ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi da 1
a 4, e 14, comma 2, del decreto legislativo  14  marzo  2011,  n.  23
(Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale)  promosso
dalla Regione siciliana con ricorso notificato  il  23  maggio  2011,
depositato in cancelleria il 30 maggio 2011 ed iscritto al n. 51  del
registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  21  febbraio  2012  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    uditi gli avvocati  Marina  Valli  e  Beatrice  Fiandaca  per  la
Regione siciliana e l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 23 maggio  2011  e  depositato  il
successivo 30 maggio, la  Regione  siciliana  ha  promosso  questioni
principali di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e  14,  comma
2, del decreto legislativo 14 marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in
materia di federalismo fiscale municipale), nonche' «delle  ulteriori
disposizioni del medesimo  decreto  ad  essi  correlati  che  possono
pregiudicare l'autonomia finanziaria della  Regione».  La  ricorrente
denuncia che dette disposizioni violano: a) tutte, gli artt. 36 e  37
dello statuto della Regione siciliana (r.d.lgs. 15  maggio  1946,  n.
455, recante «Approvazione dello statuto  della  Regione  siciliana»,
convertito in legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  2)  e  le
«relative» norme di attuazione di cui al d.P.R. 26  luglio  1965,  n.
1074 (Norme di attuazione dello Statuto della  Regione  siciliana  in
materia finanziaria); b) il solo art. 2, anche l'art. 14, lettera o),
dello statuto della Regione siciliana; c) il solo art. 14, comma 2, e
le «ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad essi correlati che
possono pregiudicare l'autonomia finanziaria  della  Regione»,  anche
gli artt. 81 e 119, quarto comma, della Costituzione  e  «l'autonomia
finanziaria dei Comuni». 
    1.2. - Quanto all'art. 2 del d.lgs. n. 23 del 2011, la ricorrente
richiama, in particolare,  i  commi  1,  2,  3  e  4,  ritenendo  che
l'attribuzione ai Comuni del gettito o delle quote  del  gettito  dei
tributi in essi elencati «sottrae alla Regione cespiti  di  spettanza
regionale». Tali commi stabiliscono che: «In attuazione della  citata
legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, ed in anticipazione
rispetto a quanto previsto in base al disposto del seguente  articolo
7,  a  decorrere  dall'anno   2011   sono   attribuiti   ai   comuni,
relativamente agli immobili ubicati nel  loro  territorio  e  con  le
modalita' di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito
derivante dai seguenti tributi: a) imposta di registro ed imposta  di
bollo sugli atti indicati all'articolo 1 della tariffa, parte  prima,
allegata al testo unico delle disposizioni concernenti  l'imposta  di
registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile
1986, n.  131;  b)  imposte  ipotecaria  e  catastale,  salvo  quanto
stabilito dal comma 5; c) imposta sul reddito delle persone  fisiche,
in relazione ai redditi fondiari,  escluso  il  reddito  agrario;  d)
imposta di registro ed imposta di bollo sui  contratti  di  locazione
relativi  ad  immobili;  e)  tributi  speciali  catastali;  f)  tasse
ipotecarie; g) cedolare secca sugli affitti di  cui  all'articolo  3,
con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del  comma
8 del presente articolo [comma 1]. Con riferimento ai tributi di  cui
alle lettere a), b), e)  ed  f),  del  comma  1,  l'attribuzione  del
gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al  30  per  cento
dello stesso  [comma  2].  Per  realizzare  in  forma  progressiva  e
territorialmente  equilibrata  la   devoluzione   ai   comuni   della
fiscalita' immobiliare di cui ai commi 1 e 2, e' istituito  un  Fondo
sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo e' stabilita in tre
anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo
previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009. Il Fondo
e' alimentato con il gettito di cui ai commi 1 e 2, nonche', per  gli
anni 2012, 2013 e 2014, dalla compartecipazione di  cui  al  comma  4
secondo le modalita' stabilite ai sensi del comma  7  [comma  3].  Ai
comuni e' attribuita una compartecipazione  al  gettito  dell'imposta
sul valore aggiunto; con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze,
da  adottare  d'intesa  con  la   Conferenza   unificata   ai   sensi
dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,  e'
fissata  la  percentuale  della  predetta  compartecipazione  e  sono
stabilite  le  modalita'  di  attuazione  del  presente  comma,   con
particolare  riferimento  all'attribuzione  ai  singoli  comuni   del
relativo gettito, assumendo a riferimento il territorio su cui si  e'
determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo. La  percentuale
della compartecipazione al gettito dell'imposta sul  valore  aggiunto
prevista dal presente comma e' fissata, nel  rispetto  dei  saldi  di
finanza  pubblica,  in  misura  finanziariamente   equivalente   alla
compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito
delle persone fisiche. In sede di prima  applicazione,  e  in  attesa
della determinazione del gettito  dell'imposta  sul  valore  aggiunto
ripartito per ogni  comune,  l'assegnazione  del  gettito  ai  comuni
avviene sulla base del gettito dell'imposta sul valore  aggiunto  per
provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di  ciascun  comune
[comma 4]». 
