ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  43  della
legge della Regione Abruzzo  8  febbraio  2005,  n.  6  (Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2005 e  pluriennale
2005-2007 della Regione Abruzzo - Legge finanziaria regionale  2005),
come sostituito dall'art. 1,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Abruzzo  21  novembre  2008,   n.   16   (Provvedimenti   urgenti   e
indifferibili),  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di  Teramo  nel
procedimento civile vertente  tra  A.G.  e  la  Regione  Abruzzo  con
ordinanza del  19  marzo  2013,  iscritta  al  n.  117  del  registro
ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione di A. G. e della Regione Abruzzo; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  giugno  2014  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi gli avvocati Federico Sorrentino  e  Tommaso  Marchese  per
A.G. e Federico Tedeschini per la Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Teramo, in funzione di giudice  del
lavoro, con ordinanza del 19  marzo  2013  iscritta  al  n.  117  del
registro ordinanze 2013, ha sollevato, in riferimento  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 43 della  legge  della  Regione
Abruzzo 8 febbraio  2005,  n.  6  (Disposizioni  finanziarie  per  la
redazione del bilancio annuale 2005  e  pluriennale  2005-2007  della
Regione Abruzzo - Legge finanziaria regionale 2005), come  sostituito
dall'art. 1, comma 2, della legge della Regione Abruzzo  21  novembre
2008, n. 16 (Provvedimenti urgenti e indifferibili). 
    Il rimettente premette di essere investito del  ricorso  promosso
da A.G., appartenente  alla  categoria  B,  posizione  economica  B3,
immessa, a seguito di superamento di concorso pubblico, nel ruolo del
personale della Regione Abruzzo con decorrenza giuridica dal 3  marzo
1981. La ricorrente  ha  chiesto  il  riconoscimento  del  diritto  a
percepire  la  retribuzione  individuale  di   anzianita'   (r.i.a.),
corrispostale in ragione di euro 44,74 mensili, nel maggior  importo,
pari a euro 637,50 mensili, percepito, a  parita'  di  anzianita'  di
servizio, da altro impiegato appartenente alla medesima  qualifica  e
proveniente dall'ANAS, ammesso  al  beneficio  del  mantenimento  del
trattamento  economico  individuale  di  anzianita'  maturato  presso
l'amministrazione  di  provenienza.  A  sostegno  della  domanda,  la
ricorrente nel giudizio a quo ha chiesto l'applicazione dell'art.  43
della legge reg. n. 6 del 2005, il quale modificando l'art.  l  della
legge regionale 13 ottobre 1998, n. 118 (Riconoscimento agli  effetti
economici della anzianita' di servizio prestato presso lo Stato, Enti
Pubblici,  Enti  Locali  e  Regioni,  nei  confronti  del   personale
inquadrato nel ruolo regionale a  seguito  di  pubblici  concorsi  ed
estensione dei  benefici  previsti  dalla  L.  n.  144  del  1989  al
personale ex L. n. 285  del  1977),  ha  riconosciuto  ai  dipendenti
regionali «ai fini perequativi, la stessa retribuzione individuale di
anzianita'  percepita  dai  dipendenti  vincitori   delle   procedure
concorsuali  suddette  ai  quali  e'  stato  applicato  il  comma  1,
quantificata  tenendo  conto  dell'ammontare  maggiore  percepito   a
parita' di anzianita' di servizio al momento dell'inquadramento nella
qualifica regionale ricoperta». 
    La  Regione,  costituitasi  nel  giudizio  a  quo,  ha   eccepito
l'illegittimita' costituzionale  della  disposizione  invocata  dalla
ricorrente per contrasto con gli artt. 3, 36, 81, quarto  comma,  97,
117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Il rimettente riferisce ampiamente le argomentazioni svolte dalla
difesa regionale a sostegno delle censure  e,  tuttavia,  ritiene  di
sollevare questione di costituzionalita'  dell'art.  43  della  legge
reg. n. 6 del 2005  unicamente  con  riguardo  al  parametro  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Sostiene, infatti, che la disposizione regionale, intervenendo su
una voce del trattamento economico  del  personale  dipendente  dalla
Regione, a seguito della privatizzazione dei rapporti di lavoro  alle
dipendenze della pubblica amministrazione, inciderebbe sulla  materia
dell'«ordinamento  civile»  riservata   alla   potesta'   legislativa
esclusiva  dello   Stato,   come   affermato   dalla   giurisprudenza
costituzionale. 
