ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 64, commi 2
e  4,  lettera  e),  del  decreto-legge  25  giugno   2008   n.   112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008 n. 133, promosso dal Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio nel procedimento vertente tra SNALS - CONF.SAL ed  altri
e il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca  ed
altro, con ordinanza del 14  marzo  2011,  iscritta  al  n.  187  del
registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  costituzione  di  SNALS  -  CONF.SAL  ed  altri,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del  18  settembre  2012  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella; 
    uditi gli avvocati Stefano Viti e Michele Mirenghi per la SNALS -
CONF.SAL ed altri e  l'avvocato  dello  Stato  Tito  Varrone  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in  riferimento  agli
articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma  della
Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 64, commi  2  e  4,
lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133. 
    2.- Il giudice remittente riferisce in premessa che il giudizio a
quo e' stato instaurato dal sindacato SNALS - CONF.SAL  e  da  alcuni
collaboratori scolastici, per contestare i provvedimenti adottati dal
Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca  che
avevano disposto la riduzione degli organici del personale ATA del 17
per cento su scala  nazionale,  ripartendo  poi  la  riduzione  degli
organici regionali. 
    Lo stesso giudice rileva  che  i  ricorrenti  hanno  impugnato  i
seguenti atti adottati ai sensi del richiamato art. 64: a)  il  piano
programmatico degli interventi, in attuazione dell'art. 64, comma  3,
nel quale sono state fissate in 44.500 le unita' di personale ATA  da
ridurre  complessivamente  nel  triennio  2009-2010,  di  cui  15.167
nell'anno scolastico 2010-2011, e sono state ripartite  le  riduzioni
di organico per ogni dotazione regionale; b) il d.P.R. 22 giugno 2009
n. 119 (Disposizioni per la revisione dei criteri e dei parametri per
la determinazione della consistenza complessiva  degli  organici  del
personale  amministrativo   tecnico   ed   ausiliario   (ATA)   delle
istituzioni  scolastiche  ed  educative),  che  ha  disciplinato   la
revisione dei criteri  e  dei  parametri  per  la  definizione  degli
organici ATA, finalizzandola al  raggiungimento  degli  obiettivi  di
razionalizzazione stabiliti nell'art. 64, e nel  piano  programmatico
citato. 
    I medesimi ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  hanno  censurato  i
provvedimenti impugnati, chiedendone, tra l'altro,  la  dichiarazione
di  illegittimita'  derivata  dalla   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. In particolare,  essi
hanno lamentato: il conferimento al  legislatore  di  una  delega  in
bianco all'amministrazione per l'esercizio del potere  regolamentare,
senza l'indicazione dei  necessari  criteri  per  il  suo  esercizio;
l'eccesso di potere legislativo, poiche' il legislatore con le  norme
impugnate perseguiva finalita' diverse da quelle dichiarate, relative
alla riorganizzazione del sistema di istruzione; la violazione  della
riserva  di  legge  di  cui  all'art.  97   Cost.   in   materia   di
organizzazione dei  pubblici  uffici;  la  violazione  dell'art.  117
Cost., dal momento che le norme censurate non rientrano  nelle  norme
generali sull'istruzione; la violazione di legge, nonche' il  difetto
di motivazione e di istruttoria  perche'  la  rideterminazione  degli
organici nazionali non e' stata preceduta dalla revisione dei criteri
e dei parametri degli organici complessivi. 
    In riferimento alla rilevanza della questione, il giudice  a  quo
osserva la  pregiudizialita'  della  valutazione  delle  disposizioni
dell'art.   64   impugnate,   dalla   cui   pretesa    illegittimita'
costituzionale deriverebbe l'illegittimita' degli atti amministrativi
con i quali si e' proceduto alla  loro  attuazione.  In  particolare,
nell'ordinanza si osserva che  «qualora  il  Collegio  non  dubitasse
della norma di cui al menzionato art. 64» dovrebbe rigettare le prime
quattro censure ora  richiamate,  limitando  il  giudizio  alla  sola
contestazione del  procedimento  seguito  per  la  definizione  della
riduzione dell'organico. 
    2.1.-  Il  giudice  remittente  rileva  un   primo   profilo   di
illegittimita' per eccesso di potere legislativo, in riferimento agli
artt. 3 e 97  Cost.,  a  causa  della  mancanza,  nelle  disposizioni
impugnate, di  ogni  riferimento  a  parametri  normativi  idonei  ad
orientare il potere amministrativo nel dare loro attuazione. 
    Condividendosi la prospettazione dei  ricorrenti,  nell'ordinanza
si  sostiene  che  le  disposizioni  impugnate,  per  mere   esigenze
finanziarie, disciplinano solo il procedimento per l'adozione di atti
di contenimento della spesa pubblica, malgrado lo scopo  indicato  di
riorganizzazione e  di  miglioramento  degli  standard  dei  servizi,
«senza prevedere  alcuna  prescrizione  che  colleghi  funzionalmente
l'effettuazione dei tagli all'organico con il fine dichiarato,  ossia
che consenta, ad esempio, di  ritenere  disciplinato  il  metodo  per
individuare  gli  eventuali  sprechi,  le  dotazioni   superflue,   i
necessari processi di razionalizzazione, l'analisi della qualita' dei
servizi e le possibili soluzioni per il mantenimento  della  qualita'
con minori organici». 
    2.2.- In secondo luogo, il giudice a quo  afferma  che  le  norme
censurate violano la riserva di legge di cui  all'art.  97  Cost.  in
tema  di  organizzazione  dei  pubblici  uffici,  sostenendo  che  la
riserva, anche se relativa, secondo l'interpretazione  offerta  dalla
giurisprudenza costituzionale, obbliga il legislatore  a  determinare
preventivamente  sufficienti  criteri  direttivi  di  base  e   linee
generali di  disciplina  della  discrezionalita'  amministrativa.  Le
disposizioni in questione sono, al contrario, prive di ogni  criterio
direttivo che regoli l'esercizio del potere amministrativo, al  quale
e' attribuita una delega in bianco, potendo  cosi'  l'amministrazione
determinare a proprio esclusivo piacimento le nuove dotazioni  ATA  a
livello regionale, i rapporti tra alunni  e  singole  qualifiche  del
personale ATA, nonche' individuare le qualifiche sulle quali incidono
le riduzioni e la loro misura. 
    2.3.- Infine, una terza censura viene  riferita  alla  violazione
del  riparto  di  competenza  legislativa   tra   Stato   e   Regioni
disciplinato dall'art. 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma,
della Costituzione. 
    Nell'ordinanza si osserva che l'art. 64 impugnato e'  finalizzato
esclusivamente ad obiettivi di tipo finanziario, e  pertanto  non  e'
riconducibile ne' alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato  in
materia di norme generali sull'istruzione,  ne'  rientra  nell'ambito
della competenza concorrente relativa alla  materia  "istruzione",  e
quindi  tra  i  principi  fondamentali  di  competenza  statale.   Le
riduzioni previste, ad avviso del giudice  remittente,  non  incidono
neppure  indirettamente  sulla  materia  "istruzione",  e  riguardano
esclusivamente  «aspetti  ausiliari  e  di  servizio  che,  sia  pure
funzionalmente collegati  all'attivita'  dell'insegnamento  in  senso
proprio,  ne  restano  tuttavia   logicamente,   concettualmente   ed
operativamente  distinti,   risolvendosi   le   due   sfere,   quella
dell'insegnamento  e  quella   delle   prestazioni   ausiliarie,   in
altrettante categorie  organizzative  concorrenti  e  coordinate,  ma
ontologicamente  diverse,  tanto  che  il   relativo   personale   e'
strutturato in carriere e graduatorie diverse, con accessi diversi  e
senza alcuna graduazione di carriera». 
    3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio per chiedere che le  questioni  sollevate  siano  dichiarate
inammissibili e infondate. 