    Il parimenti denunciato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del
2011,  nel  disciplinare  l'ambito  di   applicazione   del   decreto
legislativo, dispone che:  «Al  fine  di  assicurare  la  neutralita'
finanziaria del presente  decreto,  nei  confronti  delle  regioni  a
statuto speciale il presente decreto  si  applica  nel  rispetto  dei
rispettivi  statuti  e  in  conformita'  con  le  procedure  previste
dall'articolo 27 della citata legge n. 42 del 2009, e in particolare:
a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle regioni a
statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta
sul reddito delle persone  fisiche  ovvero  al  gettito  degli  altri
tributi erariali, questa si intende riferita anche al  gettito  della
cedolare secca di cui all'articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza
e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo
2 nei confronti dei comuni ubicati nelle regioni a statuto  speciale,
nonche' le percentuali delle compartecipazioni di  cui  alla  lettera
a);  con  riferimento   all'imposta   municipale   propria   di   cui
all'articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti». 
    1.3. - La difesa regionale premette che il d.lgs. n. 23 del  2011
e' stato adottato in attuazione della  delega  conferita  al  Governo
dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione)  ed  evidenzia  che  nel  preambolo  del  decreto  sono
menzionati, in particolare, gli artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26
di detta legge  di  delegazione.  A  proposito  di  quest'ultima,  la
ricorrente rammenta che la Corte costituzionale, con la  sentenza  n.
201 del 2010, resa su un  ricorso  della  stessa  Regione  siciliana,
aveva chiarito che l'«art. 1, comma 2, della legge  n.  42  del  2009
stabilisce univocamente che  gli  unici  principi  della  delega  sul
federalismo fiscale applicabili alle Regioni a  statuto  speciale  ed
alle Province autonome sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e 27»
ed aveva  conseguentemente  ritenuto  non  applicabili  alla  Regione
siciliana i principi e criteri di delega contenuti nelle disposizioni
della legge n. 42 che essa aveva impugnato, fra le quali vi erano gli
artt. 11 e 12 (rectius: artt. 11, comma 1, lettere  b  ed  f,  e  12,
comma 1, lettere b e c). «Sennonche'» − prosegue la ricorrente  -  il
d.lgs. n. 23 del 2011 ha dedicato agli enti ad autonomia  speciale  i
commi 2 e  3  dell'art.  14.  In  particolare,  l'impugnato  comma  2
dell'art. 14, pur affermando di perseguire il «fine di assicurare  la
neutralita' finanziaria» del  d.lgs.  n.  23  del  2011,  stabilisce,
tuttavia, che tale decreto «si applica» nei confronti delle Regioni a
statuto speciale. Ne'  la  previsione,  contenuta  nell'alinea  dello
stesso comma 2, secondo  la  quale  l'applicazione  del  decreto  nei
confronti  degli  enti  ad  autonomia  speciale  deve  avvenire  «nel
rispetto dei rispettivi statuti e in  conformita'  con  le  procedure
previste dall'articolo 27 della [...] legge n.  42  del  2009»,  puo'
essere interpretata nel senso  che  «il  legislatore  delegato  abbia
inteso  solo  ribadire  la  clausola  della   legge   delega».   Tale
interpretazione e' infatti smentita, ad avviso della ricorrente,  sia
dalle successive lettere a) e b) del comma 2 dell'art.  14,  sia  dal
comma 3 dello  stesso  articolo  (relativo  agli  enti  ad  autonomia
speciale «che esercitano le funzioni in materia di finanza  locale»).
Al riguardo, la ricorrente sottolinea, in particolare, che la lettera
b) dell'impugnato comma  2  opera  un  «rinvio  alla  sede  pattizia»
soltanto per stabilire la «decorrenza e le modalita' di  applicazione
delle disposizioni di cui all'articolo 2  nei  confronti  dei  comuni
ubicati nelle regioni a statuto speciale», nonche' per  stabilire  le
percentuali delle compartecipazioni delle medesime Regioni al gettito
della cedolare secca sugli affitti di cui  all'art.  3  dello  stesso
d.lgs. n. 23 del  2011,  in  tale  modo  «ribadendo  [...]  l'obbligo
dell'osservanza dell'applicazione dei contenuti del provvedimento  in
parola». Risulterebbe dunque confermato -  conclude,  sul  punto,  la
ricorrente - che, per effetto delle «suenunciate  disposizioni  [...]
impugnate [...],  in  violazione  dei  principi  recati  dalla  legge
delega, viene in buona sostanza  importato  in  ambito  siciliano  il
nuovo sistema di finanziamento stabilito per gli enti locali  situati
nelle regioni a statuto ordinario». 
