ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
5-ter, del decreto-legge 28 giugno  2013,  n.  76  (Primi  interventi
urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile,
della coesione sociale, nonche' in  materia  di  imposta  sul  valore
aggiunto - IVA - e altre misure finanziarie urgenti), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9  agosto  2013,  n.
99,  promosso  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento   con   ricorso
notificato il 19  ottobre  2013,  depositato  in  cancelleria  il  29
ottobre 2013 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  24  giugno  2014  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l'avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 ottobre  2013  e  depositato  il
successivo 29 ottobre (previa deliberazione n. 2233  del  17  ottobre
2013, adottata in via d'urgenza ai  sensi  dell'art.  54,  numero  7,
dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto  Adige/Sudtirol  e
ratificata dal Consiglio provinciale di Trento con delibera n. 4  del
18 dicembre 2013, successivamente depositata in data 2 gennaio 2014),
la Giunta  provinciale  di  Trento  ha  impugnato  -  in  riferimento
all'art. 8, numero 29), all'art. 9, numeri 2) e 4), e all'art. 16 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo  unico  delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), nonche' in riferimento agli  artt.  117  e  118
della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della  Costituzione)  -  l'art.  2,  comma  5-ter,  del
decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 (Primi interventi urgenti per  la
promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione
sociale, nonche' in materia di imposta sul valore aggiunto - IVA -  e
altre misure finanziarie  urgenti),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 99. 
    Premette la ricorrente che la Provincia  autonoma  di  Trento  e'
dotata   di   competenza   legislativa   primaria   in   materia   di
«addestramento e formazione professionale» (art. 8, numero 29,  dello
statuto speciale) nonche' di competenza  concorrente  in  materia  di
«apprendistato;  libretti  di  lavoro;  categorie  e  qualifiche  dei
lavoratori», ai sensi dell'art. 9, numero 4), dello statuto  speciale
di autonomia. In tali materie, la Provincia e' titolare  anche  delle
corrispondenti competenze amministrative, ai sensi dell'art. 16 dello
statuto. Tali norme  hanno  ricevuto  attuazione  con  il  d.P.R.  1°
novembre 1973, n. 689 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la regione Trentino-Alto Adige concernente addestramento e formazione
professionale). 
    Secondo  la  Provincia  autonoma,  deve  in  primo  luogo  aversi
riguardo alle competenze statutarie sulla base  della  giurisprudenza
di questa Corte secondo cui «in materia di  istruzione  e  formazione
professionale l'art. 117 Cost. non prevede  una  forma  di  autonomia
piu' ampia di quella configurata dagli artt.  8  e  9  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige» (sentenze n. 328 del 2010  e  n.
213 del 2009). In ogni caso,  la  ricorrente  segnala  che  in  altra
pronuncia (sentenza n. 328 del 2006) la Corte ha ritenuto applicabile
l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 in  materia  di  formazione
professionale in quanto rientrante nella competenza  residuale  delle
Regioni ordinarie stabilita dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Secondo la Provincia autonoma di Trento, cio' che assume  rilievo
per la soluzione del caso in esame non e' tanto la titolarita'  della
potesta' legislativa, quanto il principio di leale  collaborazione  e
di ragionevolezza. 
    Nel  ricorso  si  precisa  che,  nell'esercizio   delle   proprie
competenze  legislative,  la  Provincia   autonoma   di   Trento   ha
disciplinato la materia dei tirocini formativi e di orientamento,  ed
in  particolare  i  soggetti  promotori  (art.  4-bis   della   legge
provinciale 16 giugno 1983,  n.  19,  recante  «Organizzazione  degli
interventi  di  politica  del  lavoro»,  e   relative   deliberazioni
attuative, tra cui  la  deliberazione  della  Giunta  provinciale  1°
febbraio 2013, n. 175). 
