ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
607, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2014), promosso dal Tribunale ordinario di La Spezia sulla
istanza proposta da T.P., con ordinanza del 5 marzo 2014, iscritta al
n. 140 del  registro  ordinanze  2014  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 38,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2014. 
    Visto l'atto di intervento, fuori  termine,  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 28 gennaio  2015  il  Giudice
relatore  Sergio  Mattarella,  sostituito  per  la  redazione   della
decisione dal Presidente Alessandro Criscuolo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Giudice monocratico del Tribunale ordinario di La  Spezia,
con ordinanza del 5 marzo 2014,  iscritta  al  n.  140  del  registro
ordinanze del 2014, ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  24,
secondo e terzo comma,  della  Costituzione  e  all'art.  117,  primo
comma, Cost. in relazione all'art. 6, paragrafo 3, lettera c),  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n.
848, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 607,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di  stabilita'
2014), nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma
606, lettera b), dell'art. 1 della legge n.  147  del  2013  (che  ha
introdotto l'art. 106-bis nel decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 2002, n.  115,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia -  Testo
A») si applicano «alle liquidazioni successive alla data  di  entrata
in vigore della presente legge». 
    1.1.- Il giudice rimettente, chiamato a  provvedere  sull'istanza
di liquidazione del compenso avanzata dal  difensore  di  ufficio  di
un'imputata irreperibile, ai sensi dell'art. 117 del  d.P.R.  n.  115
del 2002, espone che: a) con l'entrata in vigore della legge  n.  147
del 2013, segnatamente con l'art.1, comma 606,  lettera  b),  che  ha
introdotto nel testo del d.P.R. n. 115  del  2002  l'art.106-bis,  e'
stato modificato il regime di determinazione dei compensi  spettanti,
nei  procedimenti   penali,   «al   difensore,   all'ausiliario   del
magistrato,  al  consulente  tecnico  di  parte  e  all'investigatore
privato autorizzato»; b) che l'art.106-bis ha previsto  la  riduzione
di un terzo degli importi spettanti agli indicati professionisti;  c)
che il successivo comma 607 della legge n. 147 del 2013, ha stabilito
che le disposizioni di cui al comma 606,  lettera  b),  si  applicano
alle liquidazioni successive alla data di  entrata  in  vigore  della
legge stessa, ovvero dal 1º gennaio 2014; d) che  dalla  collocazione
sistematica dell'art.  106-bis,  si  desume  l'operativita'  di  tale
disposizione nell'ambito della  disciplina  del  patrocinio  a  spese
dello Stato prevista  per  il  processo  penale,  secondo  i  criteri
stabiliti dall'art. 82 del d.P.R.  n.  115  del  2002,  che  richiama
espressamente, ai fini della liquidazione, la  tariffa  professionale
vigente. 
    Il  Tribunale  precisa  che  i  criteri  sopra  indicati  trovano
applicazione non solo per il patrocinio a spese dello Stato per i non
abbienti (o per le particolari  categorie  di  soggetti  indicate  ai
commi 4-bis e 4-ter dell'art. 76 del decreto), ma anche per la difesa
di ufficio dell'imputato irreperibile. Tale  estensione,  secondo  il
rimettente, sarebbe desumibile dalla stessa rubrica  del  Titolo  III
della Parte III del citato d.P.R. n. 115  del  2002  (la  quale  reca
«Estensione, a limitati effetti, della disciplina  del  patrocinio  a
spese  dello  Stato  prevista  per  il  processo  penale»),   nonche'
dall'art. 117, ivi collocato, ai sensi  del  quale  l'onorario  e  le
spese  spettanti  al  difensore  di  ufficio  dell'imputato   o   del
condannato  irreperibile  sono  liquidati  nella  misura  e  con   le
modalita' previste dall'art. 82 del medesimo decreto, ossia  in  base
alla tariffa professionale. 