    Detta applicazione del d.lgs. n. 23 del 2011 nei confronti  della
Regione siciliana e, in particolare, la  devoluzione  ai  Comuni  del
gettito o delle quote del gettito  «derivante  dai  tributi  elencati
nell'articolo 2, ai  commi  1,  2,  3  e  4»  dello  stesso  decreto,
lederebbero  anzitutto   l'autonomia   finanziaria   della   Regione,
garantita dagli artt. 36 e 37 del suo  statuto  di  autonomia  e  dal
d.P.R.  n.  1074  del  1965,  sottraendole  «cespiti   di   spettanza
regionale».  In  base  a  tali  parametri,  spettano   alla   Regione
siciliana, «Ai sensi del primo comma dell'articolo 36  dello  Statuto
[...], tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito  del
suo  territorio,  dirette  o  indirette,  comunque  denominate»,   ad
eccezione soltanto delle «nuove entrate tributarie il cui gettito sia
destinato con apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti  a
soddisfare particolari finalita'  contingenti  o  continuative  dello
Stato specificate nelle leggi medesime» (art.  2,  primo  comma,  del
d.P.R. n. 1074 del 1965), e delle entrate riservate allo Stato (cioe'
delle entrate derivanti dalle imposte di  produzione,  dal  monopolio
dei tabacchi e dal lotto e  dalle  lotterie  a  carattere  nazionale;
artt. 36, secondo comma, dello statuto e 2, secondo comma, del d.P.R.
n.  1074  del  1965).  Detta  disciplina  dell'autonomia  finanziaria
regionale,  in  base  alla  quale  «la   Regione   risulta   titolare
dell'intero   cespite   tributario»,   che   «non   dovrebbe   subire
decurtazioni», verrebbe violata dalle norme impugnate  che  impongono
alla Regione siciliana la devoluzione ai  Comuni  del  gettito  o  di
quote del  gettito  di  tributi  ad  essa  spettanti  (la  ricorrente
menziona, in particolare, «IRPEF, IVA, tributi vari relativi ad  atti
aventi ad oggetto immobili, cedolare secca»);  entrate  regionali  di
cui il legislatore statale delegato avrebbe disposto  per  finanziare
gli enti locali.  La  ricorrente  sottolinea  ancora  che  la  «forte
contrazione» delle entrate regionali derivante dalle norme  impugnate
contraddice il fine, dichiarato dallo stesso legislatore statale, «di
assicurare la neutralita' finanziaria» del d.lgs. n. 23 del 2011  nei
confronti   delle   Regioni   a   statuto   speciale;   infatti,   la
compartecipazione delle Regioni a statuto speciale al  gettito  della
cedolare secca e  dell'imposta  municipale  propria,  secondo  quanto
previsto dall'art. 14, comma 2, lettera a),  del  d.lgs.  n.  23  del
2011, «non e' idonea ad assicurare  la  neutralita'  finanziaria  nei
confronti della Regione siciliana, ne' sotto il profilo  quantitativo
ne'  sotto  il  profilo  dell'autonomia  finanziaria  statutariamente
garantita», tenuto conto che detta Regione,  a  differenza  di  altri
enti  ad  autonomia  speciale,  e'  «titolare   dell'intero   cespite
tributario» e che essa, «tuttavia, [...] non potrebbe sottrarsi  alla
devoluzione ai Comuni di una quota compartecipativa».  La  fondatezza
delle doglianze avanzate dalla Regione troverebbe, infine,  conferma,
nella relazione della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione
del federalismo fiscale (COPAFF) del 30  giugno  2010  allegata  alla
relazione trasmessa dal Governo alle Camere  ai  sensi  dell'art.  2,
comma 6, della legge n. 42 del 2009. 
    Secondo la ricorrente, le disposizioni impugnate, comportando una
contrazione delle entrate regionali che sarebbe  quantificabile,  «da
prime  e  approssimative  stime,  elaborate  utilizzando  come  fonte
primaria la relazione della COPAFF del  30  giugno  2010»,  in  circa
settecento  milioni  di  euro  per  ciascun  anno,   determinerebbero
inoltre, in assenza di meccanismi compensativi, uno squilibrio  nelle
disponibilita'  finanziarie  regionali  tale   da   pregiudicare   la
possibilita', per la Regione, di esercitare le proprie funzioni,  con
conseguente violazione anche degli artt.  81  e  119,  quarto  comma,
Cost.  (sono  citate,  a  proposito  delle  conseguenze,  sul   piano
costituzionale, di un siffatto squilibrio, le  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993,  n.
138 del 1999, n. 376 del 2003, n. 260 del 2004 e n. 417 del 2005). 
    Quanto,   in   particolare,   al   primo   di   detti   parametri
costituzionali, la Regione ricorrente evidenzia  che  «le  richiamate
disposizioni del D.Lgs. 23/2011 sottraggono alla Regione siciliana un
cospicuo  gettito  finanziario  senza  stabilire  con  quali  risorse
finanziarie esso possa essere sostituito». 
