ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  60,  commi
primo e  terzo,  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  23
dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni
di guerra) promosso dalla Corte dei  conti,  sezione  giurisdizionale
per la Regione Campania, nel procedimento  vertente  tra  L.M.  e  il
Ministero della difesa con ordinanza dell'11 novembre 2014,  iscritta
al n. 249 del registro ordinanze 2014  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  3,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  giugno  2015  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza dell'11 novembre 2014 (r.o. n. 249  del  2014),
la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione  Campania,
nel corso  di  un  giudizio  per  l'accertamento  del  diritto  della
ricorrente   al    trattamento    pensionistico    privilegiato    di
reversibilita', ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 29  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  60,
terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23  dicembre
1978, n. 915 (Testo unico delle  norme  in  materia  di  pensioni  di
guerra) e, «per connessione», dell'art. 60, primo comma, dello stesso
decreto. Tali commi stabiliscono che «Quando, ferme restando le altre
condizioni, la separazione fra coniugi  avvenga  posteriormente  alla
morte del militare o del civile, alla madre  spetta  la  meta'  della
pensione gia' attribuita al padre o che potrebbe a  questo  spettare»
(terzo comma) e che «Alla madre vedova e' equiparata quella che, alla
data del  decesso  del  figlio  viveva  effettivamente  separata  dal
marito, anche se di  seconde  nozze,  senza  comunque  riceverne  gli
alimenti» (primo comma). La  connessione  fra  terzo  e  primo  comma
induce  il  rimettente  a   sollevare   questioni   di   legittimita'
costituzionale per la  parte  in  cui  il  diritto  della  madre  del
militare deceduto per fatto bellico o a causa del servizio - che viva
separata  dal  di  lui  padre  -  a   beneficiare   del   trattamento
pensionistico di reversibilita' e' subordinato alla condizione  della
mancata  corresponsione   degli   alimenti,   a   prescindere   dalla
valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex  art.  70,
comma primo, del d.P.R. n. 915 del 1978. 
    1.1.- Il giudice rimettente riferisce,  in  punto  di  fatto,  di
essere investito del ricorso, proposto nei  confronti  del  Ministero
della difesa, che aveva respinto l'istanza con la quale  L.M.,  madre
di un giovane deceduto durante il servizio militare,  separatasi  dal
marito, padre dello stesso giovane, successivamente  alla  morte  del
figlio, aveva rivendicato il  diritto  a  percepire  la  meta'  della
pensione privilegiata di reversibilita', gia' attribuita al padre del
ragazzo, con riguardo al periodo dal 1° agosto  2000  al  31  ottobre
2002, rappresentando, tra l'altro, che nel 1999 il suo reddito  annuo
complessivo, al lordo degli oneri deducibili,  ai  fini  dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche, non risultava superiore al  limite
reddituale stabilito dall'art. 70 del d.P.R. n. 915 del 1978, ai fini
del conferimento dei trattamenti e degli assegni pensionistici. 
    In data posteriore al 4 ottobre 2000, la competente divisione del
Ministero della difesa comunicava a L.M. di aver rigettato l'istanza,
poiche', in base alla normativa vigente (legge 17  ottobre  1967,  n.
974 recante «Trattamento pensionistico dei congiunti dei  militari  o
dei dipendenti civili dello Stato vittime di azioni  terroristiche  o
criminose e dei congiunti dei caduti per cause di servizio» e  d.P.R.
n. 915 del 1978), titolare avente causa era da  intendersi  il  padre
del giovane deceduto.  La  posizione  espressa  dal  Ministero  della
difesa  si  fondava  sulla  costatazione  che,   pur   essendo   L.M.
"legalmente separata", ella percepiva dal coniuge separato,  come  da
sentenza di separazione acquisita agli atti dell'ufficio, un  assegno
di mantenimento. Successivamente all'accoglimento di un  ricorso  per
la  modifica  del  provvedimento  di  separazione,  previa   rinuncia
all'assegno di mantenimento, L.M. aveva inoltrato una  nuova  istanza
al Ministero della difesa, al fine di ottenere la propria parte della
menzionata pensione privilegiata di reversibilita',  provvidenza  che
le era stata concessa a decorrere dal 10 novembre 2002. 