    Nella materia in questione e' intervenuto il decreto-legge n.  76
del 2013,  il  cui  art.  2,  recante  «Interventi  straordinari  per
favorire l'occupazione, in particolare giovanile», prevede  al  comma
5-ter, oggetto d'impugnazione, che: «Per i tirocini  formativi  e  di
orientamento di cui alle linee guida di cui all'Accordo sancito il 24
gennaio 2013 in sede di Conferenza permanente per i rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  i
datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu' regioni  possono
fare riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la
sede legale e possono altresi' accentrare  le  comunicazioni  di  cui
all'articolo 1, commi 1180 e seguenti, della legge 27 dicembre  2006,
n. 296, presso il Servizio informatico nel cui ambito territoriale e'
ubicata la sede legale». 
    Il  «tirocinio  formativo  e  di  orientamento»  e'  un  istituto
introdotto dall'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme  in
materia di promozione dell'occupazione), e ulteriormente disciplinato
dal d.m. 25  marzo  1998,  n.  142,  «Regolamento  recante  norme  di
attuazione dei principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della L.
24 giugno 1957, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento». 
    La Provincia segnala anche che, in attuazione dell'art. 1,  comma
34, della legge 28 giugno 2012, n. 92  (Disposizioni  in  materia  di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva  di  crescita),  e'
stato concluso l'Accordo del 24 gennaio 2013 per  la  definizione  di
linee-guida  condivise  in  materia  di  tirocini  formativi   e   di
orientamento. Nel punto 2 dell'Accordo si' prevede che «le regioni  e
province   autonome,   nell'esercizio   delle   proprie    competenze
legislative e nella organizzazione dei relativi servizi, si impegnano
a recepire nelle proprie normative quanto previsto nelle Linee  guida
entro sei mesi dalla data del  presente  accordo».  Nel  punto  4  si
aggiunge che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento  e  Bolzano  provvedono  all'applicazione  delle  Linee  guida
nell'ambito delle competenze  ad  esse  spettanti  e  secondo  quanto
disposto dai rispettivi statuti speciali». Infine,  nel  punto  5  si
stabilisce che «le disposizioni regionali  attuative  delle  presenti
Linee guida costituiscono  la  disciplina  settoriale  in  materia  a
decorrere dalla data della relativa entrata in vigore». 
    Nella premessa delle Linee-guida e'  scritto  che  esse  indicano
«taluni standard minimi di carattere disciplinare la cui  definizione
lascia, comunque, inalterata la facolta' per le  Regioni  e  Province
autonome di fissare disposizioni di  maggiore  tutela»,  e  l'art.  3
aggiunge che, «Fatti salvi gli aspetti eventualmente ricadenti  nelle
materie di potesta' legislativa dello Stato, la  regolamentazione  in
materia di tirocini e' di competenza delle amministrazioni  regionali
e delle province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 4  attribuisce
alle Regioni la competenza ad individuare  i  «soggetti,  pubblici  e
privati,  accreditati  o  autorizzati,  che  possono  promuovere   il
tirocinio nel proprio territorio». 
    Secondo  la  ricorrente,   dall'Accordo   e   dalle   Linee-guida
risulterebbe  chiaramente  la  competenza  regionale  in  materia  di
tirocini. 
    La norma impugnata, nel dare ai  «datori  di  lavoro  pubblici  e
privati  con  sedi  in  piu'  regioni»  la  possibilita'   di   «fare
riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la sede
legale», limita  illegittimamente  il  campo  di  applicazione  della
legislazione della Provincia  autonoma  di  Trento  in  relazione  ad
attivita' che si svolgono nel suo territorio. 
    La Provincia ribadisce che la disciplina dei tirocini formativi e
di orientamento e' di competenza regionale, come stabilito da  questa
Corte con la sentenza n. 287 del 2012. In tale occasione questa Corte
ha  chiarito  che,  dopo  la  riforma  costituzionale  del  2001,  la
competenza  esclusiva  delle  Regioni  in  materia  di  istruzione  e
formazione professionale «riguarda  la  istruzione  e  la  formazione
professionale  pubbliche  che  possono  essere  impartite  sia  negli
istituti scolastici a cio' destinati, sia mediante strutture  proprie
che  le  singole  Regioni  possano  approntare  in   relazione   alle
peculiarita' delle realta' locali, sia in  organismi  privati  con  i
quali  vengano  stipulati  accordi»  (sentenza  n.  50   del   2005).