    Quanto al secondo di detti parametri, la  ricorrente  afferma  di
essere consapevole della sua applicabilita' alle  Regioni  a  statuto
speciale, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 1 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione), solo per  le  parti  in  cui  prevede  forme  di
autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia'  attribuite.  La  Regione
siciliana «tuttavia» ne deduce la violazione per  lesione  sia  delle
proprie attribuzioni che di quelle degli enti  locali  siciliani  (in
ordine alla  legittimazione  delle  Regioni  ad  impugnare  la  legge
statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, la
ricorrente cita le sentenze della Corte  costituzionale  n.  196  del
2004, n. 417 del 2005, n. 95 e n. 169 del 2007 e n.  298  del  2009),
perche'  «non  solo  la  Regione  ma  pure  i  Comuni  siciliani,  in
applicazione del decreto, verrebbero a disporre di  mezzi  finanziari
insufficienti per l'adempimento dei propri compiti». Con riguardo, in
particolare, alla lesione delle attribuzioni dei Comuni siciliani, la
ricorrente afferma che «l'ammontare del gettito della devoluzione e/o
compartecipazione ai tributi erariali, nella previsione  del  decreto
legislativo  in  esame  [...]  non  risulta  idoneo  a  garantire  un
ammontare uguale agli attuali trasferimenti provenienti dallo Stato».
Cio' anche considerando le nuove entrate previste dal  d.lgs.  n.  23
del 2011 costituite dall'imposta di  soggiorno  di  cui  all'art.  4,
dall'imposta di scopo di cui all'art. 6, dal  recupero  dell'evasione
fiscale e dalla cedolare secca di cui all'art. 3 (a  proposito  della
quale ultima la ricorrente osserva, peraltro, che essa  «comunque  si
ascrive integralmente alla spettanza regionale» e che  «ammesso  che,
nella   emananda   normativa   di   attuazione,    si    scelga    la
compartecipazione  agli  enti  locali»,  il  suo  gettito  e'   assai
aleatorio tenuto  conto  della  facoltativita'  dell'opzione  per  il
regime  di  detta  cedolare).  La  ricorrente  sottolinea  infine  la
difficile  applicabilita',  per  i  Comuni  siciliani,  dei   sistemi
perequativi, tenuto conto che il sistema  dell'autonomia  finanziaria
della Regione  siciliana  «ascrive  alla  integrale  spettanza  della
medesima  quei  tributi  che  nella  relativa  previsione  dovrebbero
alimentare il fondo». 
    Secondo la ricorrente, infine, l'art. 2  del  d.lgs.  n.  23  del
2011, attribuendo ai Comuni il gettito o quote del gettito di tributi
di spettanza della Regione siciliana, viola anche l'art. 14,  lettera
o), dello statuto speciale, «in quanto finisce col  far  carico  alla
Regione siciliana  di  ulteriori  competenze  che,  come  di  recente
ribadito da Codesta Corte con la sentenza n. 442 del 2008,  non  sono
riconducibili alla previsione dell'art. 14, lett.  o)  dello  Statuto
siciliano e non possono comunque assegnarsi con legge ordinaria». 
    2. - Si e' costituto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo   che   tutte   le   questioni   siano   dichiarate
inammissibili o infondate. 
    2.1.− Secondo  la  difesa  dello  Stato,  le  questioni  promosse
sarebbero, anzitutto, inammissibili, perche', ai sensi dell'impugnato
comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011 - sia del  suo  alinea
che delle sue due lettere a) e  b),  le  quali  si  limiterebbero  ad
elencare «oggetti e criteri [...] che costituiscono meri elementi  di
orientamento  da  tenere  in  particolare  considerazione  in   vista
dell'applicazione del richiamato art. 27» della legge n. 42 del  2009
−  «l'ingresso  delle  disposizioni  del  decreto  legislativo  [...]
nell'ordinamento delle Regioni speciali in tanto potra'  avvenire  in
quanto le stesse siano  recepite  nelle  fonti  di  attuazione  dello
statuto, ovvero  si  addivenga  ad  una  revisione  di  quest'ultimo,
secondo le forme previste ed ove effettivamente necessario». 
    Siffatta lettura dell'art. 14, comma 2, si imporrebbe anche  alla
luce della sentenza della Corte costituzionale n. 201 del  2010.  Con
tale pronuncia la Corte, da un  canto,  ha  affermato  che,  in  base
all'art. 1, comma 2, delle legge n. 42 del 2009, gli  unici  principi
di tale legge di delegazione sul federalismo fiscale applicabili alle
Regioni a statuto speciale sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e
27, con conseguente dichiarazione  di  inammissibilita'  del  ricorso
proposto dalla Regione siciliana avverso  disposizioni  della  stessa
legge n. 42 del 2009 contenenti principi  e  criteri  di  delega  non
applicabili alla Regione;  d'altro  canto,  ha  chiarito  gli  ambiti
operativi e le funzioni del «tavolo di confronto» tra  il  Governo  e
ciascuna Regione a statuto speciale e Provincia  autonoma  istituito,
presso la Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dall'art.  27,
comma 7, della legge n. 42 del 2009, precisando  che  detto  «tavolo»
«rappresenta [...] il  luogo  in  cui  si  realizza,  attraverso  una
permanente interlocuzione, il confronto tra lo Stato e  le  autonomie
speciali per quanto attiene ai profili perequativi e  finanziari  del
federalismo fiscale delineati  dalla  citata  legge  di  delegazione,
secondo il principio di leale collaborazione espressamente richiamato
dalla stessa  disposizione  censurata».  Sarebbe  quindi  «chiaro»  −
secondo la parte resistente − che, «fino a quando non sara'  ultimato
l'iter procedurale previsto dall'art.  27  della  legge  n.  42/2009,
[...] richiamato dall'art. 14, comma 2, del D.lgvo n.  23  del  2011,
non potra' verificasi alcuna concreta ed immediata  violazione  delle
norme statutarie e delle relative  disposizioni  di  attuazione»;  in
effetti, neppure «la decorrenza e le modalita' di applicazione» delle
disposizioni di cui alle lettere a) e b) del  comma  2  dell'art.  14
«sono fissate dalla norma ma devono essere stabilite con le procedure
di cui all'art. 27 della legge n. 42/2009 e, quindi,  con  specifiche
norme di attuazione degli statuti di autonomia, la  cui  approvazione
ha  come  presupposto   l'intesa   con   la   regione   interessata».