    Il Tribunale - premesso di essere chiamato a decidere  in  ordine
ad un'istanza di liquidazione dei compensi depositata il 17  dicembre
2013 dal difensore  di  ufficio  di  un'imputata  irreperibile  sulla
quale, alla data del 1º gennaio 2014, non si era ancora provveduto  -
evidenzia, da un lato,  la  sostanziale  equiparazione  dell'imputato
"irreperibile   di   fatto"   all'imputato   dichiarato   formalmente
irreperibile ai sensi dell'art. 159 del codice di procedura penale ai
fini della liquidazione dei  compensi  al  difensore  di  ufficio  e,
dall'altro, che il riferimento alla fase  di  liquidazione  contenuto
nella norma censurata implica  che  la  riduzione  di  un  terzo  dei
compensi deve ritenersi applicabile  anche  alle  istanze  presentate
antecedentemente al 1º gennaio 2014, ma rimaste inevase (per  ragioni
non riconducibili alla negligenza del difensore). 
    1.2.- Tanto premesso, in punto di rilevanza della  questione,  il
giudice a quo osserva che, qualora fosse dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 607, della legge n. 147  del  2013,
verrebbe rimossa una disposizione sicuramente pregiudizievole per  il
difensore istante che non potrebbe avvantaggiarsi di una liquidazione
effettuata  in  base   alla   normativa   vigente   all'epoca   della
presentazione dell'istanza. 
    1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  il
giudice rimettente, con riferimento all'art. 3 Cost., deduce  che  il
far  dipendere  l'ammontare  del  compenso  al  difensore  a   carico
dell'erario dal momento della liquidazione (ed,  in  particolare,  il
prevedere che dalla liquidazione in data  successiva  al  1º  gennaio
2014  dipenda  la  riduzione  di  un  terzo  dell'importo),  comporta
un'ingiustificata ed  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
difensori che, avendo presentato istanza  di  liquidazione  in  epoca
antecedente il  1º  gennaio  2014,  ricevano  trattamenti  diversi  a
seconda del momento in cui la liquidazione viene effettuata. In  base
alla  disposizione  oggetto  di   censura,   solo   le   liquidazioni
antecedenti al 1° gennaio 2014 potrebbero effettuarsi "secondo i piu'
favorevoli parametri in allora vigenti". 
    La norma impugnata, poi, contrasterebbe con  l'art.  24,  secondo
comma, Cost., in quanto la  diminuzione  del  compenso  spettante  al
difensore potrebbe spiegare  effetti  sfavorevoli  sul  diritto  alla
difesa  tecnica  e  sulle   scelte   defensionali   del   sottostante
procedimento. 
    Da ultimo, la disposizione censurata violerebbe l'art. 117, primo
comma, Cost., nonche' il parametro interposto costituito dall'art. 6,
paragrafo 3, lettera c), della CEDU e l'art. 24, terzo comma,  Cost.,
in quanto la  riduzione  di  un  terzo  del  compenso  del  difensore
«risulta pregiudizievole  per  l'assistenza  gratuita  da  parte  del
difensore d'ufficio e/o di persona priva di mezzi per  pagare,  ossia
per  l'esercizio  del  diritto  di  difesa  da  parte   di   soggetti
appartenenti a  particolari  categorie,  in  favore  delle  quali  e'
previsto che l'assistenza in giudizio sia a carico dello Stato». 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  con  atto  depositato  fuori  termine,  concludendo  per   la
manifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice monocratico del Tribunale ordinario di  La  Spezia
dubita della legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  607,
della legge 27 dicembre 2013, n.147 (Disposizioni per  la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di  stabilita'
2014), nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma
606, lettera b), dell'art. 1 della legge n.  147  del  2013  (che  ha
introdotto l'art.106-bis nel decreto del Presidente della  Repubblica
30 maggio 2002, n.  115,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia -  Testo
A») n. 115 del 2002) si applicano «alle liquidazioni successive  alla
data di entrata in vigore della presente legge», ossia al 1º  gennaio
2014. 
