ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  133,
primo e secondo comma, e 327, primo comma, del  codice  di  procedura
civile, nel testo anteriore alla  modifica  apportata  dall'art.  46,
comma 17, della legge 18 giugno 2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in
materia  di  processo  civile),  come  interpretati  dalla  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza  n.  13794  del  1°
agosto 2012, promosso dalla  Corte  di  cassazione,  seconda  sezione
civile, nel procedimento  vertente  tra  P.A.,  M.A.  ed  altri,  con
ordinanza del 22 novembre  2013,  iscritta  al  n.  38  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 ottobre  2014  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte di cassazione, seconda sezione civile, con ordinanza
del  22  novembre  2013,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
costituzionale degli artt. 133, primo e secondo comma, e  327,  primo
comma, del codice di  procedura  civile,  nel  testo  anteriore  alla
modifica introdotta dall'art. 46, comma 17,  della  legge  18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), come interpretati dalla Corte di cassazione,  sezioni  unite
civili, con la sentenza n. 13794 del 1° agosto 2012,  in  riferimento
agli artt. 3, secondo comma, e  24,  primo  e  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    2.- Nella fase di  appello  del  giudizio  principale,  la  Corte
d'appello di Napoli dichiarava  l'inammissibilita'  dell'impugnazione
principale e la conseguente inefficacia di quella incidentale. 
    A sostegno dell'adottata pronuncia, il giudice di  secondo  grado
ravvisava   l'inammissibilita'   dell'appello   poiche'   lo   stesso
(depositato il 13 luglio 2004) era stato proposto oltre il termine di
cui all'art. 327 cod. proc. civ., considerando che  esso  si  sarebbe
dovuto far decorrere dalla data dell'8 aprile 2003, quando era  stato
annotato dal  cancelliere  -  in  calce  alla  sentenza  impugnata  -
l'avvenuto deposito della sentenza stessa, e non dalla  data  del  28
luglio 2003, alla quale  si  riferiva  l'annotazione  successivamente
apposta   dallo   stesso   cancelliere   relativa    all'attestazione
dell'intervenuta pubblicazione della sentenza medesima. 
    Avverso la suddetta sentenza di appello veniva  proposto  ricorso
per cassazione. 
    3.- Il rimettente, nel ripercorrere i motivi dell'impugnazione di
legittimita' osserva  che  le  censure  prospettate  ripropongono  la
problematica dell'interpretazione del combinato  disposto  dei  primi
due commi dell'art. 133 cod. proc. civ., in relazione alla previsione
contenuta  nell'art.  327  cod.  proc.   civ.,   che   attiene   alla
individuazione della decorrenza  del  cosiddetto  termine  lungo  per
l'impugnazione, stabilita dalla «pubblicazione della sentenza». 
    4.- Il giudice a quo premette di  essere  consapevole  che  sulla
questione in esame e' intervenuta,  ai  fini  della  risoluzione  del
contrasto insorto precedentemente tra le sezioni semplici della Corte
di cassazione, la sentenza delle sezioni unite n. 13794 del 1° agosto
2012, con la quale  e'  stato  affermato  il  seguente  principio  di
diritto:  «a  norma  dell'art.  133  cod.  proc.  civ.  la   consegna
dell'originale completo del documento-sentenza al  cancelliere  nella
cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, avvia  il  procedimento
di pubblicazione della sentenza che si  compie,  senza  soluzione  di
continuita',   con   la   certificazione   del   deposito    mediante
l'apposizione, in calce alla sentenza, della firma e della  data  del
cancelliere che devono essere contemporanee alla data della  consegna
ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica  per  effetto  di
legge. E' pertanto da escludere che il cancelliere, nell'espletamento
di tale attivita' preposto alla tutela della fede pubblica (art. 2699
cod. civ.), possa attestare che  la  sentenza,  gia'  pubblicata  per
effetto dell'art. 133 cod. proc. civ., alla data del suo deposito, e'
pubblicata in data successiva, e se sulla sentenza sono state apposte
due date, una di  deposito,  senza  espressa  specificazione  che  il
documento depositato contiene la minuta della sentenza, e l'altra  di
pubblicazione,  tutti   gli   effetti   giuridici   derivanti   dalla
pubblicazione della sentenza decorrono dalla data del suo deposito». 