Risulterebbe «a questo punto [...]  evidente»  −  sempre  secondo  la
difesa dello Stato − «che la ratio della disposizione di cui all'art.
14, comma 2, del d.lgvo n. 23 del 2011 sia garantire, con  il  rinvio
all'art. 27 della legge  n.  42  del  2009,  che  l'attuazione  della
riforma sia rispettosa delle competenze e  delle  attribuzioni  delle
autonomie speciali preoccupandosi che venga effettivamente assicurata
la neutralita' finanziaria nei  confronti  degli  enti  di  autonomia
differenziata». 
    Tale interpretazione  delle  disposizioni  denunciate  troverebbe
ulteriore conferma sia nella relazione illustrativa al d.lgs.  n.  23
del 2011 - in particolare, nella parte di essa relativa all'art. 2  −
sia nella circostanza che i provvedimenti di attuazione del d.lgs. n.
23 del 2011, il  cui  iter  di  adozione  era  ancora  in  corso,  si
riferivano soltanto alle Regioni a statuto ordinario. 
    La difesa dello  Stato  afferma,  conclusivamente,  che  «nessuna
concreta lesione si e' verificata, ne'  puo'  verificarsi,  in  danno
alla Regione siciliana, delle altre  Regioni  a  Statuto  speciale  e
delle Province autonome, in considerazione degli spazi  di  autonomia
che ad esse sono assicurati». 
    2.2.− Le questioni  promosse  sarebbero,  poi,  inammissibili  o,
comunque, infondate,  con  riguardo  alle  doglianze  avanzate  dalla
ricorrente in ordine allo squilibrio finanziario che le  disposizioni
impugnate determinerebbero sul bilancio regionale e  in  ordine  alla
lesione che esse recherebbero alle attribuzioni dei Comuni siciliani.
Secondo la parte resistente, infatti, tali  doglianze  sarebbero:  a)
«generiche  e  del  tutto  indimostrate»;  b)  «non   supportate   da
indicazione  di  pertinenti  parametri  costituzionali».  Quanto,  in
particolare, a questo secondo aspetto, la difesa dello Stato  osserva
che: a) l'art. 37 dello statuto  della  Regione  siciliana  «riguarda
l'imposta sui redditi delle societa', norma che non ha attinenza  con
l'argomento in esame»; b) l'art. 81 Cost.  e'  «manifestamente  fuori
tema». 
    2.3. - Quanto, infine, alla questione avente ad oggetto l'art.  2
del d.lgs. n. 23 del  2011,  promossa  in  riferimento  all'art.  14,
lettera o), dello statuto regionale, la parte resistente  deduce:  a)
l'inammissibilita' della stessa per la non pertinenza  del  parametro
evocato, atteso  che  «Ove  fosse  fondata  la  prospettazione  della
Regione siciliana di considerare la disposizione in  esame  come  una
sorta di "velata" norma di attuazione realizzata attraverso una legge
ordinaria, la Regione avrebbe dovuto invocare la violazione dell'art.
43 dello Statuto»; b) comunque, la sua infondatezza, perche' l'art. 2
del d.lgs. n. 23  del  2011  «non  comporta  alcuna  attribuzione  di
competenza in materia di finanza locale alla Regione Sicilia». 
    3. - In prossimita' della pubblica udienza la  Regione  siciliana
ha depositato una  memoria  nella  quale  ha  dedotto  l'infondatezza
dell'eccezione di inammissibilita'  delle  questioni  avanzata  dalla
difesa dello Stato ed ha confermato  le  argomentazioni  esposte  nel
ricorso in ordine all'illegittimita' delle disposizioni impugnate. 
    In particolare, quanto  all'ammissibilita'  delle  questioni,  la
difesa regionale ribadisce che l'art. 14, comma 2, del d.lgs.  n.  23
del 2011, «tenuto conto della divergenza del suo contenuto rispetto a
quanto indicato nella  legge  delega,  rende  cogente  anche  per  le
regioni a statuto speciale le disposizioni  del  Decreto  legislativo
[...] rinviandosi alla sede pattizia solo la fissazione di decorrenze
e modalita' applicative». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione siciliana ha  promosso  questioni  principali  di
legittimita' costituzionale degli artt. 2 [recte: i soli commi da 1 a
4 di tale articolo] e 14, comma 2, del decreto legislativo  14  marzo
2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di   federalismo   fiscale
municipale),  nonche'  «delle  ulteriori  disposizioni  del  medesimo
decreto ad essi correlati [recte: correlate] che possono pregiudicare
l'autonomia finanziaria della Regione». 