    In ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale, dopo aver
svolto un ampio excursus delle vicende normative che hanno riguardato
la r.i.a., osserva come l'art. 43 della legge  reg.  n.  6  del  2005
persegua finalita' perequative del trattamento retributivo erogato ai
dipendenti gia' appartenenti al ruolo  regionale  rispetto  a  quelli
provenienti da altre  amministrazioni.  Proprio  tale  finalita',  ad
avviso del rimettente, induce  ad  interpretare  la  disposizione  in
esame nel senso di riconoscere il diritto alla  riliquidazione  della
r.i.a. anche in favore del personale  regionale  che  non  sia  stato
assunto a seguito di procedure selettive o di mobilita'. Infatti,  la
(asserita) sperequazione cui  la  norma  e'  volta  a  porre  rimedio
sarebbe  stata  determinata  proprio  dalla  precedente  legislazione
regionale che, nel recepire gli esiti della contrattazione collettiva
anteriore alla privatizzazione del pubblico impiego, aveva creato uno
squilibrio tra il trattamento economico di anzianita'  del  personale
regionale e quello proveniente da altre amministrazioni. 
    La rilevanza della questione, inoltre, non  sarebbe  venuta  meno
per effetto della abrogazione della disposizione  censurata  disposta
dall'art. 6 della legge della Regione Abruzzo 3 agosto  2011,  n.  24
(Intervento di adeguamento normativo in materia  di  personale),  con
decorrenza dal 13 agosto 2011, atteso che la domanda formulata  dalla
ricorrente attiene al periodo compreso tra il 1°  luglio  1998  e  il
febbraio  2011  «oltre  che  il  periodo  successivo,  da  intendersi
limitato a quello di produzione degli effetti della norma». 
    Il Tribunale da' anche conto della circostanza che, nel  caso  al
suo esame, il dipendente dell'ANAS, rispetto al quale  la  ricorrente
chiede la riliquidazione della r.i.a., ha conservato  il  trattamento
economico di cui godeva presso tale amministrazione, ivi compresa  la
retribuzione individuale di anzianita',  in  forza  dell'art.  4  del
d.P.C.m. 22 dicembre 2000, n. 448 (Regolamento  recante  modalita'  e
procedure per il trasferimento del personale dell'Ente nazionale  per
le strade - ANAS - alle regioni ed agli enti  locali,  in  attuazione
dell'articolo 7, comma 4, del d.lgs. 31 marzo 1998, n.  112),  e  non
gia'  in  forza  della  analoga  disposizione   regionale   contenuta
nell'art. 1, comma 1, della legge reg. n. 118 del 1998. 
    Ciononostante, il giudice  a  quo  ritiene  che  la  disposizione
censurata - la quale riconosce il diritto alla  riliquidazione  della
r.i.a.  rispetto  a  quei  dipendenti  che   abbiano   mantenuto   il
trattamento  economico  dell'ente  di  provenienza  in  forza   della
disposizione regionale - debba trovare comunque applicazione nel caso
di specie pur non ricorrendo la condizione ivi prevista, tenuto conto
della finalita' perequativa  perseguita  dal  legislatore  regionale.
Pertanto, l'identita' della ratio della norma di cui al comma 1 della
legge reg. n. 118 del 1998 e quella di cui al  d.P.C.m.  n.  448  del
2000  giustificherebbe   l'applicazione,   anche   analogica,   della
disposizione censurata. 
    2.- E' intervenuta in giudizio la parte privata A.G. la quale  ha
chiesto alla Corte di rigettare  la  questione  di  costituzionalita'
sollevata dal Tribunale. 
    Osserva,  al  riguardo,  che  la  giurisprudenza   costituzionale
richiamata dal rimettente non sarebbe pertinente al  caso  di  specie
dal momento che essa riguarderebbe istituti contrattuali regolati  da
leggi dello Stato o da contratti collettivi. 