    Preliminarmente,  nell'atto  di  intervento,   si   osserva   che
l'ordinanza  di  rimessione  non  contiene  alcun  riferimento   alla
violazione del principio di  uguaglianza  e  del  principio  di  buon
andamento dell'amministrazione, di cui  agli  artt.  3  e  97  Cost.,
limitandosi ad esporre la  tesi  secondo  la  quale  le  disposizioni
impugnate  non  indicano  i  criteri  direttivi  per  procedere  alla
riduzione dell'organico del personale ATA. 
    In riferimento al lamentato eccesso di potere legislativo,  oltre
a  ritenere  inconferenti  i   parametri   costituzionali   indicati,
l'Avvocatura sostiene che le conclusioni del  giudice  remittente  si
fondano su una lettura frammentaria ed  incompleta  dell'art.  64  in
questione. Il comma 2 di tale articolo deve invece  essere  posto  in
correlazione con i  commi  successivi,  i  quali  hanno  previsto  un
particolare procedimento per addivenire agli  obiettivi  fissati  nei
primi due commi, ed in particolare per la predisposizione di un piano
programmatico da parte dei Ministeri interessati, e per l'adozione di
norme regolamentari sulla base dei criteri  e  parametri  specificati
dal comma 4, lettere da a) ad f). 
    Pertanto, ad avviso dell'Avvocatura, le norme sulla riduzione del
personale ATA si inseriscono in  un  insieme  di  criteri  direttivi,
quali l'accorpamento delle classi e la razionalizzazione dei piani di
studio  e  del  rapporto  alunni/docente  secondo  standard  europei,
coerenti con il fine  dichiarato  di  riorganizzazione  del  servizio
scolastico. 
    Nell'atto di costituzione in giudizio si sottolinea che il rinvio
ad un successivo piano programmatico di interventi ed  a  regolamenti
di delegificazione, previsto dall'art. 64 censurato,  e'  gia'  stato
riconosciuto legittimo dalla sentenza della Corte  costituzionale  n.
200 del 2009, e si nega che il  richiamo  ad  un  piu'  razionale  ed
efficiente utilizzo  del  personale  sia  finalizzato  unicamente  ad
esigenze di riduzione della spesa pubblica: esso  e',  al  contrario,
preordinato anche al  miglioramento  del  servizio,  all'eliminazione
degli  sprechi,   all'uso   razionale   delle   risorse,   e   quindi
all'attuazione del principio di buon  andamento  dell'amministrazione
sancito dall'art. 97 Cost.. 
    3.1.- In secondo luogo, in relazione alla censura riguardante  la
violazione della riserva di legge in materia  di  organizzazione  dei
pubblici uffici, si osserva che tale riserva ha natura relativa e non
assoluta, ed impone alla legge la  sola  determinazione  dei  criteri
direttivi. Nel rispetto di questo principio, e  quindi  dell'art.  97
Cost., i commi 2 e 4, lettera e), dell'art.  64  impugnato,  rinviano
alla fonte  regolamentare  per  la  disciplina  di  aspetti  che  non
attengono alle linee generali dell'organizzazione  degli  uffici,  ma
incidono sulla loro dotazione organica, la quale non puo' che  essere
affidata alla discrezionalita' dell'amministrazione. 
    L'Avvocatura   richiama   ancora   la   sentenza   della    Corte
costituzionale n. 200 del 2009, che da un lato ha ritenuto che l'art.
64 in questione ha provveduto ad una predeterminazione  puntuale  dei
criteri cui deve  attenersi  il  Governo  nell'esercizio  del  potere
regolamentare,  e  dall'altro,  in  riferimento  al   profilo   della
ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, ha ritenuto che le
norme contenute nel comma 4,  lettere  da  a)  ad  f),  dello  stesso
articolo, sono da qualificare "norme generali sull'istruzione". 
    Pertanto, le disposizioni impugnate risultano legittime anche  se
valutate nell'ambito delle competenze statali previste dall'art. 117,
secondo comma, lettera n), della Costituzione. 
    3.2.- Quanto alla censura riferita alla violazione  dell'art.  97
Cost., l'Avvocatura ribadisce la natura  relativa  della  riserva  di
legge ivi  prevista,  e,  sotto  diverso  profilo,  sostiene  che  le
disposizioni  impugnate  rinviano   alla   fonte   regolamentare   la
disciplina  di   aspetti   che   non   riguardano   in   alcun   modo
l'organizzazione dei  pubblici  uffici,  ma  incidono  esclusivamente
sulla dotazione organica del personale, «la quale non puo' che essere
affidata alla discrezionalita'  amministrativa»:  la  natura  tecnica
delle scelte relative alla consistenza degli organici  del  personale
pubblico e' confermata dall'art. 2 del decreto legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle  amministrazioni  pubbliche),  che  prevede  che  le
pubbliche amministrazioni determinano tale consistenza mediante  atti
organizzativi, e quindi tenendo conto  delle  concrete  esigenze  che
solo le stesse amministrazioni possono valutare, e non rimette questa
disciplina alla definizione astratta della legge. 
    Nel caso di specie, si sottolinea che le dotazioni organiche sono
state  determinate  sulla  base  dei  provvedimenti   di   attuazione
dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124  (Disposizioni  urgenti
in materia di personale scolastico), che ha disposto il trasferimento
allo Stato del personale ATA dipendente degli enti locali. 
    3.3.-  Con   successiva   memoria   depositata   in   prossimita'
dell'udienza, l'Avvocatura rileva che  nelle  more  del  giudizio  di
costituzionalita'  sono  intervenuti  alcuni  mutamenti  del   quadro
normativo in grado di  determinare  la  restituzione  degli  atti  al
giudice a quo. 
    Una  prima  novita'  si  ricava  dall'art.  9,  comma   17,   del
decreto-legge 13  maggio  2011,  n.  70  (Semestre  Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
in legge 12 luglio 2011, n. 106, che prevede l'adozione di «un  piano
triennale  per  l'assunzione  a  tempo  indeterminato,  di  personale
docente, educativo ed ATA, per gli anni  2011-2013,  sulla  base  dei
posti  vacanti  e  disponibili  in  ciascun  anno,   delle   relative
cessazioni del predetto personale e degli  effetti  del  processo  di
riforma previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25  giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133; il piano puo' prevedere la  retrodatazione  giuridica  dall'anno
scolastico 2010-2011 di quota parte  delle  assunzioni  di  personale
docente e ATA, sulla base dei posti vacanti e disponibili relativi al
medesimo anno scolastico 2010-2011, fermo restando il rispetto  degli
obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica». 
    In attuazione di tali disposizioni, ed  all'esito  del  negoziato
concluso con la stipula del contratto collettivo sottoscritto in data
4 agosto 2011, con D.M. 3 agosto 2011  (Programmazione  triennale  di
assunzioni a tempo indeterminato di personale docente,  educativo  ed
ATA, per il triennio scolastico  2011-2013),  e'  stato  adottato  il
piano  triennale  che  prevede  l'assunzione  per  l'anno  scolastico
2011/2012 di 36.000 unita' di personale ATA, da  autorizzare  con  le
procedure previste dall'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n.  449
(Misure  per  la  stabilizzazione  della   finanza   pubblica),   cui
seguiranno, tenendo  conto  dei  pensionamenti  e  dell'attuazione  a
regime del processo di riforma previsto dall'art.  64  impugnato  nel
presente giudizio, ulteriori 7.000 assunzioni per gli anni scolastici
2012-2013 e 2013-2014. 