Viceversa, «la disciplina della formazione  interna  -  ossia  quella
formazione che i datori di lavoro  offrono  in  ambito  aziendale  ai
propri dipendenti - di per se' non rientra nella menzionata  materia,
ne' in altre  di  competenza  regionale;  essa,  essendo  intimamente
connessa con  il  sinallagma  contrattuale,  attiene  all'ordinamento
civile, sicche' spetta allo Stato  stabilire  la  relativa  normativa
(sentenza n. 24 del 2007)». 
    Assodata la competenza provinciale piena in materia, risulterebbe
chiara l'illegittimita' costituzionale  della  norma  impugnata,  la'
dove dispone che «i datori di lavoro pubblici e privati con  sedi  in
piu' regioni possono  fare  riferimento  alla  sola  normativa  della
regione dove e' ubicata la sede legale».  In  primo  luogo,  il  solo
fatto  che  il  legislatore  statale  intervenga  nella  materia   in
questione,  senza  rispettare  alcuno  dei  limiti  costituzionali  o
statutari, rappresenta una violazione dell'art. 8, numero 29),  dello
statuto o dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Inoltre, la norma sarebbe illegittima  in  quanto  violerebbe  il
principio costituzionale di territorialita' che pacificamente governa
la competenza del legislatore regionale ed, ovviamente,  anche  della
ricorrente Provincia autonoma di Trento. 
    Tale principio costituisce, innanzitutto, un caratteristico e  da
sempre   ben   noto   limite   della   legge    regionale:    sarebbe
costituzionalmente illegittima una legge regionale che pretendesse di
disciplinare fattispecie che si svolgono nel territorio  di  un'altra
Regione (sentenza n. 285 del 1997). 
    Ma esso limita, con ogni evidenza, anche il legislatore  statale,
il quale non puo' disporre esso stesso  dell'ambito  territoriale  di
applicazione della legge regionale. Il legislatore statale  non  puo'
ne'  disporre  l'ultraterritorialita'  di  una  legge  regionale  nel
territorio di altra Regione, ne' sottrarre al potere  legislativo  di
una Regione fattispecie che si svolgono nel territorio di essa. 
    La norma impugnata consente, invece, ai datori di lavoro pubblici
e privati, aventi sedi in piu' Regioni, di applicare alla  formazione
svolta in una Regione la normativa della Regione dove e'  ubicata  la
sede legale. In tal modo, la disciplina di una certa  Regione  viene,
in violazione della Costituzione ad essere applicata ad attivita' che
si svolgono al  di  fuori  dei  confini  della  Regione  stessa,  con
conseguente compressione della  potesta'  legislativa  della  Regione
sede del tirocinio. 
    La ricorrente Provincia autonoma di Trento non nega  che  possano
verificarsi ipotesi in cui puo' essere  necessario  un  coordinamento
dei poteri legislativi di diverse Regioni, ma in tale eventualita' la
Costituzione, dispone che «La  legge  regionale  ratifica  le  intese
della Regione con altre  Regioni  per  il  migliore  esercizio  delle
proprie funzioni» (art. 117, ottavo comma). 
    In questa prospettiva e' stato stipulato l'Accordo del 24 gennaio
2013 il quale contempla esso stesso la possibilita' di una deroga  al
criterio territoriale, ma sulla base  di  specifici  accordi  fra  le
Regioni e non certo a seguito  di  una  decisione  unilaterale  dello
Stato. Infatti, il punto 3 dell'Accordo dispone  che  «le  regioni  e
province autonome si impegnano  a  definire,  con  appositi  accordi,
disposizioni  volte  a  tener  conto  delle  esigenze  delle  imprese
multilocalizzate, anche in deroga a quanto previsto nelle linee guida
al paragrafo 9». 
    Dunque, l'eventuale deroga al criterio del  luogo  del  tirocinio
dovrebbe essere concordata tra le Regioni e  poi  recepita  da  leggi
regionali, secondo lo schema di cui all'art. 117, ottavo comma, Cost. 
