ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma
1,  secondo  periodo,  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito in legge dall'art. 1 della legge
6 agosto 2008,  n.  133,  promosso  dalla  Corte  di  cassazione  nel
procedimento  vertente  tra  l'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale (INPS) e la s.p.a. ASPES Multiservizi ed altra, con ordinanza
del 28 giugno 2011, iscritta al n. 261 del registro ordinanze 2011  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  53,  prima
serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione dell'INPS  e  della  s.p.a.  ASPES
Multiservizi ed altra nonche' l'atto di intervento della s.p.a. Metro
Italia Cash and Carry e del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  27  febbraio  2013  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    uditi gli avvocati Antonino Sgroi per INPS, Monica Grassi per  la
s.p.a. ASPES Multiservizi ed altra e l'avvocato dello Stato  Vincenzo
Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un  giudizio  promosso  dalla  ASPES  -  Azienda
Servizi Pesaresi  (alla  quale,  nel  corso  del  procedimento,  sono
succedute la s.p.a. ASPES e la s.p.a. ASPES Multiservizi) diretto  ad
ottenere dall'Istituto nazionale della previdenza sociale  (INPS)  la
restituzione, tra l'altro, dei contributi di malattia versati per  il
periodo febbraio 1990 -  agosto  2000,  la  Corte  di  cassazione  ha
sollevato,  in  riferimento  all'articolo   3   della   Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 20,  comma  1,
«ultimo inciso» [rectius,  secondo  periodo],  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito  in  legge
dall'art. 1 della legge 6 agosto 2008, n. 133, nel  testo  in  vigore
prima della modifica apportata dall'art. 18, comma  16,  lettera  b),
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito in legge dall'art.  1  della
legge 15 luglio 2011, n. 111. 
    1.1.- A proposito  della  rilevanza  della  questione,  la  Corte
rimettente espone che le  parti  private  sostengono  di  non  essere
soggette  all'obbligo  contributivo  per  l'assicurazione  contro  le
malattie, perche' l'art. 6, secondo comma,  della  legge  11  gennaio
1943, n. 138 (Costituzione dell'Ente «Mutualita' fascista -  Istituto
per  l'assistenza  di   malattia   ai   lavoratori»),   dispone   che
l'indennita' di malattia posta a carico dell'ente  previdenziale  non
e' dovuta quando,  come  nel  loro  caso,  il  datore  di  lavoro  e'
obbligato, in forza di legge  o  di  contratto,  a  corrispondere  ai
dipendenti assenti per  malattia  un  trattamento  economico  pari  o
superiore all'indennita' di malattia stessa. 
    Il giudice  a  quo  aggiunge  che  nelle  more  del  giudizio  e'
intervenuto l'art. 20, comma l, del decreto-legge n. 112 del 2008, il
quale ha dettato una norma di interpretazione autentica dell'art.  6,
secondo comma, della legge n. 138 del 1943, secondo la quale,  da  un
lato, i datori di lavoro che, per legge o per  contratto  collettivo,
anche di diritto comune, corrispondono ai dipendenti  il  trattamento
economico   di   malattia,   con   conseguente   esonero    dell'INPS
dall'erogazione dell'indennita'  di  malattia,  non  sono  tenuti  al
versamento della contribuzione per l'assicurazione contro le malattie
e, dall'altro, le contribuzioni comunque gia' versate  e  relative  a
periodi precedenti al 1° gennaio 2009 restano acquisite alla gestione
e quindi non sono suscettibili di ripetizione. 
    La Corte rimettente afferma che, per  decidere  la  controversia,
deve fare  applicazione  appunto  dell'ultima  parte  della  predetta
disposizione, cioe'  di  quella  che  esclude  la  ripetibilita'  dei
contributi gia' versati. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  il
giudice a quo premette che l'art. 20, comma 1, del  decreto-legge  n.
112 del 2008 e' stato oggetto  di  scrutinio  da  parte  della  Corte
costituzionale, essendo stato sospettato di violare l'art.  3,  primo
comma,  Cost.,  in  quanto,  sebbene  formulato  come  una  norma  di
interpretazione   autentica,    costituirebbe    in    realta'    una
legge-provvedimento e perche' irragionevolmente premierebbe i  datori
di  lavoro  inadempienti   e   discriminerebbe   quelli   che   hanno
tempestivamente versato i contributi dovuti. 
