ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  159,  primo
comma, del codice penale, promossi dal Tribunale ordinario di  Milano
con ordinanza del 21 marzo 2013 e dal Giudice di pace  di  Gaeta  con
ordinanza del 17 marzo 2014, rispettivamente iscritte al n.  174  del
registro ordinanze 2013 ed al n. 166 del registro  ordinanze  2014  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  34,  prima
serie speciale,  dell'anno  2013  e  n.  43,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 14 gennaio  2015  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Milano, in composizione collegiale,
con ordinanza del 21 marzo 2013 (r.o. n. 174 del 2013), ha sollevato,
in riferimento agli artt.  3,  24,  27,  terzo  comma,  e  111  della
Costituzione, una questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
159, primo comma, del codice penale, «nella parte in cui  prevede  la
sospensione del corso della  prescrizione  anche  in  presenza  delle
condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p.,  laddove  sia  accertata
l'irreversibilita'  dell'incapacita'  dell'imputato  di   partecipare
coscientemente al processo». 
    Il Tribunale rimettente, investito di un giudizio per i reati  di
dichiarazione fraudolenta mediante  uso  di  fatture  per  operazioni
inesistenti e di false comunicazioni sociali,  riferisce  che,  dalla
prima udienza dibattimentale del 20 novembre 2001,  il  processo  era
stato  rinviato   a   causa   delle   precarie   condizioni   fisiche
dell'imputato,  il  quale,  in  seguito  ad  un  incidente   stradale
verificatosi il 12 novembre  2000,  aveva  riportato  una  paraplegia
post-traumatica agli arti inferiori. Il perito nominato dal collegio,
nel certificare tale patologia, nell'udienza del  13  novembre  2002,
aveva escluso una  compromissione  della  sfera  psichica,  ritenendo
transitori i disturbi di ordine  psichiatrico  riscontrati.  Da  quel
momento il Tribunale aveva  disposto  ulteriori  rinvii,  la  maggior
parte  dei  quali  determinati  dal  riconoscimento   del   legittimo
impedimento dell'imputato, in seguito  alla  presentazione  da  parte
della difesa di certificati medici,  comprovanti  la  difficolta'  di
trasporto o l'acutizzazione dello stato patologico, e  a  una  visita
disposta dal Tribunale. Nell'udienza del  9  luglio  2008  era  stata
acquisita una perizia, svolta  nel  procedimento  per  l'interdizione
legale, che aveva attestato un'«infermita' mentale abituale e tale da
inficiare completamente la capacita' [dell'imputato] di riconoscere e
provvedere ai propri interessi». Il  giudice  a  quo  aveva  pertanto
ritenuto  che  l'accertato  «disturbo  delirante  cronico   di   tipo
megalomaniaco»   determinasse    l'incapacita'    dell'imputato    di
partecipare coscientemente  al  processo,  e  ne  aveva  disposto  la
sospensione ai sensi dell'art.  70  cod.  proc.  pen.  Le  successive
perizie, susseguitesi nel tempo, avevano  confermato  l'esistenza  di
condizioni patologiche tali da determinare un'incapacita' processuale
dell'imputato di tipo permanente. 
    Secondo  il   Tribunale   rimettente,   la   prognosi   formulata
concordemente  da   differenti   specialisti   sulla   cronicita'   e
irreversibilita'  della  condizione  patologica   dell'imputato   non
sarebbe «opinabile». Il constatato  «progressivo  aggravamento  delle
condizioni psichiche dell'imputato,  per  l'insorgere  di  un  quadro
psicotico, prima assente, legato a fenomeni degenerativi  cerebrali»,
escluderebbe la possibilita' di un loro miglioramento. 
    Cio'  posto,  il  Tribunale  rileva  che   il   termine   massimo
prescrizionale  relativo  al  delitto  di  dichiarazione  fraudolenta
mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, commesso «fino al
giugno 1998», sarebbe maturato il 30 novembre 2005.  Pertanto,  anche
considerando sospeso il corso della prescrizione per l'intero periodo
dal 20 novembre 2001 al 9 luglio 2008, per effetto  di  un  legittimo
impedimento, il delitto, qualora non  fosse  intervenuta  l'ulteriore
sospensione   determinata   dal    riconoscimento    dell'incapacita'
dell'imputato di partecipare al procedimento, si sarebbe estinto  per
prescrizione il 20 luglio 2012. 