    La  questione  in  esame,  invece,  atterrebbe  ad  un  beneficio
economico introdotto e regolato dalla contrattazione collettiva degli
anni ottanta, recepito e disciplinato  da  leggi  regionali,  ma  mai
dalla normativa statale, ne' da contratti collettivi per il  comparto
Regioni-Autonomie locali dal 1995 in poi. 
    Con la riforma del  pubblico  impiego  per  effetto  del  decreto
legislativo   3   febbraio    1993,    n.    29    (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
della L. 23 ottobre  1992,  n.  421),  successivamente  abrogato  dal
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche),  venne  disposta   la   abrogazione   degli   automatismi
retributivi di tal che la r.i.a. continuo' ad essere  corrisposta  in
favore del personale che gia' ne godeva per effetto della  disciplina
previgente. 
    Le leggi regionali n. 118 del 1998, n. 6 del 2005  e  n.  16  del
2008  avrebbero  regolamentato   «gli   effetti   della   persistenza
dell'istituto   della   retribuzione   individuale   di    anzianita'
contemplata (come dato di fatto esistente) ma non disciplinata  dalla
contrattazione  collettiva  post  riforma»,  in  continuita'  con  la
normativa  regionale  preesistente.  La  legge  censurata,  pertanto,
sarebbe  intervenuta  in  una  materia  che  gia'  apparteneva   alla
competenza regionale sia in quanto riferita  al  personale  impiegato
nei propri uffici, sia perche' ha disciplinato un  istituto  da  essa
previsto. Essa, inoltre, non sarebbe volta ad incrementare  l'importo
della r.i.a., bensi'  a  rimuovere  differenze  nel  godimento  della
stessa a parita' di condizioni. 
    3.- La Regione Abruzzo si e'  costituita  in  giudizio  chiedendo
l'accoglimento della questione prospettata dal Tribunale ordinario di
Teramo. 
    Dopo aver premesso che la r.i.a., ove acquisita,  costituisce  un
elemento  del  trattamento  economico   fondamentale   previsto   dai
contratti collettivi di comparto riconosciuto a coloro che sono stati
assunti prima del 1990 e che, a decorrere dalla  privatizzazione  del
pubblico impiego, i contratti  collettivi  nazionali  di  lavoro  non
prevedono piu' gli avanzamenti economici  per  scatti  di  anzianita'
avendoli sostituiti con sistemi basati su istituti meritocratici,  la
difesa regionale osserva come l'art. 2, comma 3, del  d.lgs.  n.  165
del 2001 abbia previsto che l'attribuzione di  trattamenti  economici
possa  avvenire  esclusivamente  attraverso   contratti   collettivi,
ovvero,  a  determinate  condizioni,  mediante  contratti  collettivi
individuali, stabilendo, al contempo, che le disposizioni  di  legge,
regolamenti  o  atti  amministrativi  che  attribuiscono   incrementi
retributivi non previsti dai contratti «cessano di avere efficacia  a
far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale». 
    La  disposizione  censurata  avrebbe  introdotto  un  trattamento
economico ulteriore rispetto a quello previsto  dalla  contrattazione
collettiva per i dipendenti del  comparto  Regioni-Autonomie  locali,
determinando un ingiustificato aumento retributivo. 
    La difesa regionale richiama la giurisprudenza  di  questa  Corte
secondo cui il rapporto di impiego alle dipendenze  delle  Regioni  e
degli Enti locali,  a  seguito  della  privatizzazione  avvenuta  con
l'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al  Governo  per
la razionalizzazione e la revisione delle discipline  in  materia  di
sanita',  di  pubblico  impiego,   di   previdenza   e   di   finanza
territoriale), e' retto dalla disciplina  generale  dei  rapporti  di
lavoro  tra  privati  ed  e'  percio'  soggetto   alle   regole   che
garantiscono  l'uniformita'  di  tali  rapporti,  regole  costituenti
l'assetto dell'ordinamento civile. 
    La disposizione regionale censurata, percio', sarebbe intervenuta
in  un  ambito,  quello  del  pubblico  impiego  privatizzato,   che,
attenendo  all'ordinamento  civile,  e'  riservato  alla   competenza
esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
l), Cost. 
