ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  ammissibilita',  ai  sensi  dell'art.  2,  primo
comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme
integrative della Costituzione concernenti la Corte  costituzionale),
della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 1,
commi 2, 3, 4, 5 e 5-bis  della  legge  14  settembre  2011,  n.  148
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria  e  per  lo  sviluppo.   Delega   al   Governo   per   la
riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio  degli  uffici
giudiziari), come modificato dall'art. 1, comma  3,  della  legge  24
febbraio 2012, n. 14 (Conversione in legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante  proroga  di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative.  Differimento   di   termini
relativi all'esercizio di deleghe legislative);  dell'intero  decreto
legislativo 7  settembre  2012,  n.  155  (Nuova  organizzazione  dei
tribunali ordinari e degli uffici del  pubblico  ministero,  a  norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011,  n.  148)  e
dell'intero decreto legislativo 7 settembre 2012, n.  156  (Revisione
delle circoscrizioni giudiziarie - Uffici  dei  giudici  di  pace,  a
norma dell'articolo 1, comma 2, della legge  14  settembre  2011,  n.
148), giudizio iscritto al n. 158 del registro referendum. 
    Viste le ordinanze del 12 e del 28 novembre 2013,  con  le  quali
l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
dichiarato conforme a legge la richiesta; 
    udito nella camera di consiglio del 15 gennaio  2014  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  per  i  delegati  del
Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, Roberto  di  Pietro  e
Mario Petrella per i delegati dei  Consigli  regionali  dell'Abruzzo,
della Basilicata e della Liguria, Angelo Marzocchella per i  delegati
del Consiglio regionale della Campania e  gli  avvocati  dello  Stato
Giustina Noviello e Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 28 novembre 2013, l'Ufficio centrale per il
referendum, costituito  presso  la  Corte  di  cassazione,  ai  sensi
dell'art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum
previsti  dalla  Costituzione  e  sulla  iniziativa  legislativa  del
popolo), e successive  modificazioni,  ha  dichiarato  conforme  alle
disposizioni di legge la richiesta di referendum popolare  abrogativo
presentata dai Consigli regionali delle Regioni Abruzzo,  Basilicata,
Calabria, Puglia, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Liguria  e
Piemonte sul seguente quesito: 
    «Volete voi che siano abrogate le seguenti disposizioni: 
    1) le disposizioni di cui all'art. 1, commi 2, 3,  4,  5,  5-bis,
della legge 14 settembre 2011 n. 148, recante "Conversione in  legge,
con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,  recante
ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per  lo
sviluppo.  Delega  al   Governo   per   la   riorganizzazione   della
distribuzione  sul  territorio   degli   uffici   giudiziari",   come
modificato dall'articolo 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2012, n.
14,  recante  "Conversione   in   legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante  proroga  di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative.  Differimento   di   termini
relativi all'esercizio di deleghe legislative" di cui, di seguito, si
trascrive integralmente il testo: 
    "2. Il Governo, anche ai fini del perseguimento  delle  finalita'
di cui all'articolo  9  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e'
delegato ad adottare, entro dodici mesi  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge,  uno  o  piu'  decreti  legislativi  per
riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari
al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento  di  efficienza,
con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) ridurre  gli  uffici  giudiziari  di  primo  grado,  ferma  la
necessita' di garantire la permanenza  del  tribunale  ordinario  nei
circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del  30  giugno
2011; 
    b)  ridefinire,  anche  mediante  attribuzione  di  porzioni   di
territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici
giudiziari secondo criteri oggettivi e  omogenei  che  tengano  conto
dell'estensione  del  territorio,  del  numero  degli  abitanti,  dei
carichi  di  lavoro  e  dell'indice   delle   sopravvenienze,   della
specificita' territoriale del bacino di utenza,  anche  con  riguardo
alla  situazione  infrastrutturale,  e  del  tasso  d'impatto   della