    Analogamente, il reato di cui all'art. 2621  del  codice  civile,
trasformato dal decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 (Disciplina
degli  illeciti  penali  e  amministrativi  riguardanti  le  societa'
commerciali, a norma dell'articolo 11 della L.  3  ottobre  2001,  n.
366) in contravvenzione, essendo stato commesso fino al  31  dicembre
1997,  «anche  tenuto  conto  della  sospensione  nei  termini  sopra
chiariti», risulterebbe estinto il 18 febbraio 2009. 
    Il Tribunale rimettente ricorda che questa Corte, con la sentenza
n. 23 del 2013, pur dichiarando inammissibile una questione analoga a
quella  proposta,  ha  dato  atto  della   sussistenza   nel   nostro
ordinamento di una «reale anomalia», connessa alle norme  concernenti
la sospensione del corso della  prescrizione  dei  reati  (art.  159,
primo comma,  cod.  pen.)  e  la  sospensione  del  procedimento  per
incapacita' dell'imputato (artt. 71 e 72 cod. proc. pen.), le  quali,
nel caso di incapacita' irreversibile  di  partecipare  al  processo,
danno luogo a «una  situazione  di  pratica  imprescrittibilita'  del
reato». Secondo la  sentenza  in  questione,  tale  problematica  non
poteva essere risolta in sede di sindacato di costituzionalita',  non
essendo  «ravvisabile  [...]   una   conclusione   costituzionalmente
obbligata», ma richiedeva un intervento del legislatore. La  sentenza
ha,  pero',  aggiunto  che  «non  sarebbe   tollerabile   l'eccessivo
protrarsi  dell'inerzia  legislativa  in  ordine  al  grave  problema
individuato». 
    Dopo aver fatto riferimento alla giurisprudenza di questa  Corte,
il giudice a quo ha ritenuto che non sia  «prioritaria,  allo  stato,
nel  calendario  del  legislatore  la  risoluzione   della   suddetta
problematica»  e  ha   sollevato   la   questione   di   legittimita'
costituzionale nei termini sopraindicati. 
    A suo avviso, l'applicabilita' della disciplina della sospensione
del corso della prescrizione alle ipotesi  in  cui  l'impedimento  e'
legato a  una  incapacita'  processuale  irreversibile  dell'imputato
sarebbe  violativa  del  principio  di  uguaglianza,  in   quanto   a
situazioni  del  tutto  difformi   verrebbe   riservato   lo   stesso
trattamento. Sarebbe irragionevole,  infatti,  che  «alla  condizione
dell'imputato  incapace  in  modo  irreversibile  di  partecipare  al
processo  seguano   le   stesse   conseguenze   giuridiche   previste
dall'ordinamento nei casi  di  impedimenti  transitori  (sia  che  si
tratti di una incapacita' processuale transitoria, accertata  con  le
modalita' di cui all'art. 70 c.p.p., sia che si tratti di un generico
impedimento)». 
    La norma impugnata sarebbe  in  contrasto  anche  con  l'art.  24
Cost.,  perche',  nell'eventuale  e  improbabile   ipotesi   in   cui
l'incapacita'  venga  meno,  l'imputato  si  troverebbe  costretto  a
difendersi nell'ambito di un processo per fatti risalenti nel  tempo,
con le  evidenti  difficolta'  di  apprestare  un'adeguata  strategia
difensiva. 
    Risulterebbe inoltre violato l'art. 27, terzo  comma,  Cost.,  in
quanto la pena inflitta in seguito ad un processo svolto  a  distanza
di  tempo,  e  interrotto  a  causa  di   serie   carenze   cognitive
dell'imputato,   «difficilmente   potrebbe   svolgere   la   funzione
rieducativa imposta dalla Costituzione». 
    Infine la norma impugnata contrasterebbe anche con  il  principio
della ragionevole durata del processo, «nella  duplice  accezione  di
"garanzia    oggettiva",    relativa    al     buon     funzionamento
dell'amministrazione della giustizia e  all'esigenza  di  evitare  la
prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo, anche  tenuto  conto  dei
relativi oneri economici, nonche'  di  "garanzia  soggettiva",  quale
diritto dell'imputato ad essere giudicato in  un  tempo  ragionevole,
sancito  altresi'  dall'art.  6  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali». 
    2.- Nel giudizio di legittimita' costituzionale e' intervenuto il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che  la  questione
sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata. 