    Inoltre, e' da tener presente che la norma  impugnata,  non  solo
determina l'applicazione in  una  Regione  delle  leggi  di  un'altra
Regione, nella quale si trova la sede legale del datore di lavoro, ma
produce  l'aberrante  conseguenza  di  assoggettare  alle  leggi   di
un'altra Regione i soggetti promotori, anche se essi  non  hanno  con
quest'ultima alcun collegamento. 
    Infatti, l'art. 6 delle Linee-guida prevede che «I tirocini  sono
svolti sulla base di apposite convenzioni stipulate  tra  i  soggetti
promotori e i soggetti ospitanti pubblici e  privati»,  e  che  «Alla
convenzione [...] deve essere  allegato  un  progetto  formativo  per
ciascun tirocinante, predisposto sulla base di modelli definiti dalle
Regioni e Province autonome». 
    Dunque, un datore di  lavoro  «multilocalizzato»,  in  base  alla
norma impugnata, potrebbe scegliere di applicare la  normativa  della
Regione ove si trova la sede legale e, di  conseguenza,  il  soggetto
che promuove «il tirocinio nel  proprio  territorio»  (art.  4  delle
Linee-guida) si vedrebbe applicata una disciplina cui  e'  del  tutto
estraneo. 
    In definitiva, al legislatore statale non  spetta  il  potere  di
sottrarre certi comportamenti  -  la  cui  disciplina  rientra  nella
competenza  regionale  -  al  criterio   territoriale,   cioe'   alla
competenza della Regione nel cui territorio l'attivita'  deve  essere
svolta. 
    La  ricorrente,  in  subordine,  rispetto  alla  questione  sopra
esposta solleva ulteriori questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma  5-ter,  per  violazione  dei  principi  di  leale
collaborazione e di ragionevolezza. 
    Le  Linee-guida  allegate  all'Accordo  del   24   gennaio   2013
dispongono, all'art. 9, comma 6, che, «In relazione  alle  specifiche
caratteristiche dei tirocini, sia in  termini  di  finalita'  che  di
modalita' organizzative, si ritiene che in caso di soggetto ospitante
multilocalizzato e, quindi, anche  di  pubblica  amministrazione  con
piu' sedi territoriali il  tirocinio  sia  regolato  dalla  normativa
della Regione o  della  Provincia  autonoma  nel  cui  territorio  il
tirocinio e' realizzato». 
    Dunque, la disciplina concordata fra Stato e Regioni, sulla  base
di una norma legislativa statale (art. 1, comma 34, della legge n. 92
del 2012), ha previsto il criterio del luogo del tirocinio,  in  caso
di soggetto ospitante multilocalizzato, e ha previsto  che  eventuali
deroghe siano oggetto di «appositi accordi» tra le Regioni  (art.  9,
comma 6), secondo il modello dell'art. 117, ottavo comma, Cost. 
    Invece, la norma impugnata attribuisce al  datore  di  lavoro  la
possibilita' di derogare a tale criterio, violando  il  principio  di
leale collaborazione, dato che lo  Stato  unilateralmente  disattende
quanto concordato in sede pattizia. 
    A tale affermazione non contraddice  l'affermazione,  piu'  volte
sottolineata nella giurisprudenza  costituzionale,  che,  in  termini
generali, il  principio  di  leale  collaborazione  non  comporta  un
vincolo specifico per il legislatore, trattandosi, in questo caso, di
uno spostamento di competenza del legislatore regionale, che richiede
necessariamente il suo consenso. La violazione del principio di leale
collaborazione  si  accompagnerebbe  all'intrinseca  irragionevolezza
della norma impugnata in quanto l'art. 2, comma 5-ter, del d.l. n. 76
del   2013   richiama   l'Accordo   del   24    gennaio    2013    e,
contemporaneamente, si discosta da esso. 
    Al riguardo, la ricorrente osserva che la Provincia  autonoma  di
Trento   sarebbe   legittimata   ad   invocare   il   principio    di
ragionevolezza, in quanto la norma impugnata incide  su  una  materia
provinciale. 