    3.4.-  Un  secondo  intervento  legislativo  ritenuto   rilevante
dall'Avvocatura  si  desume  dall'art.  19,  commi  da  4  a  7,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n.  111,  che  dispone  (al  comma  4),  che  a
decorrere dall'anno scolastico 2011-2012, «la  scuola  dell'infanzia,
la scuola primaria  e  la  scuola  secondaria  di  primo  grado  sono
aggregate in istituti comprensivi, con la seguente soppressione delle
istituzioni  scolastiche   autonome   costituite   separatamente   da
direzioni didattiche e scuole secondarie di  I  grado»,  e  che  tali
istituti  comprensivi,  «per  acquisire  l'autonomia  devono   essere
costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le  istituzioni
site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree  geografiche
caratterizzate da specificita' linguistiche».  Inoltre,  al  comma  5
dello stesso art. 19, si esclude la possibilita' di  assegnazione  di
dirigenti  scolastici  con  incarico  a  tempo   indeterminato   alle
istituzioni scolastiche con un  numero  di  alunni  inferiore  a  500
unita', e il comma  7  prevede:  «A  decorrere  dall'anno  scolastico
2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo  ed
ATA della scuola non devono superare la  consistenza  delle  relative
dotazioni organiche  dello  stesso  personale  determinata  nell'anno
scolastico   2011-2012   in   applicazione   dell'articolo   64   del
decreto-legge 25 giugno 2088, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  assicurando  in  ogni  caso,  in
ragione di anno, la quota delle economie lorde di  spesa  che  devono
derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012,  ai
sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9  dell'articolo  64
citato». 
    Nella memoria si sottolinea,  in  particolare,  che  quest'ultima
disposizione, facendo specifico riferimento  alla  consistenza  delle
dotazioni organiche del personale  ATA,  non  sembra  lasciare  dubbi
sull'intento del legislatore di  introdurre,  a  decorrere  dall'anno
scolastico  2012-2013,  un  limite  all'organico  nazionale  di  tale
personale  -  cosi'  come  di  quello  docente  -  determinandone  la
consistenza in base agli esiti applicativi dell'art. 64 impugnato nel
presente giudizio. 
    Il   richiamato   ius   superveniens   dovrebbe   comportare   la
restituzione degli atti al giudice a quo. 
    3.5.- L'Avvocatura solleva  una  seconda  eccezione  preliminare,
osservando che nel giudizio a quo sono stati impugnati una  serie  di
provvedimenti che, ad esclusione del d.P.R. n. 119  del  2009,  hanno
ormai esaurito i loro effetti. In tal senso, si afferma che il d.m. 5
agosto 2010 (Disposizioni concernenti la definizione  dei  criteri  e
dei parametri per la  determinazione  degli  organici  del  personale
amministrativo  tecnico  ed  ausiliario  (ATA),   delle   istituzioni
scolastiche e educative e la consistenza della dotazione organica per
l'anno scolastico 2010/2011), con il  quale  si  e'  provveduto  alla
determinazione delle  dotazioni  organiche  nazionali  del  personale
della  scuola,  era  riferito  esclusivamente   all'anno   scolastico
2010-2011,  cosi'  come  altri  due   decreti   avevano   riguardato,
rispettivamente, gli anni scolastici 2009-2010 (d.m. 20 luglio  2009,
n. 65), e 2011-2012 (d.m. 29  luglio  2011  n.  66).  Dalla  rilevata
conclusione del processo di attuazione delle disposizioni  impugnate,
deriverebbe il venir  meno  dell'interesse  dello  SNALS  -  CONF.SAL
all'annullamento dei provvedimenti impugnati nel giudizio a quo. 
    3.6.- Sotto un diverso ed ulteriore profilo, l'Avvocatura  rileva
l'inammissibilita' della questione di costituzionalita' nei  riguardi
del gruppo di lavoratori che si sono costituiti, affiancando lo SNALS
- CONF.SAL nel giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio. Nella memoria  si  contesta  l'affermazione,  contenuta
nell'ordinanza di rimessione, secondo la quale  la  legittimazione  a
ricorrere dei lavoratori si fonda  sul  «proprio  interesse,  e  alla
conservazione  del  posto  di  lavoro,  e  alla  conservazione  della
qualita' del lavoro che  assumono  minacciata  dall'aggravamento  dei
compiti derivante dalla riduzione dell'organico». 
    Questa motivazione non sarebbe convincente, dal momento  che,  in
assenza di allegazioni da parte degli interessati, non  chiarisce  se
qualcuno dei lavoratori  ricorrenti  abbia  effettivamente  perso  il
posto di  lavoro  in  conseguenza  dei  provvedimenti  impugnati  nel
giudizio a quo, e comunque,  se  cio'  fosse  realmente  accaduto,  i
lavoratori coinvolti avrebbero dovuto adire il giudice  ordinario  al
quale e' devoluta la  cognizione  delle  controversie  riguardanti  i
pubblici dipendenti interessati dalla "privatizzazione" del  rapporto
di  lavoro.  Pertanto,  anche   l'insufficiente   motivazione   sulla
rilevanza giustificherebbe la restituzione degli atti  al  giudice  a
quo, che avra' il  compito  di  verificare  la  legittimazione  degli
istanti mediante la specifica analisi dei riflessi dei  provvedimenti
impugnati nella loro  sfera  giuridica  e  la  persistenza  del  loro
interesse all'annullamento  degli  atti  censurati  in  presenza  del
descritto ius superveniens. 
    3.7.- Infine, l'Avvocatura ribadisce le argomentazioni a sostegno
della richiesta di dichiarazione di inammissibilita'  e  infondatezza
delle questioni sollevate gia' esposte nell'atto di intervento. 
    4.- Si sono costituiti in giudizio il sindacato SNALS -  CONF.SAL
e alcuni collaboratori scolastici, parti del giudizio a quo, con  due
separati atti di identico contenuto. 
    Gli intervenienti ribadiscono  la  censura  di  costituzionalita'
relativa all'eccesso di potere legislativo, riferita agli articoli  3
e 97 Cost., sotto il profilo della manifesta  irragionevolezza  delle
disposizioni impugnate, dal momento che l'art. 64 in  questione,  pur
dando atto di voler coniugare i tagli degli organici con  l'obiettivo
della qualificazione e della valorizzazione del servizio  scolastico,
si limita in realta' a prevedere una  scarna  regolamentazione  volta
unicamente a disciplinare il procedimento sulla  cui  base  pervenire
alle riduzioni di personale prefissate. 
    4.1.- In secondo luogo, pur riconoscendo che la riserva di  legge
prevista dall'art. 97 in tema di organizzazione dei  pubblici  uffici
ha natura relativa e non assoluta, si osserva  che  nella  specie  le
disposizioni  censurate  demandano   al   potere   regolamentare   la
determinazione dei tagli senza fissare alcun criterio  direttivo,  se
non quelli della percentuale  da  abbattere,  e  dell'arco  temporale
entro il quale realizzare l'intervento di riduzione del personale. 
    4.2.- In riferimento alla  violazione  dell'art.  117  Cost.,  si
afferma che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 13  del  2004,
ha sottolineato che la programmazione  della  rete  scolastica  e  la
distribuzione del  personale  tra  le  istituzioni  scolastiche,  non
risolvendosi nell'adozione di  norme  generali  sull'istruzione,  non
rientrano  nella  competenza  statale   esclusiva,   ma   in   quella
concorrente; mentre nella successiva sentenza n.  200  del  2009,  la
Corte ha precisato  che  le  "norme  generali  sull'istruzione"  sono
quelle  che  «definiscono  la  struttura  portante  del  sistema   di
istruzione»,  rientrando  nella  competenza  concorrente  quelle  non
riconducibili alla struttura essenziale del sistema  che  necessitano
per la loro attuazione dell'intervento regionale. 
    Pertanto, ad avviso degli intervenienti, in sede di  legislazione
concorrente lo Stato deve fissare le norme  di  raccordo  tra  quelle
generali sull'istruzione e quelle di competenza regionale. Si osserva
che sulla base  di  tali  premesse  la  Corte  costituzionale,  nella
sentenza n. 200 del 2009, ha dichiarato illegittime  le  disposizioni
contenute nella lettera f) bis  dell'art.  64  qui  censurato,  nella
parte in cui demandava a un regolamento «la definizione dei  criteri,
tempi e modalita' per la determinazione e l'articolazione dell'azione
di dimensionamento della rete scolastica». Si insiste quindi  per  la
dichiarazione di illegittimita' delle disposizioni impugnate. 
