ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  33  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio  2010,  n.  122,   promosso   dalla   Commissione   tributaria
provinciale di Lecco, nel procedimento vertente  tra  Iardella  Maria
Teresa e l'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Lecco con
ordinanza dell'8  ottobre  2013,  iscritta  al  n.  11  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23  giugno  2014  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza dell'8 ottobre 2013 la  Commissione  tributaria
provinciale  di  Lecco  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 33 del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, in  riferimento  agli
artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    1.1.-  Il  rimettente  solleva  la  questione   di   legittimita'
costituzionale della citata disposizione in quanto, prevedendo per  i
dirigenti ed i titolari di rapporti di  collaborazione  coordinata  e
continuativa nel settore  finanziario  un  prelievo  addizionale  con
aliquota del dieci per cento sui  compensi  variabili  erogati  sotto
forma  di  bonus  o  di  stock   options   che   eccedono   l'importo
corrispondente alla parte fissa della  retribuzione,  violerebbe  gli
artt. 3 e 53 Cost. 
    Quanto al primo  parametro,  il  prelievo  in  questione  sarebbe
irragionevole e discriminatorio ai danni di  una  sola  categoria  di
cittadini, sottoponendo a maggiore tassazione chi svolge  le  proprie
mansioni con una determinata qualifica in  uno  specifico  settore  -
quello finanziario - e non chi, rivestendo la medesima qualifica,  le
svolga in un settore economico diverso. In tal modo si  introdurrebbe
un'ingiustificata discriminazione  in  violazione  del  principio  di
uguaglianza a parita' di reddito. 
    Inoltre, il  prelievo  addizionale  previsto  dalla  disposizione
censurata contrasterebbe  altresi'  con  il  principio  di  capacita'
contributiva  espresso  dall'art.  53  Cost.,   presupposto   a   cui
commisurare il concorso di ciascun soggetto alla spesa pubblica. 
    1.2.- Il giudice a quo riferisce di  essere  stato  adito  da  un
dirigente  di  un  istituto  di  credito  finanziario  italiano  che,
percependo una retribuzione in parte  fissa  ed  in  parte  variabile
sotto forma di bonus e di stock  options  in  ragione  dei  risultati
raggiunti, dopo aver vanamente chiesto all'Agenzia  delle  entrate  -
Direzione provinciale di Lecco il rimborso di  quanto  trattenuto  ai
sensi  dell'art.  33  del  d.l.  n.  78  del  2010  sulla  componente
retributiva variabile eccedente l'ammontare di quella fissa, ha agito
in giudizio, lamentando l'illegittimita' costituzionale della norma. 
    La questione sarebbe rilevante in quanto il citato  art.  33  del
d.l. n. 78  del  2010  costituirebbe  «unico  e  immediato  paradigma
normativo di riferimento per l'eventuale riconoscimento  del  diritto
della ricorrente ad ottenere il rimborso di quanto a tale  titolo  il
sostituto d'imposta ha trattenuto e versato all'Erario», a fronte del
rigetto dell'istanza avanzata in tal senso all'amministrazione. 
    2.- Con atto depositato  il  4  marzo  2014,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. 
    2.1.-   Sotto   il   primo   profilo,   l'intervenuto   eccepisce
l'insufficiente  descrizione   della   fattispecie   da   parte   del
rimettente, che, non precisando l'anno di imposta a cui si  riferisce
il prelievo dedotto in giudizio ne' se esso sia stato  effettuato  ai
sensi del comma 1 o del comma 2-bis - introdotto solo  dall'art.  23,
comma 50-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio  2011,  n.
111 - del censurato art. 33, impedirebbe la verifica della  rilevanza
della questione. Inoltre, la violazione dell'art.  53  Cost.  sarebbe
affermata  in  via  apodittica,  senza  indicazione  dei  motivi   di
contrasto con la disposizione censurata. 
    2.2.- Ad avviso della difesa dello Stato,  la  questione  sarebbe
comunque infondata nel merito. 