    2.- In data 27 novembre 2013, si e' costituito il Presidente  del
Consiglio dei ministri chiedendo il rigetto del ricorso. 
    La  difesa  dello  Stato  ritiene   che   nell'attuale   contesto
socio-economico, caratterizzato  da  alti  tassi  di  disoccupazione,
specialmente giovanile, con  l'art.  2  del  d.l.  n.  76  del  2013,
rubricato «Interventi straordinari  per  favorire  l'occupazione,  in
particolare giovanile», il legislatore sia intervenuto per far fronte
all'inerzia delle Regioni, predisponendo misure urgenti  e  procedure
semplificate, in linea anche con le politiche e le iniziative assunte
a livello europeo, come testimoniato dall'attenzione alla  condizione
giovanile espressa nelle Conclusioni del Consiglio  europeo  del  7-8
febbraio 2013 e dalle raccomandazioni del Consiglio europeo formulate
il  29  maggio  2013  sul  programma  nazionale   di   riforma   2013
dell'Italia. 
    I  tirocini  di  formazione  e  di  orientamento  di   cui   alla
disposizione  impugnata  sono  finalizzati  ad  agevolare  le  scelte
professionali e l'occupazione dei giovani nel percorso di transizione
tra scuola e lavoro mediante formazione a  diretto  contatto  con  il
mondo del lavoro. Alla luce di tali considerazioni,  la  materia  dei
tirocini orientativi non dovrebbe  essere  ricondotta  interamente  a
quella dell'istruzione professionale in  quanto:  a)  al  tirocinante
deve  essere  obbligatoriamente  corrisposta  un'indennita';  b)   il
tirocinio formativo ha lo scopo di «agevolare le scelte professionali
e l'occupazione dei giovani nel percorso di transizione tra scuola  e
lavoro». 
    La disposizione censurata, nel conferire facolta'  al  datore  di
lavoro di fare riferimento alla normativa dell'ente ove e' ubicata la
sede legale, si appaleserebbe del  tutto  funzionale  a  tale  scopo,
essendo ben possibile che un datore di lavoro  operi  in  un  settore
produttivo del tutto avulso dalla realta' produttiva di una Regione o
Provincia autonoma in  cui  e'  ubicato  il  soggetto  promotore  del
tirocinio, onde il «riferimento» alla normativa di tali enti potrebbe
indurlo  a  non  «assumere»  tirocinanti  nelle  sedi   ubicate   nel
territorio degli stessi. 
    In conclusione, la norma in esame, che risponde  ad  un  evidente
intento di semplificazione, sarebbe  stata  emanata  per  evidenti  e
pressanti ragioni di politica economica  di  rilevanza  nazionale  e,
pertanto, non sussisterebbe la  lamentata  lesione  della  competenza
della Provincia autonoma di Trento. 
    Infatti, la  materia  «tirocini  formativi»  non  e'  contemplata
dall'art. 117 Cost. e non e'  nemmeno  immediatamente  e  per  intero
riconducibile alle altre materie ivi indicate. L'intervento normativo
dello Stato dovrebbe potersi giustificare sotto  il  duplice  profilo
della non frazionabile rilevanza nazionale dell'interesse  perseguito
e della possibile riconducibilita' della  disposizione  alla  materia
delle professioni, oggetto di legislazione concorrente ex  art.  117,
terzo comma, Cost. 
    E',  del  resto,  pacificamente  riconosciuto  che   il   livello
territoriale  dell'interesse  influenza  e  determina  il   contenuto
precettivo delle materie. 
    Infine,  l'evidente   prevalenza   della   materia   «nazionale»,
unitamente alla necessita' di immediata adozione di  misure  volte  a
favorire l'occupazione giovanile, giustifica il mancato ricorso  agli
strumenti della leale collaborazione. 