criminalita' organizzata, nonche' della necessita' di  razionalizzare
il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane; 
    c) ridefinire l'assetto territoriale degli uffici requirenti  non
distrettuali, tenuto conto, ferma la permanenza di quelli aventi sedi
presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni  capoluogo  di
provincia alla  data  del  30  giugno  2011,  della  possibilita'  di
accorpare   piu'   uffici   di   procura   anche    indipendentemente
dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo,  in
tali casi, che l'ufficio di  procura  accorpante  possa  svolgere  le
funzioni requirenti  in  piu'  tribunali  e  che  l'accorpamento  sia
finalizzato a esigenze di funzionalita' ed efficienza che  consentano
una migliore organizzazione dei mezzi e delle  risorse  umane,  anche
per raggiungere economia di  specializzazione  ed  una  piu'  agevole
trattazione dei procedimenti; 
    d)  procedere  alla  soppressione  ovvero  alla  riduzione  delle
sezioni distaccate  di  tribunale,  anche  mediante  accorpamento  ai
tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b); 
    e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione
di quanto previsto dalle lettere a), b), c)  e  d),  il  riequilibrio
delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali  tra
uffici limitrofi della  stessa  area  provinciale  caratterizzati  da
rilevante differenza di dimensioni; 
    f) garantire che, all'esito degli interventi di riorganizzazione,
ciascun  distretto  di  corte  d'appello,  incluse  le  sue   sezioni
distaccate, comprenda non meno di tre  degli  attuali  tribunali  con
relative procure della Repubblica; 
    g) prevedere che  i  magistrati  e  il  personale  amministrativo
entrino di diritto a far parte  dell'organico,  rispettivamente,  dei
tribunali e delle procure della Repubblica presso  il  tribunale  cui
sono  trasferite  le  funzioni  di  sedi  di  tribunale,  di  sezioni
distaccate e di procura presso  cui  prestavano  servizio,  anche  in
sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze; 
    h) prevedere che l'assegnazione dei magistrati  e  del  personale
prevista dalla lettera  g)  non  costituisca  assegnazione  ad  altro
ufficio giudiziario o destinazione ad  altra  sede,  ne'  costituisca
trasferimento ad altri effetti; 
    i) prevedere con successivi decreti del Ministro della  giustizia
le conseguenti modificazioni delle piante organiche del personale  di
magistratura e amministrativo; 
    l) prevedere la  riduzione  degli  uffici  del  giudice  di  pace
dislocati in sede diversa da quella circondariale, da operare tenendo
in specifico conto, in coerenza con i criteri di cui alla lettera b),
dell'analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro; 
    m) prevedere che il personale amministrativo in  servizio  presso
gli uffici soppressi del giudice di pace venga riassegnato in  misura
non inferiore al 50 per cento  presso  la  sede  di  tribunale  o  di
procura limitrofa e la restante parte presso l'ufficio del giudice di
pace presso cui sono trasferite le funzioni delle sedi soppresse; 
    n) prevedere la pubblicazione nel bollettino ufficiale e nel sito
internet del Ministero della giustizia degli elenchi degli uffici del
giudice di pace da sopprimere o accorpare; 
    o) prevedere che, entro sessanta giorni  dalla  pubblicazione  di
cui alla lettera n), gli enti locali interessati,  anche  consorziati
tra loro, possano richiedere e ottenere il mantenimento degli  uffici
del giudice di pace con competenza sui  rispettivi  territori,  anche
tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico  delle
spese di funzionamento e di erogazione del servizio  giustizia  nelle
relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale  amministrativo
che sara' messo a disposizione dagli enti medesimi, restando a carico
dell'amministrazione   giudiziaria   unicamente   la   determinazione
dell'organico del personale di magistratura  onoraria  di  tali  sedi
entro i limiti  della  dotazione  nazionale  complessiva  nonche'  la
formazione del personale amministrativo; 
    p) prevedere che, entro dodici mesi dalla scadenza del termine di
cui alla lettera o), su istanza degli enti locali interessati,  anche
consorziati tra loro, il Ministro della giustizia abbia  facolta'  di
mantenere o istituire con decreto ministeriale uffici del giudice  di
pace, nel rispetto delle condizioni di cui alla lettera o); 
    q) dall'attuazione delle disposizioni di cui  al  presente  comma
non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza
pubblica. 
