ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2110
del codice civile e dell'articolo 3 del decreto legislativo del  Capo
provvisorio dello Stato 31 ottobre  1947,  n.  1304  (Trattamento  di
malattia    dei    lavoratori    del    commercio,    del    credito,
dell'assicurazione e dei servizi tributari appaltati),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Arezzo nel procedimento vertente  tra  S.M.  e
l'INPS, con ordinanza del 20 ottobre 2011, iscritta  al  n.  286  del
registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di  costituzione  di  S.M.  e  dell'INPS,  nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 2013 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Amos Andreoni e Vittorio Angiolini  per  S.M.,
Antonietta  Coretti  per  l'INPS  e  l'avvocato  dello  Stato   Maria
Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un procedimento  civile  promosso  da  S.M.  per
ottenere dall'INPS il pagamento della indennita' di malattia  per  17
giorni nei quali, per  la  necessita'  di  sottoporsi  a  trattamento
dialitico, si era assentato dal lavoro oltre il  periodo  massimo  di
malattia indennizzabile di giorni 180, l'adito Tribunale ordinario di
Arezzo aveva ritenuto rilevante al fine del decidere, ed aveva quindi
sollevato,  con  ordinanza  del  16   giugno   2009,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 2110 del codice civile, per
contrasto con gli articoli 3, 32 e 38 della Costituzione, nella parte
in cui non prevede che anche per i  soggetti  sottoposti  a  dialisi,
cosi' come per i lavoratori malati di tubercolosi, sia superabile  il
limite massimo indennizzabile. 
    2.-   La   questione   cosi'   prospettata   veniva    dichiarata
inammissibile, con sentenza di questa Corte n.  356  del  2010,  «per
l'inesatta identificazione del quadro normativo rispetto al sollevato
dubbio di costituzionalita'», in quanto il massimo indennizzabile per
i periodi di malattia non e' fissato dal denunciato  art.  2110  cod.
civ., ma da altre fonti cui detta norma rinvia. 
    3.- Lo stesso Tribunale, con l'ordinanza in epigrafe,  ha  quindi
riproposto la precedente  questione,  riformulandola  con  estensione
della denuncia  all'articolo  3  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 31 ottobre  1947,  n.  1304  (Trattamento  di
malattia    dei    lavoratori    del    commercio,    del    credito,
dell'assicurazione e dei  servizi  tributari  appaltati),  il  quale,
appunto, prevede che «l'indennita' di malattia e' dovuta (...) per un
periodo massimo di 180 giorni». 
    In relazione agli evocati parametri costituzionali, argomenta  il
rimettente che le disposizioni che vengono, nel  caso  in  esame,  in
rilievo - e che condurrebbero, ove non  emendate,  al  rigetto  della
domanda - violino, in particolare, l'art. 3 Cost., «per  il  disporre
implicitamente una tutela attenuata (...) a carico di  un  lavoratore
affetto da insufficienza renale», l'art. 32 Cost., «che qualifica  la
salute come  fondamentale  diritto  dell'individuo,  suscettibile  di
tutela  in   particolar   modo   quando   ricorrano   condizioni   di
indispensabilita' ed indifferibilita' delle cure,  come  nell'ipotesi
di trattamenti e terapie salvavita quali l'emodialisi»  e  l'art.  38
Cost., che assicura ai lavoratori il diritto a  mezzi  adeguati  alle
loro esigenze di vita in caso di malattia. 
    4.- In questo giudizio si e' costituito il lavoratore ricorrente,
che ha  formulato  -  e,  con  memoria,  ulteriormente  illustrato  -
conclusioni adesive alla prospettazione del giudice a quo. 
    5.- Opposte conclusioni, di inammissibilita' o, in subordine,  di
non  fondatezza  della  questione,  hanno  rassegnato  l'INPS  e   il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  nei  rispettivi  atti   di
costituzione e di intervento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- In un giudizio civile, promosso da un lavoratore  subordinato
affetto da insufficienza renale, il quale chiedeva riconoscersi,  nei
confronti dell'INPS, il suo diritto all'erogazione  della  indennita'
di malattia per le 17 giornate  nelle  quali  si  era  assentato  dal
lavoro per sottoporsi  a  dialisi  anche  oltre  il  periodo  massimo
indennizzabile - fissato nella specie, in giorni 180 dall'articolo  3
del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato  31  ottobre
1947, n. 1304 (Trattamento di malattia dei lavoratori del  commercio,
del credito, dell'assicurazione e dei servizi  tributari  appaltati),
cui  rinvia  l'articolo  2110  codice  civile  -  l'adito   Tribunale
ordinario di Arezzo ha ritenuto rilevante al fine del decidere, e non
manifestamente infondata, in riferimento agli articoli  3,  32  e  38
della Costituzione, ed ha percio' sollevato questione incidentale  di
legittimita' costituzionale  delle  predette  due  disposizioni,  per
contrasto con i richiamati parametri costituzionali. 
