Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  1  e  4  del
decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in  materia
di spettacolo e attivita' culturali), promosso dalla Regione  Toscana
con ricorso notificato il 28 giugno 2010, depositato  in  cancelleria
il 1° luglio 2010 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione  di  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2011 il giudice relatore
Luigi Mazzella; 
    Uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la  Regione  Toscana  e
l'avvocato dello  Stato  Giuseppe  Albenzio  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 28 giugno 2010, depositato  il  1°
luglio 2010 ed iscritto al n. 84 del ruolo ricorsi dell'anno 2010, la
Regione Toscana, rappresentata e difesa dalla propria Avvocatura,  ha
promosso, in riferimento agli artt. 117, commi terzo  e  sesto,  118,
primo comma, e 120 della Costituzione, nonche' al principio di  leale
collaborazione, questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.
1 e 4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64  (Disposizioni  urgenti
in materia di spettacolo e attivita' culturali). 
    1.1. - In particolare: l'art. 1 stabilisce che, entro dodici mesi
dall'entrata in vigore del decreto-legge, il Governo, su proposta del
Ministro per i beni e le  attivita'  culturali,  adotta  uno  o  piu'
regolamenti per la revisione  dell'attuale  assetto  ordinamentale  e
organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche di  cui  al  decreto
legislativo  29  giugno   1996,   n.   367   (Disposizioni   per   la
trasformazione  degli  enti  che  operano  nel  settore  musicale  in
fondazioni di diritto privato), e successive modificazioni, e di  cui
alla legge 11 novembre 2003, n. 310 (Costituzione  della  «Fondazione
lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari»,  con  sede  in  Bari,
nonche' disposizioni in materia di  pubblici  spettacoli,  fondazioni
lirico-sinfoniche  e  attivita'  culturali),  anche  modificando   le
disposizioni  legislative  vigenti,  attenendosi   ai   criteri   ivi
prescritti. E', inoltre, previsto che sullo schema di regolamento  e'
acquisito il parere, tra gli altri, della Conferenza unificata di cui
all'art. 8 della legge - rectius  decreto  legislativo  -  28  agosto
1997, n. 281 (Definizione ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed i compiti di interesse comune delle Regioni, delle province e  dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie  locali),  parere
che dev'essere espresso entro  il  termine  di  trenta  giorni  dalla
ricezione del predetto schema, decorso il  quale  il  regolamento  e'
comunque emanato; l'art. 4 dispone che il Ministro per i  beni  e  le
attivita' culturali ridetermina, entro novanta giorni dalla  data  di
entrata in vigore del decreto-legge, i criteri per  l'erogazione  dei
contributi allo spettacolo dal vivo, nonche' le modalita' per la loro
liquidazione e anticipazione, secondo quanto  previsto  dall'art.  1,
comma 3, della legge  15  novembre  2005,  n.  239  (Disposizioni  in
materia di spettacolo), e con effetto  a  decorrere  dal  1°  gennaio
2011.  I  criteri  di  assegnazione   tengono   conto   dei   livelli
quantitativi e della importanza culturale  della  produzione  svolta,
della regolarita' gestionale degli organismi, nonche' degli indici di
affluenza del pubblico e sono riferiti ad  attivita'  gia'  svolte  e
rendicontate. E', inoltre, previsto che dall'anno 2010  il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali puo' liquidare anticipazioni  sui
contributi ancora da erogare, fino all'ottanta per cento  dell'ultimo
contributo assegnato, secondo i criteri e le modalita'  previsti  dai
decreti ministeriali vigenti in tale ambito. 
    1.2. - La ricorrente,  premesso  che  le  succitate  disposizioni
contengono norme  in  materia  di  spettacolo,  richiama,  anzitutto,
l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza  n.
285 del 2005, secondo cui la materia dello spettacolo e'  sicuramente
riconducibile  alla  «promozione  e   organizzazione   di   attivita'
culturali» di cui all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  che  riguarda
«tutte le attivita'  riconducibili  alla  elaborazione  e  diffusione
della cultura, senza che  vi  possa  essere  spazio  per  ritagliarne
singole partizioni come  lo  spettacolo»  (in  tal  senso,  anche  la
sentenza n. 255 del  2004).  Cosicche',  trattandosi  di  materia  di
competenza legislativa ripartita fra Stato e Regione,  «di  norma  la
legislazione statale dovrebbe limitarsi a definire  i  soli  principi
fondamentali  della  materia,  mentre  le   funzioni   amministrative
dovrebbero  essere  attribuite  normalmente  ai  livelli  di  governo
sub-statali in base ai principi di  sussidiarieta',  differenziazione
ed adeguatezza indicati nell'art. 118 Cost. La  disciplina  in  esame
(rectius d.lgs.  n.  28  del  2004),  invece,  appare  essenzialmente
caratterizzata, sul piano legislativo, da una normativa  completa  ed
autoapplicativa, senza distinzione fra principi e  dettagli,  e,  sul
piano amministrativo,  da  un  modello  di  gestione  accentuatamente
statalistico ed essenzialmente fondato su  poteri  ministeriali,  con
una presenza del tutto marginale di  rappresentanti  delle  autonomie
territoriali. Tutto cio' parrebbe contrastante non  solo  con  l'art.
117, terzo comma, Cost. ma anche con il  primo  comma  dell'art.  118
Cost., dal momento che, ove si fosse  voluto  intervenire  in  questa
particolare materia mediante una "chiamata in  sussidiarieta'"  delle
funzioni amministrative da parte dello Stato, cio' avrebbe richiesto,
ormai per consolidata giurisprudenza di  questa  Corte,  quanto  meno
"una disciplina che prefiguri un  iter  in  cui  assumano  il  dovuto
risalto le attivita' concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al  principio
di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003;  ma  analogamente  cfr.  anche
sentenze n. 242 del 2005, n. 255 e n. 6 del 2004)». 
    Di   conseguenza,   la   Corte   costituzionale    ha    ritenuto
indispensabile ricondurre ai moduli della concertazione necessaria  e
paritaria fra organi statali e Conferenza permanente per  i  rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano
(di seguito: Conferenza Stato-Regioni), tutti quei numerosi poteri di
tipo normativo o programmatorio, caratteristici del nuovo sistema  di
sostegno ed agevolazione delle attivita'  cinematografiche,  che  nel
decreto legislativo impugnato erano invece riservati solo  ad  organi
statali, cosi' da recuperare alle regioni (in materie  che  sarebbero
di loro competenza) quantomeno un potere di  codecisione  nelle  fasi
delle specificazioni normative o programmatorie. 
    La ricorrente  osserva  che  le  norme  impugnate  non  risultano
conformi all'orientamento espresso dalla Corte costituzionale con  la
pronuncia  sopra  menzionata  e  sarebbero,  quindi,   lesive   delle
competenze regionali. 
    1.3. - L'art. 1 del decreto-legge n.  64  del  2010  riguarda  la
disciplina in materia di riordino del  settore  lirico-sinfonico.  In
particolare, come visto, la norma prevede l'emanazione di uno o  piu'
regolamenti ministeriali per la revisione dell'assetto  ordinamentale
e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui  al  d.lgs.
n. 367 del 1996 e alla legge n. 310 del 2003.  Si  tratta  di  quegli
enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale
per i quali, in base alle su citate normative, e' stata  prevista  la
trasformazione in fondazioni di diritto privato. 
    L'art. 1 del  decreto-legge  in  esame  prevede  che  i  suddetti
regolamenti siano adottati,  solo,  previa  acquisizione  del  parere
della Conferenza unificata. 