    3.- Con memorie depositate in prossimita' dell'udienza, le  parti
hanno   ribadito   le   proprie   argomentazioni,   insistendo    per
l'accoglimento delle rispettive conclusioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Giunta  della  Provincia  autonoma  di  Trento   -   con
deliberazione del 17 ottobre 2013  n.  2233,  adottata  d'urgenza  ai
sensi dell'art. 54, numero 7), dello statuto speciale  della  Regione
Trentino-Alto Adige/Sudtirol e ratificata dal  Consiglio  provinciale
di Trento con delibera n. 11 del 18 dicembre 2013 depositata in  data
2 gennaio 2014 ha proposto, in via principale, con ricorso notificato
il 19 ottobre 2013 e depositato il successivo 29  ottobre,  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma   5-ter,   del
decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 (Primi interventi urgenti per  la
promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione
sociale, nonche' in materia di imposta sul valore aggiunto - IVA -  e
altre misure finanziarie  urgenti),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 99. 
    Secondo la ricorrente risulterebbero violati gli artt. 8,  numero
29), e 9, numero 4), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670  (Approvazione
del testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  che   attribuiscono   alla
Provincia  autonoma  di  Trento,   rispettivamente,   la   competenza
legislativa  primaria  in  materia  di  «addestramento  e  formazione
professionale» (art.  8,  numero  29,  dello  statuto  di  autonomia)
nonche' la  competenza  concorrente  in  materia  di  «apprendistato;
libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori»  (art.  9,
numero 4, dello statuto  di  autonomia),  in  quanto  il  legislatore
statale non puo' disporre  l'ultraterritorialita'  di  una  legge  di
altra Regione nel territorio della Provincia autonoma di Trento,  ne'
sottrarre  al  potere  legislativo  della  Provincia   medesima   una
fattispecie che si svolga nel suo territorio. 
    Qualora, poi, si  ritenesse  che  «in  materia  di  istruzione  e
formazione   professionale»   l'art.   117,   quarto   comma,   della
Costituzione prevedesse una forma di autonomia piu' ampia  di  quella
configurata dai citati artt. 8 e 9 dello  statuto  speciale  (secondo
quanto  affermato  dalla  sentenza  n.  328  del   2006,   anche   se
successivamente superata dalle sentenze n. 328 del 2010 e n. 213  del
2009), la norma impugnata - nella parte in cui  prevede  che  «Per  i
tirocini formativi e di orientamento di cui alle linee guida  di  cui
all'Accordo  sancito  il  24  gennaio  2013  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano i datori di lavoro pubblici e privati
con sedi in piu' regioni possono fare riferimento alla sola normativa
della regione dove  e'  ubicata  la  sede  legale»  -  violerebbe  la
competenza residuale delle Regioni in dette  materie,  in  quanto  il
legislatore statale non puo' ne' disporre  l'ultraterritorialita'  di
una legge regionale nel territorio di altra Regione, ne' sottrarre al
potere legislativo di una Regione fattispecie  che  si  svolgono  nel
territorio di essa. 
    Infine la Provincia ricorrente lamenta, in via subordinata, anche
la lesione del principio di leale collaborazione e di ragionevolezza. 
    2.- Il ricorso e' inammissibile perche'  l'atto  di  ratifica  e'
stato depositato  in  giudizio  oltre  il  termine  previsto  per  la
costituzione della parte ricorrente. 
    Come  si  e'  detto,  la  Giunta  provinciale  ha  deliberato  la
proposizione del ricorso avverso la sopra indicata normativa in  data
17 ottobre 2013, agendo in  via  d'urgenza  ai  sensi  dell'art.  54,
numero  7),  dello  statuto  speciale  della  Regione   Trentino-Alto
Adige/Sudtirol. Il ricorso  e'  stato  notificato  il  successivo  19
ottobre, prima della scadenza del termine di  sessanta  giorni  dalla
pubblicazione della legge  statale  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica avvenuta in data 22 agosto 2013. 
    Da tale data, e' iniziato a decorrere,  ai  sensi  dell'art.  31,
quarto comma, richiamato dall'art. 32, terzo comma,  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), il termine di dieci giorni per il deposito del
ricorso  comprensivo  dell'atto  di  ratifica  da  parte  dell'organo
competente secondo lo statuto a  deliberare  l'impugnazione  (termine
avente scadenza, percio', il 2 novembre 2013). 