    2.- Rilevato, in premessa, che osta, allo stato, all'accoglimento
della domanda del ricorrente la «assenza di una specifica  previsione
legislativa  (...)  in  materia  di  trattamenti  emodialitici»,   il
rimettente ha  chiesto  a  questa  Corte  di  colmare  un  tal  vuoto
normativo nel corpus delle disposizioni denunciate, "nella  parte  in
cui non prevedono" deroga alcuna,  al  periodo  massimo  di  malattia
indennizzabile, nei confronti del lavoratore affetto da insufficienza
renale, ovvero non estendono, al medesimo, la piu' favorevole  tutela
predisposta dalla legge 14  dicembre  1970,  n.  1088  (Miglioramento
delle prestazioni  economiche  a  favore  dei  cittadini  colpiti  da
tubercolosi). 
    3.-  In  questa  prospettiva,  adesiva   alle   conclusioni   del
rimettente, ha sottolineato, a sua volta, la  difesa  del  lavoratore
ricorrente - in correlazione anche ai precetti di cui agli articoli 2
e 4 della Costituzione  -  l'esigenza  di  diversificare,  da  quella
prevista in via generale per i periodi di inattivita' dal lavoro  per
malattia, «la copertura previdenziale dei  periodi  ricollegati  alle
terapie salvavita che,  rispondendo  ad  una  basilare  e  preventiva
tutela del bisogno di sopravvivenza, necessitano  di  una  disciplina
preferenziale  (...)  che  sia  atta  a  consentire  in   ogni   caso
l'indennizzo anche oltre il periodo massimo indennizzabile (...)». 
    4.-  Ha  eccepito  per  contro  l'INPS  l'inammissibilita'  della
richiesta pronuncia additiva, atteso che «le esigenze  solidaristiche
evidenziate dal remittente possono trovare la sede idonea  alla  loro
realizzazione nell'attivita' del legislatore e non gia' nel  giudizio
di legittimita' costituzionale». Ed ha sottolineato, per altro verso,
come l'auspicata estensione al lavoratore  affetto  da  insufficienza
renale della copertura prevista, dalla legge n. 1088 del 1970, per il
lavoratore colpito da tubercolosi troverebbe, a sua  volta,  ostacolo
nella  non  comparabilita'  delle  rispettive  situazioni,  tra  loro
distinte «sia per quel che riguarda l'evento protetto, sia  per  quel
che  riguarda  le  prestazioni  erogate  (indennita'  giornaliera  di
ricovero, indennita' giornaliera post-sanatoriale, assegno mensile di
cura  e  sostentamento,  a   fronte   dell'indennita'   di   malattia
ordinaria), sia per quel che riguarda  il  finanziamento  (contributo
non piu' a carico del datore di lavoro, ma a  carico  dello  Stato  a
norma dell'art. 3 comma 1  lett.  c)  e  comma  14,  della  legge  n.
448/1998». 
    5.- Ad identiche conclusioni e' pervenuta  l'Avvocatura  generale
dello Stato, per conto dell'intervenuto Presidente del Consiglio  dei
ministri. 
    6.- Deve preliminarmente escludersi che gli ulteriori parametri e
profili di illegittimita' costituzionale indicati dalla difesa  della
parte costituita possano formare oggetto di esame. 
    Come, infatti, reiteratamente chiarito  nella  giurisprudenza  di
questa Corte, l'oggetto del  giudizio  di  costituzionalita'  in  via
incidentale e' limitato alle norme ed  ai  parametri  indicati  nelle
ordinanze di rimessione, non potendo essere presi in  considerazione,
oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni  o  profili  di
costituzionalita' dedotti dalle parti, sia che siano  stati  eccepiti
ma non fatti propri dal giudice a quo, sia  che,  come  nel  caso  di
specie, siano diretti ad ampliare  o  modificare  successivamente  il
contenuto delle stesse ordinanze (ex multis, sentenze n. 298,  283  e
42 del 2011, n. 227 e 50 del 2010). 
    7.- Cosi' delimitato l'oggetto del giudizio di costituzionalita',
rileva la  Corte  che  la  questione  sollevata  dal  rimettente,  al
dichiarato  fine  di   colmare   il   vuoto   normativo   conseguente
all'«assenza di specifiche previsioni legislative (...) in materia di
trattamenti emodialitici», e' inammissibile in ragione  della  natura
dell'intervento cui questa Corte viene sollecitata. 