    1.1. - L'art. 2 e' impugnato solo nei commi da 1  a  4  (mancando
ogni censura riferita agli  altri  commi),  i  quali  prevedono,  nel
quadro del federalismo  fiscale  municipale  introdotto  dal  decreto
legislativo, la devoluzione ai Comuni, a  decorrere  dall'anno  2011,
del gettito o delle quote del gettito di alcuni  tributi  erariali  e
stabiliscono, in particolare, che:  1)  «In  attuazione  della  [...]
legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, ed in anticipazione
rispetto a quanto previsto in base al disposto del seguente  articolo
7,  a  decorrere  dall'anno   2011   sono   attribuiti   ai   comuni,
relativamente agli immobili ubicati nel  loro  territorio  e  con  le
modalita' di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito
derivante dai seguenti tributi: a) imposta di registro ed imposta  di
bollo sugli atti indicati all'articolo 1 della tariffa, parte  prima,
allegata al testo unico delle disposizioni concernenti  l'imposta  di
registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile
1986, n.  131;  b)  imposte  ipotecaria  e  catastale,  salvo  quanto
stabilito dal comma 5; c) imposta sul reddito delle persone  fisiche,
in relazione ai redditi fondiari,  escluso  il  reddito  agrario;  d)
imposta di registro ed imposta di bollo sui  contratti  di  locazione
relativi  ad  immobili;  e)  tributi  speciali  catastali;  f)  tasse
ipotecarie; g) cedolare secca sugli affitti di  cui  all'articolo  3,
con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del  comma
8 del presente articolo» [comma 1]; 2) «Con riferimento ai tributi di
cui alle lettere a), b), e) ed f), del comma  1,  l'attribuzione  del
gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al  30  per  cento
dello stesso» [comma 2]; 3) «Per realizzare in  forma  progressiva  e
territorialmente  equilibrata  la   devoluzione   ai   comuni   della
fiscalita' immobiliare di cui ai commi 1 e 2, e' istituito  un  Fondo
sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo e' stabilita in tre
anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo
previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009. Il Fondo
e' alimentato con il gettito di cui ai commi 1 e 2, nonche', per  gli
anni 2012, 2013 e 2014, dalla compartecipazione di  cui  al  comma  4
secondo le modalita' stabilite ai sensi del comma 7» [comma  3];  «Ai
comuni e' attribuita una compartecipazione  al  gettito  dell'imposta
sul valore aggiunto; con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze,
da  adottare  d'intesa  con  la   Conferenza   unificata   ai   sensi
dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,  e'
fissata  la  percentuale  della  predetta  compartecipazione  e  sono
stabilite  le  modalita'  di  attuazione  del  presente  comma,   con
particolare  riferimento  all'attribuzione  ai  singoli  comuni   del
relativo gettito, assumendo a riferimento il territorio su cui si  e'
determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo. La  percentuale
della compartecipazione al gettito dell'imposta sul  valore  aggiunto
prevista dal presente comma e' fissata, nel  rispetto  dei  saldi  di
finanza  pubblica,  in  misura  finanziariamente   equivalente   alla
compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito
delle persone fisiche. In sede di prima  applicazione,  e  in  attesa
della determinazione del gettito  dell'imposta  sul  valore  aggiunto
ripartito per ogni  comune,  l'assegnazione  del  gettito  ai  comuni
avviene sulla base del gettito dell'imposta sul valore  aggiunto  per
provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun  comune»
[comma 4]. 
    1.2. - Il parimenti censurato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs.  n.
23 del 2011, nel disciplinare l'ambito di applicazione  dello  stesso
decreto legislativo rispetto alle Regioni ad autonomia differenziata,
dispone che: «Al fine di assicurare la  neutralita'  finanziaria  del
presente decreto, nei confronti delle regioni a statuto  speciale  il
presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e  in
conformita' con le procedure previste dall'articolo  27  della  [...]
legge n. 42 del 2009, e in particolare: a) nei casi in cui,  in  base
alla legislazione vigente, alle regioni a statuto speciale spetta una
compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito  delle  persone
fisiche ovvero al gettito degli altri  tributi  erariali,  questa  si
intende riferita  anche  al  gettito  della  cedolare  secca  di  cui
all'articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza  e  le  modalita'  di
applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2  nei  confronti
dei comuni ubicati nelle  regioni  a  statuto  speciale,  nonche'  le
percentuali delle compartecipazioni  di  cui  alla  lettera  a);  con
riferimento all'imposta municipale propria di cui all'articolo  8  si
tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti». 