    Il ricorso e' stato depositato, senza che ad esso fosse  allegato
l'atto di ratifica, il 29 ottobre 2013. La ratifica dell'impugnazione
e' stata successivamente deliberata dal Consiglio provinciale in data
18 dicembre 2013 ed e' pervenuta nella cancelleria  di  questa  Corte
solo il 2 gennaio 2014, quindi, ben oltre il gia' menzionato  termine
del 2 novembre 2013 fissato per il deposito del ricorso. 
    2.1.- Questa Corte ha gia' affermato che, «in tema di giudizi  di
legittimita' costituzionale in via  principale  e  per  conflitto  di
attribuzione tra enti, promossi  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri o dal Presidente della Giunta regionale,  [...]  la  "previa
deliberazione" della proposizione del ricorso introduttivo  da  parte
dell'organo collegiale competente e' "esigenza non soltanto  formale,
ma sostanziale [...] per l'importanza dell'atto  e  per  gli  effetti
costituzionali ed amministrativi che  l'atto  stesso  puo'  produrre"
(sentenza n. 33 del 1962; analogamente le sentenze n. 8 del 1967;  n.
119 del 1966;  n.  36  del  1962).  Essa  ha  piu'  volte  precisato,
altresi', che non sussiste un principio generale  "secondo  il  quale
ogni organo di presidenza  potrebbe,  in  caso  di  urgenza  e  salvo
ratifica, adottare i provvedimenti spettanti al  collegio"  (sentenza
n. 119 del 1966), non valendo a sanare l'originario difetto di potere
dell'organo ricorrente una delibera di ratifica del competente organo
collegiale adottata dopo la scadenza del termine  per  l'impugnazione
(sentenze n. 54 del 1990, n. 147 del 1972, n. 8 del 1967, n.  76  del
1963)» (sentenza n. 142 del 2012). 
    Si e' affermato, inoltre, proprio in riferimento  alla  Provincia
autonoma di Trento  che  l'eccezionale  e  temporanea  legittimazione
processuale della Giunta (sostitutiva di quella ordinaria  attribuita
al Consiglio provinciale dagli artt. 54, numero 7, e 98, primo comma,
dello  statuto)  deve  essere  «necessariamente  consolidata  e  resa
definitiva, in quanto prevista solo a  titolo  provvisorio,  mediante
ratifica entro un termine predeterminato». Tale termine, in  mancanza
di  una  normativa  specifica,  e'  stato  individuato  nel  «termine
perentorio di dieci giorni  dall'ultima  notificazione  del  ricorso,
stabilito dal combinato disposto del terzo comma dell'art. 32  e  del
quarto comma dell'art. 31 della legge n. 87 del  1953»  (sentenza  n.
142 del 2012). Infatti,  in  base  alla  disciplina  ed  ai  relativi
principi che attualmente regolano i giudizi davanti a  questa  Corte,
si e' ritenuto che, al fine di garantire l'economia, la  celerita'  e
la  certezza  del  giudizio  costituzionale,  e'  necessario  che  la
volonta'  dell'organo  che  in  base  alla  normativa  statutaria  e'
competente a promuovere ricorso avverso una legge dello Stato (cioe',
nel caso in questione, del  Consiglio  provinciale),  sia  accertata,
mediante acquisizione della deliberazione agli atti del processo,  al
piu' tardi,  al  momento  in  cui  il  ricorso  va  depositato  nella
cancelleria della Corte; e cioe' entro il termine sopra indicato. 
    «Il deposito del ricorso  notificato,  da  effettuarsi  entro  il
termine  perentorio  di  dieci  giorni   dall'ultima   notificazione,
costituisce,   infatti,   un   momento   essenziale   del    processo
costituzionale, perche' comporta la costituzione  in  giudizio  della
parte  ricorrente,  fissa   definitivamente   il   thema   decidendum
(impedendone  ogni  successivo  ampliamento),  instaura  il  rapporto
processuale con questa Corte e segna l'inizio del termine ordinatorio
di novanta giorni per la fissazione dell'udienza di  discussione  del
ricorso (art. 35 della legge n. 87 del 1953). Inoltre, dalla scadenza
del termine stabilito per il deposito del ricorso decorre il  termine
perentorio entro il quale  le  altre  parti  possono  costituirsi  in
giudizio (nella  specie,  per  la  parte  convenuta  nei  ricorsi  di
impugnazione di leggi, trenta giorni, ai sensi del comma 3  dell'art.