    Inoltre, ai sensi della  disposizione  in  esame,  i  regolamenti
dovranno   seguire   i   criteri   ivi    stabiliti,    ossia:    «a)
razionalizzazione dell'organizzazione e del funzionamento sulla  base
dei  principi  di  efficienza,  corretta  gestione,  economicita'  ed
imprenditorialita',  anche  al  fine  di  favorire  l'intervento   di
soggetti pubblici e privati nelle fondazioni; b) individuazione degli
indirizzi ai quali dovranno informarsi le decisioni  attribuite  alla
autonomia  statutaria  di  ciascuna   fondazione,   con   particolare
riferimento alla  composizione  degli  organi,  alla  gestione  e  al
controllo dell'attivita',  nonche'  alla  partecipazione  di  privati
finanziatori nel rispetto dell'autonomia e delle finalita'  culturali
della fondazione; lo statuto di ciascuna  fondazione  e  le  relative
modificazioni sono approvati dal Ministro per i beni e  le  attivita'
culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
c)  previsione  di  forme  adeguate  di  vigilanza   sulla   gestione
economico-finanziaria  della  fondazione;   d)   incentivazione   del
miglioramento   dei   risultati   della   gestione   attraverso    la
rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo  statale;
e) disciplina organica del sistema di contrattazione  collettiva;  f)
eventuale  previsione  di  forme  organizzative   speciali   per   le
fondazioni lirico-sinfoniche in  relazione  alla  loro  peculiarita',
alla loro assoluta rilevanza internazionale,  alle  loro  eccezionali
capacita'  produttive,  per  rilevanti  ricavi  propri   o   per   il
significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati,
con attribuzione al Ministro per i beni e le attivita' culturali,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del potere di
approvazione dello statuto e delle relative modifiche. Lo statuto  di
ciascuna delle  predette  fondazioni  prevede,  tra  l'altro,  che  i
componenti  del  consiglio  di  amministrazione  siano,  di   regola,
nominati  in  proporzione  al  finanziamento  alla  gestione  e   che
l'erogazione del contributo statale avvenga sulla base  di  programmi
di  attivita'  triennali  in  ragione  di  una   percentuale   minima
prestabilita a valere sul Fondo unico dello spettacolo  di  cui  alla
legge 30 aprile 1985, n. 163, con verifica successiva  dei  programmi
da parte del Ministero per  i  beni  e  le  attivita'  culturali.  Il
Ministero dell'economia e delle finanze e' sentito per le materie  di
sua specifica competenza». 
    Ad avviso della Regione Toscana, la  materia  disciplinata  dalla
disposizione in esame  incide  prevalentemente  sulla  materia  dello
spettacolo, la quale - secondo la richiamata  pronuncia  della  Corte
costituzionale n. 285 del 2005 - dev'essere ricondotta  alla  materia
«promozione e organizzazione  di  attivita'  culturali»,  oggetto  di
potesta' legislativa concorrente delle regioni  ex  art.  117,  terzo
comma, Cost. Per contro, a seguito del d.lgs. n. 367  del  1996,  gli
enti lirico sinfonici non potrebbero  essere  piu'  qualificati  come
enti nazionali, avendo  assunto  la  veste  giuridica  formale  delle
fondazioni  di  diritto  privato  e  restando  cosi'  sottratti  alla
disciplina relativa all'«ordinamento e organizzazione  amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali», di competenza esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera g), Cost. 
    Neppure  potrebbe  venire  in  rilievo,  ai  fini  in  esame,  la
competenza esclusiva statale in materia  di  ordinamento  civile,  in
quanto, alla luce della giurisprudenza  amministrativa  formatasi  in
materia, le fondazioni liriche, seppur trasformate in  fondazioni  di
diritto privato, rientrerebbero a pieno titolo fra gli  organismi  di
diritto pubblico, essendo «[...] sottoposti al controllo della  Corte
dei conti, finanziati in massima parte con risorse pubbliche e quindi
assoggettate ad una normativa speciale di gran lunga piu'  penetrante
di quella stabilita in via generale dell'art. 25 del codice civile. I
fondatori necessari dei teatri, del resto, sono lo Stato, le  Regioni
ed i comuni e i presidenti degli stessi sono i sindaci  delle  citta'
ospitanti, tenuti a rimettere  anche  al  Ministero  dell'economia  e
delle  finanze  le  risultanze  del  proprio  operato»  (cfr.  T.A.R.
Liguria, sez. II, 18 febbraio 2009, n. 230; nello stesso senso T.A.R.
Sicilia, sez. II, 16 maggio 2002, n. 1281). Inoltre, in  merito  alla
natura e alla collocazione sistematica della Fondazione Teatro Lirico
di Cagliari, costituita a seguito dell'entrata in vigore  del  d.lgs.
n. 367 del 1996, il disegno del legislatore sarebbe stato  quello  di
operare una peculiare privatizzazione del  settore,  trasformando  in
fondazioni gli enti in precedenza deputati alla cura degli  interessi
propri della musica, ma  senza  privarli  di  tutte  le  preesistenti
funzioni di carattere  pubblicistico,  tenuto  conto  delle  indubbie
ricadute  di  carattere  pubblicistico  degli   specifici   interessi
affidati alle loro cure. La scelta del legislatore, insomma,  sarebbe
stata quella di «modificare i preesistenti moduli  operativi,  seppur
sostituendo ai soggetti gestori di tipo tradizionale  (enti  pubblici
in senso stretto) fondazioni di  diritto  privato  [...]  espressione
della tendenza, da tempo emersa  nella  prassi  legislativa,  ad  una
spiccata eterogeneita' dei moduli organizzativi  e  di  azione  della
pubblica amministrazione, che in dottrina e giurisprudenza ha persino
dato vita ad una nuova ed aperta nozione di "ente  pubblico",  capace
di comprendere anche  figure  soggettive  formalmente  privatistiche.
[...] infatti, la fondazione gestisce interessi pubblici o, comunque,
di pubblica rilevanza, se ad essa partecipano necessariamente  (anche
mediante rilevanti contributi di carattere finanziario) enti pubblici
(tra i quali la Regione)» (cfr. T.A.R. Cagliari, sez. II,  23  maggio
2008, n. 1051). 
    Pertanto, la disciplina dettata dalla norma impugnata  esulerebbe
dalla materia  dell'ordinamento  civile,  perche'  le  fondazioni  in
esame,  organismi  di  diritto   pubblico   con   organi   gestionali
caratterizzati dalla compresenza delle Regioni, opererebbero  in  una
materia - «promozione ed organizzazione  di  attivita'  culturali»  -
affidata  alla  potesta'  legislativa  concorrente,   da   esercitare
nell'ambito dei principi dettati dallo Stato. 
    Inoltre, la ricorrente denuncia  il  contrasto  dell'art.  1  del
decreto-legge n. 64 del 2010 con  l'affermazione  -  contenuta  nella
sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2004 - secondo cui  le
attivita'  culturali  di  cui  all'art.  117,  terzo   comma,   Cost.
riguardano tutte  le  attivita'  riconducibili  alla  elaborazione  e
diffusione della cultura, in quanto la norma impugnata non si  limita
a  dettare  principi  al  legislatore  regionale,  ma  stabilisce  la
revisione della normativa in base a  precisi  criteri  direttivi.  Il
legislatore  statale  sarebbe,   quindi,   intervenuto,   del   tutto
illegittimamente,  con  una   normativa   puntuale,   di   dettaglio,
esaustiva, senza lasciare alcuno  spazio  al  legislatore  regionale,
cio' in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Sarebbe leso, altresi', l'art. 117, sesto comma, Cost., ai  sensi
del quale il regolamento  statale  e'  ammesso  esclusivamente  nelle
materie  in  cui  lo  Stato  ha   potesta'   legislativa   esclusiva.
Diversamente, nel caso in esame, verrebbe  in  questione  la  materia
«promozione e organizzazione di attivita' culturali»,  affidata  alla
potesta' concorrente regionale. Ne  discenderebbe  l'inammissibilita'
del ricorso alla fonte regolamentare statale. 
    In ogni  caso,  la  norma  violerebbe  l'art.  118  Cost.  ed  il
principio della leale cooperazione tra Stato  e  Regione,  prevedendo
che il regolamento sia adottato solo previo parere  della  Conferenza
unificata e che questo possa essere superato ove non intervenga entro
trenta giorni dal ricevimento dello schema  di  regolamento.  Secondo
quanto evidenziato  dalla  Corte  costituzionale  nella  gia'  citata
sentenza n. 285 del 2005, l'interferenza della normativa in esame con
le competenze regionali in materia di promozione e organizzazione  di
attivita' culturali, a potesta' legislativa concorrente ex art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  avrebbe,  invece,  imposto  l'intesa  con   la
Conferenza medesima, in luogo del parere da rilasciare, oltre  tutto,
in un termine palesemente insufficiente. 
    La norma  impugnata,  in  conclusione,  sarebbe  illegittima  per
contrasto con gli artt. 117,  commi  terzo  e  sesto,  e  118  Cost.,
nonche' per violazione del principio della leale  collaborazione  tra
Stato e Regioni. 