    1.3. - Ad avviso della Regione ricorrente,  i  commi  da  1  a  4
dell'art. 2 ed il comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011 - in
combinato  disposto  con   le   non   meglio   precisate   «ulteriori
disposizioni»  del  medesimo  decreto   «che   possono   pregiudicare
l'autonomia finanziaria della Regione» - prescrivono, da un lato, che
il decreto si  applichi  («il  presente  decreto  si  applica»)  alle
Regioni a statuto speciale (comma 2 dell'art. 14) e, dall'altro,  che
siano devoluti ai Comuni siciliani («sono attribuiti ai  comuni»),  e
non alla Regione siciliana, il gettito derivante  da  alcuni  tributi
specificamente elencati dal decreto stesso (commi da 1 a 4  dell'art.
2)  e  riscossi  nell'ambito  del  territorio  della  Regione.   Tale
normativa, per la ricorrente, viola:  a)  gli  art.  36  e  37  dello
statuto  speciale  (r.d.lgs.  15  maggio  1946,   n.   455,   recante
«Approvazione dello statuto della Regione siciliana»,  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e le  correlative  norme
di attuazione (in specie, l'art. 2 del  d.P.R.  26  luglio  1965,  n.
1074, recante  «Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana in materia  finanziaria»),  perche'  sottrae  alla  Regione
siciliana entrate tributarie che, invece,  le  competono  in  base  a
detti parametri, in forza dei quali «spettano» alla Regione siciliana
(salvo talune particolari eccezioni, nella  specie  non  sussistenti)
tutte le entrate tributarie erariali  riscosse  nell'ambito  del  suo
territorio, dirette o indirette, comunque denominate;  b)  l'art.  81
Cost., perche' sottrae alla Regione siciliana  «un  cospicuo  gettito
finanziario senza stabilire con quali risorse finanziarie esso  possa
essere sostituito»; c)  l'art.  119,  quarto  comma,  Cost.,  nonche'
«l'autonomia  finanziaria  dei   Comuni»,   perche'   determina   una
contrazione delle entrate della Regione e dei  Comuni  siciliani  per
effetto della quale «non solo la Regione ma pure i Comuni  siciliani,
in  applicazione  del  decreto,  verrebbero  a  disporre   di   mezzi
finanziari insufficienti per l'adempimento dei propri compiti». 
    1.4. - L'art. 2 (commi da 1 a 4) del d.lgs. n. 23 del 2011  viene
altresi' impugnato per violazione dell'art.  14,  lettera  o),  dello
statuto  speciale,  perche',  prevedendo  l'attribuzione  ai   Comuni
siciliani di tributi o quote di tributi di spettanza  della  Regione,
«finisce  col  far  carico  alla  Regione  siciliana   di   ulteriori
competenze» che non sono riconducibili alla previsione  del  suddetto
evocato parametro - il quale attribuisce all'Assemblea  regionale  la
competenza legislativa esclusiva in materia  di  «regime  degli  enti
locali e delle circoscrizioni relative» −  e  «non  possono  comunque
assegnarsi con legge ordinaria». 
    2. - Preliminarmente, deve essere  dichiarata  l'inammissibilita'
delle questioni aventi ad  oggetto  le  «ulteriori  disposizioni  del
medesimo  decreto  [...]   che   possono   pregiudicare   l'autonomia
finanziaria  della  Regione».  Avendo  fatto  uso  di  tale  generica
formulazione,  infatti,  la  ricorrente   ha   omesso   di   indicare
puntualmente  le  disposizioni   impugnate   e,   pertanto,   ne   ha
indebitamente demandato l'individuazione a questa Corte. In tal  modo
non ha adempiuto quanto richiesto dal combinato disposto degli  artt.
34, primo comma, e 23, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), secondo cui il ricorrente deve indicare nel  ricorso
- a pena di inammissibilita' della questione − le «disposizioni della
legge o dell'atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione,
viziate da illegittimita' costituzionale». 
    3.   -   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha    eccepito
l'inammissibilita' di tutte le questioni, perche'  «nessuna  concreta
lesione si e' verificata, ne' puo' verificarsi, in danno alla Regione
siciliana». Ad avviso  della  difesa  dello  Stato,  la  clausola  di
salvaguardia contenuta nell'impugnato comma 2 dell'art. 14 - in  base
alla quale il d.lgs. n. 23 del 2011 si applica  nei  confronti  delle
Regioni a statuto speciale «nel rispetto dei rispettivi statuti e  in
conformita' con le procedure previste dall'articolo  27  della  [...]
legge n. 42 del  2009»  −  rende  «evidente»  che  «l'ingresso  delle
disposizioni del decreto  legislativo  [...]  nell'ordinamento  delle
Regioni speciali in tanto potra' avvenire in quanto le  stesse  siano
recepite nelle fonti di attuazione dello statuto, ovvero si addivenga
ad una revisione  di  quest'ultimo,  secondo  le  forme  previste»  e
garantisce, percio', il rispetto delle attribuzioni  delle  autonomie
speciali. 