    La difesa regionale sostiene, inoltre, che l'art. 43 della  legge
reg. n. 6 del 2005 contrasterebbe con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.,  in
quanto  non  riconoscerebbe  la  giusta   retribuzione   di   ciascun
lavoratore e violerebbe  il  principio  di  uguaglianza  sostanziale.
Contrasterebbe, altresi',  con  il  principio  di  ragionevolezza  ed
imparzialita'. 
    Infine,  la  Regione  sostiene  che  la  disposizione   censurata
violerebbe l'art. 81, quarto comma, Cost., non essendo stata prevista
un'effettiva copertura finanziaria per far fronte  alle  obbligazioni
da essa nascenti. 
    4.- In prossimita' dell'udienza, la Regione Abruzzo ha depositato
una memoria nella quale insiste per l'accoglimento della questione di
legittimita' con riferimento a tutti i  parametri  costituzionali  da
essa invocati. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Teramo, in funzione di giudice  del
lavoro, ha promosso, con ordinanza del 19 marzo 2013 iscritta  al  n.
117 del registro ordinanze 2013, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera l),  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 43  della  legge  della  Regione  Abruzzo  8
febbraio 2005, n. 6 (Disposizioni finanziarie per  la  redazione  del
bilancio annuale 2005 e pluriennale 2005-2007 della Regione Abruzzo -
Legge finanziaria regionale 2005), come sostituito dall'art. 1, comma
2, della  legge  della  Regione  Abruzzo  21  novembre  2008,  n.  16
(Provvedimenti urgenti e indifferibili). 
    Il rimettente lamenta che la disposizione censurata - nella parte
in cui riconosce  a  tutti  i  dipendenti  regionali,  a  parita'  di
anzianita', lo stesso trattamento economico di anzianita'  attribuito
ai dipendenti appartenenti alla  medesima  qualifica  provenienti  da
altra amministrazione i quali, in forza dell'art. 1, comma  1,  della
legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 1998, n.  118  (Riconoscimento
agli effetti economici della anzianita' di servizio  prestato  presso
lo Stato, Enti Pubblici, Enti Locali e  Regioni,  nei  confronti  del
personale inquadrato  nel  ruolo  regionale  a  seguito  di  pubblici
concorsi ed estensione dei benefici previsti dalla L. n. 144 del 1989
al personale ex L. n. 285 del 1977), hanno mantenuto  il  trattamento
economico di  anzianita'  ivi  eventualmente  maturato  -  violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  dal  momento  che  la
disciplina  del  trattamento  economico  dei   dipendenti   regionali
rientrerebbe nella materia  dell'ordinamento  civile  che  appartiene
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    E' intervenuta in giudizio la parte privata  A.G.,  la  quale  ha
chiesto a questa Corte di  rigettare  la  questione  di  legittimita'
sollevata   dal   Tribunale,   osservando   che   la   giurisprudenza
costituzionale richiamata dal rimettente non  sarebbe  pertinente  al
caso  di  specie  dal  momento  che   essa   riguarderebbe   istituti
contrattuali regolati da leggi dello Stato o da contratti  collettivi
e che la questione in  esame,  invece,  atterrebbe  ad  un  beneficio
economico introdotto e regolato dalla contrattazione collettiva degli
anni ottanta, recepito e disciplinato  da  leggi  regionali,  ma  mai
dalla normativa statale, ne' da contratti collettivi per il  comparto
Regioni-Autonomie locali dal 1995 in poi. 
    2.- Occorre preliminarmente precisare che la Regione Abruzzo, che
e'  intervenuta  nel  giudizio  per   chiedere   una   pronuncia   di
illegittimita' costituzionale di una sua disposizione legislativa, ha
evocato   nelle   proprie   difese   la   violazione   di   parametri
costituzionali ulteriori rispetto a quello indicato nell'ordinanza di
rimessione. 