    L'Avvocatura, pur riconoscendo la sussistenza «in astratto» della
rilevanza della questione sollevata, perche' l'imputato si troverebbe
in una condizione di infermita' permanente e totale,  determinata  da
una  malattia  neurologica  di   gravita'   tale   da   compromettere
irreversibilmente  la  capacita'  di  partecipare  coscientemente  al
processo, osserva che «in concreto» non  troverebbe  alcun  riscontro
l'assunto del Tribunale secondo cui il  legislatore  sarebbe  rimasto
inerte, si'  da  legittimare  l'intervento  «sostitutivo»  di  questa
Corte, tenuto conto del breve lasso di tempo (poco piu' di  un  mese)
trascorso tra il deposito della sentenza n. 23 del 2013 e l'ordinanza
di rimessione. 
    Nel merito, l'Avvocatura rileva che la Corte ha  gia'  dichiarato
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  150
cod. pen., per l'asserito contrasto con l'art. 3 Cost.,  nella  parte
in cui non prevede che l'estinzione del  reato  consegua,  oltre  che
alla morte del reo, ad uno stato mentale dell'imputato in vita che ne
impedisca  in  modo  permanente   ed   irreversibile   la   cosciente
partecipazione al procedimento, in  quanto  le  fattispecie  poste  a
confronto non  sono  assimilabili.  La  difesa  statale  richiama  il
percorso   argomentativo   di   tale   pronuncia,   sottolineando   i
significativi  margini  di  errore  connessi  alla  diagnosi  e  alla
prognosi   della   patologia   mentale   rispetto    alla    pacifica
irreversibilita' della morte, e anche  la  diversa  ratio  di  tutela
delle due ipotesi. 
    Inoltre, non sussisterebbe  la  violazione  del  principio  della
ragionevole durata del processo, avendo la Corte gia' affermato  che,
tra il diritto di essere giudicato e il  diritto  di  autodifendersi,
deve ritenersi prevalente quest'ultimo (sentenza n. 281 del 1995). 
    3.- Il Giudice di pace di Gaeta, con ordinanza del 17 marzo  2014
(r.o. n. 166 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24
e  111,  secondo  comma,  Cost.,  una   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 159, primo comma, cod. pen., «nella parte in
cui prevede la sospensione del corso  della  prescrizione,  anche  in
presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72  c.p.p.,  laddove
sia accertata l'irreversibile  incapacita'  derivante  da  infermita'
mentale dell'imputat[o] di partecipare coscientemente al processo». 
    Il giudice a quo premette di essere investito di un  procedimento
penale a carico di due persone imputate, in concorso  tra  loro,  del
reato di danneggiamento previsto dall'art. 635 cod. pen., commesso il
24 giugno 2004. 
    Nell'udienza del 20 ottobre 2009 - prosegue il  rimettente  -  la
difesa dell'imputata G.E.M. aveva depositato un  certificato  medico,
da cui risultava che la stessa era affetta da una  patologia  che  la
rendeva incapace di partecipare al  processo  ed  era  stata  percio'
eseguita nei suoi confronti una perizia medico-legale. 
    In seguito al deposito della relazione peritale e  all'esame  del
perito in udienza, il  giudice  aveva  disposto  la  sospensione  del
processo ai sensi dell'art. 71 cod. proc. pen., essendo risultato che
l'imputata era «incapace di partecipare coscientemente al processo in
oggetto oggi e in futuro, essendo la patologia psichica  inemendabile
e di sicuro peggioramento». In seguito a  questo  provvedimento,  era
stata  disposta  la  separazione  del  processo  nei  confronti   del
coimputato, il quale era stato assolto, ai sensi dell'art. 530, comma
2, cod. proc. pen., perche' il fatto non sussiste. 
    Nella successiva udienza, fissata  ai  sensi  dell'art.  72  cod.
proc. pen, era stata eseguita una nuova perizia, che aveva confermato
«il  grave  decadimento  cerebrale   su   base   organico   vascolare
dell'imputata  e  l'incapacita'  di  partecipare  coscientemente   al
processo». 
    Tenuto conto di questa situazione,  su  richiesta  del  difensore
dell'imputata, il Giudice di pace di Gaeta ha sollevato la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 159, primo comma, cod. pen. 