    Rileva, altresi', che successivamente si sono conformate  a  tale
principio le sezioni semplici civili della Corte di cassazione (prima
sezione civile, sentenza n. 18569 del 29 ottobre 2012; terza  sezione
civile, sentenza n. 8216 del 4 aprile 2013). 
    5.- Il rimettente, dato atto che il menzionato  intervento  delle
sezioni unite civili costituisce "diritto vivente",  osserva  che  lo
stesso e' suscettibile di comportare la  possibile  violazione  degli
artt. 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost. 
    6.- In via preliminare, il rimettente offre argomenti a  sostegno
della  propria   legittimazione   a   sollevare   la   questione   di
costituzionalita', senza adire nuovamente le sezioni unite. 
    Ricorda, inoltre, che la giurisprudenza del Giudice  delle  Leggi
ha  univocamente  ritenuto  ammissibili  questioni  di   legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto una  o  piu'  norme  nella  relativa
interpretazione consolidatasi quale diritto vivente. 
    7.- La questione sarebbe non manifestamente infondata perche'  la
statuizione delle sezioni unite  civili  della  Corte  di  cassazione
tenderebbe  a  determinare  una  disparita'  di  trattamento  tra  la
situazione processuale in cui  l'attivita'  di  mero  deposito  della
sentenza e quella di effettiva pubblicazione della stessa  risultano,
come dovrebbe accadere di regola, contestuali, con quella in  cui  le
due attivita' si scindono ed hanno luogo  in  due  momenti  temporali
diversi, spesso anche distanti tra loro. 
    Invero, optandosi per l'applicazione  del  principio  di  diritto
affermato  con  la  sentenza  n.  13794  del  2012,  si  assegnerebbe
preferenza ad un'attivita' processuale  -  quella  di  mero  deposito
della sentenza con l'apposizione di un visto del cancellerie del tipo
"depositata in data" - che, in modo irragionevole ed in virtu' di  un
approccio ermeneutico sfavorevole, risulterebbe lesiva della pienezza
e della certezza del diritto di  difesa  delle  parti  costituite  in
giudizio (in relazione alla portata precettiva dell'art. 24, primo  e
secondo comma, Cost.), nei cui riguardi, invece,  il  termine  appena
indicato   dovrebbe   cominciare   a   decorrere   dalla    effettiva
pubblicazione della sentenza. 
    8.- La questione, espone il rimettente, e' rilevante  poiche'  la
sentenza di appello  impugnata,  ai  fini  dell'individuazione  della
decorrenza del termine di cui all'art. 327, primo comma,  cod.  proc.
civ., ha fatto riferimento proprio al  momento  del  "mero  deposito"
della sentenza di primo grado, qualificato come idoneo a  determinare
la giuridica esistenza della sentenza stessa, anziche' a quello della
"effettiva pubblicazione" della medesima, attestata dal  cancelliere,
come verificatasi in data successiva, in tal  senso  pervenendo  alla
declaratoria   di   inammissibilita'   dell'appello   per    rilevata
intempestivita' della sua proposizione. 
    L'impugnazione, invece, si  sarebbe  dovuta  ritenere  tempestiva
(con conseguente sua ammissibilita') ove la Corte d'appello di Napoli
avesse  fatto  riferimento  alla  (seconda)  data   di   attestazione
dell'avvenuta pubblicazione effettiva. 
    9.- E'  intervenuto  nel  presente  giudizio  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha  chiesto  che  la  questione   venga
dichiarata inammissibile o non fondata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte di cassazione, seconda sezione civile, con ordinanza
del 22 novembre 2013, dubita della legittimita' costituzionale  degli
artt. 133, primo e secondo comma, e 327, primo comma, del  codice  di
procedura  civile,  nel  testo  anteriore  alla  modifica  introdotta
dall'art.  46,  comma  17,  della  legge  18  giugno  2009,   n.   69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita'  nonche'  in  materia  di   processo   civile),   come
interpretati dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con  la
sentenza n. 13794 del 1° agosto 2012, in riferimento  agli  artt.  3,
secondo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione. 
    2.- La questione di costituzionalita' sottoposta all'esame  della
Corte  attiene  alle  ricadute  sulla  decorrenza  del  termine   per
l'impugnazione, cosiddetto lungo, nel caso in  cui  le  attivita'  di
deposito della sentenza e di  effettiva  pubblicazione  della  stessa
abbiano luogo in due momenti diversi. 