    4.3.-  In  prossimita'  dell'udienza  l'organizzazione  sindacale
intervenuta  in  giudizio  ha  depositato  memoria  per  ribadire  le
precedenti censure, richiamando  anche  il  contenuto  della  recente
sentenza della Corte costituzionale, n. 147 del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  l'ordinanza  indicata   in   epigrafe,   il   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, ha sollevato,  in  riferimento
agli articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera n), e  terzo  comma
della Costituzione, la questione di legittimita' dell'art. 64,  commi
2 e  4,  lettera  e),  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    1.1.- In primo luogo, il giudice remittente rileva  il  vizio  di
eccesso di potere legislativo,  e  la  conseguente  violazione  degli
articoli 3 e 97 Cost., a causa  della  mancanza,  nelle  disposizioni
impugnate, di  ogni  riferimento  a  parametri  normativi  idonei  ad
orientare il potere amministrativo nel dare loro attuazione,  essendo
finalizzate,  per  mere  esigenze  finanziarie,  alla  riduzione  del
personale, malgrado  lo  scopo  indicato  di  riorganizzazione  e  di
miglioramento degli standard dei servizi. 
    1.2.- Inoltre, il giudice  a  quo  afferma  la  violazione  della
riserva di legge di cui all'art. 97 della  Costituzione  in  tema  di
organizzazione dei pubblici uffici, sostenendo che la riserva,  anche
se relativa, obbliga il  legislatore  a  determinare  preventivamente
sufficienti criteri direttivi di base e linee generali di  disciplina
della  discrezionalita'  amministrativa,   mentre   le   disposizioni
impugnate conferiscono all'amministrazione una delega in bianco. 
    1.3.- Una ulteriore censura viene riferita  alla  violazione  del
riparto di competenza legislativa tra Stato  e  Regioni  disciplinato
dall'art. 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma,  Cost.,  dal
momento che le disposizioni impugnate sono finalizzate esclusivamente
ad obiettivi di tipo finanziario, e pertanto  non  riconducibili  ne'
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  norme
generali sull'istruzione, ne' alla  competenza  concorrente  relativa
alla materia "istruzione". 
    2.- L'Avvocatura generale  dello  Stato,  in  rappresentanza  del
Presidente del Consiglio dei ministri, ha richiesto che le  questioni
sollevate  siano  dichiarate  inammissibili  e  infondate,  rilevando
anche, in una successiva memoria, che  nelle  more  del  giudizio  di
costituzionalita'  sono  intervenuti  alcuni  mutamenti  del   quadro
normativo in grado di  determinare  la  restituzione  degli  atti  al
giudice a quo. 
    3.- Ai fini dell'esame  del  merito  delle  questioni  sollevate,
giova premettere una descrizione del contesto normativo nel quale  si
inseriscono le disposizioni impugnate. 
    L'art. 64 del decreto-legge n.  112  del  1998,  con  l'obiettivo
dichiarato al comma 1 di «una  migliore  qualificazione  dei  servizi
scolastici e di una  piena  valorizzazione  del  personale  docente»,
prevede l'adozione di una serie di misure. Al comma 2, impugnato  nel
presente giudizio, dispone che si proceda «alla revisione dei criteri
e dei parametri previsti per la definizione delle dotazioni organiche
del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), in modo da
conseguire, nel triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del  17%
della consistenza numerica della dotazione organica  determinata  per
l'anno scolastico 2007-2008. Per  ciascuno  degli  anni  considerati,
detto  decremento  non  deve  essere  inferiore  ad  un  terzo  della
riduzione complessiva da conseguire, fermo restando  quanto  disposto
dall'art. 2, commi 411 e 412, della legge 24 dicembre 2007, n. 244». 
    Inoltre,  il  comma  3,  per  la  realizzazione  delle   suddette
finalita', dispone che il Ministro dell'istruzione,  dell'universita'
e della ricerca, di concerto con il Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, sentita  la  Conferenza  Unificata  e  previo  parere  delle
Commissioni   parlamentari   competenti,   predisponga    un    piano
programmatico di interventi volti ad una  maggiore  razionalizzazione
dell' utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili. 
    Infine, il comma 4, per l'attuazione del piano di cui al comma 3,
prevede l'emanazione di uno o piu' regolamenti da adottarsi ai  sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  su
proposta  del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,
sentita la Conferenza Unificata, anche  modificando  le  disposizioni
legislative  vigenti,  al  fine  di  provvedere  ad   una   revisione
dell'attuale assetto ordinamentale,  organizzativo  e  didattico  del
sistema scolastico, attenendosi ad una serie di criteri tra i  quali,
quello indicato alla lett. e), dispone: «la revisione dei  criteri  e
dei  parametri  vigenti  per  la  determinazione  della   consistenza
complessiva degli organici del personale docente ed ATA,  finalizzata
ad una razionalizzazione degli stessi». 
    4.-  L'eccezione   con   la   quale   l'Avvocatura   rileva   ius
superveniens, che giustifica la restituzione degli  atti  al  giudice
remittente, non e' fondata. 
    Ad  avviso  dell'interveniente  le   novita'   legislative   sono
costituite, in primo luogo, dall'art. 9, comma 17, del  decreto-legge
n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del
2011, che prevede l'adozione di «un piano triennale per  l'assunzione
a tempo indeterminato, di personale docente, educativo  ed  ATA,  per
gli anni 2011-2013, sulla base dei posti  vacanti  e  disponibili  in
ciascun anno, delle relative  cessazioni  del  predetto  personale  e
degli effetti del processo di riforma previsto dall'articolo  64  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133;  il  piano  puo'  prevedere  la
retrodatazione giuridica  dall'anno  scolastico  2010-2011  di  quota
parte delle assunzioni di personale docente e  ATA,  sulla  base  dei
posti vacanti e disponibili  relativi  al  medesimo  anno  scolastico
2010-2011, fermo restando il rispetto degli obiettivi programmati dei
saldi di finanza pubblica». In attuazione di  tali  disposizioni,  il
d.m. 3 agosto 2011,  ha  previsto  il  piano  triennale  che  dispone
l'assunzione per l'anno scolastico  2011/2012  di  36.000  unita'  di
personale ATA. Inoltre, l'art. 19, commi da 4 a 7, del  decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011,
n. 111, ha disposto, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012,  che
«la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la  scuola  secondaria
di primo  grado  sono  aggregate  in  istituti  comprensivi,  con  la
seguente   soppressione   delle   istituzioni   scolastico   autonome
costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole  secondarie
di  I  grado»,  e  che  tali  istituti  comprensivi,  «per  acquisire
l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti
a 500 per  le  istituzioni  site  nelle  piccole  isole,  nei  comuni
montani,  nelle  aree  geografiche  caratterizzate  da   specificita'
linguistiche». Al comma  5  dello  stesso  art.  19,  si  esclude  la
possibilita' di assegnazione di dirigenti scolastici con  incarico  a
tempo indeterminato alle istituzioni scolastiche  con  un  numero  di
alunni inferiore a 500 unita', e il comma 7, in particolare, prevede:
«A decorrere dall'anno scolastico 2012/2013  le  dotazioni  organiche
del personale docente, educativo  ed  ATA  della  scuola  non  devono
superare la consistenza  delle  relative  dotazioni  organiche  dello
stesso  personale  determinata  nell'anno  scolastico  2011-2012   in
applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25  giugno  2088,  n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.
133, assicurando in ogni caso, in ragione di  anno,  la  quota  delle
economie lorde di spesa che devono derivare  per  il  bilancio  dello
Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di
cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 64 citato». 