    La questione sarebbe rilevante, in quanto, da  un  lato,  «appare
altamente improbabile che l'imputata possa riacquistare in futuro  la
capacita' processuale, sia per la gravita' della patologia,  sia  per
il tempo gia' trascorso in assenza di qualsiasi cambiamento  positivo
delle condizioni patologiche  accertate»,  dall'altro,  «qualora  non
fosse stata disposta la sospensione del processo ai  sensi  dell'art.
70 c.p.p. per  l'accertata  patologia,  il  reato  risulterebbe  gia'
estinto per prescrizione [...], essendo gia'  ampiamente  decorso  il
termine prescrizionale di anni sette e mezzo  dalla  commissione  del
reato».  Inoltre  non   sarebbe   ipotizzabile   una   pronuncia   di
proscioglimento, ne' emergerebbe dagli atti la  possibilita'  di  una
pronuncia di non luogo  a  procedere,  «ovvero  che  siano  utilmente
esperibili mezzi di prova utili ai fini di una simile pronuncia». 
    Cio' posto, il giudice rimettente - richiamata la sentenza n.  23
del 2013 di questa Corte, che ha ravvisato una reale  anomalia  negli
artt. 159, primo comma, cod. pen., e 71 e 72 cod. proc. pen., laddove
consentono  che,  qualora  sia  accertata  la  natura   irreversibile
dell'infermita' mentale che determina  l'incapacita'  di  partecipare
coscientemente al processo, si verifichi una  situazione  di  pratica
imprescrittibilita' del reato, e rilevato che il legislatore  non  si
e' «attivato per la  risoluzione  del  problema»  -  ha  ritenuto  la
questione non manifestamente infondata. 
    L'art. 159, primo  comma,  cod.  pen.,  infatti,  violerebbe  «il
principio di uguaglianza stabilito dall'art. 3 Costituzione, sotto il
profilo di una irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato
affetto da patologia irreversibile,  che  non  puo'  usufruire  della
prescrizione, e gli  imputati  che,  non  essendo  affetti  da  grave
malattia, possono beneficiare del decorso del tempo ed essere mandati
assolti per prescrizione del reato». 
    Sarebbe violato anche il diritto di difesa garantito dall'art. 24
Cost., «poiche' l'imputato affetto da gravi  malattie,  anche  se,  a
seguito   di   nuove   scoperte   della   scienza    medica,    fosse
successivamente, dopo un lungo lasso di tempo, in condizioni  fisiche
per [...] seguire coscientemente il processo, non sarebbe in grado di
potersi adeguatamente difendere». 
    La norma censurata, infine, sarebbe in contrasto con il principio
della ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111,  secondo
comma, Cost., «poiche' l'imputato affetto da  malattia  irreversibile
resta di fatto sottoposto a processo per tutta la vita». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 21 marzo 2013 (r.o. n. 174  del  2013),  il
Tribunale  ordinario  di  Milano,  in  composizione  collegiale,   ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 27, terzo  comma,  e  111
della Costituzione,  una  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 159, primo comma, del codice penale, «nella  parte  in  cui
prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza
delle condizioni di cui agli  artt.  71  e  72  c.p.p.,  laddove  sia
accertata  l'irreversibilita'   dell'incapacita'   dell'imputato   di
partecipare coscientemente al processo». 
    La questione e' stata sollevata nell'ambito di un dibattimento  a
carico di una persona imputabile al momento del fatto, poi risultata,
in seguito all'aggravarsi delle condizioni psicofisiche nel corso del
processo, in condizioni irreversibili di infermita' mentale, tali  da
escludere la capacita' di partecipare coscientemente al procedimento. 
    Ad  avviso  del  Tribunale  rimettente,   in   tali   circostanze
risulterebbe violato l'art. 3 Cost., in quanto sarebbe  irragionevole
che «alla condizione dell'imputato incapace in modo irreversibile  di
partecipare al processo  seguano  le  stesse  conseguenze  giuridiche
previste dall'ordinamento nei casi di impedimenti transitori (sia che
si tratti di una incapacita' processuale transitoria,  accertata  con
le modalita' di cui all'art. 70 c.p.p.,  sia  che  si  tratti  di  un
generico impedimento)». 
    La norma impugnata violerebbe anche  l'art.  24  Cost.,  perche',
«nell'eventuale e improbabile ipotesi»  in  cui  l'incapacita'  venga
meno,   l'imputato   si   troverebbe    in    evidente    difficolta'
nell'apprestare  un'adeguata  strategia  difensiva   processuale   in
relazione ad imputazioni concernenti fatti risalenti nel tempo. 