    3.- La Corte di cassazione a sezioni unite civili ha statuito che
«la sentenza del giudice  esiste  giuridicamente  e  tutti  ne  hanno
"scienza legale" con la pubblicazione, a cura del cancelliere», e che
«la pubblicazione e' effetto legale della certificazione da parte del
cancelliere della consegna ufficiale della sentenza, ed in  tal  modo
egli completa il procedimento di pubblicazione che la  norma  prevede
senza soluzione di continuita' tra la consegna ed il deposito». 
    E' dunque una irregolarita',  secondo  la  Corte  di  cassazione,
l'"inconveniente di fatto" «che il cancelliere dapprima  attesta,  ai
fini e per gli effetti di cui agli artt. 2699 cod.  civ.  e  57  cod.
proc. civ., la data di deposito della sentenza, originale,  completa,
non necessitante di  integrazione  alcuna  e  successiva  collazione;
successivamente  dichiara,  in  altra  data  da  egli   autonomamente
determinata, che la sentenza "e' pubblicata"». 
    Da qui, per la Corte di cassazione a sezioni unite, l'esigenza di
ricondurre ad unita'  il  sistema:  «se  sulla  sentenza  sono  state
apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione  che
il documento depositato contiene la minuta della sentenza, e  l'altra
di  pubblicazione,  tutti  gli  effetti  giuridici  derivanti   dalla
pubblicazione della sentenza decorrono dalla data del suo deposito». 
    Tale opzione ermeneutica,  che  ad  avviso  del  rimettente  deve
considerarsi  diritto  vivente,  darebbe  luogo   a   disparita'   di
trattamento e  risulterebbe,  in  modo  irragionevole,  lesiva  della
pienezza  e  della  certezza  del  diritto  di  difesa  delle   parti
costituite in giudizio. 
    4.- E' noto che  per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte
nessuna norma di  legge  puo'  essere  dichiarata  costituzionalmente
illegittima solo perche' e' suscettibile di  essere  interpretata  in
senso contrastante con i precetti  costituzionali,  ma  deve  esserlo
soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato  che  la
renda conforme a Costituzione (ex multis, sentenza n. 17 del 2010). 
    Nella specie, la considerazione  di  un  piu'  articolato  quadro
normativo  di  riferimento,  anche  in  ragione  dei  principi   gia'
enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, offre la  possibilita'
di un'interpretazione costituzionalmente orientata. 
    5.- La sentenza delle sezioni unite civili n. 13794 del 1° agosto
2012 e' espressione di apprezzabile rigore, anche esegetico, e  dello
sforzo di ricondurre a legalita' l'azione e insieme  l'organizzazione
degli uffici competenti. 
    Come le sezioni unite pongono  in  rilievo,  nella  procedura  di
pubblicazione disciplinata dall'art. 133  cod.  proc.  civ.,  che  si
articola nel deposito della sentenza  da  parte  del  giudice  (primo
comma) e nella presa d'atto del cancelliere (secondo  comma),  l'atto
fondamentale e' il primo; e cio' appare corretto alla stregua,  oltre
che del dato  letterale  ("la  sentenza  e'  resa  pubblica  mediante
deposito"),   di   quello   sostanziale,   essendo   tale   soluzione
interpretativa l'unica coerente con il diverso ruolo del  cancelliere
e del giudice: come a quest'ultimo compete la chiusura  del  rapporto
processuale con il  deposito  della  sentenza,  rendendola  con  cio'
immodificabile, cosi' non puo' non competergli un ruolo  determinante
nella  fase  di  pubblicazione,  ai  fini  dei   possibili   sviluppi
impugnatori. La separazione temporale dei due passaggi procedimentali
che viene a crearsi  con  l'apposizione  di  due  date,  comporta  al
contrario il trasferimento dell'effetto "pubblicazione" dal primo  al
secondo,   trasferimento   che   giustamente   le    sezioni    unite
stigmatizzano. 
    6.- Peraltro non si e' in presenza di una mera "irregolarita'" ma
di una patologia procedimentale grave per la sua rilevante  incidenza
sulle situazioni giuridiche degli interessati. 