    4.1.- Passando all'esame delle norme ora  richiamate,  si  rileva
che nelle more del presente giudizio, questa Corte, con  la  sentenza
n.  147  del  2012,  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  n.  111   del   2011,   che   disponeva
l'aggregazione delle scuole dell'infanzia e delle scuole  primarie  e
secondarie in istituti comprensivi, unitamente alla fissazione  della
soglia rigida di 1000 alunni, desumendo dall'immediata  incidenza  di
tali disposizioni sul dimensionamento delle  istituzioni  scolastiche
la loro natura di intervento di dettaglio,  lesivo  della  competenza
legislativa regionale. Tali disposizioni sono  state  quindi  espunte
dall'ordinamento  e,  non  risultando  neppure  la  loro   temporanea
attuazione, non possono costituire ius superveniens in relazione alle
norme impugnate nel presente giudizio. 
    4.2.- In secondo luogo, deve rilevarsi che le altre  disposizioni
qualificate ius superveniens dall'Avvocatura non modificano le  norme
censurate nel presente giudizio, dal momento che  esse  non  incidono
ne' sull'art. 64, comma 2, impugnato, che per il  triennio  2009-2011
dispone una riduzione pari al 17 per cento della consistenza organica
del personale ATA determinata per l'anno  scolastico  2007-2008,  ne'
sul comma 4, lettera e), che disciplina  lo  strumento  regolamentare
mediante  il  quale  procedere  alla  revisione  dei  criteri  e  dei
parametri per la determinazione dell'organico dello stesso personale. 
    L'art. 9, comma 17, del decreto-legge  n.  70  del  2011,  regola
infatti le modalita' per l'adozione e per la verifica dell'attuazione
di un piano per il triennio 2011-2013, finalizzato all'assunzione  di
personale docente e ATA, facendo espressamente salvi «gli effetti del
processo di riforma previsto dall'art. 64 del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  6  agosto
2008, n. 133». Come riconosciuto anche dall'Avvocatura, in attuazione
di queste disposizioni, e' stato  adottato  il  piano  triennale  che
prevede l'assunzione, per  l'anno  scolastico  2011/2012,  di  36.000
unita' di personale ATA, cui seguono, tenendo conto dei pensionamenti
e dell'attuazione a regime del processo di riforma previsto dall'art.
64,  ulteriori  assunzioni  per  gli  anni  scolastici  2012/2013   e
2013/2014. 
    Il piano riguarda nuove assunzioni da effettuare  in  un  periodo
temporale nettamente distinto da quello nel quale e' stato attuato il
processo di riforma e di riduzione del personale di cui all'art.  64,
commi 2 e 4, lettera  e),  censurato,  che,  come  si  e'  visto,  si
riferisce al precedente triennio  2009-2011;  e,  d'altro  canto,  lo
stesso piano per le nuove assunzioni a decorrere dall'anno 2011/2012,
presuppone il completamento del processo di riduzione  del  personale
previsto dalle norme impugnate, dal momento che  il  citato  art.  9,
comma 17, qualificato ius superveniens,  indica  chiaramente  che  le
nuove assunzioni possano avvenire «sulla base  dei  posti  vacanti  e
disponibili in ciascun anno, delle relative cessazioni  del  predetto
personale e del processo di riforma previsto dall'art. 64» in esame. 
    Questa ricostruzione normativa trova conferma nel piano triennale
adottato  con  d.m.  3  agosto  2011  (Programmazione  triennale   di
assunzioni a tempo indeterminato di personale docente,  educativo  ed
ATA, per il triennio scolastico 2011-2013), che  identifica  i  posti
vacanti per ciascuno degli anni  scolastici  2011/2012,  2012/2013  e
2013/2014, e  ribadisce  il  fine  di  «garantire  continuita'  nella
erogazione del  servizio  scolastico  ed  educativo  e  conferire  il
maggiore   possibile   grado   di   certezza   e   stabilita'   nella
pianificazione  degli  organici  della  scuola»,  facendo  salvi  gli
effetti della riforma prevista dall'art. 64 del decreto-legge n.  112
del 2008. Il piano di assunzioni risulta,  pertanto,  presumibilmente
preordinato ad assicurare la copertura dei posti  resisi  vacanti,  o
comunque   disponibili,   all'esito   del   processo   di   riduzione
dell'organico del personale ATA, e ad impedire che  il  cumulo  degli
effetti di tale riduzione e delle  scoperture  determinate  da  altre
cause, quali i pensionamenti, pongano a rischio  la  continuita'  del
servizio scolastico. 
    4.3.- Analogamente, deve rilevarsi che anche l'art. 19, comma  5,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che esclude  la  possibilita'
di  assegnazione  di  dirigenti  scolastici  con  incarico  a   tempo
indeterminato alle istituzioni scolastiche con un  numero  di  alunni
inferiore a 500 unita', non modifica in alcun  modo  le  disposizioni
impugnate, riguardando con  evidenza  altri  aspetti  concernenti  la
collocazione del personale dirigenziale. 
    4.4.- Infine, il comma  7  dello  stesso  articolo,  al  fine  di
rendere stabile, nel prossimo futuro, l'assetto cui si  perviene  con
la riforma prevista  dalle  disposizioni  impugnate,  prevede  che  a
decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni  organiche  del
personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono  superare
la  consistenza  delle  relative  dotazioni  organiche  dello  stesso
personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012, in applicazione
dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. 
    Anche  quest'ultima  disposizione  si  riferisce  ad   una   fase
temporalmente successiva a quella disciplinata dalle norme impugnate,
prevedendo  che  i  risultati  della   riforma   da   esse   prevista
costituiscono la base per la determinazione  delle  future  dotazioni
organiche. 
    Pertanto, la mancata incidenza delle nuove disposizioni su quelle
censurate,  e  gli   effetti   che   l'eventuale   dichiarazione   di
incostituzionalita' di queste ultime  avrebbe  sui  provvedimenti  di
attuazione  che  hanno  previsto  la  riduzione  del  personale  ATA,
conducono a ritenere non fondata l'eccezione proposta. 
    4.5.- L'Avvocatura  generale  dello  Stato  solleva  una  seconda
eccezione preliminare, affermando che nel giudizio a quo  sono  stati
impugnati una serie di provvedimenti che, ad eccezione del d.P.R.  n.
119 del 2009, hanno ormai esaurito i loro  effetti:  di  conseguenza,
sarebbe   venuto   meno   l'interesse   dello   SNALS   -    CONF.SAL
all'annullamento dei provvedimenti impugnati nel medesimo giudizio. 
    4.6.- Anche tale eccezione, peraltro prospettata in modo alquanto
generico, non e' fondata. 
    Le  argomentazioni  dell'Avvocatura  si  riferiscono  al  preteso
esaurimento degli effetti dei provvedimenti di  attuazione  dell'art.
64,  impugnati  nel  giudizio  davanti  al  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio. Sul  punto,  basti  rilevare  che  la  stessa
Avvocatura ammette che il d.P.R. n. 119 del 2009, con il quale si  e'
proceduto, secondo il disposto dell'art. 64,  comma  4,  lettera  e),
alla revisione dei criteri e  dei  parametri  per  la  determinazione
dell'organico del personale ATA,  risulta  ancora  esplicare  i  suoi
effetti.  Esso  contiene  norme  generali  vigenti  che  regolano  le
dotazioni  organiche  e  la  stabilita'  dell'organico  di   diritto,
l'efficacia e l'efficienza dei servizi, le modalita'  per  l'utilizzo
di personale esterno all'amministrazione. 
    4.7.-    Infine,    anche    l'ulteriore    eccezione    proposta
dall'Avvocatura,  non  e'   fondata.   Essa   concerne   la   pretesa
inammissibilita' della questione di  costituzionalita'  nei  riguardi
del gruppo di lavoratori che hanno affiancato lo SNALS - CONF.SAL nel
giudizio a quo, sul presupposto dell'assenza di prova  della  perdita
del lavoro da parte di tali  lavoratori  a  seguito  dell'entrata  in
vigore delle  norme  censurate  e  della  giurisdizione  del  giudice
ordinario nella  materia,  trattandosi  di  controversia  riguardante
pubblici dipendenti interessati dalla "privatizzazione" del  rapporto
di lavoro. 