    Risulterebbe inoltre violato l'art. 27, terzo  comma,  Cost.,  in
quanto la pena inflitta in seguito ad un processo svolto  a  distanza
di  tempo  ed  interrotto  a  causa  di   serie   carenze   cognitive
dell'imputato,   «difficilmente   potrebbe   svolgere   la   funzione
rieducativa imposta dalla Costituzione». 
    La norma impugnata, infine, contrasterebbe con il principio della
ragionevole  durata  del  processo,  «nella  duplice   accezione   di
"garanzia    oggettiva",    relativa    al     buon     funzionamento
dell'amministrazione della giustizia e  all'esigenza  di  evitare  la
prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo, anche  tenuto  conto  dei
relativi oneri economici, nonche'  di  "garanzia  soggettiva",  quale
diritto dell'imputato ad essere giudicato in  un  tempo  ragionevole,
sancito  altresi'  dall'art.  6  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali». 
    2.- Con ordinanza del 17 marzo 2014, il Giudice di pace di Gaeta,
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111,  secondo  comma,
Cost., una questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  159,
primo comma, cod. pen., «nella parte in cui  prevede  la  sospensione
del corso della prescrizione, anche in presenza delle  condizioni  di
cui agli artt. 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata  l'irreversibile
incapacita'  derivante  da  infermita'  mentale  dell'imputat[o]   di
partecipare coscientemente al processo». 
    Secondo il giudice a quo l'art.  159,  primo  comma,  cod.  pen.,
violerebbe  «il  principio  di  uguaglianza  stabilito  dall'art.   3
Costituzione, sotto il profilo di  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra l'imputato affetto da  patologia  irreversibile,  che
non puo' usufruire  della  prescrizione,  e  gli  imputati  che,  non
essendo affetti da grave malattia», possono invece beneficiarne. 
    Si configurerebbe anche  la  violazione  del  diritto  di  difesa
garantito dall'art. 24 Cost., «poiche' l'imputato  affetto  da  gravi
malattie, anche se, a seguito di nuove scoperte della scienza medica,
fosse successivamente, dopo un lungo lasso di  tempo,  in  condizioni
fisiche per [...] seguire coscientemente il processo, non sarebbe  in
grado di potersi adeguatamente difendere». 
    La norma censurata, infine, sarebbe in contrasto con il principio
della ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111,  secondo
comma, Cost., «poiche' l'imputato affetto da  malattia  irreversibile
resta di fatto sottoposto a processo per tutta la vita». 
    3.- I due giudizi propongono questioni  identiche,  in  relazione
alla medesima  norma,  e  vanno  di  conseguenza  riuniti  per  esser
esaminati congiuntamente e decisi con un'unica pronuncia. 
    4.- La questione sollevata  dal  Giudice  di  pace  di  Gaeta  e'
inammissibile. 
    Il  giudice  rimettente  riferisce  che,  una   volta   accertata
l'incapacita'  irreversibile  dell'imputata  G.E.M.  di   partecipare
coscientemente al processo, il  coimputato,  nei  cui  confronti  era
stata  disposta  la  separazione  del  processo,  era  stato  assolto
dall'imputazione di danneggiamento, ai sensi dell'art. 530, comma  2,
cod. proc. pen.,  perche'  il  fatto  non  sussiste.  Considerata  la
formula  assolutoria  adottata  nei  confronti  del  coimputato,  che
presuppone la mancanza, l'insufficienza o la contraddittorieta' della
prova che il fatto sussiste, il giudice a quo avrebbe dovuto spiegare
per quale ragione non aveva assolto con la stessa formula  l'imputata
processualmente incapace.  Occorre  considerare,  infatti,  che,  una
volta   accertata   l'incapacita'   dell'imputato   di    partecipare
coscientemente al  processo,  il  giudice  deve  disporre,  ai  sensi
dell'art. 71 cod. proc. pen., la sospensione  del  processo  solo  se
l'imputato non deve essere prosciolto o non deve  essere  pronunziata
per altre ragioni nei suoi confronti  una  sentenza  di  non  doversi
procedere. Pertanto, la mancanza di indicazioni sulle ragioni per  le
quali non e' stata pronunciata l'assoluzione per l'insussistenza  del
fatto rende carente la motivazione del giudice a quo  sul  necessario
requisito della rilevanza. 