    La sentenza n. 48 del 2010 ha tuttavia dichiarato non fondata  la
questione e il rimettente ricorda come in  quell'occasione  la  Corte
costituzionale abbia precisato che oggetto della  censura  (e  dunque
dello scrutinio di costituzionalita') era non gia' la  seconda  parte
del comma 1 dell'art. 20 del decreto-legge n. 112  del  2008  (quella
che esclude la ripetibilita' dei versamenti eseguiti prima del 2009),
bensi' la sola prima parte del comma suddetto (quella che contiene la
norma di interpretazione autentica per effetto della quale  non  sono
dovuti  i  contributi  da  parte  delle  imprese   che   erogano   la
retribuzione ai dipendenti in  malattia);  cosi'  limitato  l'oggetto
dello scrutinio, la questione non era  fondata,  poiche'  l'art.  20,
comma  1,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008  non  puo'   essere
qualificato  come  legge-provvedimento,  riferendosi  ad  un   numero
indeterminato di destinatari e non concernendo un oggetto  rientrante
tra quelli propri dei provvedimenti  amministrativi,  ne'  opera  una
sanatoria  di  comportamenti  illeciti,  ma   introduce   una   nuova
disciplina del contributo  previdenziale  relativo  all'assicurazione
contro  le  malattie  e,  pertanto,  costituisce  espressione   della
discrezionalita' di  cui  gode  il  legislatore  nella  conformazione
dell'obbligazione contributiva. La stessa Corte costituzionale ha poi
affermato  -  sempre  secondo   il   rimettente   -   che   in   tale
discrezionalita' rientra anche la contestuale estensione  retroattiva
della nuova disciplina, la cui  legittimita'  costituzionale  non  e'
inficiata dalla previsione dell'irripetibilita'  delle  contribuzioni
versate  per  i  periodi  anteriori  al  1°  gennaio  2009,   perche'
l'irripetibilita' di quanto pagato prima dell'entrata in  vigore  del
piu' favorevole regime dell'obbligazione contributiva non  determina,
di per se', l'illegittimita' dell'efficacia retroattiva di tale nuovo
regime. 
    La  rimettente   aggiunge   che   nell'ultimo   capoverso   della
motivazione della sentenza n. 48 del 2010, la Corte costituzionale ha
peraltro precisato che restava impregiudicata  qualsiasi  valutazione
sulla legittimita' dell'esclusione  della  restituzione  delle  somme
gia' versate a titolo di contributi di malattia, prevista nella parte
della disposizione che essa rimettente deve  applicare  nel  giudizio
principale. 
    Tale parte dell'art. 20, comma 1, del decreto-legge  n.  112  del
2008, ad avviso della Corte di  cassazione,  viola  l'art.  3  Cost.,
poiche' introduce un'irragionevole disparita' di trattamento, ponendo
i soggetti che hanno correttamente adempiuto all'obbligo di versare i
contributi in una condizione  di  oggettivo  pregiudizio  rispetto  a
quanti, contravvenendo al dettato normativo, hanno omesso il medesimo
versamento. 
    Tale effetto, inoltre, non potrebbe qualificarsi  come  meramente
accidentale  o  di  fatto,  discendendo  direttamente   dal   portato
normativo della disposizione  di  interpretazione  autentica.  Ne'  a
evitare la violazione del principio di eguaglianza potrebbero  valere
considerazioni  metagiuridiche  quali  il   prevedibile   contenzioso
derivante    dall'eventuale    declaratoria     di     illegittimita'
costituzionale della norma ovvero il connesso onere  finanziario  che
deriverebbe dalla restituzione, da parte dell'INPS, dei contributi  a
suo  tempo  versati.  Tali   argomenti,   infatti,   non   potrebbero
giustificare una palese disparita' di trattamento. 
    2.- Nel giudizio  di  costituzionalita'  si  sono  costituite  la
s.p.a. ASPES e la s.p.a. ASPES Multiservizi le quali  hanno  concluso
chiedendo che la questione sia dichiarata fondata. 
    A sostegno della rilevanza e della fondatezza della questione  le
due societa' svolgono  argomentazioni  analoghe  a  quelle  contenute
nell'ordinanza di rimessione. 
    Aggiungono che la questione e' ammissibile perche', anche  se  la
Corte  costituzionale  si  e'  gia'  pronunciata  in  due   occasioni
sull'art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, essa non ha
mai valutato la legittimita' della seconda parte del predetto  comma,
il quale prevede la mancata restituzione dei contributi  versati  pur
in difetto del relativo obbligo. 