    Essa  infatti  e'  il  riflesso  del  tardivo  adempimento  delle
operazioni previste  dall'art.  133  cod.  proc.  civ.,  nonche',  in
particolare,   dell'inserimento   nell'"elenco   cronologico    delle
sentenze", con  l'attribuzione  del  relativo  numero  identificativo
(art. 13 del d.m. 27 marzo 2000, n. 264  [Regolamento  recante  norme
per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari]; lettera  A,
n. 16,  delle  "Istruzioni  per  la  tenuta  dei  registri  in  forma
cartacea", contenute nel d.m. 1° dicembre 2001 [Registri  che  devono
essere tenuti presso gli uffici giudiziari]; legge 2  dicembre  1991,
n. 399 [Delegificazione delle norme concernenti i registri che devono
essere  tenuti  presso  gli  uffici  giudiziari  e  l'amministrazione
penitenziaria]). 
    Ne', ai fini della conoscibilita', va dimenticato il complesso di
disposizioni  in  via  di  attuazione  sul   "processo   telematico",
finalizzato alla creazione di un sistema automatico di accesso, per i
soggetti qualificati, a tutti gli atti del giudizio e in  particolare
alla sentenza pubblicata. 
    E' solo con il compimento di queste  operazioni  che  puo'  dirsi
realizzata quella "pubblicita'",  prevista  dalla  norma,  che  rende
possibile a chiunque l'acquisizione della conoscenza dei dati che  ne
costituiscono  l'oggetto,   possibilita'   che   si   traduce   nella
titolarita'  da  parte  dei  potenziali   interessati   di   puntuali
situazioni giuridiche e in particolare del potere di prendere visione
degli atti pubblicati e di estrarne copia. 
    7.-  Pertanto,  per  costituire  dies  a  quo  del  termine   per
l'impugnazione,  la  data  apposta  in  calce   alla   sentenza   dal
cancelliere deve essere qualificata dalla contestuale adozione  delle
misure volte a garantirne la conoscibilita' e solo da questo concorso
di elementi consegue tale effetto, situazione che, in presenza di una
seconda  data,  deve  ritenersi  di   regola   realizzata   solo   in
corrispondenza di quest'ultima. 
    8.- Il ritardato adempimento, attestato  dalla  diversa  data  di
pubblicazione,   rende   di   fatto   inoperante   la   dichiarazione
dell'intervenuto  deposito,  pur  se  formalmente  rispondente   alla
prescrizione normativa, e di cio' il giudice non  puo'  che  prendere
atto traendone le necessarie conseguenze. 
    Qualora cio' accada, il ricorso all'istituto della rimessione  in
termini  per  causa  non  imputabile  (art.  153  cod.  proc.  civ.),
utilizzato dalle sezioni unite (e che pure in situazioni  particolari
puo'  costituire  un  utile  strumento  di  chiusura  equitativa  del
sistema), va inteso come doveroso  riconoscimento  d'ufficio  di  uno
stato di fatto contra legem  che,  in  quanto  imputabile  alla  sola
amministrazione giudiziaria, non puo'  in  alcun  modo  incidere  sul
fondamentale diritto all'impugnazione, riducendone, talvolta anche in
misura significativa, i relativi termini  (specie  nella  prospettiva
della sopravvenuta disciplina dell'istituto e  in  particolare  della
riduzione a sei mesi del termine in questione). 
    9.- Cosi' interpretato il "diritto vivente", espresso nella parte
ricostruttiva dalla sentenza delle sezioni unite, possono superarsi e
quindi dirsi  infondati  i  dubbi  di  costituzionalita'  prospettati
nell'ordinanza, pur apprezzabile nelle sue preoccupazioni garantiste. 
    E' parte  integrante  del  diritto  di  difesa,  infatti,  che  i
soggetti interessati abbiano tempestiva conoscenza degli atti oggetto
di una possibile impugnazione, in modo che siano  utilizzabili  nella
loro interezza i termini di decadenza previsti per l'esperimento  del
gravame (sentenza n. 223 del 1993). 
    10.- La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 133,
primo e secondo comma, e 327, primo comma, cod. proc. civ., nel testo
anteriore alla modifica apportata dall'art. 46, comma 17, della legge
n. 69 del 2009, come interpretati dalla Corte di cassazione,  sezioni
unite civili, con la sentenza n.  13794  del  1°  agosto  2012,  deve
essere dichiarata non fondata nei termini indicati in motivazione.