    5.-  L'Avvocatura  dello  Stato  ha  proposto   un'eccezione   di
inammissibilita' della questione sollevata dal Tribunale ordinario di
Milano, sostenendo che il breve periodo di tempo  intercorso  tra  il
monito della sentenza di questa Corte n. 23 del 2013 e l'ordinanza di
rimessione  non   consentirebbe   di   configurare   un'inerzia   del
legislatore  idonea  a  legittimare  l'intervento  sostitutivo  della
Corte. 
    L'eccezione e' priva di fondamento perche', se deve applicare una
norma di cui sospetta l'illegittimita' costituzionale, il giudice non
puo' sospendere il processo, in attesa  di  un  eventuale  intervento
emendativo del legislatore, ne' puo' applicare tale  norma,  sicche',
non avendo alternative, deve sollevare la questione  di  legittimita'
costituzionale, specie se una precedente sentenza di questa Corte  lo
induce a ritenerne la fondatezza, e deve farlo indipendentemente  dal
tempo  trascorso  da  tale  pronuncia.  Del  resto  l'intervento  del
legislatore ben potrebbe  avvenire  nel  periodo  occorrente  per  lo
svolgimento del giudizio costituzionale, e la sua mancanza al momento
della decisione dimostrerebbe la  protrazione  di  quell'inerzia  che
questa Corte aveva ritenuto non piu' tollerabile. 
    6.- La questione sollevata dal Tribunale ordinario di  Milano  e'
fondata. 
    6.1.- Dopo avere accertato con una perizia che lo  stato  mentale
dell'imputato e' tale da impedirgli la  cosciente  partecipazione  al
procedimento, il giudice deve disporne la sospensione (art.  71  cod.
proc. pen). In seguito,  il  giudice  deve  eseguire  ogni  sei  mesi
ulteriori accertamenti peritali, fino a quando non risulta  possibile
la cosciente  partecipazione  dell'imputato  al  procedimento  o  non
risulta che nei suoi confronti debba essere pronunciata una  sentenza
di proscioglimento o di non luogo a procedere  (art.  72  cod.  proc.
pen.). 
    Durante la sospensione del procedimento rimane sospeso  anche  il
corso della prescrizione (art. 159, primo comma, cod. pen.). 
    Nel caso in cui, con  il  passar  del  tempo,  lo  stato  mentale
dell'imputato che ha determinato la sospensione del procedimento  non
migliori, ma dia luogo a una condizione di incapacita' irreversibile,
come quella che si e' verificata nel giudizio a quo, si  produce  una
paralisi   processuale   destinata   a   durare   fino   alla   morte
dell'imputato: e' la situazione dei cosiddetti "eterni  giudicabili",
cui danno congiuntamente luogo le disposizioni degli  artt.  71  cod.
proc. pen. e 159, primo comma, cod. pen. 
    Per l'art. 72 cod. proc. pen.  la  sospensione  del  procedimento
potrebbe cessare solo se dovesse essere pronunciata una  sentenza  di
proscioglimento o di non luogo a procedere, ma,  salvo  che  esistano
casi particolari di proscioglimento, l'unica  sentenza  possibile  di
questo genere, quella  di  estinzione  del  reato  per  prescrizione,
rimarrebbe preclusa, perche' il corso della prescrizione e' destinato
a sua volta a restare sospeso insieme con il procedimento. 
    Una siffatta situazione processuale  pregiudica  l'imputato,  che
rimarra' perennemente tale, e da' luogo a una durata del procedimento
ingiustificatamente protratta e assai onerosa,  perche'  scandita  da
periodici controlli dello stato mentale dell'imputato,  inutili,  una
volta  che  sia  stata   accertata   l'irreversibilita'   della   sua
incapacita' processuale. 
    Negli anni sono state sollevate, con riferimento agli artt. 3, 24
e 111 Cost., varie questioni di legittimita' costituzionale per porre
termine a una sospensione processuale, come quella in oggetto,  priva
di una prospettiva finale, ma se ne e' sempre ritenuta l'infondatezza
o l'inammissibilita' (sentenza n. 281 del 1995; ordinanze n. 112  del
2007 e n. 33 del 2003). Si e' considerato  che  se  il  processo  non
venisse sospeso sarebbe irrimediabilmente leso il diritto  di  difesa
dell'imputato incapace, che potrebbe essere condannato senza una  sua
cosciente partecipazione al  giudizio  (sentenza  n.  281  del  1995;
ordinanza n. 112 del 2007). 