    L'eccezione non tocca  infatti  il  persistente  interesse  della
citata organizzazione sindacale, ricorrente principale nel giudizio a
quo,  nel  quale  sono  successivamente  intervenuti  i   lavoratori.
Inoltre, nell'ordinanza  di  rimessione  si  rinviene  una  specifica
motivazione relativa all'interesse di questi ultimi a partecipare  al
giudizio,  che  si  sostanzia  «nel   proprio   interesse,   e   alla
conservazione  del  posto  di  lavoro,  e  alla  conservazione  della
qualita' del lavoro che  assumono  minacciato  dall'aggravamento  dei
compiti derivante dalla riduzione dell'organico». 
    Pertanto, i lavoratori intervenuti nel giudizio  non  fondano  la
loro domanda sulla  perdita  del  posto  di  lavoro,  ma  su  diverse
presunte lesioni  di  loro  diritti  che  il  giudice  remittente  ha
ritenuto  idonee  a  giustificare  la  legittimazione  ad  agire  nel
giudizio a quo. Di conseguenza, l'eccezione proposta  dall'Avvocatura
non  e'  fondata,  dovendosi  anche  rilevare  che  questa  Corte  ha
costantemente  affermato  che  l'inammissibilita'   delle   questioni
incidentali di legittimita' costituzionale, sotto  il  profilo  della
carenza di giurisdizione del giudice a  quo,  puo'  verificarsi  solo
quando il  difetto  di  giurisdizione  emerga  icto  oculi,  «dovendo
peraltro la relativa indagine arrestarsi, qualora il rimettente, come
nella  specie,  abbia   espressamente   motivato   in   maniera   non
implausibile  in  ordine  alla  propria  giurisdizione»  (ex  multis,
sentenze n. 81 del 2010 e n. 94 del 2009). 
    5.- Passando all'esame del merito, la prima  questione,  riferita
al vizio di eccesso di potere legislativo, non e' fondata. 
    A questo riguardo va, anzitutto, rilevato che risulta  superabile
l'argomentazione  dell'Avvocatura  concernente   l'inconferenza   dei
parametri di cui agli articoli 3 e 97 Cost. indicati  dal  giudice  a
quo.  Il  vizio  suddetto,  anche  se  consistente  nello   sviamento
dell'attivita'     legislativa,     ovvero      nella      intrinseca
contraddittorieta' tra la ratio della disposizione e il suo contenuto
normativo,  si  estrinseca  nella   violazione   del   canone   della
ragionevolezza e pertanto rientra nella sfera applicativa dell'art. 3
della Costituzione (sentenze n. 172 del 2006, n. 146 del  1996  e  n.
313 del 1995). In alcune occasioni la Corte ha esaminato questo  tipo
di censura anche se associata alla violazione dell'art. 97 Cost., nel
caso le norme impugnate riguardassero il funzionamento  di  pubbliche
amministrazioni (sentenza n. 402 del 2007). 
    Al fine di valutare l'esistenza del prospettato vizio di  eccesso
di  potere   legislativo,   sotto   il   profilo   della   intrinseca
contraddittorieta' tra ratio e contenuto normativo della disposizione
impugnata, e' necessario procedere ad una lettura  integrale,  e  non
parziale,  delle  norme  impugnate,  come  emerge  dalla   richiamata
giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenza n. 402 del 2007),
ovvero ad una lettura «dell'intero quadro normativo»  di  riferimento
del settore legislativo nel quale  si  inseriscono  le  stesse  norme
(sentenza n. 172 del 2006). All'esito di  questo  esame  complessivo,
puo' infatti valutarsi l'eventuale esistenza del vizio in  questione,
con particolare riferimento alla ratio dell'intervento legislativo ed
alla sua eventuale irragionevolezza  o  contraddittorieta',  ed  allo
sviamento della funzione legislativa. 
    Anche nel presente  giudizio,  deve  seguirsi  tale  procedimento
logico e interpretativo. 
    5.1.- Il quadro normativo di cui all'art. 64 del decreto-legge n.
112 del 2008, nel quale si inseriscono le disposizioni qui impugnate,
e' stato gia' esaminato da questa Corte nelle  sentenze  n.  200  del
2009, n. 92 e n. 283 del 2011. 
    Nella prima pronuncia, nella quale sono  state  valutate  censure
direttamente riferite anche alle disposizioni impugnate nel  presente
giudizio, la Corte ha affermato che «l'articolo richiamato,  nel  suo
complesso,  reca  norme  in  materia  di  organizzazione   scolastica
nazionale», ed ha descritto in  modo  articolato  «l'iter  complesso»
individuato dalla norma (si veda anche la sentenza n. 283 del  2011),
che comprende: l'indicazione dei fini di migliore qualificazione  dei
servizi scolastici e di una piena valorizzazione dei  docenti  (comma
1); gli interventi volti ad incrementare gradualmente di un punto  il
rapporto alunni/docente e ad avvicinare tale rapporto  agli  standard
europei, nonche'  a  procedere  alla  revisione  dei  criteri  e  dei
parametri fissati per le dotazioni organiche «in modo da  consentire,
nel triennio 2009-2011, una riduzione complessiva del  17  per  cento
della dotazione organica determinata per l'anno scolastico 2007-2008;
con decremento annuo  non  inferiore  ad  un  terzo  della  riduzione
complessiva da conseguire» (comma 2); l'indicazione  dello  strumento
di  programmazione  degli  interventi,   costituito   da   un   piano
programmatico di interventi «volti ad una maggiore  razionalizzazione
dell'utilizzo delle risorse  umane  e  strumentali  disponibili,  che
conferiscano  una  maggiore  efficacia  ed  efficienza   al   sistema
scolastico» (comma 3); e «dei  criteri  che  debbono  orientare  tale
razionalizzazione,  per  l'attuazione   della   quale   e'   prevista
l'adozione di regolamenti governativi» (sentenza  n.  200  del  2009,
paragrafo 29). 
    In particolare, in relazione all'art. 64, comma 4,  questa  Corte
ha affermato che «e' necessario sottolineare che il comma 4, nel  suo
incipit, dispone che, ai fini dell'attuazione del piano programmatico
previsto al comma 3, si provvede con regolamenti  di  delegificazione
"a una revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo  e
didattico del sistema scolastico"  attenendosi  ai  criteri  indicati
nelle  lettere  che  seguono  nel  comma   stesso.   Sul   punto   e'
indispensabile  precisare   che   la   disposizione   in   questione,
correttamente interpretata, deve essere intesa nel senso che  oggetto
di  revisione  sono  "le   caratteristiche   basilari"   dell'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico. Cio'
in  coerenza  con  la  natura  di  norma  generale  che  deve  essere
riconosciuta alla disposizione  stessa  e  proprio  perche'  essa  e'
diretta, nel suo insieme, ad assicurare  unitarieta'  ed  uniformita'
nell'intero   territorio   nazionale   all'ordinamento    scolastico»
(sentenza n. 200 del 2009, paragrafo 32). 
    Sulla base di queste argomentazioni, la Corte ha  dichiarato  non
fondate le questioni sollevate in riferimento agli articoli 117,  118
Cost., anche in relazione al principio  di  leale  collaborazione,  e
riferite alle lettere da a)  ad  f)  del  comma  4  dell'art.  64  in
questione, e quindi anche  alla  lettera  e),  oggetto  del  presente
giudizio. Sul punto, la sentenza n. 200 del 2009 afferma  che  «sotto
un profilo d'ordine sostanzialistico», le disposizioni  previste  dal
predetto comma 4, lettere da a)  ad  f)  «possano  essere  senz'altro
qualificate come "norme generali sull'istruzione", dal  momento  che,
per evidenti  ragioni  di  necessaria  unita'  ed  uniformita'  della
disciplina in materia scolastica, sono preordinate ad introdurre  una
normativa operante  sull'intero  territorio  nazionale  in  tema:  di
razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso,  al  fine
di garantire una maggiore flessibilita' nell'impiego di  docenti:  di
ridefinizione dei "curricoli vigenti nei diversi  ordini  di  scuola"
attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e degli orari; di
revisione dei criteri di formazione delle  classi;  di  rimodulazione
dell'organizzazione didattica delle scuole primarie; di revisione  di
criteri e parametri per la determinazione complessiva degli organici;
di ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei  centri  di
formazione per gli adulti. Si tratta,  dunque,  di  disposizioni  che
contribuiscono a delineare  la  struttura  di  base  del  sistema  di
istruzione: esse non necessitano di un'ulteriore normazione a livello
regionale, e dunque non possono essere qualificate come espressive di
principi fondamentali della materia dell'istruzione» (sentenza n. 200
del 2009, paragrafi n. 33 e n. 34). 