    1.4. - L'art. 4 del decreto-legge n. 64 del 2010 prevede  che  il
Ministro per i beni e le attivita' culturali  ridetermini  i  criteri
per l'erogazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal
vivo. A tal fine, la norma richiama le procedure  previste  dall'art.
1, comma 3, della legge n. 239 del 2005,  la  quale  stabilisce,  per
quanto qui rileva, che i decreti ministeriali concernenti i criteri e
le modalita'  di  erogazione  dei  contributi  alle  attivita'  dello
spettacolo dal vivo vengano si' adottati d'intesa con  la  Conferenza
unificata, ma  che,  tuttavia,  in  caso  di  mancato  raggiungimento
dell'intesa (entro sessanta giorni dalla data della loro trasmissione
alla Conferenza  unificata  da  parte  del  Ministro),  tali  decreti
possano essere adottati comunque. 
    Secondo  la  Regione  Toscana,  tale  intesa  non   puo'   essere
considerata  effettiva,  in  quanto   superabile   in   mancanza   di
codecisione entro il termine  di  sessanta  giorni,  cio',  peraltro,
senza neppure distinguere tra inerzia della  Conferenza  unificata  e
dissenso espresso. Sarebbe, cosi', violato il principio,  piu'  volte
affermato dalla Corte costituzionale, per cui, quando lo Stato decide
di allocare al livello centrale la titolarita' di funzioni,  dettando
quindi anche la relativa disciplina legislativa incidente  in  ambiti
rientranti nella competenza regionale, dev'essere  prevista  l'intesa
con la Conferenza unificata e/o con le Regioni, a salvaguardia  delle
loro attribuzioni costituzionalmente previste (in tal senso, sentenze
n. 303 del 2003, n.  6  del  2004  e  n.  383  del  2005).  Principio
ulteriormente ribadito anche con specifico riferimento  alla  materia
dello spettacolo (sentenza n. 285 del 2005). 
    Dunque, la norma in esame, con la prevista attivazione del potere
sostitutivo al mancato raggiungimento dell'intesa,  e  cosi'  con  la
conclusione unilaterale del procedimento da  parte  dello  Stato,  si
porrebbe in netto contrasto con il suddetto orientamento della  Corte
costituzionale, violando gli  artt.  117  e  118  Cost.,  perche'  le
competenze regionali non troverebbero espressione in  quel  punto  di
equilibrio rappresentato dall'intesa forte. 
    Inoltre,    l'attivazione    di    tale    potere    sostitutivo,
indifferentemente  a  fronte  sia  dell'inerzia,  sia   del   mancato
raggiungimento  dell'intesa   per   espresso   articolato   dissenso,
declasserebbe l'intesa  stessa  in  un  parere  non  vincolante,  non
compatibile con l'assetto costituzionale delle competenze  e  con  il
principio di leale collaborazione, come chiarito dalla giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 303 del 2003 e n. 285 del 2005). 
    In ultima analisi, la ricorrente stigmatizza che  il  legislatore
statale non abbia previsto criteri direttivi  volti  a  garantire  il
carattere «forte»  dell'intesa,  necessario  per  il  rispetto  delle
competenze costituzionali di tutti gli enti di governo coinvolti. Con
specifico riferimento alla rilevata violazione dell'art.  120  Cost.,
evidenzia  ulteriormente  doversi  escludere   che,   ai   fini   del
perfezionamento dell'intesa, la volonta'  della  Regione  interessata
possa essere sostituita da una determinazione dello Stato,  il  quale
diverrebbe in  tal  modo  l'unico  attore  di  una  fattispecie  che,
viceversa, non potrebbe mai strutturalmente ridursi ad  esercizio  di
un potere unilaterale. 
    In  definitiva,  la  disposizione   di   cui   all'art.   4   del
decreto-legge n. 64 del 2010 sarebbe illegittima  per  contrasto  con
gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., anche per la lesione del
principio della leale collaborazione. 
    La Regione Toscana confida, quindi, che la  Corte  costituzionale
dichiari l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  1  e  4  del
decreto-legge n. 64 del 2010, per violazione degli artt. 117,  118  e
120 Cost., anche sotto il  profilo  della  violazione  del  principio
della leale cooperazione. 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  si  e'  costituito
nel giudizio di legittimita' costituzionale  ed  ha  chiesto  che  le
questioni  promosse  con  il  ricorso  della  Regione  Toscana  siano
dichiarate inammissibili o infondate. 
    Premette la difesa dello Stato che con il decreto-legge n. 64 del
2010 il Governo ha avuto come obiettivo primario quello di  porre  in
essere un primo, immediato ed urgente, rimedio all'attuale  stato  di
crisi   in   cui   versano   molte   delle   quattordici   fondazioni
lirico-sinfoniche del  nostro  Paese  (Teatro  Comunale  di  Bologna,
Teatro Maggio Musicale Fiorentino, Teatro  Carlo  Felice  di  Genova,
Teatro alla Scala di Milano,  Teatro  San  Carlo  di  Napoli,  Teatro
Massimo di Palermo,  Teatro  dell'Opera  di  Roma,  Teatro  Regio  di
Torino, Teatro Lirico G.  Verdi  di  Trieste,  Teatro  La  Fenice  di
Venezia, Arena di Verona, Accademia Nazionale  di  Santa  Cecilia  di
Roma, Teatro Lirico di Cagliari ed infine il  Teatro  Petruzzelli  di
Bari). Tutto cio' al fine di coniugare, principalmente, due esigenze:
da un lato, consentire ai predetti enti lirici,  operanti  a  livello
nazionale, di poter  realizzare  economie  di  spesa,  con  una  piu'
razionale  allocazione   delle   risorse   disponibili;   dall'altro,
valorizzare la professionalita' del personale dipendente,  mantenendo
elevato il livello delle produzioni offerte al pubblico sia in Italia
sia all'estero. 
    La  difficile  situazione  economico-gestionale  dovrebbe  essere
fatta risalire in gran parte alle consistenti spese  di  mantenimento
di tali enti e, segnatamente, alle ingenti  spese  sostenute  per  il
personale  dipendente,  di  valore  economico  di   fatto   superiore
all'ammontare complessivo del finanziamento statale. 
    2.1. - Al primo motivo di censura, proposto contro l'art.  1  del
decreto-legge n. 64 del 2010 nella parte in cui non prevede  che  gli
atti (regolamentari) ivi indicati siano adottati previa intesa con la
Conferenza  Stato-Regioni,  la  difesa  dello  Stato  oppone  che  le
fondazioni lirico-sinfoniche interessate dall'intervento normativo in
oggetto derivano dalla trasformazione in soggetti di diritto  privato
-  avvenuta  con  il  decreto-legge  24   novembre   2000,   n.   345
(Disposizioni  urgenti  in  tema  di  fondazioni  lirico-sinfoniche),
convertito dalla legge 26  gennaio  2001,  n.  6  -,  degli  enti  di
prioritario  interesse  nazionale  operanti  nel   settore   musicale
previsti e disciplinati dalla legge 14 agosto  1967,  n.  800  (Nuovo
ordinamento degli enti lirici  e  delle  attivita'  musicali);  legge
tuttora vigente. 
    Queste fondazioni, nonostante la privatizzazione, sarebbero ancor
oggi, a tutti gli  effetti,  organismi  a  rilevanza  pubblica,  come
dimostrato dai seguenti indici di pubblicita' delle loro funzioni: a)
persistente perseguimento di una funzione  pubblicistica  d'interesse
nazionale  in  campo  musicale;  b)  finanziamento  in  misura  quasi
totalitaria da parte dello  Stato;  c)  sottoposizione  al  controllo
sulla gestione finanziaria della Corte dei conti;  d)  vincolativita'
nei loro confronti della normativa comunitaria in materia di  appalti
pubblici. 
