranei  alla  funzionalita'  del
giudizio,  che  l'intervento  personale  puo'  comportare  nei  casi,
certamente non infrequenti,  in  cui  il  foro  dell'opposizione  non
coincida con il luogo di residenza dell'opponente, come questa  Corte
ha gia'  affermato  nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 22 della legge n. 689 del  1981  nella  parte  in  cui  non
consente  l'utilizzo  del  servizio  postale  per   la   proposizione
dell'opposizione (sentenza n. 98 del 2004). La  normativa  censurata,
pertanto, produce una sperequazione  fra  coloro  che  risiedono  nel
comune dove ha sede il giudice adito e coloro che risiedono  altrove,
con conseguente limitazione del  diritto  di  difesa,  in  violazione
degli artt. 3 e 24 Cost. 
    2.3. - Questa Corte ha ritenuto legittimo  l'art.  22,  quarto  e
quinto comma, della legge n. 689 del 1981 (da  ultimo,  ordinanza  n.
391 del 2007). 
    Tuttavia, da un lato, la questione,  nel  presente  giudizio,  e'
stata prospettata in termini nuovi, in quanto non  era  stata  ancora
lamentata, dinanzi a questa Corte, la discriminazione tra  cittadini,
determinata dalle disposizioni censurate, «basata soltanto sul  fatto
della residenza o della possibilita' di  eleggere  o  meno  domicilio
dove ha sede il giudice adito». 
    Dall'altro lato,  in  considerazione  dei  mutamenti  intervenuti
recentemente  nei  sistemi  di  comunicazione,  il   legislatore   ha
modificato il  quadro  normativo  riguardante  le  notificazioni.  Il
decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia
di funzionalita' del sistema giudiziario),  convertito  in  legge  22
febbraio 2010, n. 24, ha inserito, infatti, un nuovo  articolo  -  il
149-bis  -  nella   sezione   IV   «Delle   comunicazioni   e   delle
notificazioni» del libro I  del  codice  di  procedura  civile.  Tale
articolo,  intitolato  «Notificazione  a  mezzo  posta  elettronica»,
prevede che «Se  non  e'  fatto  espresso  divieto  dalla  legge,  la
notificazione puo' eseguirsi a mezzo posta  elettronica  certificata,
anche previa estrazione di copia informatica del documento  cartaceo»
(primo comma). Successivamente, la  legge  29  luglio  2010,  n.  120
(Disposizioni in materia di sicurezza  stradale),  ha  emendato,  tra
l'altro, l'art. 204-bis del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.
285 (Nuovo codice della strada), relativo al ricorso  al  giudice  di
pace avverso  sanzioni  amministrative  e  pecuniarie  comminate  per
illeciti previsti dal codice della strada. In base al nuovo comma  3,
«il ricorso e il decreto  con  cui  il  giudice  fissa  l'udienza  di
comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente
o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti  di
cui al comma 4-bis, anche  a  mezzo  di  fax  o  per  via  telematica
all'indirizzo elettronico comunicato ai  sensi  dell'articolo  7  del
regolamento di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  13
febbraio 2001, n. 123» (si tratta del «Regolamento recante disciplina
sull'uso di strumenti informatici e telematici nel  processo  civile,
nel processo amministrativo  e  nel  processo  dinanzi  alle  sezioni
giurisdizionali della Corte dei conti»). 
    Le recenti modifiche del quadro normativo mostrano un  favor  del
legislatore per modalita'  semplificate  di  notificazione,  divenute
possibili grazie alla diffusione  delle  comunicazioni  elettroniche.
Tale orientamento si rintraccia anche  nella  disciplina  legislativa
del procedimento amministrativo, la quale prevede diverse  norme  per
la comunicazione personale agli interessati, da eseguire a  cura  del
responsabile del procedimento, anche con strumenti telematici  (artt.
3-bis, 6, 7, 8 e 10-bis della legge 7  agosto  1990,  n.  241  «Nuove
norme in materia di  procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di
accesso ai documenti amministrativi»). La modifica dell'art.  204-bis
del codice della strada, inoltre, ha avuto il chiaro intento di porre
rimedio al problema lamentato dal giudice rimettente, consistente nel
«pressoche'  costante  comportamento  assenteista»  dell'opponente  a
fronte della comunicazione  del  provvedimento  di  convocazione  con
deposito presso la cancelleria, previsto dall'art. 22 della legge  n.
689 del 1981. 
    2.4. - In conclusione, sia lo sviluppo tecnologico e la crescente
diffusione di nuove forme  di  comunicazione,  sia  l'evoluzione  del
quadro    legislativo,    hanno    reso    irragionevole    l'effetto
discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che  contempla
il deposito presso la cancelleria quale  unico  modo  per  effettuare
notificazioni all'opponente che  non  abbia  dichiarato  residenza  o
eletto domicilio nel comune sede del giudice adito ne' abbia indicato
un suo procuratore. L'art. 22, quarto e quinto comma, della legge  n.
689 del 1981, pertanto, viola gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte  in
cui non prevede, a richiesta del ricorrente,  modi  di  notificazione
ammessi a questo fine dalle norme  statali  vigenti,  alternativi  al
deposito presso la cancelleria. 
    3. - Resta assorbito ogni altro profilo di censura.