19 delle citate norme integrative). [...] Diversamente, si imporrebbe
irragionevolmente alla parte resistente di  costituirsi  in  giudizio
quando ancora non e' stata perfezionata e  definitivamente  accertata
la volonta' del ricorrente di  proporre  il  ricorso.  Ne  segue  che
l'atto di ratifica dell'impugnazione della legge statale deve  essere
depositato nel termine del deposito del ricorso stesso» (sentenza  n.
142 del 2012). 
    2.2.- La difesa della Provincia autonoma di Trento  ha  prodotto,
nel corso dell'udienza, documentazione circa la  scansione  temporale
della procedura per l'impugnativa della norma in esame,  evidenziando
che il 27 ottobre 2013 si sono tenute le elezioni per il rinnovo  del
Consiglio provinciale e che, per tale motivo, non vi  erano  i  tempi
tecnici per  una  ratifica  fino  al  momento  in  cui  il  Consiglio
provinciale nella  nuova  composizione  non  avesse  provveduto  agli
adempimenti preliminari. 
    2.3.- La tesi della difesa provinciale non puo' essere condivisa. 
    Anche prescindendo dalla circostanza  che,  da  quanto  affermato
dalla suddetta parte,  emergerebbe  che  la  ratifica  da  parte  del
Consiglio  non  e'  avvenuta  «nella  sua  prima  seduta  successiva»
all'adozione  del  provvedimento  da   parte   della   Giunta,   come
espressamente prevede il numero 7)  dell'art.  54  dello  statuto  di
autonomia, e che, essendo stata deliberata la ratifica il 18 dicembre
2013 ed essendo avvenuto il  suo  deposito  nella  cancelleria  il  2
gennaio 2014, quest'ultimo  e'  stato  effettuato  oltre  il  termine
ordinario di dieci giorni entro il quale la parte, dopo  la  notifica
del ricorso, deve effettuare il deposito, e' la stessa documentazione
fornita in udienza che esclude che si versi in una situazione tale di
eccezionalita' che possa far ritenere sanabile la  violazione  di  un
termine perentorio. Nella comunicazione in data 24 ottobre  2013  che
il Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento  invia
al Vicepresidente f.f. della medesima Provincia autonoma,  si  mostra
piena  consapevolezza  di  quali  siano  i   termini   previsti   per
l'impugnativa e di quale sia la giurisprudenza  di  questa  Corte  al
riguardo. Si afferma, infatti, che «il Consiglio provinciale  risulta
formalmente investito della  ratifica  (da  parte  della  Giunta)  il
giorno  stesso  in  cui  viene  in  scadenza  il   termine   per   la
notificazione del ricorso in sede costituzionale [...] termine che la
Corte costituzionale - nella sentenza n. 142 del 2012 - ha  stabilito
anche come termine  per  il  deposito  in  causa  della  delibera  di
ratifica consiliare, pena l'inammissibilita'  dell'impugnativa».  Per
cio' che riguarda il mancato rispetto del termine, in tale lettera si
precisa che, anche calcolando i «dieci giorni successivi alla (detta)
scadenza» e «tenuto [...] conto che  domenica  prossima  (27  ottobre
2013) scade la legislatura provinciale con il rinnovo  del  Consiglio
provinciale» «non vi sono [...] i  tempi  tecnici  per  convocare  la
commissione e il consiglio». 
    Non si tratta, quindi, di circostanze straordinarie ed impreviste
tali da rendere impossibile il rispetto dei termini perentori, ma  di
situazioni che, pur rendendolo meno agevole, non  avrebbero  impedito
l'osservanza dei predetti termini qualora fossero  state  previamente
adottate misure organizzative volte a gestire le difficolta' che  una
normale procedura di rinnovo consiliare determina.