    Nel giudizio pendente dinanzi alla Corte rimettente la difesa  di
L.M.  aveva  lamentato  l'illegittimita'  del  diniego  opposto   dal
Ministero della difesa alla  prima  delle  domande  presentate  dalla
propria assistita,  deducendo  la  violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 60, terzo comma, del  d.P.R.  n.  915  del  1978.  L'inciso
«ferme restando le altre condizioni», fa riferimento, tra  le  altre,
alla condizione - prevista dal primo comma dello stesso art. 60 - che
la madre del militare viva effettivamente separata dal marito  «senza
comunque riceverne gli alimenti». Tuttavia, all'epoca dell'istanza  e
dell'impugnato provvedimento di diniego, la richiedente riceveva  dal
marito non un assegno alimentare,  ma  un  assegno  di  mantenimento.
Qualora l'assegno alimentare fosse stato considerato comprensivo  del
mantenimento, l'art. 60 del d.P.R. n. 915 del  1978  avrebbe  violato
l'art. 3 Cost.,  introducendo  un'irragionevole  discriminazione.  Il
padre del militare morto per fatto bellico o a causa del  servizio  e
separato (o divorziato)  dalla  moglie,  avrebbe  potuto  vantare  il
diritto a  percepire  l'intera  pensione  di  reversibilita'  se,  in
presenza degli altri requisiti richiesti, fosse stato in possesso, ai
fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche,  di  un  reddito
annuo complessivo, al lordo degli oneri deducibili, non  superiore  a
un determinato importo. Sarebbe invece stato negato alla madre  dello
stesso militare, separata (o divorziata) dal  marito,  la  meta'  del
medesimo trattamento  pensionistico  di  reversibilita',  qualora  la
stessa avesse percepito gli alimenti o il mantenimento, a prescindere
dall'entita' degli stessi, ovvero dalla circostanza che, se  aggiunti
a altri eventuali redditi, superassero il limite reddituale  previsto
per il marito separato. 
    Altra irragionevole discriminazione sarebbe riscontrabile tra  la
madre del militare morto per fatto bellico o a causa del  servizio  e
separata dal marito che percepisca dallo stesso, a titolo di alimenti
o di mantenimento, un reddito minimo - privata del diritto alla meta'
della pensione di guerra, anche se con reddito  inferiore  al  limite
legale - e la vedova del militare morto per fatto bellico o  a  causa
del servizio, che contrae nuove nozze. A  quest'ultima,  per  effetto
della sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  361  del  1993,  e'
riconosciuto il  diritto,  che  ha  natura  risarcitoria,  all'intera
pensione di guerra, a prescindere dal reddito del nuovo coniuge (art.
1 del d.P.R. n. 915 del 1978). 
    La  difesa  di   L.M.   aveva   chiesto,   in   via   principale,
l'accoglimento del  ricorso  e  la  declaratoria  del  diritto  della
ricorrente a  percepire  la  meta'  della  pensione  privilegiata  di
reversibilita' nel biennio 2000-2002. In via subordinata,  la  difesa
aveva chiesto di sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 60 del d.P.R. n. 915 del 1978, nella parte in cui subordina
il  diritto  della  moglie  separata  a  percepire   il   trattamento
pensionistico di reversibilita'  alla  mancata  corresponsione  degli
alimenti, a prescindere dalla valutazione della situazione reddituale
complessiva della stessa ai sensi del citato art.  70,  del  medesimo
decreto. 
    1.2.- Il giudice rimettente  sviluppa  alcune  considerazioni  in
punto di diritto. 
    1.2.1.- Prima  di  prendere  in  esame  la  normativa  censurata,
rammenta che, a norma  dell'art.  1,  primo  comma,  della  legge  17
ottobre 1967, n. 974 (Trattamento  pensionistico  dei  congiunti  dei
militari o dei  dipendenti  civili  dello  Stato  vittime  di  azioni
terroristiche o criminose e dei congiunti dei  caduti  per  cause  di
servizio), «ai congiunti dei militari caduti per causa di servizio  o
deceduti per infermita' contratta o aggravata per causa di  servizio,
e' attribuita la pensione privilegiata ordinaria nella misura e  alle
condizioni previste dalle disposizioni  in  materia  di  pensioni  di
guerra». Il giudice rimettente evidenzia inoltre che l'art. 57, primo
comma, del d.P.R. n. 915 del 1978, prevede un «ordo successionis» tra
i congiunti del militare morto per causa  di  servizio,  atteso  che,
solo in mancanza del coniuge e di figli del de cuius, il  diritto  al
trattamento  pensionistico  si  trasmette  al  padre,  purche'  abbia
raggiunto i 58 anni o sia comunque inabile a un proficuo  lavoro.  In
mancanza del padre, il trattamento e' devoluto alla  «madre  vedova».