    La disposizione, infatti, troverebbe la  propria  giustificazione
nelle decisioni assunte in occasione del G20  tenutosi  a  Pittsburgh
nel 2009, che avrebbe individuato tra le cause della crisi che  aveva
iniziato a colpire l'economia mondiale la mancanza di responsabilita'
e la disinvoltura del  settore  bancario  e  finanziario,  alimentate
anche dalle prassi retributive ivi operanti, da riformare  nel  senso
di disincentivare la previsione di remunerazioni variabili, legate  a
logiche speculative di  breve  periodo  piuttosto  che  all'effettiva
produttivita'. 
    L'art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 rappresenterebbe,  dunque,  una
misura di carattere straordinario per fronteggiare la crisi economica
nell'ambito delle indicazioni fornite dal G20; misura che, ben  lungi
dall'essere   arbitraria,   risponderebbe   ad   un    criterio    di
ragionevolezza - arginando,  attraverso  la  disincentivazione  delle
menzionate tipologie remunerative, gli effetti  economici  distorsivi
da  esse  potenzialmente  indotti  -  e  non  sarebbe   ingiustamente
discriminatoria, riguardando  solo  i  soggetti  che,  per  il  ruolo
rivestito, potrebbero incidere sull'andamento dei mercati  finanziari
secondo logiche speculative in funzione  della  parte  variabile  del
loro  compenso.  Da  cio'  conseguirebbe  la  non  fondatezza   della
questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  in  riferimento
all'art. 3 Cost. 
    Inoltre, secondo l'intervenuto, la  disposizione  non  violerebbe
nemmeno l'art. 53 Cost., in quanto la percezione  di  compensi  sotto
forma di bonus o stock options sarebbe evidente indice  di  capacita'
contributiva. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Lecco, con ordinanza
dell'8  ottobre  2013,  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 33 del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, in  riferimento  agli
artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    In particolare, prevedendo per  i  dirigenti  ed  i  titolari  di
rapporti di collaborazione  coordinata  e  continuativa  nel  settore
finanziario un prelievo addizionale con aliquota del dieci per  cento
sui compensi variabili erogati  sotto  forma  di  bonus  o  di  stock
options che eccedono l'importo corrispondente alla parte fissa  della
retribuzione, la citata disposizione introdurrebbe  un'ingiustificata
discriminazione  tra  chi  svolge  le  proprie   mansioni   con   una
determinata qualifica in uno specifico settore (quello «finanziario»)
e chi, rivestendo la medesima qualifica,  le  svolga  in  un  settore
economico diverso; essa inoltre contrasterebbe con  il  principio  di
capacita' contributiva, presupposto a cui commisurare il concorso  di
ciascun soggetto alla spesa pubblica. 
    2.-  Preliminarmente,  devono  essere  disattese   le   eccezioni
d'inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura dello Stato. 
    Dalla lettura dell'ordinanza  di  rimessione  emerge  in  maniera
evidente come la questione sollevata riguardi l'art. 33 del  d.l.  n.
78 del 2010 nel testo risultante a seguito dell'integrazione  operata
dall'art. 23, comma 50-bis, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni  urgenti  per   la   stabilizzazione   finanziaria)   -
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
luglio 2011, n. 111 - che vi ha aggiunto il comma 2-bis. 
    Proprio la chiara indicazione della norma impugnata  consente  di
ritenere  implicita  nella  sua   censura   l'affermazione   che   la
retribuzione variabile in forma di bonus e stock options assoggettata
al prelievo addizionale sia stata corrisposta al dirigente  in  epoca
successiva a quella prevista per la sua  applicazione,  ossia  al  17
luglio 2011. 
    Infine, il rilievo per cui, «in  materia  tributaria,  l'art.  53
Cost. e' espressione particolare del principio di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.» (sentenza n.  142  del  2014)
rende sufficiente la motivazione addotta a sostegno della  violazione
di entrambi i parametri costituzionali. 
    3.- Nel merito la questione non e' fondata. 