    Tali deduzioni non sono tuttavia  idonee  ad  ampliare  il  thema
decidendum quale risulta definito dal giudice a quo nell'ordinanza di
rimessione.   Infatti,   secondo   l'orientamento   costante    della
giurisprudenza   costituzionale,   «l'oggetto   del    giudizio    di
costituzionalita' in via incidentale e' limitato alle  sole  norme  e
parametri indicati, pur se  implicitamente,  nell'ordinanza  e  [...]
quindi non possono essere presi in considerazione questioni o profili
di costituzionalita' diversi, tanto se siano  stati  dedotti  ma  non
fatti propri dal giudice a quo, quanto se ampliano  o  modificano  il
contenuto delle stesse ordinanze» (sentenze n. 310 del 2013 e n.  184
del 2011; ordinanza n. 298 del 2011). 
    Pertanto, l'oggetto del giudizio deve ritenersi circoscritto alla
verifica della compatibilita' della disposizione regionale unicamente
con riguardo al parametro di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
l), Cost. 
    3.- Al fine di comprendere il  significato  e  la  portata  della
disposizione oggetto della censura e' necessario dare conto della sua
origine e della sua evoluzione. 
    Con la legge reg. n. 118 del 1998, il  legislatore  abruzzese  ha
introdotto  una  norma  che  riconosceva  «Al  personale   regionale,
inquadrato  in  ruolo  a  seguito  di  pubblico  concorso  [...]   il
trattamento economico di anzianita' eventualmente maturato nel  ruolo
dell'ente di provenienza, sia esso  Stato  o  ente  pubblico  o  ente
locale o altra Regione» (art. 1). 
    Tale  disposizione,  in   sostanza,   consentiva   al   personale
proveniente da altre amministrazioni, che fosse stato inquadrato  nei
ruoli della Regione Abruzzo a seguito di concorso,  di  mantenere  la
retribuzione individuale di anzianita' (r.i.a.) di cui godeva  presso
l'amministrazione di provenienza. 
    Sul  presupposto   che   questa   previsione   determinasse   una
sperequazione tra detto personale e quello che gia' si  trovava  alle
dipendenze  della  Regione,  il  quale  eventualmente  godeva  di  un
trattamento di anzianita' inferiore, l'art. 43 della legge reg. n.  6
del 2005 ha riconosciuto a tali dipendenti  il  diritto  ad  ottenere
l'allineamento  della  r.i.a.  con  quella   goduta   dal   personale
transitato  nei  ruoli  regionali  da   altra   amministrazione.   La
disposizione censurata ha infatti inserito nell'art.  1  della  legge
reg. n. 118 del 1998 un comma 2-bis il quale - nella sua formulazione
originale - stabiliva che  «Ai  dipendenti  regionali  inquadrati  in
ruolo a seguito di superamento di corso-concorso pubblico o  concorso
pubblico e' riconosciuta, ai fini perequativi, la stessa retribuzione
individuale di anzianita' percepita dai  dipendenti  vincitori  delle
procedure concorsuali suddette ai quali e' stato applicato il comma 1
quantificata  tenendo  conto  dell'ammontare  maggiore  percepito   a
parita' di anzianita' di servizio al momento dell'inquadramento nella
qualifica regionale ricoperta». 
    La  stessa  disposizione,  inoltre,  ha  modificato  il  comma  1
dell'art. 1 della legge reg. n. 118 del  1998  aggiungendo  «dopo  le
parole "pubblico concorso" "o a seguito di procedura di mobilita'"». 
    Dunque, con le modifiche introdotte dall'art. 43 della legge reg.
n.  6  del  2005,  il  legislatore  regionale  ha  inteso  perseguire
finalita' perequative  del  trattamento  di  anzianita'  di  tutti  i
dipendenti regionali  riconoscendo  il  diritto  alla  riliquidazione
della r.i.a. in favore del  personale  regionale  gia'  in  organico,
assunto tramite corso-concorso o concorso pubblico. Il  parametro  di
riferimento per tale riliquidazione e' costituito dal trattamento  di
anzianita'  di  cui  beneficia  il  personale  transitato  nei  ruoli
regionali non solo a seguito  di  pubblico  concorso,  come  previsto
dalla formulazione originaria dell'art. 1, comma 1, della legge  reg.
n. 118 del 1998, ma anche a seguito di procedure di mobilita'. 
    La successiva legge reg. n. 16 del 2008 ha sostituito  il  citato
art. 43 ulteriormente ampliando  l'ambito  dei  destinatari  di  tale
previsione, individuandoli nei «dipendenti che  alla  data  del  1989
erano inquadrati in ruolo in una delle pubbliche  amministrazioni  di
cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 [...]». 