In tale ultimo caso, afferma ancora il rimettente, la maturazione del
diritto alla pensione e' subordinata al solo  stato  vedovile  e  non
alle condizioni  di  eta'  o  di  inabilita'  a  un  proficuo  lavoro
richieste per il padre dalla lettera a) del primo comma dell'art.  57
del d.P.R. n. 915 del 1978. Tale conclusione risulterebbe  confermata
dall'art.  66,  primo  comma,  dello  stesso   decreto.   La   stessa
interpretazione  sarebbe  stata  fatta  propria  anche  dalla   Corte
costituzionale nell'ordinanza n. 275 del 2002. 
    1.2.2.- Passando all'esame della normativa censurata, il  giudice
rimettente rileva il carattere non innovativo della  stessa,  poiche'
un'identica disciplina era dettata dall'art. 76, ultimo comma,  della
legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni  sulle
pensioni di guerra) e dall'art. 69 della legge 18 marzo 1968, n.  313
(Riordinamento della  legislazione  pensionistica  di  guerra).  Egli
afferma che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata
del censurato terzo comma dell'art. 60 del d.P.R. n.  915  del  1978,
tra le  «altre  condizioni»  alle  quali  esso  rinvia,  deve  essere
compresa  anche  quella,  prevista  dal  primo  comma  dello   stesso
articolo, che la  madre  del  militare  o  del  civile  deceduto  non
percepisca dal marito «gli alimenti». Argomentando  a  fortiori,  gli
«alimenti»  dovrebbero   intendersi   comprensivi   dell'assegno   di
mantenimento, in quanto il  trattamento  risulterebbe  «maggiore»  di
quello alimentare. Il quadro normativo dovrebbe pertanto,  sempre  ad
avviso della Corte rimettente, cosi' riassumersi: a)  l'art.  57  del
d.P.R. n. 915 del 1978 devolve il trattamento pensionistico, in  caso
di premorienza del figlio, privo di coniuge e  di  prole,  al  padre,
purche' questi abbia raggiunto l'eta' di 58 anni, ovvero sia  inabile
a qualsiasi proficuo lavoro e abbia un reddito inferiore alla  soglia
stabilita, mentre solo in caso di  decesso  del  padre,  pregresso  o
successivo, la pensione e' attribuita,  o  si  consolida,  in  favore
della madre vedova, senza alcun ulteriore accertamento; b) l'art.  60
dello stesso decreto pone la madre vedova sullo  stesso  piano  della
madre separata, che sia tale al momento del decesso del figlio o  che
lo sia divenuta per effetto di una separazione posteriore; c) in tale
caso, a prescindere dalla verifica dei requisiti di cui  all'art.  57
in capo al padre, la pensione e' devoluta in favore della  madre,  in
ragione della meta', purche' essa non percepisca dal marito l'assegno
di mantenimento o gli alimenti.  Ne  deriverebbe  che,  nel  caso  di
separazione dei coniugi, anche se sopravvenuta alla morte del  figlio
militare di leva, si determina in capo ai genitori una vera e propria
contitolarita' del diritto a ricevere  il  trattamento  pensionistico
privilegiato, in deroga all'ordo successionis previsto  dall'art.  57
del d.P.R. n. 915 del 1978, cosi' come emergerebbe anche  dalla  gia'
citata ordinanza n. 275 del 2002 della Corte costituzionale. La madre
separata, similmente alla madre vedova,  diverrebbe  titolare  di  un
autonomo diritto alla pensione privilegiata. 
    1.3.- Sulla base di tali premesse, il giudice a quo  afferma,  in
punto di non manifesta infondatezza,  che  il  terzo  comma  e,  «per
connessione», il primo comma dell'art. 60 del d.P.R. n. 915 del 1978,
«nella parte in cui subordinano il diritto della madre  del  militare
deceduto per fatto bellico o a causa del servizio, che viva  separata
dal di lui padre, a  beneficiare  del  trattamento  pensionistico  di
reversibilita'  a  condizione  della  mancata  corresponsione   degli
"alimenti" a  prescindere  dalla  valutazione  della  sua  situazione
reddituale  complessiva  ex  art.  70,  comma  1,  del  decreto   del
Presidente della Repubblica 915/1978», si pongono  in  contrasto  con
gli invocati parametri costituzionali sotto diversi profili. 