    3.- Anche l'INPS si e' costituito ed ha chiesto che la  questione
sia dichiarata inammissibile o comunque infondata. 
    L'ente  previdenziale  rileva  preliminarmente   che   la   norma
censurata e' stata modificata dall'art. 18, comma 16, lettera b), del
decreto-legge n. 98 del 2011, il quale ha stabilito che i  contributi
definitivamente acquisiti alla gestione previdenziale e  irripetibili
sono quelli versati per periodi anteriori al 1° maggio  2011  (e  non
piu' al 1° gennaio 2009, come previsto  dal  testo  originario  della
norma). Inoltre, lo stesso art. 18, comma 16, ha introdotto nell'art.
20 del decreto-legge n. 112 del 2008 il comma 1-bis, secondo il quale
«A decorrere dal 1° maggio 2011, i datori di lavoro di cui al comma 1
sono  comunque  tenuti   al   versamento   della   contribuzione   di
finanziamento  dell'indennita'  economica   di   malattia   in   base
all'articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per le categorie
di lavoratori cui la suddetta assicurazione e' applicabile  ai  sensi
della normativa vigente». L'INPS evidenzia che il giudice a  quo  non
ha potuto tener  conto  di  tali  modificazioni,  perche'  esse  sono
intervenute dopo il deposito dell'ordinanza di rimessione. 
    Nel merito, l'istituto previdenziale deduce che la questione  non
e' fondata, poiche' il  legislatore  ha  inserito,  in  seno  ad  una
disposizione di  interpretazione  autentica,  una  regola  a  valenza
generale diretta a far salvi i versamenti contributivi eseguiti prima
dell'entrata in vigore della disposizione  esonerativa.  Al  riguardo
l'INPS menziona altri casi in cui il legislatore ha introdotto  norme
analoghe a quella oggetto della presente questione: l'art. 9-bis  del
decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in  materia
previdenziale), convertito in legge dall'art. 1 della legge 1° giugno
1991, n. 166, e l'art. 1, comma 13, della legge 3 marzo 1987,  n.  61
(Modificazioni ed integrazioni della legge 6 dicembre 1971  n.  1084,
per la disciplina del Fondo di previdenza per il personale dipendente
da aziende private del gas). 
    4.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. 
    A sostegno di tale richiesta, la difesa dello Stato sostiene che,
nel rispetto del principio di certezza e definitivita'  dei  rapporti
giuridici,  il  legislatore  ha  ragionevolmente  ritenuto  opportuno
consolidare le situazioni contributive gia'  definite  attraverso  lo
spontaneo adempimento da parte dei datori di  lavoro.  La  previsione
della ripetibilita' dei contributi  avrebbe  invece  pregiudicato  le
posizioni contributive gia' acquisite dai lavoratori,  in  violazione
del principio solidaristico sotteso al sistema assicurativo. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  aggiunge  che   le
posizioni di quanti hanno versato i contributi e quelle di coloro che
invece  hanno  contestato  di   dover   adempiere   sono   tra   loro
differenziate; infatti, i primi,  al  contrario  dei  secondi,  hanno
manifestato  un  comportamento  incompatibile  con  la  volonta'   di
ritenersi esonerati dall'adempimento di cui trattasi. 
    5.- Nel giudizio di legittimita' costituzionale e' intervenuta la
s.p.a. Metro Italia Cash and Carry chiedendo che la  norma  censurata
sia dichiarata illegittima. 
    Preliminarmente,  la  societa'  sostiene  di  aver   diritto   ad
intervenire nel presente  giudizio  di  costituzionalita'  alla  luce
delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale approvate con  delibera  del  7  ottobre  2008  e,  in
particolare, dell'art. 4 di tali  norme.  Infatti,  essa  ha  versato
all'INPS i contributi per malattia relativi agli  anni  dal  1994  al
1998,  contemporaneamente  corrispondendo  ai  propri  dipendenti  il
trattamento di malattia in  esecuzione  di  un  contratto  collettivo
integrativo aziendale sottoscritto il 1° ottobre 1993. Pertanto,  nel
caso in cui l'art. 20, comma 1, ultimo inciso, del  decreto-legge  n.
112 del 2008 fosse dichiarato illegittimo, essa  sarebbe  legittimata
ad ottenere la restituzione delle somme versate. 