    In tal senso,  la  disposizione  normativa  oggetto  di  censura,
concernente   le   modalita'   di   adozione   dei   regolamenti   di
delegificazione  destinati  a  riformare  l'assetto  ordinamentale  e
organizzativo  delle   fondazioni   liriche,   troverebbe   copertura
costituzionale nell'art. 117, secondo comma, lettera g),  Cost.,  che
riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia  di
ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  degli  enti  pubblici
nazionali, tenuto conto della percorribilita'  di  un'interpretazione
adeguata al dettato costituzionale «in  relazione  anche  [...]  alla
evoluzione subita  [...]  dalla  stessa  nozione  di  ente  pubblico»
(sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 1993) e della  natura
speciale di tali soggetti  desumibile  sia  dalla  costituzione,  sia
dalla  struttura  e  dalla  gestione,   con   previsione   di   norme
particolari, differenziate da quelle proprie del  regime  tipico  dei
soggetti privati (sentenze n. 29 del 2006 e n. 59 del 2000). 
    Secondo il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  il  regime
giuridico speciale ascrivibile alle fondazioni  liriche  privatizzate
risulta, anzitutto, dal fatto di essere  state  costituite  ex  lege,
senza alcun atto di disposizione personale; in secondo  luogo,  dalla
loro sottoposizione al  controllo  della  Corte  dei  conti;  infine,
dall'equiparazione  delle  stesse,  anche  per  l'applicazione  della
normativa in materia di appalti, ai soggetti pubblici, ai  sensi  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). 
    In subordine, qualora si volesse rimanere alla veste  formale  di
soggetti privati assunta da tali  enti,  l'ordinamento  civile  -  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. - rientrerebbe,
in ogni caso, nell'ambito della potesta' legislativa esclusiva  dello
Stato. 
    Cosi'  ricondotta  la  materia  oggetto  del   decreto-legge   in
argomento nella sfera della  competenza  esclusiva  dello  Stato,  la
difesa  di  questo  rimarca   essere   state   comunque   tenute   in
considerazione   dal   legislatore   nazionale    le    istanze    di
partecipazione, sia regionali che locali (Regioni  e  Comuni  essendo
soci fondatori di tali  fondazioni),  ai  fini  del  procedimento  di
rideterminazione del quadro normativo di riferimento. 
    Da un lato, in ragione della  disposizione  di  cui  all'art.  1,
comma 2, del decreto-legge n. 64 del 2010, che prevede l'acquisizione
del parere della Conferenza unificata;  dall'altro,  in  forza  della
disposizione  di  cui  all'art.1-bis)   del   decreto-legge   citato,
introdotto dalla legge di conversione n. 100 del 2010, ove si prevede
espressamente che, ai fini della riorganizzazione e  della  revisione
dell'assetto delle fondazioni  lirico-sinfoniche,  i  regolamenti  di
delegificazione siano adottati solo a seguito dell'attivazione di  un
percorso «che  coinvolga  tutti  i  soggetti  interessati,  quali  le
Regioni,  i   comuni,   i   sovrintendenti   delle   fondazioni,   le
organizzazioni sindacali rappresentative». 
    In  tal  modo,  il  legislatore  avrebbe  assicurato,  in  ambito
ricadente  nella  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  e
secondo una logica di leale collaborazione, l'adeguata partecipazione
delle  autonomie  regionali  e  locali  alla   fase   di   successiva
definizione del quadro normativo di riferimento degli enti lirici. 
    2.2. - Quanto, poi, all'ulteriore motivo di censura, secondo  cui
l'art. 4 del decreto-legge n. 64 del 2010 sarebbe lesivo degli  artt.
117, commi terzo e sesto, e 118 Cost., come  pure  del  principio  di
leale collaborazione, osserva la difesa dello Stato che  la  presunta
illegittimita' costituzionale lamentata dalla ricorrente non  avrebbe
piu' ragion d'essere, in quanto, in sede di conversione in legge,  la
disposizione contenuta nell'art. 4 del decreto-legge  citato  sarebbe
stata totalmente riformulata. In particolare, la rideterminazione dei
criteri di erogazione dei contributi statali da  parte  del  Ministro
per i beni  e  le  attivita'  culturali  (peraltro  d'intesa  con  la
Conferenza  unificata)  sarebbe  stata  eliminata,  con   conseguente
sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere da parte della  Regione
Toscana e, in ogni caso, con cessazione della materia del contendere,
«tenuto conto del fatto che i criteri di  erogazione  dei  contributi
agli organismi operanti nel settore dello spettacolo dal vivo restano
quelli previsti e disciplinati dai decreti  ministeriali  attualmente
vigenti (risalenti al 2007) ed adottati d'intesa  con  la  Conferenza
Unificata». 
    2.3. - Con memoria depositata il 24 febbraio 2011  il  Presidente
del Consiglio dei ministri  ha  sottolineato  che  il  ricorso  della
Regione Toscana era stato proposto prima della conversione  in  legge
del decreto-legge n. 64 del 2010, intervenuta  con  legge  29  giugno
2010, n. 100, e non ha potuto tenere conto delle modifiche  apportate
dalla legge, in particolare del comma 1-bis dell'art. 1 e  del  nuovo
art. 4. 
    Secondo la difesa dello Stato, le nuove  disposizioni  comportano
la  cessazione  della  materia  del  contendere  sulle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dalla Regione o,  comunque,  la
necessita' di  una  loro  riproposizione  in  termini  adeguati  alle
modifiche apportate all'originario impianto del  decreto-legge,  cio'
che la Regione Toscana non avrebbe fatto. 
    In particolare, con il comma 1-bis, l'art. 1 del decreto-legge n.
64 del 2010 si e' arricchito di una previsione importante in punto di
coinvolgimento degli enti locali nell'attuazione della riforma  delle
fondazioni musicali. 
    Secondo  il  predetto  comma,   gli   emanandi   regolamenti   di
riorganizzazione e revisione delle fondazioni dovranno: «a) prevedere
l'attivazione  di  un  percorso  che  coinvolga  tutti   i   soggetti
interessati, quali le  Regioni,  i  comuni,  i  sovrintendenti  delle
fondazioni, le organizzazioni sindacali maggiormente  rappresentative
[...]». Cio' manifesterebbe  chiaramente  l'intento  del  legislatore
statale di coinvolgere realmente gli enti  locali  interessati  nella
gestione  delle  fondazioni  musicali,  anche   al   di   la'   delle
prescrizioni formali dettate dal successivo comma  2;  come  pure  di
escludere che eventuali dissensi  degli  enti  locali  rispetto  agli
indirizzi dettati dal legislatore statale possano  essere  disattesi,
imponendo, piuttosto, che siano  affrontati  e  risolti  in  sede  di
confronto fra le parti. 
    La disposizione del secondo  comma  dell'art.  1,  oggetto  della
prima censura della Regione Toscana dovrebbe, di conseguenza,  essere
interpretata nel senso che soltanto l'omessa adozione del  parere  da
parte  della  Conferenza  unificata  nel   termine   previsto   possa
legittimare l'adozione del regolamento attuativo. 
    Ad ogni modo, la difesa dello Stato ribadisce che il parametro di
costituzionalita' evocato dalla Regione in  relazione  all'art.  117,
terzo comma, Cost. non sarebbe pertinente. 
    Invece  che  di  attivita'  qualificabile  come   «promozione   e
organizzazione  di  attivita'  culturali»,  verrebbe  in  rilievo  la
riforma  generale  dell'assetto  organizzativo  e  gestionale   delle
Fondazioni musicali istituite con il d.lgs. n. 367 del 1996. 
    Con il suddetto decreto legislativo (e con la successiva legge n.
6 del 2001), gli enti lirici di cui alla legge n. 800 del  1967  sono
stati trasformati in fondazioni di diritto privato. 
    Nondimeno, gli enti lirici  di  prioritario  interesse  nazionale
individuati dalla legge n. 800 del 1967, come integrata  dalla  legge
n. 310 del 2003, avrebbero conservato la loro struttura essenziale  e
la  loro  finalita',  le  fonti  di  finanziamento  pubblico   e   le
caratteristiche dell'attivita', pur con la mutata veste  privatistica
della soggettivita' formale, tanto da mantenere la qualificazione  di
organismo di diritto pubblico. 
    Sicche',  la  struttura  formalmente  privata  delle   fondazioni
musicali  non  varrebbe  a  spostare  il  profilo  costituzionale  di
riferimento dall'art. 117, secondo comma, lettera g),  all'art.  117,
terzo comma, Cost. 
    Evidenzia, ancora, la difesa dello  Stato  che  il  finanziamento
statale e' attualmente,  non  solo  per  il  Teatro  Maggio  Musicale
Fiorentino, ma anche per tutte le altre fondazioni lirico-sinfoniche,
di gran lunga superiore a quello  delle  Regioni,  e  che  lo  stesso
impegno dell'amministrazione comunale, anche  in  considerazione  del
suo obbligo di fornire la sede del teatro,  e'  maggiore  rispetto  a
quello della Regione Toscana. 