    Infine,  l'art.  6  della  legge  reg.  3  agosto  2011,  n.   24
(Intervento di adeguamento normativo in  materia  di  personale),  ha
abrogato i commi 2-bis e 2-ter della legge reg. n.  118  del  1998  a
decorrere dal giorno successivo a quello della sua  pubblicazione,  e
dunque a far data dal 13 agosto 2011. 
    3.1.-  Tale  abrogazione  non   determina   l'irrilevanza   della
questione prospettata dal Tribunale ordinario di Teramo  dal  momento
che,  come  dallo  stesso  correttamente  rilevato,  la  disposizione
censurata  continua  a  trovare  applicazione  nel  giudizio  a   quo
concernendo  la  domanda  della  dipendente  regionale   il   periodo
anteriore a tale abrogazione. 
    4.- Nel merito, la censura e' fondata. 
    Essa deve ritenersi circoscritta  a  quella  parte  dell'art.  43
della legge reg. n. 6 del 2005 che ha introdotto  nell'art.  1  della
legge reg. n. 118 del 1998 il comma  2-bis,  appuntandosi  unicamente
contro quest'ultima disposizione le censure del giudice a quo. 
    Secondo il costante orientamento di questa Corte, a seguito della
privatizzazione del rapporto di pubblico impiego - operata  dall'art.
2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421  (Delega  al  Governo  per  la
razionalizzazione e la  revisione  delle  discipline  in  materia  di
sanita',  di  pubblico  impiego,   di   previdenza   e   di   finanza
territoriale), dall'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo  1997,  n.
59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti  alle
regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione
e per la semplificazione amministrativa), e dai  decreti  legislativi
emanati in attuazione di dette  leggi  delega  -  la  disciplina  del
rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione  e'
retta dalle disposizioni del codice  civile  e  dalla  contrattazione
collettiva. 
    Con specifico riguardo al trattamento economico, l'art. 2,  comma
3, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), stabilisce che «L'attribuzione di  trattamenti  economici
puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi» e  l'art.
45 dello stesso  decreto  ribadisce  che  «Il  trattamento  economico
fondamentale  ed  accessorio  [...]   e'   definito   dai   contratti
collettivi». Ancora, il citato art.  2,  comma  3,  prevede  che  «Le
disposizioni  di  legge,  regolamenti  o  atti   amministrativi   che
attribuiscono  incrementi  retributivi  non  previsti  da   contratti
cessano di avere efficacia a far  data  dall'entrata  in  vigore  del
relativo rinnovo contrattuale». 
    Proprio a  seguito  di  tale  privatizzazione,  questa  Corte  ha
affermato che «i principi fissati  dalla  legge  statale  in  materia
costituiscono   tipici   limiti   di   diritto    privato,    fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  fra  privati  e,
come tali, si  impongono  anche  alle  Regioni  a  statuto  speciale»
(sentenza n. 189 del 2007). 
    In particolare, dall'art. 2, comma 3,  terzo  e  quarto  periodo,
della legge  n.  421  del  1992,  emerge  il  principio  per  cui  il
trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici  e'   affidato   ai
contratti collettivi, di tal che la disciplina di detto  trattamento,
e, piu' in generale, la disciplina del rapporto di  impiego  pubblico
rientra  nella  materia  dell'«ordinamento  civile»  riservata   alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 61 del  2014,
n. 286 e n. 225 del 2013, n. 290 e n. 215 del 2012, n. 339  e  n.  77
del 2011, n. 332 e n. 151 del 2010). 
    Per tale ragione, e' stata dichiarata l'illegittimita' di  talune
disposizioni regionali che prevedevano in favore dei dipendenti delle
Regioni delle indennita' non previste dalle norme  statali  (sentenze
n. 290 del 2012 e n. 151 del 2010), ovvero incrementavano trattamenti
accessori (sentenza n. 332 del  2010),  o,  comunque,  disciplinavano
aspetti del trattamento economico di tali dipendenti (sentenze n. 7 e
n. 77 del 2011). 