    Tale disposizione, secondo il  giudice  a  quo,  si  porrebbe  in
conflitto con l'art.  3  della  Costituzione  perche'  l'applicazione
della decurtazione del compenso  alle  istanze  depositate  in  epoca
antecedente al 1º gennaio 2014 darebbe  luogo  ad  una  irragionevole
disparita' di trattamento, facendo dipendere l'entita'  del  compenso
dal momento della liquidazione e, dunque, da un  evento  indipendente
dalla condotta del difensore. Solo le liquidazioni antecedenti al  1°
gennaio  2014  potrebbero  effettuarsi  "secondo  i  piu'  favorevoli
parametri in allora vigenti". 
    La norma, poi, violerebbe l'art. 24,  secondo  comma,  Cost.  per
effetto delle ricadute che la decurtazione del compenso avrebbe sulla
qualita' della prestazione del difensore. Infine, la norma violerebbe
l'art. 117, primo comma, della Costituzione e il parametro interposto
di cui all'art. 6, paragrafo 3, lettera c), della Convenzione per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con
legge 4 agosto 1955 n. 848, nonche' l'art. 24, terzo comma, Cost., in
quanto renderebbe meno efficiente l'assistenza gratuita del difensore
prevista a vantaggio delle categorie meno abbienti. 
    2.- La questione e' inammissibile. 
    Il giudice rimettente non ha indicato le ragioni per le quali  la
disposizione censurata debba applicarsi al  giudizio  principale,  il
che si risolve in un  difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza  (ex
plurimis, ordinanze n. 99 del 2013 e n. 38 del 2012). 
    In particolare non ha esaminato  il  problema  del  coordinamento
temporale della disposizione de qua (art. 106-bis),  con  la  diversa
disciplina  di  cui  all'art.  9  del  decreto  del  Ministero  della
giustizia  20  luglio  2012,   n.   140   (Regolamento   recante   la
determinazione dei parametri per  la  liquidazione  da  parte  di  un
organo giurisdizionale dei compensi per le  professioni  regolarmente
vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), in  virtu'  della  quale  «Per  le
liquidazioni  delle  prestazioni  svolte  a  favore  di  soggetti  in
gratuito patrocinio, e per quelle a esse equiparate dal  testo  unico
delle spese di giustizia di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, si  tiene  specifico  conto  della
concreta  incidenza  degli  atti  assunti  rispetto  alla   posizione
processuale della persona  difesa,  e  gli  importi  sono  di  regola
ridotti della meta' anche in materia penale».  In  altri  termini  il
giudice a quo non ha chiarito quale sia la disciplina  effettivamente
applicabile nel caso di specie. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «i giudici  rimettenti
sono   chiamati,   nel   giudizio   incidentale    di    legittimita'
costituzionale, non solo ad  indicare  le  circostanze  che  incidono
sulla rilevanza delle questioni sollevate, ma  anche  ad  illustrare,
quando sia il caso, i presupposti interpretativi che  implicano,  nel
loro  giudizio,  la  necessita'  di  fare  applicazione  della  norma
censurata» (ex multis, ordinanza n. 95 del 2012 e sentenza n. 249 del
2010). 
    Il giudice a quo, inoltre, non ha indicato quali  siano  "i  piu'
favorevoli parametri in allora vigenti" in base ai quali  si  sarebbe
dovuto provvedere sulle istanze di liquidazione  depositate  in  data
antecedente al 1º gennaio 2014. L'ordinanza  di  rimessione,  dunque,
risulta priva della indicazione espressa della  disposizione  assunta
quale tertium comparationis (ex plurimis, ordinanza n. 9 del 2014). 
    Il rimettente e' incorso  in  una  incompleta  ricostruzione  del
quadro normativo di effettivo riferimento, «compromette l'iter logico
argomentativo   posto   a   fondamento   della   sollevata   censura»
determinandone l'inammissibilita' (ex plurimis, sentenze n. 276 e  n.
204 del 2013). 
    Pertanto, la questione deve essere dichiarata inammissibile.