    Anche rispetto all'art. 72 cod. proc. pen. non sono mancati dubbi
di legittimita' costituzionale, per la  necessita'  di  ripetere  gli
accertamenti sulle condizioni mentali dell'imputato  benche'  ne  sia
stata accertata l'irrimediabile menomazione,  ma  pure  questi  dubbi
sono stati ritenuti privi di fondamento (sentenza n.  281  del  1995;
ordinanze n. 157 del 2004, n. 33 del 2003 e n. 298 del 1991). 
    Infine e' stata ritenuta manifestamente infondata  una  questione
relativa all'art. 150 cod. pen., che prevede l'estinzione  del  reato
per morte dell'imputato, sollevata per la mancata  previsione  di  un
uguale  esito  estintivo  nel  caso  di   incapacita'   irreversibile
(ordinanza n. 289 del 2011). 
    6.2.- Piu' di recente, la questione degli "eterni giudicabili" e'
stata riproposta a questa Corte in una prospettiva diversa, analoga a
quella dell'ordinanza  di  rimessione,  basata  sulla  prospettazione
dell'illegittimita' costituzionale della disciplina della sospensione
della  prescrizione,  anziche'  di  quella  della   sospensione   del
procedimento. 
    Era stata sollevata, per contrasto con gli artt. 3,  24,  secondo
comma, e 111, secondo comma,  Cost.,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 159, primo comma, cod. pen., nella parte  in
cui prevede la sospensione del  corso  della  prescrizione  anche  in
presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p., e  questa
Corte, con la sentenza n. 23 del 2013, ha riconosciuto l'esistenza di
«una reale anomalia  insita  nelle  norme  correlate  concernenti  la
sospensione della prescrizione estintiva [...] e la  sospensione  del
processo per incapacita' dell'imputato». Nonostante cio', la Corte ha
dichiarato inammissibile  la  questione,  rilevando  che,  per  porre
rimedio alla riscontrata anomalia,  le  «possibilita'  di  intervento
normativo» erano «molteplici in  ordine  alle  modalita'  procedurali
configurabili» e che la loro scelta spettava al legislatore. 
    Nel dichiarare l'inammissibilita', pero', la Corte ha rivolto  un
monito  al  legislatore,  affermando  che  «non  sarebbe  tollerabile
l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa  in  ordine  al  grave
problema individuato nella presente pronuncia». 
    6.3.- All'anomalia il legislatore non ha  ancora  posto  rimedio,
sicche' oggi la Corte, non potendo operare una scelta della soluzione
piu' opportuna,  che  compete  al  legislatore,  e  dovendo  rimanere
strettamente ancorata alla  questione  sottopostale,  e'  chiamata  a
decidere sulla legittimita' costituzionale  della  sospensione  senza
limiti  del  corso  della  prescrizione,  nel  caso  di   incapacita'
processuale irreversibile dell'imputato, e la soluzione non puo'  che
essere negativa. 
    Deve infatti ribadirsi  che  «L'indefinito  protrarsi  nel  tempo
della sospensione del processo - con la conseguenza della tendenziale
perennita' della  condizione  di  giudicabile  dell'imputato,  dovuta
all'effetto, a sua volta sospensivo, sulla prescrizione - presenta il
carattere della irragionevolezza, giacche'  entra  in  contraddizione
con la ratio posta a base, rispettivamente,  della  prescrizione  dei
reati e della sospensione del  processo.  La  prima  e'  legata,  tra
l'altro,  sia  all'affievolimento  progressivo  dell'interesse  della
comunita'  alla  punizione  del  comportamento  penalmente  illecito,
valutato, quanto ai tempi necessari, dal legislatore, secondo  scelte
di politica criminale legate alla gravita' dei reati, sia al "diritto
all'oblio" dei cittadini, quando il reato  non  sia  cosi'  grave  da
escludere tale tutela. La seconda poggia sul diritto di  difesa,  che
esige la possibilita' di una cosciente  partecipazione  dell'imputato
al procedimento. Nell'ipotesi di irreversibilita' dell'impedimento di
cui sopra risultano frustrate  entrambe  le  finalita'  insite  nelle
norme sostanziali e processuali richiamate, con la conseguenza che le
ragioni delle garanzie ivi previste si rovesciano inevitabilmente nel
loro contrario» (sentenza n. 23 del 2013). 