    Per le medesime ragioni, sono state  dichiarate  non  fondate  le
questioni di costituzionalita' sollevate da  talune  Regioni  avverso
talune  disposizioni   statali   che   disciplinavano   aspetti   del
trattamento retributivo dei dipendenti pubblici (sentenze n.  61  del
2014, n. 225 del 2013 e n. 215 del 2012). 
    4.1.- Venendo ad esaminare la disposizione censurata, essa,  come
si e' detto, disciplina la retribuzione individuale di anzianita' dei
dipendenti regionali, allineandone l'ammontare a quello percepito dai
dipendenti che, provenendo da altre amministrazioni, sono  transitati
nei ruoli regionali. 
    Ebbene,  secondo  quando  affermato   dalla   giurisprudenza   di
legittimita',  la  r.i.a.  costituisce   un   «istituto   retributivo
commisurato all'anzianita' di servizio che e' preordinato a  premiare
l'esperienza professionale maturata nello specifico settore nel quale
e' effettuata la prestazione» (Corte di cassazione,  sezione  lavoro,
sentenza n. 756 del 19 gennaio 2012;  Corte  di  cassazione,  sezione
lavoro, sentenza n. 11836 del 21 maggio 2009).  Pertanto,  l'art.  43
della legge reg. n. 6 del 2005 incide indubbiamente  sul  trattamento
economico  dei  dipendenti  regionali  prevedendone   un   incremento
allorche' ricorrano le  condizioni  previste.  Esso,  dunque,  eccede
dall'ambito  di  competenza  riservato   al   legislatore   regionale
invadendo  la  materia  dell'«ordinamento  civile»,  riservata   alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    Infondata e', a tale riguardo, l'argomentazione sviluppata  dalla
difesa  della  parte  privata  secondo  la  quale  sussisterebbe   la
competenza  regionale  trattandosi  di  personale  dipendente   dalla
Regione e non essendo la r.i.a. disciplinata a  livello  statale,  ma
solo dalla legge regionale. Come si e' innanzi detto, a seguito della
privatizzazione del pubblico impiego, la disciplina  del  trattamento
giuridico ed economico dei dipendenti pubblici individuati  dall'art.
1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, tra i quali  sono  ricompresi
anche i dipendenti delle Regioni, compete unicamente  al  legislatore
statale. 
    Conseguentemente,   deve   essere   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 43 della legge reg.  n.  6  del  2005,  come
sostituito dall'art. 1, comma 2, della legge reg. n. 16 del 2008. 
    5.- Quanto alle conseguenze della caducazione della  disposizione
censurata e del venir  meno  dell'allineamento  stipendiale  da  essa
previsto e al timore, espresso in udienza dalla  difesa  della  parte
privata, circa possibili violazioni del principio di eguaglianza  che
la   declaratoria   di   illegittimita'    costituzionale    potrebbe
determinare, puo' essere utile richiamare la giurisprudenza di questa
Corte in ordine alla soppressione operata dal legislatore statale  di
analogo istituto previsto  in  favore  di  determinate  categorie  di
lavoratori. In quell'occasione si e'  affermato  che  l'estensione  -
nella quale appunto consiste  l'allineamento  stipendiale  -  «di  un
trattamento riconosciuto ad  personam  ad  una  intera  categoria  di
dipendenti per il solo fatto, del tutto accidentale, che un  soggetto
cui spetti tale trattamento, venga ad  inserirsi  in  tale  categoria
affiancandosi a colleghi che, se pur  in  possesso  di  una  maggiore
anzianita', godono di una retribuzione minore», benche' prevista allo
scopo  di  eliminare   diseguaglianze   nell'ambito   delle   singole
qualifiche, «finisce in pratica col  crearne  altre  tra  le  diverse
qualifiche  e  le  diverse  categorie,  alterandosi   oltretutto   il
principio secondo cui la progressione nel trattamento economico  deve
corrispondere a  criteri  prefissati  nella  legge  o  nei  contratti
collettivi,  e  collegarsi,  in  ogni  caso,  a  miglioramenti  nella
qualita' e quantita' delle prestazioni effettuate» (sentenza n. 6 del
1994; si veda inoltre sentenza n. 379 del 1999).