    Sarebbe, dunque, illogico il tentativo della Regione di sottrarre
al maggior finanziatore delle  fondazioni  musicali  la  potesta'  di
organizzarle  in  modo  da   conseguire   economie   di   sistema   e
razionalizzazioni di produzione, come auspicato dal  legislatore  con
l'adozione del decreto-legge n. 64 del 2010 (a partire dall'art. 1). 
    In buona sostanza, le disposizioni dettate dal  decreto-legge  n.
64 del 2010 sarebbero volte a realizzare economie nella  gestione  di
enti gravanti sul sistema generale della finanza pubblica (sia per la
parte concernente le erogazioni a carico dello Stato, sia per  quella
relativa alle erogazioni regionali), di guisa che, anche sotto questo
profilo, la competenza del legislatore statale  non  potrebbe  essere
negata. 
    Ne', d'altro canto, potrebbe contraddittoriamente sostenersi  che
la materia non sia di esclusiva competenza statale in quanto  non  di
ordinamento civile. Al contrario, se la materia de qua  non  inerisse
all'organizzazione dei soggetti che perseguono pubblici interessi, ai
sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  g),  Cost.,  essa  non
potrebbe che rifluire nella materia dell'ordinamento civile, ai sensi
e per gli effetti di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. 
    In ogni caso, il legislatore statale avrebbe  inteso  coinvolgere
gli  enti  territoriali  e  locali   nella   riorganizzazione   delle
fondazioni in termini ben piu' pregnanti di quelli cui sarebbe  stato
obbligato dalla sua potesta' legislativa esclusiva. Lo stesso comma 2
dell'art. 1 (l'unico che potrebbe astrattamente ledere le prerogative
regionali invocate) confermerebbe tale intendimento del  legislatore,
laddove prevede l'acquisizione del parere della Conferenza  unificata
sugli schemi di regolamento e, solo in caso di silenzio (non gia'  di
dissenso formalizzato), l'emanazione, comunque, del regolamento, onde
evitare la  paralisi  di  ogni  attivita'  di  riforma  di  interesse
nazionale. 
    Peraltro, la denuncia del vizio  d'illegittimita'  costituzionale
sollevata in riferimento all'intero art. 1, ma, in realta', formulata
solo con riguardo al suo comma 2 in quanto  invasivo  della  presunta
competenza concorrente  della  Regione,  sarebbe  inammissibile,  sia
perche' la questione sarebbe stata riferita genericamente  all'intero
art. 1 e non alla sua parte (comma 2) oggetto, invero  esclusivo,  di
censura, sia perche'  la  ricorrente  non  avrebbe  formulato  motivi
specifici d'impugnazione avverso le altre  parti  dell'articolo,  pur
avendo chiesto di annullarlo in toto. 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  dunque  insistito
perche' la questione  in  oggetto  sia  dichiarata  inammissibile  e,
comunque, infondata. 
    Quanto, infine, alle questioni relative all'art. 4, ribadisce  la
difesa dello Stato che, con  la  nuova  formulazione  della  predetta
disposizione, la determinazione  dei  criteri  per  l'erogazione  dei
contributi allo  spettacolo  dal  vivo,  cosi'  come  originariamente
stabilita, e' stata espunta dal testo di legge e  sostituita  da  una
diversa previsione. Dal diverso contenuto del nuovo  testo  normativo
deriverebbe la sopravvenuta cessazione della materia  del  contendere
sul punto, ovvero la sopravvenuta  inammissibilita'  del  ricorso  in
parte qua, per non avere la Regione riformulato la sua censura. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 28 giugno 2010 la Regione  Toscana
ha promosso questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1  e
4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64  (Disposizioni  urgenti  in
materia di spettacolo e attivita' culturali). 
    1.1. - L'art.  1  dispone,  innanzitutto,  che  con  uno  o  piu'
regolamenti, da adottarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro  per  i  beni  e  le
attivita' culturali, il Governo provveda alla revisione  dell'attuale
assetto    ordinamentale    e    organizzativo    delle    fondazioni
lirico-sinfoniche, di cui al decreto legislativo 29 giugno  1996,  n.
367 (Disposizioni per la trasformazione degli enti  che  operano  nel
settore musicale in fondazioni  di  diritto  privato),  e  successive
modificazioni,  e  di  cui  alla  legge  11  novembre  2003,  n.  310
(Costituzione della «Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri
di Bari», con sede  in  Bari,  nonche'  disposizioni  in  materia  di
pubblici  spettacoli,  fondazioni   lirico-sinfoniche   e   attivita'
culturali),  anche  con  modifiche  delle  disposizioni   legislative
vigenti, in conformita' ad una serie di precisi criteri direttivi. 
    La  norma  impugnata,  inoltre,  prevede  che  sullo  schema   di
regolamento  di  cui  al  comma  1  sia  acquisito  il  parere  della
Conferenza unificata di cui all'art. 8 della legge 28 agosto 1997, n.
281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  Regioni,  delle  province  e  dei
comuni, con la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali),  del
Consiglio di Stato e delle competenti commissioni parlamentari; che i
pareri siano espressi  entro  trenta  giorni  dalla  ricezione;  che,
decorso tale termine, il regolamento sia comunque emanato. 
    Ad avviso della ricorrente, la disciplina di cui al citato art. 1
ha prevalentemente ad oggetto la materia dello spettacolo, sicche' ne
denuncia, in primo luogo, il contrasto con l'art. 117,  terzo  comma,
della Costituzione,  in  quanto  con  la  disposizione  impugnata  il
legislatore statale sarebbe intervenuto, del tutto  illegittimamente,
con una normativa puntuale, di dettaglio, esaustiva,  senza  lasciare
alcuno spazio al legislatore regionale. 
    Sarebbe leso, altresi', l'art. 117, sesto comma, Cost., ai  sensi
del quale il regolamento  statale  e'  ammesso  esclusivamente  nelle
materie  in  cui  lo  Stato  ha   potesta'   legislativa   esclusiva.
Diversamente, nel caso in esame  verrebbe  in  questione  la  materia
«promozione e organizzazione di attivita' culturali»,  affidata  alla
potesta' concorrente regionale. 
    In ogni  caso,  la  norma  violerebbe  l'art.  118  Cost.  ed  il
principio della leale cooperazione tra Stato  e  Regione,  prevedendo
che il regolamento sia adottato solo previo parere  della  Conferenza
unificata e che questo possa essere superato ove non intervenga entro
trenta giorni dal ricevimento dello schema di regolamento. Versandosi
nella specie in materia di legislazione concorrente, sarebbe occorsa,
invece, l'intesa con la Conferenza medesima. 
    1.2. - Secondo il dettato dell'art. 4 del decreto-legge n. 64 del
2010 il Ministro per i beni e le attivita' culturali ridetermina  con
effetto  dal  1°  gennaio  2011  i  criteri  per  l'erogazione  e  la
liquidazione dei contributi allo spettacolo  dal  vivo,  seguendo  le
procedure previste dall'art. 1, comma  3,  della  legge  15  novembre
2005, n. 239 (Disposizioni in materia di spettacolo). Alla stregua di
tale ultimo articolo, i decreti ministeriali concernenti i criteri  e
le modalita'  di  erogazione  dei  contributi  alle  attivita'  dello
spettacolo  dal  vivo  sono  adottati  d'intesa  con  la   Conferenza
unificata, ma tuttavia, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa
nel termine prefissato di sessanta giorni,  possono  essere  adottati
comunque. 
    La Regione Toscana sostiene che anche tale  disposizione  sarebbe
in contrasto con gli artt. 117, terzo  comma,  118  e  120  Cost.,  e
altresi' con il principio della leale collaborazione. 
    In particolare, l'intesa  ivi  prefigurata  non  potrebbe  essere
considerata  effettiva,  in  quanto   superabile   in   mancanza   di
codecisione entro il termine  di  sessanta  giorni,  cio',  peraltro,
senza neppure distinguere tra inerzia della  Conferenza  unificata  e
dissenso espresso. 
    3. - Preliminarmente deve essere dichiarata la  cessazione  della
materia del contendere limitatamente alle questioni relative all'art.