    Va, inoltre, sottolineata la differenza tra le diverse situazioni
di sospensione, anche per incapacita' di  partecipare  coscientemente
al  processo,  destinate  a  una  durata  limitata  nel  tempo  e  la
sospensione  derivante  da  un'incapacita'  irreversibile,   che   e'
destinata a non  avere  termine,  dando  luogo  per  l'imputato  alla
condizione di "eterno giudicabile". La differenza e'  fondamentale  e
rende irragionevole l'identita' di disciplina. 
    La sospensione e' assimilabile a una  parentesi,  che  una  volta
aperta deve anche chiudersi, altrimenti si modifica la sua  natura  e
si altera profondamente la fattispecie alla quale la  sospensione  si
applica. Una sospensione del  corso  della  prescrizione  senza  fine
determina  di  fatto  l'imprescrittibilita'  del  reato,   e   questa
situazione,  in  violazione  dell'art.  3  Cost.,  da'  luogo  a  una
ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti degli imputati
che vengono a trovarsi in  uno  stato  irreversibile  di  incapacita'
processuale. 
    Del resto l'incompatibilita' della sospensione della prescrizione
con una situazione destinata a protrarsi indefinitivamente nel  tempo
e' confermata dalla disposizione del quarto comma dell'art. 159  cod.
pen., aggiunto dall'art. 12, comma 2, della legge 28 aprile 2014,  n.
67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie  e
di riforma del sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia  di
sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti
degli  irreperibili),  la  quale,  nel  caso   di   sospensione   del
procedimento  nei  confronti  degli  imputati  irreperibili,  di  cui
all'art.  420-quater  cod.  proc.  pen.,  ha  posto  un  limite  alla
sospensione del corso  della  prescrizione,  stabilendo  che  la  sua
durata «non puo'  superare  i  termini  previsti  dal  secondo  comma
dell'articolo 161» del codice penale, e cioe' che, una volta maturato
tale  termine,  la  sospensione  deve  cessare  anche   se   continua
l'irreperibilita' e la correlativa sospensione del procedimento. 
    Deve  pertanto  concludersi  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 159, primo comma, cod. pen.,  sollevata  dal
Tribunale ordinario di Milano, e' fondata. 
    Una volta eliminato  l'ostacolo  al  fluire  della  prescrizione,
diventa necessariamente limitata nel tempo anche la  sospensione  del
procedimento, il quale, dopo il decorso del termine di  prescrizione,
e' destinato a chiudersi con una  sentenza  di  improcedibilita'  per
estinzione del reato. 
    In questo modo si evita che il procedimento penale  si  protragga
per tutta la durata della vita dell'imputato in stato  d'incapacita',
anche se  il  rimedio  puo'  non  apparire  completamente  appagante.
Infatti, quando il tempo necessario a prescrivere e' ancora lungo, e'
ugualmente lunga la durata della sospensione  del  procedimento,  con
l'onere per il giudice di periodici, inutili accertamenti peritali. 
    Sotto questo aspetto una soluzione, prospettata anche  da  questa
Corte nella sentenza  n.  23  del  2013,  potrebbe  ravvisarsi  nella
definizione  del  procedimento  con  una  sentenza  di  non   doversi
procedere per incapacita' irreversibile dell'imputato, ed e' cio' che
prevede l'art. 9 del disegno di legge n. 2798, presentato alla Camera
il 23 dicembre scorso, che intende inserire nel codice  di  procedura
penale un nuovo articolo 72-bis. 
    Con  questa  disposizione,  se  sara'  approvata,   l'incapacita'
irreversibile  dell'imputato  avra'  una  disciplina  specifica,  ma,
nell'attesa, per le ragioni esposte, non  puo'  non  riconoscersi  la
fondatezza della questione di legittimita'  costituzionale  sollevata
dal Tribunale ordinario di Milano, e deve pertanto  dichiararsi,  per
contrasto  con  l'art.  3  Cost.,   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 159, primo comma, cod. pen., nella parte  in  cui,  ove  lo
stato mentale  dell'imputato  sia  tale  da  impedirne  la  cosciente
partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la
sospensione della prescrizione quando e' accertato che tale stato  e'
irreversibile. 
    Le censure relative agli altri parametri restano assorbite.