    L'eccezione  non  puo'  essere  accolta,  perche'   la   predetta
Avvocatura  adduce  un  argomento  di  merito  -  quale   e'   quello
dell'inapplicabilita'  alla  Regione  ricorrente  delle  disposizioni
impugnate − al fine di sostenere l'inammissibilita', in  rito,  delle
questioni. Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa dello Stato,
infatti, la valutazione delle questioni in  punto  di  ammissibilita'
attiene alla prospettazione della ricorrente  e  deve  essere  tenuta
distinta  da  quella  in  punto  di  fondatezza.  Nella  specie,   la
ricorrente sostiene che le norme impugnate si applicano alla  Regione
siciliana e da tale applicazione deduce la violazione  della  propria
autonomia finanziaria  e  di  quella  dei  Comuni  siciliani.  Appare
percio' evidente che l'eventuale inapplicabilita' alla Regione  delle
norme  denunciate  comporterebbe  l'infondatezza  delle   prospettate
questioni e non la loro inammissibilita'. 
    4. - Nel merito, le questioni non sono  fondate  nei  termini  di
seguito precisati. 
    4.1. - La  ricorrente  deduce  che  l'applicazione  alla  Regione
siciliana del d.lgs. n. 23 del 2011, prevista - a suo  avviso  -  dal
denunciato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011, si pone in
contrasto con il richiamato  disposto  degli  artt.  36  e  37  dello
statuto d'autonomia e con le relative norme di attuazione, perche' la
compartecipazione  dei  Comuni  al  gettito  di  determinati  tributi
erariali   (l'IVA   ed   i   tributi   concernenti   la   «fiscalita'
immobiliare»), stabilita dai pure censurati commi da 1 a 4  dell'art.
2 dello stesso decreto, comporta la devoluzione ai  Comuni  siciliani
di un gettito tributario  che,  derivando  da  tributi  riscossi  nel
territorio regionale, spetta, invece, alla Regione. 
    La questione non e' fondata, perche', pur non potendosi negare la
spettanza alla Regione siciliana del gettito degli  indicati  tributi
riscossi nel suo territorio e, quindi, la potenziale sussistenza  del
denunciato contrasto, deve ritenersi  che  proprio  questo  contrasto
rende operante la clausola di "salvaguardia" degli  statuti  speciali
contenuta nel parimenti censurato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs.  n.
23 del 2011, secondo cui il decreto «si applica nei  confronti  delle
regioni  a  statuto  speciale»  solo  «nel  rispetto  dei  rispettivi
statuti». Ne consegue l'inapplicabilita' alla Regione ricorrente  dei
censurati commi dell'art. 2, in quanto "non rispettosi" dello statuto
d'autonomia. 
    Tale conclusione e' coerente con i principi contenuti nella legge
di delegazione 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia  di
federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione),
la quale, essendo assunta a fondamento del d.lgs. n. 23 del 2011,  ne
definisce anche i limiti di applicazione. Detta legge, nel  suo  art.
1, comma 2, al fine di garantire la peculiare  autonomia  finanziaria
riconosciuta  alle  Regioni  a  statuto  speciale  ed  alle  Province
autonome, limita la  propria  applicazione  alle  Regioni  a  statuto
ordinario, precisando che agli enti ad  autonomia  differenziata  «si
applicano [...] esclusivamente le disposizioni di cui  agli  articoli
15, 22 e 27», purche' «in conformita' con gli statuti»  (sentenza  n.
201 del 2010). Una siffatta generale clausola di "salvaguardia" delle
autonomie speciali e' ribadita dal richiamato art.  27  della  stessa
legge di delegazione, il  quale  stabilisce  che  il  concorso  delle
Regioni  a  statuto   speciale   e   delle   Province   autonome   al
«conseguimento degli obiettivi di perequazione e di  solidarieta'  ed
all'esercizio dei diritti e doveri  da  essi  derivanti,  nonche'  al
patto di stabilita' interno ed all'assolvimento degli obblighi  posti
dall'ordinamento comunitario», deve avvenire, appunto, nel  «rispetto
degli statuti speciali» e secondo «criteri e modalita'» stabiliti  da
«norme di attuazione dei rispettivi  statuti,  da  definire,  con  le
procedure previste dagli statuti medesimi». 
    Cosi' interpretata  la  suddetta  clausola  di  salvaguardia,  ne
risulta, dunque, l'erroneita' del presupposto interpretativo  da  cui
muove  la  Regione  ricorrente,  secondo  cui  le   norme   censurate
sancirebbero l'«obbligo» di applicare il d.lgs. n. 23  del  2011  nei
confronti delle  Regioni  a  statuto  speciale.  Da  tale  erroneita'
consegue l'insussistenza del dedotto vulnus degli evocati parametri. 
    4.2. - Dalla rilevata  inapplicabilita'  alla  Regione  siciliana
delle disposizioni denunciate discende l'infondatezza non solo  della
prima questione prospettata dalla ricorrente, ma anche  di  tutte  le
altre questioni promosse, le quali  muovono  dalla  medesima  erronea
premessa  interpretativa  che  alla  Regione  si   applichino   dette
disposizioni anche in caso di contrasto con lo statuto speciale.