    3. La riforma realizza il necessario coordinamento con  le  altre
disposizioni vigenti. 
    4. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dal comma  2  sono
adottati su proposta del Ministro della giustizia  e  successivamente
trasmessi al Consiglio superiore della magistratura e  al  Parlamento
ai fini dell'espressione dei pareri da parte del  Consiglio  e  delle
Commissioni competenti per materia. I pareri,  non  vincolanti,  sono
resi entro il termine di trenta giorni dalla  data  di  trasmissione,
decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei  pareri
stessi. Qualora detto termine  venga  a  scadere  nei  trenta  giorni
antecedenti  allo  spirare  del  termine  previsto  dal  comma  2,  o
successivamente, la scadenza di quest'ultimo e' prorogata di sessanta
giorni. 
    5. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 4,  entro  due
anni dalla  data  di  entrata  in  vigore  di  ciascuno  dei  decreti
legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma  2  e
nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, puo'  adottare
disposizioni  integrative  e  correttive  dei   decreti   legislativi
medesimi. 
    5-bis. In virtu' degli effetti prodotti dal sisma  del  6  aprile
2009 sulle sedi dei tribunali dell'Aquila e di Chieti, il termine  di
cui al comma 2 per l'esercizio della  delega  relativamente  ai  soli
tribunali aventi sedi nelle  province  dell'Aquila  e  di  Chieti  e'
differito di tre anni."; 
    2)  tutte  le  disposizioni  di  cui  al  decreto  legislativo  7
settembre 2012 n. 155 recante  "Nuova  organizzazione  dei  tribunali
ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo
1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n. 148"; 
    3)  tutte  le  disposizioni  di  cui  al  decreto  legislativo  7
settembre  2012  n.156,  recante  "Revisione   delle   circoscrizioni
giudiziarie - Uffici dei giudici di pace, a  norma  dell'articolo  1,
comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148"». 
    2.- L'Ufficio centrale ha attribuito al quesito  referendario  la
seguente denominazione: «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie e
nuova organizzazione dei tribunali ordinari». 
    3.-  Il   Presidente   della   Corte   costituzionale,   ricevuta
comunicazione  dell'ordinanza,  ha  fissato,   per   la   conseguente
deliberazione, la camera di consiglio del 15 gennaio 2014, disponendo
che ne fosse data comunicazione ai delegati  delle  Regioni  Abruzzo,
Basilicata,  Calabria,   Puglia,   Marche,   Friuli-Venezia   Giulia,
Campania,  Liguria,  Piemonte  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della  legge  n.  352
del 1970. 
    4.- In data 10 gennaio 2014, si sono avvalsi  della  facolta'  di
depositare memorie, di cui all'art. 33, terzo comma, della  legge  n.
352  del  1970,  i  delegati  dei  Consigli  regionali  di   Abruzzo,
Basilicata, Calabria,  Campania,  Friuli-Venezia  Giulia,  Liguria  e
Piemonte. 
    I  summenzionati  delegati  hanno  depositato  identiche  memorie
illustrative   a   sostegno   dell'ammissibilita'   della   richiesta
referendaria.    I    presentatori    della    richiesta    insistono
sull'ammissibilita'  del  quesito  in  quanto,  in  primo  luogo,  la
formulazione dello stesso risulterebbe chiara  e  chiamerebbe,  senza
richiedere interpretazioni manipolative, il corpo elettorale  ad  una
scelta  di  fondo  sulle  modalita'  di  organizzazione  del  sistema
giudiziario. In secondo luogo, perche'  la  normativa  oggetto  della
richiesta  referendaria  non  riguarderebbe   le   materie   indicate
nell'art.  75,  secondo  comma,  Cost.  In  particolare  le   memorie
sostengono l'estraneita' della normativa  oggetto  del  quesito  alla
categoria delle leggi di bilancio. 