4 del decreto-legge n. 64 del 2010. 
    Infatti, con la conversione del suddetto decreto nella  legge  29
giugno 2010, n. 100, la norma impugnata e' stata  espunta  dal  testo
dell'art. 4, il quale ora coincide con il secondo periodo  di  quello
originario: «Dall'anno 2010 il Ministero per i beni  e  le  attivita'
culturali puo'  liquidare  anticipazioni  sui  contributi  ancora  da
erogare, fino all'80  per  cento  dell'ultimo  contributo  assegnato,
secondo i criteri e le modalita' previsti  dai  decreti  ministeriali
vigenti in tale ambito». 
    Cio' significa che la rideterminazione dei criteri di  erogazione
dei contributi statali  da  parte  del  Ministro  per  i  beni  e  le
attivita' culturali e' stata eliminata e  che,  come  esattamente  ha
evidenziato la difesa dello Stato, «[...] i criteri di erogazione dei
contributi agli organismi operanti nel settore dello  spettacolo  dal
vivo restano quelli previsti e disciplinati dai decreti  ministeriali
attualmente vigenti (risalenti al 2007) ed adottati d'intesa  con  la
Conferenza Unificata». 
    La modificazione apportata in sede di conversione, in mancanza di
attuazione medio tempore della norma contenuta nel decreto-legge (che
avrebbe avuto effetto solamente a decorrere  dal  1°  gennaio  2011),
risulta,  dunque,  pienamente  satisfattiva   delle   pretese   della
ricorrente. 
    Ne  consegue,  sul  punto,  la  cessazione  della   materia   del
contendere, sulla quale, del resto, la stessa  difesa  della  Regione
Toscana ha espressamente concordato in sede di discussione orale. 
    4. - Non altrettanto puo' dirsi delle questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010. 
    Vero e' che la legge di conversione n. 100 del 2010  ha  emendato
significativamente anche il tenore del suddetto  articolo.  In  primo
luogo, con l'aggiunta del  comma  1-bis,  secondo  cui  gli  emanandi
regolamenti  di  riorganizzazione  e   revisione   delle   fondazioni
dovranno: «a) prevedere l'attivazione di un  percorso  che  coinvolga
tutti  i  soggetti  interessati,  quali  le  Regioni,  i  comuni,   i
sovrintendenti  delle   fondazioni,   le   organizzazioni   sindacali
maggiormente rappresentative [...] »; in secondo luogo,  portando  da
trenta a sessanta giorni il termine  previsto  per  il  rilascio  del
parere da parte della Conferenza unificata. 
    Tali modifiche, pero', - come  rilevato  dalla  difesa  regionale
nella discussione orale - non  soddisfano  integralmente  le  pretese
della  ricorrente,  atteso  che,  diversamente  da   quanto   opinato
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la  Regione   non   censura
solamente  la  mancata  previsione  dell'intesa  con  la   Conferenza
unificata, ma anche il carattere di dettaglio della norma  impugnata,
ascritta ad un ambito di  legislazione  concorrente  («promozione  ed
organizzazione di attivita' culturali»), nonche' l'adozione  in  tale
materia di un ampio potere regolamentare del Governo. 
    Le  questioni  promosse  nei  confronti  del   testo   originario
dell'art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010, dunque, possono  essere
agevolmente trasferite  sul  corrispondente  testo  risultante  dalla
legge di conversione (sentenza n. 298 del 2009), senza che la materia
del contendere  possa  ritenersi  al  riguardo  cessata,  poiche'  le
innovazioni introdotte  sono  inidonee  a  risolvere  tutti  i  punti
d'interesse (sentenza n. 430 del 2007). 
    4.1. - Anche l'eccezione d'inammissibilita' proposta dalla difesa
dello Stato dev'essere disattesa,  poiche'  la  Regione  non  impugna
soltanto il comma 2 dell'art. 1 (che prevede il parere, peraltro  non
obbligatorio, anziche' l'intesa), ma altresi' il comma 1, sia perche'
la  revisione  dell'assetto  ordinamentale  ed  organizzativo   delle
fondazioni  lirico-sinfoniche  non  lascerebbe  alcuno  spazio   alla
potesta'  legislativa  regionale  in  una  materia  di   legislazione
concorrente, sia  perche'  lo  Stato  avrebbe  "abusato"  del  potere
regolamentare  utilizzandolo  al  di  fuori  della  sfera  della  sua
competenza  esclusiva.  Sicche',  anche  ammettendo  che   la   nuova
formulazione della disposizione censurata assicura il rispetto  delle
istanze   partecipative   fatte   valere   dalla   Regione   Toscana,
rimarrebbero insoluti i nodi sottesi all'invasione  delle  competenze
regionali, per di piu' con prescrizioni particolareggiate, denunciata
dalla ricorrente. 
    5. - Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    Occorre, innanzitutto, procedere  all'individuazione  dell'ambito
materiale sul quale e' intervenuto l'art. 1 del decreto-legge  n.  64
del 2010, nel contesto  del  riparto  di  competenze,  stabilito  dal
Titolo  V  della  seconda  parte  della  Costituzione.   Secondo   la
ricorrente, la  disciplina,  dettata  dalla  disposizione  in  esame,
avrebbe prevalentemente ad oggetto  la  materia  dello  spettacolo  e
dovrebbe, pertanto, essere  ricondotta  alla  materia  «promozione  e
organizzazione di  attivita'  culturali»,  attribuita  alla  potesta'
legislativa concorrente delle Regioni,  ex  art.  117,  terzo  comma,
Cost. Secondo la difesa dello Stato, invece, la  normativa  in  esame
dovrebbe essere ricondotta al titolo di legittimazione della potesta'
legislativa statale costituito dall'art. 117, secondo comma,  lettera
g), Cost. («ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici nazionali»). 
    5.1. - Una breve premessa sulla  storia  della  disciplina  degli
enti autonomi lirici (e  istituzioni  concertistiche  assimilate)  e'
indispensabile. 
    Tali enti hanno ricevuto una prima  regolazione  dalla  legge  14
agosto 1967, n. 800 (Nuovo ordinamento  degli  enti  lirici  e  delle
attivita' musicali), che ha attribuito agli  stessi,  nominativamente
individuati sub art. 6, la personalita' giuridica di diritto pubblico
e  li  ha  sottoposti  alla  vigilanza  dell'autorita'   di   Governo
competente (all'epoca, il Ministro del turismo e  dello  spettacolo).
Ha dichiarato, inoltre, «di rilevante interesse generale» l'attivita'
lirica e concertistica, «in quanto intesa a  favorire  la  formazione
musicale, culturale e sociale della  collettivita'  nazionale»  (art.
1). Il conferimento della personalita' giuridica di diritto  pubblico
e la sottoposizione alla vigilanza ministeriale sono  stati  ritenuti
dalla legge istitutiva i  necessari  presupposti,  non  solo  per  la
realizzazione  di  spettacoli  di  alto  livello,  ma  anche  per  la
diffusione  dell'arte  musicale,  per  la   cura   della   formazione
professionale  degli  artisti  e  per  lo  sviluppo   dell'educazione
musicale della collettivita' (art. 5). 
    Dalle strutture (di numero chiuso), come  sopra  individuate,  il
legislatore del 1967 ha  distinto  i  «teatri  di  tradizione»  e  le
istituzioni  concertistico-orchestrali,  incaricati  di  «promuovere,
agevolare e coordinare attivita' musicali [...] nel territorio  delle
rispettive Province», nonche' di dare impulso alle locali  tradizioni
artistiche e musicali, con il riconoscimento  di  un'ampia  autonomia
organizzativa (art. 28). 
    In  coerenza  con  la  distinzione  richiamata,   la   successiva
legislazione statale si e'  interessata  esclusivamente  dell'assetto
organizzativo e delle regole di funzionamento dei soggetti  lirici  e
concertistici ritenuti "nazionali". 
    Il  decreto  legislativo  n.  367  del  1996   ha   previsto   la
trasformazione  dei  medesimi  enti,  qualificati   «di   prioritario
interesse  nazionale  [...]  nel  settore  musicale»  (art.  2),   in
fondazioni di diritto privato. E cio' al fine dichiarato di eliminare
rigidita' organizzative e di attrarre conseguentemente  finanziamenti
privati.  Nel  testo  risultante  dalle  numerose  novelle  via   via
intervenute, il d.lgs. n. 367 del 1996:  a)  individua  le  finalita'
delle  fondazioni  nel  perseguimento  senza  scopo  di  lucro  della
diffusione dell'arte musicale,  della  formazione  professionale  dei
quadri artistici e dell'educazione musicale della collettivita' (art.