    Nel merito, la s.p.a. Metro Cash and Carry afferma che  la  norma
censurata   viola   l'art.   3   Cost.,   sia   sotto   il    profilo
dell'irragionevole disparita' di trattamento tra datori di lavoro che
hanno versato i contributi e quelli che invece non li  hanno  pagati,
sia in considerazione della posizione di sfavore in cui si trovano  i
creditori che, avendo ricevuto il pagamento di somme non dovute, sono
tenuti alla loro restituzione, rispetto all'INPS, il quale invece  ha
il diritto di trattenere i contributi per legge non dovuti. 
    6.- In prossimita' dell'udienza di discussione  la  s.p.a.  Metro
Cash & Carry ha depositato una memoria nella  quale  ha  ribadito  la
sussistenza  del  proprio  interesse  ad  intervenire  nel   presente
giudizio di costituzionalita'. 
    Nel merito ha affermato che la norma censurata  contrasta  con  i
principi  di  uguaglianza  e   di   ragionevolezza   e   ha   dedotto
l'infondatezza delle argomentazioni svolte dall'INPS e dal Presidente
del Consiglio dei ministri nei rispettivi atti di costituzione  circa
norme analoghe a quella oggetto del  presente  giudizio  delle  quali
sarebbe   stata   ritenuta   la   legittimita'   costituzionale.   In
particolare, la difesa  della  societa'  interveniente  ha  sostenuto
l'inconferenza   del   riferimento   alla   sentenza   della    Corte
costituzionale n. 292 del 1997. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La   Corte   di   cassazione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'articolo  20,  comma  1,  secondo  periodo,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge dall'art. 1 della legge 6 agosto  2008,  n.  133,
nel testo in vigore prima  della  modifica  apportata  dall'art.  18,
comma 16,  lettera  b),  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito
in legge dall'art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111. 
    La Corte rimettente deduce che la norma censurata, disponendo che
«Restano acquisite alla gestione e conservano la  loro  efficacia  le
contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data  del
1° gennaio 2009», nonostante che il primo periodo dello  stesso  art.
20, comma 1, preveda che «Il secondo comma dell'art. 6,  della  legge
11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel  senso  che  i  datori  di
lavoro che hanno corrisposto per legge o  per  contratto  collettivo,
anche di diritto comune, il trattamento economico  di  malattia,  con
conseguente esonero dell'Istituto nazionale della previdenza  sociale
dall'erogazione  della  predetta  indennita',  non  sono  tenuti   al
versamento della relativa contribuzione all'Istituto medesimo», viola
l'art. 3 della Costituzione, poiche'  e'  fonte  di  un'irragionevole
disparita' di trattamento, ponendo i soggetti che hanno correttamente
adempiuto all'obbligo di versare i contributi in  una  condizione  di
oggettivo pregiudizio rispetto a quanti,  contravvenendo  al  dettato
normativo, hanno omesso il medesimo versamento. 
    2.- Preliminarmente deve essere confermata  l'ordinanza  adottata
nel corso dell'udienza pubblica, ed allegata alla presente  sentenza,
con la quale e' stato  dichiarato  inammissibile  l'intervento  della
s.p.a.  Metro  Italia  Cash  and  Carry.  Cio'  in  applicazione  del
consolidato  orientamento  della  giurisprudenza  di  questa   Corte,
secondo cui, nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via
incidentale, non sono ammissibili gli interventi di soggetti che  non
siano parti nel giudizio a quo, ne' siano titolari  di  un  interesse
qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale  dedotto
in giudizio. 
    3.- La questione e' fondata. 
    Come gia' rilevato da questa Corte (sentenza  n.  48  del  2010),
l'art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha introdotto  una  nuova
disciplina del contributo  previdenziale  relativo  all'assicurazione
contro le malattie. La norma ha, da un lato  (innovando  rispetto  al
diritto vivente) dichiarato non dovuti i contributi  di  malattia  da
parte dei datori di lavoro che corrispondono ai propri dipendenti  il
trattamento di malattia e, dall'altro, ha mantenuto fermi i pagamenti
(a questo punto, indebiti) eventualmente gia' eseguiti a tale  titolo
da quei datori di lavoro. 
    Nella  medesima  occasione  questa  Corte  ha  affermato  che  la
disposizione,  nella  parte  in  cui  ha   escluso   la   sussistenza
dell'obbligo  contributivo  a  carico  dei  datori  di   lavoro   che
corrispondono il trattamento  di  malattia,  costituisce  espressione
della discrezionalita' di cui gode il legislatore nella conformazione
dell'obbligazione contributiva. Discrezionalita' nella quale  rientra
anche la contestuale estensione retroattiva della  nuova  disciplina.