    Cio' che, infatti, si richiede in correlazione alle  disposizioni
denunziate,  e'  un   intervento   additivo,   che   non   e'   pero'
costituzionalmente obbligato. 
    Lo stesso Tribunale indica, infatti, tra le soluzioni  possibili,
quella di uno scorporo delle assenze dal lavoro  per  emodialisi  dal
periodo massimo di assenza per malattia indennizzabile, e  quella  di
una estensione al lavoratore affetto da  insufficienza  renale  dello
stesso trattamento previsto, dalla legge n. 1088  del  1970,  per  il
lavoratore colpito da tubercolosi od  altro  trattamento  comunque  a
quello analogo. 
    Con cio' prospettando due distinte modalita'  di  intervento,  il
cui nesso di alternativita' non e' sciolto dal rimettente, e non puo'
esserlo da questa Corte, alla quale non compete di scegliere tra  due
distinte soluzioni che egli  prospetti  possibili  per  rimediare  al
vulnus alla Costituzione, e che appaiono  esse  stesse  in  nesso  di
irrisolta alternativita', si' che la questione risulta ancipite. 
    Ma,  oltre  a  tale  rilievo,  resta,  ed   e'   assorbente,   la
considerazione che il problema che sorge in riferimento a  situazioni
come quella in cui versa il lavoratore dializzato vede  le  possibili
soluzioni  come  oggetto  di  scelte  che  sono  riservate   ad   una
discrezionalita' del legislatore, e lo sono  con  riguardo  anche  ad
entrambe le alternative proposte dal rimettente. 
    Il che, appunto, comporta  che,  a  fronte  della  pluralita'  di
soluzioni nella specie possibili, la scelta tra queste non possa  che
essere riservata al legislatore. 
    E cio' a maggior ragione ove si consideri  che,  con  riferimento
alle situazioni di malattia del dipendente nell'ambito  del  rapporto
di lavoro, oltre alla esigenza di tutela della salute del  lavoratore
(in correlazione anche alla sua capacita' reddituale),  come  ragione
che giustifica entro certi  limiti  la  conservazione  del  posto  di
lavoro nonostante la sua incapacita' di fornire la  sua  prestazione,
viene in rilievo  l'esigenza,  contrapposta,  di  garanzia  economica
dell'imprenditore - per il profilo della misura dei limiti, economici
e temporali, entro cui possa su di lui riversarsi il rischio  di  una
malattia cronica o recidivante del dipendente  -  e,  parallelamente,
per il profilo del concorso pubblico al finanziamento del trattamento
indennitario, il  limite  delle  risorse  disponibili  (ex  plurimis,
sentenze n. 248 del 2011, n. 94 del 2009, n. 354 del 2008, n. 425 del
2005). 
    In tale contesto, la tutela del lavoratore dializzato reclama una
disciplina che individui il  punto  di  equilibrio  tra  gli  opposti
interessi in gioco, attraverso un  bilanciamento  di  valori,  che  -
salvo il successivo controllo  di  ragionevolezza  nella  sede  dello
scrutinio  di  costituzionalita'  -  spetta  in   via   primaria   al
legislatore:  l'opportunita'  del  cui   intervento   va,   comunque,
particolarmente sottolineata nella presente materia, in cui viene  in
rilievo e rischia di risultare compromessa, nel suo nucleo minimo  ed
irriducibile, la tutela del diritto alla salute  del  lavoratore.  Il
quale, ove non economicamente in grado di  far  fronte  alla  mancata
erogazione della indennita' sostitutiva della retribuzione,  potrebbe
vedersi costretto a rinunciare  a  sottoporsi  a  dialisi  in  giorni
eccedenti  il   periodo   massimo   indennizzabile,   ancorche'   sia
indubitabile  il  carattere  salvavita   del   predetto   trattamento
terapeutico. 
    Si deve, in fine,  aggiungere  che,  con  riguardo  alla  seconda
soluzione  proposta  dal  rimettente  -  quella  di  estendere   alla
fattispecie del lavoratore dializzato la  disciplina  del  lavoratore
affetto da  tubercolosi  -  lo  stesso  giudizio,  alla  stregua  del
parametro  dell'art.  3  Cost.,  con   evocazione   di   quest'ultima
disciplina come tertium comparationis,  non  potrebbe  che  risentire
proprio  dell'esistenza  del  richiamato  potere  discrezionale   del
legislatore, pur nell'ambito delle coordinate  entro  le  quali  esso
deve muoversi.