3); b) stabilisce che le fondazioni hanno personalita'  giuridica  di
diritto privato e sono disciplinate,  per  quanto  non  espressamente
previsto dallo stesso d.lgs., dal  codice  civile  e  dalle  relative
norme di attuazione (art. 4); c) detta norme generali  sul  contenuto
indispensabile  degli  statuti,   prevedendo   in   una   percentuale
minoritaria  l'apporto  complessivo  dei  privati  al  patrimonio   e
subordinando  la  possibilita'   di   nomina   dei   consiglieri   di
amministrazione, da parte dei privati, all'erogazione di  un  apporto
annuo non inferiore all'8% del totale dei finanziamenti statali (art.
10); d) disciplina gli organi di gestione  e  le  loro  funzioni:  il
presidente-sindaco,   il    consiglio    di    amministrazione,    il
sovrintendente ed il collegio dei revisori, dettando la  composizione
numerica degli organi collegiali ed imponendo la presenza  di  membri
in  rappresentanza  dell'autorita'  di  Governo   e   della   Regione
interessata, i primi in maggioranza nel collegio dei revisori  (artt.
11-14);   e)   mantiene   la    sottoposizione    delle    fondazioni
lirico-sinfoniche al controllo della Corte dei conti  sulla  gestione
finanziaria ed alla vigilanza dell'autorita' di Governo competente in
materia di spettacolo; f) demanda i criteri di  riparto  della  quota
del  Fondo  unico  per  lo  spettacolo  da  destinare  alle  medesime
fondazioni ad un decreto del Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali in relazione alla quantita'  e  qualita'  della  produzione
offerta ed agli interventi posti in essere  per  la  riduzione  della
spesa (art. 24). 
    Il  procedimento  di  trasformazione,  che  era  stato   soltanto
delineato dagli artt. 5 ss. del d.lgs. n.  367  del  1996,  e'  stato
realizzato successivamente con il  d.lgs.  23  aprile  1998,  n.  134
(Trasformazione in fondazione degli enti lirici e  delle  istituzioni
concertistiche assimilate, a norma dell'art. 11, comma 1, lettera  b,
della legge 15 marzo 1997, n. 59). Con esso il Governo  ha  abrogato,
sul punto, il precedente  provvedimento  legislativo  e  ha  disposto
direttamente per legge la trasformazione in oggetto, ritenendo che la
veste giuridica privata consentisse ai suddetti enti di svolgere piu'
proficuamente la  propria  attivita'.  La  Corte  costituzionale  ha,
tuttavia, dichiarato l'illegittimita' del d.lgs. da ultimo citato per
eccesso di delega (sentenza n. 503  del  2008).  In  seguito,  pero',
l'art. 1 del decreto-legge 24 novembre  2000,  n.  345  (Disposizioni
urgenti in  tema  di  fondazioni  lirico-sinfoniche),  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 26 gennaio 2001, n.
6, ha nuovamente disposto la trasformazione in fondazioni di  diritto
privato degli enti lirici, con decorrenza dal 23 maggio 1998. E  cio'
al fine di salvaguardare con  effetto  ex  tunc  l'uniformita'  e  la
continuita' degli assetti istituzionali gia' riformati dal d.lgs.  n.
134 del 1998. 
    E' in tale contesto che si inserisce il decreto-legge n.  64  del
2010,    emanato    con    l'obiettivo    primario    di     incidere
sull'organizzazione   e   sul    funzionamento    delle    fondazioni
lirico-sinfoniche con «un primo, immediato e urgente intervento volto
a riformare, negli assetti fondamentali, un settore in profonda crisi
come quello [...] lirico-sinfonico [...] al fine di razionalizzare le
spese degli enti lirici [per il solo personale di  entita'  superiore
al  valore  economico  del  finanziamento  statale]  e  nel  contempo
implementare, oltre alla produttivita'  del  settore,  i  livelli  di
qualita' delle produzioni offerte» (cosi' la relazione al disegno  di
legge di conversione presentato al  Senato  della  Repubblica  il  30
aprile 2010). 
    L'art. 1, specificamente impugnato in questa sede, introduce  una
serie di disposizioni, demandandone al  Governo  la  prescrizione  in
termini analitici «con uno o piu' regolamenti»,  per  il  sistematico
riordino del settore lirico-sinfonico, in  ossequio  ai  principi  di
efficienza,  correttezza,  economicita'  ed  imprenditorialita',   di
autonomia  nei  limiti  stabiliti  dagli   indirizzi   dell'autorita'
ministeriale, culminanti nel potere di approvazione dello statuto, di
adeguata   vigilanza   sulla   gestione   economico-finanziaria,   di
disciplina organica della  contrattazione  collettiva,  di  eventuale
previsione di forme organizzative speciali per le fondazioni  liriche
in relazione «alle loro peculiarita', alla  loro  assoluta  rilevanza
internazionale, alle loro eccezionali capacita'». 
    5.2.  -  Cosi'  ricostruito  il  quadro  normativo  su   cui   il
legislatore  statale  e'  ora  intervenuto   con   il   decreto-legge
censurato, la  Corte  ritiene  che  la  norma  impugnata,  diretta  a
revisionare organicamente il settore lirico-sinfonico,  prendendo  le
mosse dalla  riorganizzazione  delle  fondazioni  ad  esso  preposte,
afferisce alla materia «ordinamento e  organizzazione  amministrativa
dello Stato e  degli  enti  pubblici  nazionali»,  contemplata  nella
richiamata lettera g) del secondo comma dell'art. 117 Cost. 
    Sulla qualificazione in senso pubblicistico  degli  enti  lirici,
ancorche' privatizzati, si registra anche una sostanziale convergenza
delle parti, nel solco  peraltro  di  una  giurisprudenza  prevalente
(Corte di cassazione, sezioni unite  civili,  sentenza  n.  2637  del
2006; T.A.R. Liguria, sez. II,  sentenza  n.  230  del  2009;  T.A.R.
Sardegna, sez. II, sentenza n. 1051 del 2008). Si  ritiene,  infatti,
concordemente che, nonostante l'acquisizione  della  veste  giuridica
formale di «fondazioni di diritto privato», tali soggetti conservino,
pur dopo la loro trasformazione, una marcata impronta  pubblicistica.
Anche questa Corte,  in  un  altro  caso  in  cui,  analogamente,  le
attivita' dell'ente eccedevano la dimensione regionale o  locale,  ha
rilevato - sia pure sotto la vigenza del precedente art. 117 Cost.  -
che la  "Societa'  di  cultura  La  Biennale  di  Venezia",  dopo  la
privatizzazione, aveva mantenuto «la funzione di promuovere attivita'
permanenti e di organizzare manifestazioni internazionali inerenti la
documentazione nel campo delle arti» e continuava ad  assolvere,  pur
nella nuova forma privata assunta,  compiti  di  interesse  nazionale
(sentenza n. 59 del 2000). 
    Gli indici della connotazione pubblica degli  enti  lirici  sono,
peraltro, molteplici e ravvisabili nella preminente  rilevanza  dello
Stato nei finanziamenti, nel conseguente assoggettamento al controllo
della Corte dei conti, ai sensi dell'art. 15, comma 5, del d.lgs.  n.
367 del 1996, nel patrocinio dell'Avvocatura dello Stato,  confermato
dall'art.  1,  comma  3,  del  decreto-legge   n.   345   del   2000,
nell'inclusione  nel  novero  degli  organismi  di  diritto  pubblico
soggetti al d.lgs. 12 aprile  2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). In particolare, il  tenore  della
citata disciplina sugli appalti pubblici, di derivazione comunitaria,
appare molto eloquente, perche' riconosce a  livello  legislativo  la
compatibilita' della nozione di organismo di diritto pubblico con  la
forma giuridica privata  dell'ente  («anche  in  forma  societaria»),
purche' l'ente stesso  risulti,  come  nella  specie,  istituito  per
soddisfare esigenze  d'interesse  generale,  dotato  di  personalita'
giuridica e finanziato in modo maggioritario dallo Stato o  da  altri
enti pubblici (art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006). 