    4.1.- In data 10 gennaio 2014, il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha depositato una  memoria  a  sostegno  dell'inammissibilita'
della richiesta referendaria. In primo luogo la memoria  afferma  che
la normativa  oggetto  della  richiesta  referendaria  rientra  nella
categoria delle norme costituzionalmente  necessarie  e  che  la  sua
eventuale  abrogazione  determinerebbe  un  vuoto  normativo  -   non
potendosi determinare la reviviscenza della  normativa  precedente  -
non colmabile dall'interprete, determinando l'assenza di qualsivoglia
normativa  in  grado  di  garantire  l'operativita'  della   funzione
giudiziaria, con conseguente lesione degli artt. 24 e  111  Cost.  In
secondo luogo si sostiene che la normativa  oggetto  della  richiesta
referendaria sarebbe produttiva di effetti collegati in via diretta e
immediata alla legge di bilancio e che, di conseguenza,  rientrerebbe
nelle esclusioni previste dall'art. 75, secondo comma, Cost. 
    5.- Nella camera di consiglio del  15  gennaio  2013  sono  stati
sentiti gli avvocati Giandomenico Falcon per i delegati del Consiglio
regionale del  Friuli-Venezia  Giulia,  Roberto  di  Pietro  e  Mario
Petrella per i delegati dei Consigli  regionali  dell'Abruzzo,  della
Basilicata e della Liguria, Angelo Marzocchella per  i  delegati  del
Consiglio  regionale  della  Campania  e  gli  avvocati  dello  Stato
Giustina Noviello e Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La richiesta di referendum  abrogativo,  dichiarata  conforme
alle disposizioni di legge dall'Ufficio centrale  per  il  referendum
con ordinanza del 28  novembre  2013,  riguarda  la  revisione  delle
circoscrizioni giudiziarie e la nuova  organizzazione  dei  tribunali
ordinari previste dalla delega  legislativa  contenuta  nell'art.  1,
commi 2, 3, 4, 5 e 5-bis, della  legge  14  settembre  2011,  n.  148
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria  e  per  lo  sviluppo.   Delega   al   Governo   per   la
riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio  degli  uffici
giudiziari), come modificato dall'art. 1, comma  3,  della  legge  24
febbraio 2012, n. 14 (Conversione in legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante  proroga  di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative.  Differimento   di   termini
relativi all'esercizio di deleghe  legislative)  e  nei  due  decreti
legislativi 7  settembre  2012,  n.  155  (Nuova  organizzazione  dei
tribunali ordinari e degli uffici del  pubblico  ministero,  a  norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148) e n.
156 (Revisione delle circoscrizioni giudiziarie - Uffici dei  giudici
di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge  14  settembre
2011, n. 148). 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso   dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   ha    eccepito
l'inammissibilita'  della  richiesta  di  referendum  proposta  dalle
Regioni, ritenendo, anzitutto, che la normativa oggetto di referendum
produca effetti cosi' strettamente collegati alla legge  di  bilancio
da rientrare tra  le  esclusioni  esplicite  indicate  dall'art.  75,
secondo  comma,  Cost.,  secondo   l'interpretazione   datane   dalla
giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza n. 16 del  1978.  In
particolare, l'Avvocatura generale  dello  Stato  sottolinea  che  la
riforma  dell'organizzazione  giudiziaria   persegue   esplicitamente
obiettivi di risparmio di spesa pubblica e incremento di  efficienza,
attraverso un intervento di tipo strutturale, come riconosciuto anche
dalla Corte costituzionale  con  sentenza  n.  237  del  2013.  Essa,
pertanto, si inserirebbe nel quadro dei provvedimenti adottati per la
razionalizzazione  della  spesa  e  sarebbe   dotata   di   rilevanza
strategica ai fini  della  stabilizzazione  della  finanza  pubblica,
cosi' da non essere suscettibile di valutazioni frazionate ed  avulse
dal quadro delle compatibilita' finanziarie generali (sentenza  n.  2
del 1994). 
    Questa prospettazione non puo' essere condivisa. 