    Da queste affermazioni  puo'  gia'  desumersi  che  la  Corte  ha
identificato  il   razionale   obiettivo   delle   norme   impugnate,
inserendole nel contesto di «una serie di interventi e di misure  che
sono dirette alla riorganizzazione  del  comparto  scolastico  e,  in
particolare, ad incrementare gradualmente, di un  punto  il  rapporto
alunni/docente  entro  l'anno  scolastico  2010/2011»:  un  rinnovato
scrutinio di tale contesto normativo, al fine di esaminare la censura
prospettata nel presente giudizio, conduce allo stesso risultato. 
    In   tal   senso,   sono    condivisibili    le    argomentazioni
dell'Avvocatura, che  nel  ribadire  la  necessita'  di  una  lettura
integrata delle disposizioni impugnate nel contesto complessivo delle
norme contenute nell'art. 64  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,
sostiene che quelle sulla riduzione del personale ATA si  inseriscono
in un insieme di criteri direttivi, quali l'accorpamento delle classi
e  la  razionalizzazione  dei  piani  di  studio   e   del   rapporto
alunni/docente  secondo  standard  europei,  coerenti  con  il   fine
dichiarato di riorganizzazione del servizio scolastico. 
    La considerazione delle disposizioni di  cui  ai  commi  2  e  4,
lettera e),  in  modo  avulso  dalla  valutazione  complessiva  della
riforma, prevista dall'art. 64 in questione, nel quale sono inserite,
conduce il giudice rimettente a ritenere la  revisione  dell'organico
del personale  ATA  un'operazione  non  collegata  al  riassetto  del
sistema dell'istruzione, identificato da questa Corte nelle  pronunce
richiamate. 
    Lo stesso giudice non considera, infatti, la funzione  del  piano
programmatico, che secondo il comma 3 dell'art.  64,  e'  finalizzato
alla «realizzazione delle finalita' previste dal presente  articolo»,
e quindi a dettare le linee programmatiche in tutti  gli  ambiti  nei
quali si articola la riforma, nella quale rientra anche  la  prevista
riduzione del personale ATA. 
    La lettura del piano predisposto conferma la necessita' di questo
collegamento,  al  fine  di  una   corretta   interpretazione   delle
disposizioni impugnate, dal momento che nel  paragrafo  introduttivo,
dedicato alle «aree di intervento», lo stesso atto chiarisce che  «il
presente documento programmatico individua una sequenza  organica  di
azioni strettamente correlate e interdipendenti  secondo  una  logica
unitaria, riferite  alle  seguenti  macro-aree:  1.  Revisione  degli
ordinamenti didattici; 2. Riorganizzazione della rete scolastica;  3.
Razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane delle  scuole».  E
il successivo capitolo dedicato al  personale  ATA  ribadisce  queste
interdipendenze  tra  i  vari   interventi   di   riforma   previsti,
disponendo, oltre alle riduzioni di cui al comma 2 dell'art. 64,  che
«la formulazione del nuovo piano di dimensionamento  sopra  descritto
ridurra' sia il numero delle istituzioni scolastiche che quello delle
sezioni distaccate, dei plessi e delle  succursali,  con  conseguente
riduzione di fabbisogno di personale ATA». 
    La  coerenza  interna  delle  misure  di  riforma   del   sistema
scolastico, previste dall'art. 64 del decreto-legge n. 112 del  2008,
e' confermata dalle argomentazioni contenute nella  sentenza  n.  283
del 2011, con la quale questa Corte  ha  dichiarato  non  fondata  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  72,  comma  1,
ultimo periodo, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008,  nella
parte in cui esclude il personale scolastico  dalla  possibilita'  di
richiedere l'esonero anticipato dal servizio. Per  giustificare  tale
esclusione, la sentenza afferma che la disposizione  censurata  «deve
essere letta congiuntamente  a  quanto  stabilito  dall'art.  64  del
predetto  decreto-legge,  che,  con  l'obiettivo  di  "una   migliore
qualificazione dei servizi scolastici e di una  piena  valorizzazione
professionale del personale docente", delinea una serie di interventi
e di misure volte  a  riorganizzare  il  comparto  scolastico  e,  in
particolare, tese ad "incrementare,  gradualmente,  di  un  punto  il
rapporto alunni/docente" entro l'anno scolastico 2010/2011». 
    In questa pronuncia, si ribadisce che  al  fine  suindicato,  «il
citato articolo 64 individua un iter complesso», che, oltre  al  piu'
volte richiamato piano programmatico, prevede «l'adozione  di  uno  o
piu'   regolamenti   di   revisione    dell'assetto    ordinamentale,
organizzativo  e  didattico  del  sistema  scolastico,  vincolati  al
rispetto dei criteri espressamente menzionati dalle lettere da a)  ad
e) del comma 4 dell'art. 64 del decreto-legge n. 112 del 2008»; e  si
afferma che «la disposizione di esclusione del  personale  scolastico
dall'area di operativita' dell'art. 72 del decreto-legge in questione
si presenta in sintonia con  il  disegno  del  legislatore,  che  pur
essendo volto a realizzare una riduzione del  numero  dei  dipendenti
pubblici,  e  quindi  anche  del  personale  scolastico,  per  quanto
concerne  quest'ultima  categoria,   tiene   conto   tuttavia   della
necessita' di effettuare  una  razionale  revisione  delle  dotazioni
organiche attraverso il riassetto ordinamentale di  cui  all'art.  64
del medesimo decreto-legge. 
    Quest'ultima  disposizione,  perseguendo  l'obiettivo   di   «una
migliore  qualificazione  dei  servizi  scolastici  e  di  una  piena
valorizzazione professionale  del  personale  docente»,  delinea  una
serie  di  interventi   e   di   misure   che   sono   dirette   alla
riorganizzazione del  comparto  scolastico,  e,  in  particolare,  ad
«incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto  alunni/docente"
entro l'anno scolastico 2010/2011» (sentenza n. 283 del 2011). 
    Pertanto, la prima questione sollevata nel presente giudizio  non
e' fondata, dal momento che la lettura integrata  delle  disposizioni
impugnate nel contesto complessivo delle norme di cui all'art. 64 del
decreto-legge n. 112 del 2008, consente di ritenere coerente  con  il
disegno  di  migliore  qualificazione  del  servizio  scolastico   la
prevista riduzione del personale ATA. 
    5.2.- Anche la questione  successiva,  sollevata  in  riferimento
alla violazione della riserva di legge di cui all'art. 97 Cost.,  non
e' fondata. 
    Innanzitutto, la risalente  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha
qualificato come relativa la riserva di legge in  esame  (ex  multis,
sentenze n. 229 del 1976 e n. 88 del 1989). 