    Alla natura pubblica di tali enti - non controversa  -  la  Corte
ritiene che si accompagni il carattere nazionale dei medesimi. E cio'
non  tanto  perche'  suggerito  dall'indicazione  del  loro   rilievo
nazionale,  costantemente  presente  in   tutta   la   normativa   di
riferimento come  attributo  qualificante  di  essi,  ma  soprattutto
perche' le finalita' delle anzidette fondazioni, ossia la  diffusione
dell'arte musicale, la formazione professionale dei quadri  artistici
e l'educazione musicale della collettivita' (art. 3 del d.lgs. n. 367
del 1996, che ripete la formulazione dell'art. 5 della legge  n.  800
del 1967), travalicano largamente i confini regionali e si proiettano
in una dimensione  estesa  a  tutto  il  territorio  nazionale.  Sono
significativi, d'altronde, del fatto che non si tratta  di  attivita'
di spettacolo di interesse locale gli ingenti flussi  di  denaro  con
cui lo  Stato  ha  sovvenzionato  e  continua  a  sovvenzionare  tali
soggetti. 
    Anche il  confronto  con  i  teatri  di  tradizione  e  le  altre
istituzioni concertistico-orchestrali,  protagonisti  -  essi  si'  -
della programmazione di attivita' musicali in ambito ben circoscritto
(art. 28 della legge n.  800  del  1967),  evidenzia  chiaramente  la
vocazione, per contro, spiccatamente nazionale di quel gruppo di enti
lirici di eccellenza (che, non a caso, si e' ritenuto di ampliare con
legge  dello  Stato,  includendovi  la  «Fondazione  lirico-sinfonica
Petruzzelli e Teatri di Bari» costituita ex art. 1 della legge n. 310
del  2003),  la  rilevanza  generale  delle  finalita'  perseguite  e
l'ampiezza delle attivita' svolte. 
    Da quanto precede risulta  chiaro  che  interventi  di  riassetto
ordinamentale ed organizzativo del tipo  di  quello  prefigurato  dal
censurato art. 1 - incidendo profondamente in un settore dominato  da
soggetti  che  realizzano  finalita'  dello  Stato  -  devono  essere
ascritti alla materia «ordinamento  e  organizzazione  amministrativa
[...] degli enti pubblici nazionali», di competenza esclusiva statale
ex art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. 
    D'altro canto, l'assoggettamento - «per quanto non  espressamente
previsto dal presente decreto» (art. 4 del d.lgs. n. 367 del 1996)  -
alla disciplina del codice civile e delle disposizioni di  attuazione
del medesimo, colloca per questo aspetto  residuo  le  fondazioni  in
esame, munite  di  personalita'  giuridica  di  diritto  privato  pur
svolgendo  funzioni  di  sicuro  rilevo  pubblicistico,   all'interno
dell'ordinamento civile,  materia,  anche  questa,  rientrante  nella
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    5.3. - La legittimazione dello Stato a doppio titolo  (art.  117,
secondo comma, lettere g e l, Cost.) nel disciplinare il riordino del
settore lirico-sinfonico ed il  riassetto  degli  enti  pubblici  ivi
impegnati, e' coerente, oltre che con l'esigenza  gia'  ricordata  di
tutelare direttamente ed efficacemente i valori  unitari  e  fondanti
della diffusione dell'arte musicale, della formazione degli artisti e
dell'educazione musicale della collettivita' (art. 3  del  d.lgs.  n.
367  del  1996),  segnatamente  dei  giovani,  anche  con  lo   scopo
dichiarato dalla legge di trasmettere i  valori  civili  fondamentali
tradizionalmente coltivati dalle piu' nobili istituzioni  teatrali  e
culturali  della  Nazione  (art.  1,  comma  1-bis,  lettera  g,  del
decreto-legge n. 64 del 2010, aggiunto dalla legge di conversione  n.
100 del 2010). 
    Tali obiettivi costituiscono, infatti, esplicazione dei  principi
fondamentali  dello  sviluppo  della  cultura  e  della  tutela   del
patrimonio storico e artistico della  Nazione,  di  cui  all'art.  9,
primo e secondo comma, Cost., che solo una normativa di sistema degli
enti strumentali dettata dallo Stato puo'  contribuire  a  realizzare
adeguatamente. Ne' e' un fuor d'opera,  da  questo  punto  di  vista,
richiamare, altresi', il modello delle istituzioni di  alta  cultura,
che autorizza lo  Stato  a  limitare,  con  una  propria  disciplina,
l'autonomia ordinamentale ad esse riconosciuta (art. 33, sesto comma,
Cost.). 
    In tale ultima prospettiva, questa Corte ha gia' affermato che lo
sviluppo della cultura (art. 9 Cost.) giustifica un intervento  dello
Stato «anche al di la' del riparto  di  competenze  per  materia  tra
Stato e Regioni di cui all'art. 117 Cost.» (sentenza n. 307 del 2004)
e  che  un  valore  costituzionalmente  protetto  come   la   ricerca
scientifica (artt. 9 e  33  Cost.),  «in  quanto  tale  in  grado  di
rilevare  a  prescindere  da  ambiti  di   competenze   rigorosamente
delimitati», rende ammissibile un intervento "autonomo" statale,  non
solo in relazione alla disciplina delle «istituzioni di alta cultura,
universita' ed accademie», ma anche se si riflette, al  di  fuori  di
detta sfera, su una materia di competenza concorrente, come, appunto,
l'attivita' di ricerca scientifica (sentenza n. 31 del 2005). 
    E  cio'  a  prescindere  da  ogni  richiamo,  pure  ipotizzabile,
all'area della tutela "conservativa" dei  beni  culturali,  anch'essa
appannaggio della sola competenza legislativa dello Stato (art.  117,
secondo comma, lettera s, Cost.). 
    5.4. - In  conclusione,  la  dimensione  unitaria  dell'interesse
pubblico perseguito, nonche' il riconoscimento  della  "missione"  di
tutela dei valori costituzionalmente protetti  dello  sviluppo  della
cultura e della  salvaguardia  del  patrimonio  storico  e  artistico
italiano, confermano, sul versante operativo, che le attivita' svolte
dalle fondazioni lirico-sinfoniche  sono  riferibili  allo  Stato  ed
impongono, dunque, che sia il legislatore statale, legittimato  dalla
lettera g) del secondo comma dell'art. 117 Cost., a  ridisegnarne  il
quadro ordinamentale e l'impianto organizzativo. 
    Le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte  per
l'affermazione di una  competenza  esclusiva  dello  Stato  ricorrono
quindi tutte (sentenze n. 405 e n. 270 del 2005). 
    5.5. - La riconduzione dell'ambito materiale regolato dalla norma
impugnata a sfere di competenza esclusiva dello Stato destituisce  di
fondamento anche gli  ulteriori  motivi  di  censura  proposti  dalla
ricorrente. 
    Nelle materie di cui  all'art.  117,  secondo  comma,  Cost.,  la
potesta' regolamentare spetta, salvo delega, proprio allo Stato (art.
117, sesto comma, Cost.). 
    Neppure ha rilievo  la  mancata  previsione  dell'intesa  con  la
Conferenza unificata, perche' nei  settori  di  esclusiva  competenza
statale e' sufficiente il parere (sentenze n. 142 e n. 133 del 2008),
peraltro   ritenuto   adeguato   persino   in   ipotesi   d'incidenza
dell'intervento  legislativo  dello  Stato  su   plurime   competenze
correlate (sentenza n. 51 del 2005).  E  cio'  senza  tralasciare  di
osservare che il legislatore statale ha avuto cura di inserire -  sub
comma  1-bis  dell'impugnato  art.  1,  aggiunto   dalla   legge   di
conversione n. 100 del 2010 - l'ulteriore criterio direttivo  di  «a)
prevedere l'attivazione di un percorso che coinvolga tutti i soggetti
interessati, quali le  Regioni,  i  comuni,  i  sovrintendenti  delle
fondazioni, le organizzazioni sindacali rappresentative»,  che  viene
pienamente incontro alle istanze partecipative di tutti i soggetti  a
vario  titolo  coinvolti  nel  processo  di   riforma   del   settore
lirico-sinfonico,  attribuendo   anche   alle   Regioni   il   potere
d'interloquire al riguardo.