    E' vero che questa Corte ha  affermato  in  passato  che  debbono
essere  sottratte  a  referendum  le  leggi  che  producono   effetti
strettamente collegati alla legge di bilancio e che «[q]uesto stretto
collegamento  si  puo'  ritenere  sussista  se  il  legame  genetico,
strutturale e funzionale con le leggi di bilancio  sia  tale  che  le
norme sostanziali collegate incidano direttamente  sul  quadro  delle
coerenze  macroeconomiche   e   siano   essenziali   per   realizzare
l'indispensabile equilibrio finanziario» (sentenza n. 2 del 1994). Ma
e' altresi' vero che,  cosi'  come  allora  la  Corte  ebbe  cura  di
precisare che tale criterio non consente di  sottrarre  a  referendum
qualunque legge di spesa, analogamente non  e'  sufficiente  che  una
legge, come quella in esame, persegua obiettivi o produca effetti  di
contenimento della spesa  pubblica  in  vista  del  riequilibrio  del
bilancio statale, perche' essa sia attratta nell'ambito  delle  leggi
di bilancio, espressamente escluse dal referendum, ai sensi dell'art.
75, secondo comma, Cost. 
    Dopo  tutto,  gia'   in   Assemblea   costituente   fu   scartata
l'originaria proposta volta ad annoverare tra le categorie  di  leggi
escluse da  referendum  le  leggi  finanziarie;  e  tale  dizione  fu
sostituita invece con il riferimento alle leggi  di  bilancio,  oltre
che alle leggi tributarie, proprio per evitare  che  attraverso  tale
limite si finisse per  impedire  il  referendum  su  qualunque  legge
capace di produrre  effetti  sulle  finanze  pubbliche,  e  cioe'  in
definitiva sulla quasi totalita' degli atti legislativi. 
    Pertanto, in riferimento al limite delle leggi  di  bilancio,  il
quesito non presenta profili di inammissibilita'. 
    3.- In secondo luogo, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
ritiene che la proposta di referendum presenti un ulteriore motivo di
inammissibilita',  in  quanto  avrebbe  ad   oggetto   l'eliminazione
integrale di una legge «costituzionalmente necessaria». 
    Sotto  questo  profilo  il   quesito   deve   essere   dichiarato
inammissibile, in quanto il referendum promosso dalle Regioni  ha  ad
oggetto un insieme di provvedimenti legislativi, la  cui  abrogazione
priverebbe  totalmente   l'ordinamento   dell'assetto   organizzativo
indispensabile  all'esercizio  di  una  funzione  fondamentale  dello
Stato, qual e' quella giurisdizionale, in violazione degli artt.  101
e seguenti Cost., con irrimediabile lesione del diritto  fondamentale
di agire e di difendersi in giudizio, ex art. 24 Cost. 
    Il quesito in esame,  dunque,  incontra  il  limite  delle  leggi
costituzionalmente necessarie (ex plurimis, sentenze n. 45 del  2005,
n. 35 del 1997, n. 29 del 1987, n. 25 del 1981),  «l'esistenza  e  la
vigenza  delle  quali   sono   indispensabili   per   assicurare   il
funzionamento e  la  continuita'  degli  organi  costituzionali  e  a
rilevanza costituzionale della Repubblica» (sentenza n. 13 del  2012,
e in precedenza sentenze n. 16 e n. 15 del  2008)  e  che,  pertanto,
possono essere «modificate o sostituite con altra disciplina, ma  non
possono essere puramente e semplicemente abrogate»  (sentenza  n.  49
del 2000). 
    Si tratta, dunque, di leggi ordinarie - o atti  aventi  forza  di
legge, come in questo  caso  -  il  cui  contenuto  e'  frutto  della
discrezionalita' del legislatore, mentre non lo e' la loro esistenza. 
    Invero, in caso di abrogazione per via referendaria  della  norma
di  delega  e  dei  due  decreti  legislativi,  i  quali   prevedono,
rispettivamente, la riorganizzazione degli uffici della  magistratura
ordinaria e degli uffici dei giudici di pace,  si  determinerebbe  un
vuoto  normativo,  non   colmabile   in   via   interpretativa,   che
provocherebbe     la     paralisi     dell'indefettibile     funzione
giurisdizionale. 