    In secondo luogo, con riferimento alle disposizioni impugnate, la
richiamata sentenza n. 200 del 2009, ha affermato, da un lato, che  i
regolamenti di delegificazione previsti dalle lettere da a) ad f) del
comma 4 dell'art. 64 non  intervengono  in  una  materia  coperta  da
riserva assoluta di legge (paragrafo 35.2), e,  dall'altro,  che  «in
particolare, a tale proposito, il legislatore - nello  stabilire  che
mediante lo strumento dei regolamenti di  delegificazione,  si  debba
provvedere  ad  una  revisione  dell'attuale  assetto  ordinamentale,
organizzativo e  didattico  del  sistema  scolastico,  da  intendersi
riferito, come gia'  rilevato,  alle  sole  modifiche  relative  alle
caratteristiche generali del sistema nazionale dell'istruzione  -  ha
provveduto  ad  una  predeterminazione  contenutistica  puntuale  dei
"criteri" cui deve rigorosamente attenersi il Governo  nell'esercizio
della potesta' regolamentare delegata». 
    Ora, pur ammettendosi che tale indagine sull'esistenza di criteri
idonei   ad   orientare   la   complessiva   riforma   del    sistema
dell'istruzione prevista dall'art. 64 e'  stata  condotta  da  questa
Corte, nella sentenza n. 200 del 2009, ai  fini  della  verifica  del
rispetto del principio di legalita' sostanziale di cui  all'art.  17,
comma 2, della legge n. 400 del 1988  (Disciplina  dell'attivita'  di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri),
essa  puo'  essere  integralmente  richiamata  anche  allo  scopo  di
giustificare il rispetto della riserva relativa invocata dal  giudice
rimettente. Le due condizioni richieste per il ricorso a  regolamenti
di  delegificazione,  rispettivamente  costituite  dalla  estraneita'
della materia alla riserva di  legge  assoluta  e  dal  rispetto  del
principio di legalita' sostanziale, tendono infatti a coincidere  ove
si verta in una materia che, come  emergera'  nel  punto  successivo,
rientra nella competenza esclusiva statale. 
    Nel caso in esame, il rispetto della riserva relativa  di  legge,
nelle disposizioni  impugnate,  si  ricava  comunque  dall'esame  dei
principi e criteri contenuti nell'art. 64, commi da 1 a  4,  e  dagli
evidenti collegamenti tra loro istituiti al  fine  di  realizzare  la
complessiva riforma del sistema scolastico. 
    In particolare, la lettura integrata delle disposizioni contenute
nell'articolo  in  esame,  conferma  l'individuazione   dei   criteri
direttivi previsti dal legislatore nel collegamento evidente  tra  il
comma 3 - che disciplina  le  modalita'  di  approvazione  del  piano
programmatico volto alla  «maggiore  razionalizzazione  dell'utilizzo
delle risorse umane e strumentali disponibili», al fine di «conferire
una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico»,  sentite
la Conferenza Unificata e le Commissioni parlamentari competenti -  e
i regolamenti di delegificazione  che  intervengono  in  vari  ambiti
essenziali del sistema  scolastico,  che  riguardano:  l'accorpamento
delle classi, per  rendere  piu'  flessibile  l'impiego  dei  docenti
(comma 4, lettera a); la ridefinizione dei curricoli (lettera b);  la
revisione dei criteri per la formazione delle classi (lettera c);  la
rimodulazione  dell'attuale  organizzazione  didattica  della  scuola
primaria, compresa la formazione professionale del personale  docente
(lettera d), e la ridefinizione dell'assetto  organizzativo-didattico
dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi  serali
(lettera f). 
    Un riassetto di tale ampiezza non puo' non  riguardare  anche  il
personale ATA, in relazione al quale  il  comma  2  dell'art.  64  ha
individuato  la   necessita'   della   sua   riduzione   complessiva,
quantificata nella percentuale del 17 per cento, e il comma 4 lettera
e), la conseguente esigenza di revisione dei criteri e dei  parametri
per  la  determinazione  della  consistenza   organica   complessiva,
«finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi»: in  quest'ultimo
obiettivo  la  norma,  correttamente   interpretata,   individua   il
necessario collegamento della revisione  dell'organico  ATA  con  gli
effetti della riforma complessiva avviata dall'art. 64. 
    5.3.- Infine, anche  la  censura  riferita  alla  violazione  dei
criteri di riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia di
istruzione non e' fondata. Come si e' visto, la piu' volte richiamata
sentenza  n.  200  del  2009   ha   specificamente   qualificato   le
disposizioni di cui al comma 4, lettere da a) ad  f),  dell'art.  64,
come   «norme   generali   sull'istruzione»,   affermando   che   «e'
indispensabile  precisare   che   la   disposizione   in   questione,
correttamente interpretata, deve essere intesa nel senso che  oggetto
di  revisione  sono  le   "caratteristiche   basilari"   dell'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico. Cio'
in  coerenza  con  la  natura  di  norma  generale  che  deve  essere
riconosciuta alla disposizione  stessa  e  proprio  perche'  essa  e'
diretta, nel suo insieme, ad assicurare  unitarieta'  ed  uniformita'
nell'intero territorio nazionale all'ordinamento scolastico».  Ancora
piu'  diffusamente,  la  medesima  sentenza  ha   chiarito   che   le
disposizioni previste dal predetto comma 4, lettere da a)  ad  f),  e
quindi anche dal comma 4, lettera e), qui impugnato, possono  «essere
senz'altro qualificate come  "norme  generali  sull'istruzione",  dal
momento che, per evidenti ragioni di necessaria unita' ed uniformita'
della  disciplina  in  materia  scolastica,   sono   preordinate   ad
introdurre una normativa operante sull'intero territorio nazionale». 
    In relazione al comma 2, dello stesso articolo 64 censurato, deve
rilevarsi che con  la  sentenza  n.  37  del  2005  questa  Corte  ha
dichiarato  non  fondata,  in  riferimento  all'art.  117  Cost.,  la
questione concernente una disposizione statale analoga a  quella  qui
censurata, che rinviava a un decreto  ministeriale  per  disporre  la
riduzione delle dotazioni  organiche  dei  collaboratori  scolastici,
compresi nel personale  ATA,  in  modo  da  conseguire  nel  triennio
2003-2005 una riduzione complessiva del 6 per cento della consistenza
numerica della dotazione organica determinata per  l'anno  scolastico
2002-2003. 
    La Corte ha affermato che «attualmente (...) tutto  il  personale
ATA e' alle dipendenze dello Stato (...). E' evidente, pertanto,  che
la disposizione censurata detta una norma di contenimento della spesa
pubblica  attraverso  la  contrazione  graduale  degli  organici   di
personale che  e'  alle  dipendenze  dello  Stato,  sicche'  un  tale
intervento deve  essere  ascritto  alla  materia  dell'ordinamento  e
organizzazione amministrativa dello Stato,  di  competenza  esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  g),  Cost.»
(sentenza n. 37 del 2005, paragrafo 4). Anche nel caso in  esame,  si
deve confermare che l'oggetto della disposizione impugnata,  prevista
dall'art. 64, comma  2,  del  decreto-legge  n.  112,  rientra  nella
competenza esclusiva dello Stato, dal momento che esso  attiene  alle
modalita' della revisione  delle  dotazioni  organiche  del  suddetto
personale ATA, il quale permane alle dipendenze dello  Stato  secondo
quanto previsto dagli artt. 542 e seguenti del decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle  disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado) e dall'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n.  124
(Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico). 
    Infine, deve escludersi che la recente sentenza n. 147 del  2012,
richiamata nella memoria depositata dallo  SNALS  -  CONF.SAL,  possa
condurre a diverse conclusioni, dal momento che in quel caso e' stata
dichiarata illegittima una disposizione ritenuta di dettaglio, ed  in
grado di incidere direttamente  sul  dimensionamento  degli  istituti
scolastici - che prevedeva l'aggregazione delle scuole  dell'infanzia
e  delle  scuole  primarie  e  secondarie  in  istituti  comprensivi,
unitamente alla fissazione della  soglia  rigida  di  1000  alunni  -
mentre nel caso in esame, come si e' visto, la Corte ha gia' ritenuto
che le norme impugnate prevedono una riforma della «struttura di base
del sistema di istruzione» (si veda ancora la  sentenza  n.  200  del
2009) e rientrano tra le norme generali sull'istruzione.