Questa  stessa  Corte,  in  conformita'   con   la   sua   precedente
giurisprudenza  (sentenza  n.  292  del   1997),   ha   escluso   che
l'irripetibilita' di quanto versato prima dell'entrata in vigore  del
nuovo,  piu'  favorevole,   regime   dell'obbligazione   contributiva
determinasse, di per se', l'illegittimita' dell'efficacia retroattiva
di tale nuovo regime. Contemporaneamente  ha  fatto  salva  qualsiasi
valutazione sulla  legittimita'  dell'esclusione  della  restituzione
delle somme gia' versate a titolo di contributi di malattia, prevista
nella parte della norma non  censurata  in  quella  sede  e,  invece,
oggetto della presente questione. 
    Orbene, come gia' affermato da questa Corte (sentenze n. 227  del
2009, n. 330 del 2007, n. 320  del  2005,  n.  416  del  2000),  sono
illegittime, per violazione del principio di  uguaglianza  consacrato
nell'art. 3 Cost., le disposizioni che, posta la non debenza  di  una
determinata prestazione patrimoniale, prevedano l'irripetibilita'  di
quanto sia stato versato nell'apparente adempimento della (in realta'
inesistente) obbligazione. E questo e', appunto,  il  caso  dell'art.
20, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 112 del  2008,  il
quale deve dunque essere dichiarato costituzionalmente illegittimo. 
    4.- Successivamente alla pronuncia dell'ordinanza di  rimessione,
il  legislatore  e'  intervenuto   a   modificare   l'art.   20   del
decreto-legge n. 112 del 2008. 
    In  particolare,  con  l'art.  18,  comma  16,  lettera  a),  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito in legge dall'art.  1  della
legge 15 luglio 2011, n. 111, ha inserito nel  predetto  art.  20  il
comma 1-bis, il quale ha reintrodotto, a carico dei datori di  lavoro
che corrispondono ai propri dipendenti il  trattamento  economico  di
malattia, l'obbligo di  versare  la  contribuzione  di  finanziamento
dell'indennita' di malattia a decorrere dal 1° maggio 2011.  Inoltre,
con la lettera b) del citato art. 18,  comma  16,  ha  modificato  il
secondo periodo del comma 1 dell'art. 20  (vale  a  dire  proprio  la
disposizione oggetto della presente questione) stabilendo che restano
acquisite alla gestione dell'INPS  le  contribuzioni  versate  per  i
periodi anteriori (non piu' al 1° gennaio 2009, bensi') al 1°  maggio
2011. 
    Per effetto di questo intervento, quindi, ferma restando la norma
di interpretazione autentica che escludeva l'obbligo per i datori  di
lavoro di versare i contributi se avessero  provveduto  a  pagare  il
trattamento economico di malattia, tale obbligo e' stato reintrodotto
a partire dal 1° maggio 2011  e,  contestualmente,  e'  stato  esteso
(fino al 30 aprile 2011) il periodo in cui i contributi gia'  versati
(indebitamente, perche' per il  periodo  precedente  al  maggio  2011
continua a valere la norma di interpretazione autentica  che  esclude
l'obbligo di contribuzione) restano  definitivamente  acquisiti  alle
casse dell'INPS. 
    La normativa dettata dal decreto-legge n.  98  del  2011  non  fa
venir meno  la  rilevanza  della  questione  sottoposta  alla  Corte,
poiche' il giudizio principale comunque deve essere deciso applicando
l'art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008 nel testo precedente alle
modifiche introdotte nel 2011. 
    Tuttavia, in base all'art. 27 della legge 11 marzo  1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
deve essere  estesa  all'art.  20,  comma  1,  secondo  periodo,  del
decreto-legge n. 112 del 2008  nel  testo  modificato  dall'art.  18,
comma 16, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011. Infatti  tale
norma, spostando dal 31 dicembre 2008 al 30 aprile  2011  il  termine
finale del periodo di tempo al quale si riferiscono  i  contributi  i
cui  versamenti  (seppur  non  dovuti)  restano  comunque   acquisiti
all'INPS, si pone in un  rapporto  di  inscindibile  connessione  con
quella  oggetto  dell'ordinanza  di  rimessione  ed  e'  affetta  dai
medesimi vizi di legittimita' costituzionale.