    Infatti, i due decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012 hanno
soppresso le tabelle relative alla cosiddetta  geografia  giudiziaria
precedentemente in  vigore  e  le  hanno  sostituite  con  le  nuove,
cosicche' l'abrogazione di queste ultime lascerebbe l'ordinamento del
tutto   sguarnito   dei   necessari   strumenti   organizzativi   per
l'amministrazione della giustizia. 
    D'altra parte, il vuoto normativo che si verrebbe  a  creare  non
sarebbe  colmabile,  come  assume  invece  la  difesa  delle  Regioni
proponenti, attraverso la reviviscenza della legislazione precedente.
Infatti, in base alla giurisprudenza di questa  Corte,  ribadita,  da
ultimo, dalla sentenza n. 13  del  2012,  «l'abrogazione,  a  seguito
dell'eventuale  accoglimento  della  proposta  referendaria,  di  una
disposizione  abrogativa  e'  [...]  inidonea  a  rendere  nuovamente
operanti norme che,  in  virtu'  di  quest'ultima,  sono  state  gia'
espunte dall'ordinamento (sentenza n. 28 del 2011)». 
    Ne' a conclusioni diverse si puo' giungere in considerazione  del
fatto, anch'esso evidenziato dalla difesa delle  proponenti,  che  la
richiesta referendaria esibirebbe un chiaro intento  oppositivo  alla
riforma approvata dal legislatore nel 2012. Nella  medesima  sentenza
n. 13 del 2012, la Corte ha infatti gia' precisato che «[l]a volonta'
di far "rivivere" norme precedentemente abrogate, d'altra parte,  non
puo' essere attribuita, nemmeno in via presuntiva, al referendum, che
ha carattere esclusivamente abrogativo, quale "atto libero e  sovrano
di legiferazione popolare negativa" (sentenza n. 29 del 1987), e  non
puo'  "direttamente  costruire"  una  (nuova  o  vecchia)   normativa
(sentenze n. 34 e n. 33 del 2000). La finalita'  incorporata  in  una
richiesta referendaria non puo' quindi andare  oltre  il  limite  dei
possibili effetti dell'atto. Se  cosi'  non  fosse,  le  disposizioni
precedentemente  abrogate  dalla   legge   oggetto   di   abrogazione
referendaria rivivrebbero per effetto  di  una  volonta'  manifestata
presuntivamente dal corpo elettorale». 
    In  definitiva,  il  corpo  normativo  oggetto  della   richiesta
referendaria,  in  quanto  costituzionalmente   necessario   per   lo
svolgimento della funzione  giurisdizionale  ordinaria  di  cui  agli
artt. 101 e seguenti Cost. e per l'esercizio del diritto fondamentale
di agire e di difendersi in giudizio, di cui all'art.  24  Cost.,  e'
nel suo insieme indefettibile e quindi non puo'  essere  meramente  e
integralmente abrogato, senza essere  sostituito  contestualmente  da
una diversa normativa. 
    4.- Peraltro, la richiesta e' altresi' inammissibile, perche'  il
quesito proposto difetta della necessaria omogeneita'. 
    La giurisprudenza costituzionale ha sempre manifestato un  chiaro
sfavore per i referendum aventi ad oggetto interi  testi  legislativi
complessi, o ampie porzioni di essi, comprendenti una  pluralita'  di
proposizioni normative eterogenee. 
    Infatti, sin dalla sentenza n. 16 del 1978 la Corte ha  affermato
la necessita'  che  il  quesito  referendario  osservi  il  requisito
dell'omogeneita', perche'  la  liberta'  di  voto  dell'elettore  sia
effettivamente rispettata: «occorre che i quesiti posti agli elettori
siano tali da esaltare e non da  coartare  le  loro  possibilita'  di
scelta; mentre e'  manifesto  che  un  voto  bloccato  su  molteplici
complessi di questioni, insuscettibili di essere ridotte  ad  unita',
contraddice  il  principio  democratico,  incidendo  di  fatto  sulla
liberta' del voto stesso (in violazione degli artt. 1 e  48  Cost.)».