    La disposizione prevede che: «1. In  dipendenza  delle  decisioni
assunte in sede di G20 e in considerazione  degli  effetti  economici
potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate
sotto forma di bonus e stock options, sui compensi a  questo  titolo,
che  eccedono  il  triplo  della  parte  fissa  della   retribuzione,
attribuiti ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti  nel
settore finanziario nonche' ai titolari di rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa  nello  stesso  settore  e'  applicata  una
aliquota addizionale del 10 per cento. 2. L'addizionale e' trattenuta
dal  sostituto  d'imposta  al  momento  di  erogazione  dei  suddetti
emolumenti e, per l'accertamento, la riscossione, le  sanzioni  e  il
contenzioso, e' disciplinata dalle ordinarie disposizioni in  materia
di imposte sul reddito. 2-bis. Per i compensi di cui al comma  1,  le
disposizioni di cui ai commi precedenti si  applicano  sull'ammontare
che  eccede  l'importo  corrispondente   alla   parte   fissa   della
retribuzione». 
    Come risulta dal suo stesso tenore letterale ed emerge anche  dai
lavori parlamentari, l'art. 33 censurato consegue alle determinazioni
del vertice G20 di Pittsburgh del 2009, che, con riguardo ai problemi
afferenti alla crisi economica globale, ha individuato, tra  le  aree
critiche  su  cui  incidere  al  fine  di  agevolare  la   stabilita'
finanziaria,  le   modalita'   retributive   recanti   l'effetto   di
incentivare l'assunzione di rischi eccessivi. 
    Il prelievo aggiuntivo di cui alla norma censurata, peraltro,  e'
stato introdotto in un contesto temporale in cui anche le istituzioni
dell'Unione europea vagliavano  soluzioni  normative  volte  a  tener
conto  del  ruolo  svolto  nella  crisi  finanziaria   da   politiche
retributive ritenute capaci di incentivare  un'assunzione  di  rischi
eccessiva  ed  imprudente.  Tali  iniziative   sono   culminate,   in
particolare,  nell'adozione  della  direttiva  26  giugno  2013,   n.
2013/36/UE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e   del   Consiglio
sull'accesso all'attivita' degli enti  creditizi  e  sulla  vigilanza
prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che
modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive  2006/48/CE  e
2006/49/CE), i cui "considerando" da 62  a  69  si  occupano  proprio
delle politiche di remunerazione e dei rischi  collegati  alle  forme
retributive variabili. 
    Alla luce di tali considerazioni emerge  chiaramente  la  ragione
che ha indotto il legislatore a prevedere il prelievo addizionale  di
cui alla disposizione censurata, ossia l'intento -  coerente  con  il
coevo atteggiamento  manifestatosi  a  livello  internazionale  -  di
scoraggiare modalita' remunerative variabili  considerate  pericolose
per la stabilita' finanziaria. 
    La norma, infatti, inasprendo il prelievo fiscale, rappresenta un
disincentivo per le prassi retributive che possono avere l'effetto di
condurre all'assunzione di rischi eccessivi di breve termine da parte
della  categoria  di  contribuenti  sottoposta  al  prelievo.  Questi
ultimi, in ragione del tasso  di  professionalita',  della  autonomia
operativa, del potere decisionale di cui godono e dell'aspirazione  a
maggiori guadagni personali (per il legame tra l'andamento del titolo
da un lato ed il riconoscimento e l'ammontare del beneficio correlato
a dette forme di compenso dall'altro), sono  in  grado  di  porre  in
essere  attivita'  speculative  suscettibili   di   pregiudicare   la
stabilita' finanziaria. Un rischio di questo genere non  ricorre  per
l'attivita' degli altri contribuenti che vengono retribuiti  in  modo
analogo ma non hanno la stessa possibilita' di incidere, con il  loro
operato, sulla stabilita' dei mercati finanziari. 
    Pertanto, da un lato, la scelta disincentivante  del  legislatore
e' tutt'altro che irragionevole o arbitraria e,  dall'altro,  non  e'
ingiustificata la limitazione al  solo  «settore  finanziario»  della
platea dei soggetti passivi sottoposti al prelievo addizionale. 
    Allo  stesso  modo,  non  e'  arbitraria  l'individuazione  della
componente variabile della retribuzione in forma  di  bonus  o  stock
options - oltre un certo multiplo del compenso fisso  -  quale  fatto
espressivo della  capacita'  contributiva,  ossia  quale  indice  che
esprime l'idoneita' del soggetto passivo all'obbligazione  tributaria
(sentenza n. 304 del 2013). 
    Alla luce delle considerazioni che precedono l'art. 33  del  d.l.
n. 78 del 2010 non contrasta con gli artt. 3 e 53 Cost.