Il criterio dell'omogeneita' del quesito  e'  dunque  presidio  della
liberta' di convincimento dell'elettore a garanzia  dell'autenticita'
dell'espressione della volonta' popolare (ex plurimis, sentenze n. 47
del 1991, n. 64 e n. 65 del 1990, n. 27 del 1981). 
    Nel caso in esame,  il  requisito  dell'omogeneita'  non  risulta
soddisfatto.  L'oggetto  del  referendum   proposto   dalle   Regioni
comprende tre  testi  legislativi:  la  norma  di  delega,  contenuta
nell'art. 1, commi 2 e seguenti, della legge n. 148 del 2011, nonche'
l'intero testo dei decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012. 
    E'  vero  che   un   nesso   lega   i   tre   testi   legislativi
sopramenzionati, essendo tutti volti  a  comporre  il  nuovo  disegno
dell'organizzazione giudiziaria, nelle sue  varie  articolazioni,  al
fine di semplificarlo e di alleggerirne i costi.  E,  tuttavia,  tale
disegno e' frutto di diversi  tasselli,  con  cui  si  provvede  alla
redistribuzione sul territorio di vari  tipi  di  uffici  giudiziari,
distinguendo  da  un  lato  la  magistratura  ordinaria  -  tribunali
ordinari, sezioni distaccate  di  questi  ultimi,  corti  di  assise,
uffici di sorveglianza, corti di appello, corti di assise di appello,
procure della Repubblica, procure generali della  Repubblica  (d.lgs.
n. 155 del 2012 e relative tabelle) - e, dall'altro, gli  uffici  del
giudice di pace (d.lgs. n. 156  del  2012  e  relative  tabelle).  Di
fronte  ad  un'architettura  composita,  com'e'  quella   dell'ordine
giudiziario, puo' accadere che il cittadino valuti  in  modo  diverso
l'accorpamento  dei  vari  tipi  di  uffici  giudiziari   e   intenda
esprimersi a favore della soppressione di alcuni e  del  mantenimento
di altri, per i quali piu' viva avverta l'esigenza di una prossimita'
territoriale. Parimenti, potrebbe darsi che, esaminando caso per caso
la ristrutturazione disposta dal legislatore, il cittadino maturi  un
convincimento negativo verso l'abolizione  di  una  determinata  sede
giudiziaria, mentre vorrebbe esprimere una opinione  favorevole  alla
eliminazione  di  altre,  magari  nell'ambito  di  un   apprezzamento
complessivo dell'operazione voluta dal legislatore,  considerata  nel
suo insieme. 
    Il referendum, per sua  natura,  non  consente  di  operare  tali
distinzioni, non consente di scindere il quesito e quindi  non  offre
possibilita' di soluzioni intermedie tra il rifiuto e  l'accettazione
integrale della proposta abrogativa, con il  rischio  che  l'elettore
sia  determinato  nella  sua  decisione  dalla  presenza  di  qualche
disposizione, magari anche secondaria rispetto al quadro  legislativo
generale.  In  definitiva,   poiche'   la   riforma   e'   sottoposta
all'abrogazione popolare come un aggregato  indivisibile,  l'elettore
si troverebbe a dover esprimere un voto bloccato su una pluralita' di
atti e di disposizioni diverse, con  conseguente  compressione  della
propria liberta' di scelta. 
    Assai piu' flessibili e modulabili, invece, sono  gli  interventi
del legislatore, anche delegato, che resta  libero  di  apportare  le
necessarie modifiche e correzioni ai decreti legislativi n. 155 e  n.
156 del 2012, eventualmente anche  in  attuazione  della  delega  per
l'approvazione  dei  decreti  integrativi  e   correttivi,   prevista
dall'art. 1,  comma  5,  della  legge  n.  148  del  2011  e  tuttora
esercitabile da parte del Governo.