    1.3.1.- Le norme  impugnate  violerebbero,  anzitutto,  l'art.  3
Cost., in considerazione dell'irragionevole disparita' di trattamento
riservato alla madre del militare deceduto  per  fatto  bellico  o  a
causa del servizio separata dal marito, il cui diritto alla  pensione
privilegiata ordinaria di  reversibilita'  risulta  subordinato  alla
condizione  della  mancata  percezione  degli   alimenti   (ancorche'
inferiori al limite di reddito stabilito ai sensi  dell'art.  70  del
d.P.R. n. 915 del 1978 per  la  liquidazione  di  tale  beneficio  ai
genitori, collaterali e assimilati), rispetto alla madre  vedova,  il
cui diritto alla medesima pensione e' riconosciuto a prescindere  dal
superamento del reddito indicato. 
    L'irragionevolezza di tale disparita' di trattamento sarebbe resa
palese, secondo il rimettente, dal fatto che  la  madre  separata  e'
titolare, al pari della madre vedova, di  un  autonomo  diritto  alla
pensione, per la cui  liquidazione  dovrebbe  percio'  tenersi  conto
soltanto della situazione reddituale della genitrice,  a  prescindere
dagli alimenti da lei percepiti e dalle condizioni economiche dell'ex
(o di un eventuale nuovo) marito, al momento  dell'insorgenza,  cosi'
come al momento dell'attribuzione  del  diritto.  Il  giudice  a  quo
sottolinea altresi' che la Corte costituzionale,  nella  sentenza  n.
361 del 1993, ha chiarito  la  natura  risarcitoria  del  trattamento
pensionistico privilegiato di reversibilita', nonche' l'autonomia del
diritto a tale beneficio della vedova del militare deceduto per fatto
bellico o a causa del servizio, rispetto al  contesto  reddituale  in
cui ella si viene a trovare per effetto delle nuove nozze. Lo  stesso
rimettente  asserisce  infine  che   al   trattamento   pensionistico
attribuibile ai genitori e,  in  particolare,  alla  madre  vedova  o
separata del  militare  deceduto,  dovrebbe  riconoscersi  la  stessa
funzione di «sostentamento  del  coniuge  superstite  che  prima  era
assicurato dal reddito del de cuius, garantendo  al  beneficiario  la
protezione  dalle  conseguenze  negative  derivate  dalla  morte  del
congiunto»   riconosciuta    al    trattamento    pensionistico    di
reversibilita' dalla Corte costituzionale con le sentenze n.  70  del
1999, n. 495 del 1993 e n. 286 del 1987 e, per le pensioni di guerra,
con la sentenza n. 405 del 1993. 
    1.3.2.- I commi terzo e primo dell'art. 60 del d.P.R. n. 915  del
1978   violerebbero   inoltre   l'art.   3   Cost.   «per   manifesta
irragionevolezza e disparita' di trattamento», poiche' risulterebbero
«parificati emolumenti di natura completamente diversa»,  costituiti,
da un lato, dagli assegni alimentari e di mantenimento e, dall'altro,
dal  trattamento  pensionistico  privilegiato  di  reversibilita'.  A
proposito di tale diversa  natura  degli  emolumenti,  il  rimettente
rappresenta che l'assegno alimentare assolve a una funzione meramente
solidaristica, cosi' come, in parte, l'assegno di  mantenimento,  che
ha anche la funzione di «riequilibrare il rapporto coniugale, (stante
l'ultrattivita' dell'obbligo di solidarieta' economica  e  morale  di
cui all'art. 143 c.c.)». Quest'ultimo assegno, a norma dell'art.  156
del codice civile, non presuppone lo stato di bisogno  ne'  la  prova
dell'impossibilita' di procurarsi propri redditi da parte del coniuge
richiedente. 
    Diversamente,  il  trattamento  pensionistico   privilegiato   di
reversibilita' avrebbe  una  finalita'  prevalentemente  risarcitoria
(Corte costituzionale n. 361 del 1993). Mentre gli assegni  periodici
costituiscono, per il coniuge che li percepisce, redditi assimilati a
quelli di lavoro dipendente (artt. 50, primo comma, lettera i, e  52,
primo comma, lettera c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,  recante
«Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi»),  il
trattamento   pensionistico   di   guerra,   anche   nel   caso    di
reversibilita', e' irrilevante, oltre che ai fini fiscali,  anche  ai
fini previdenziali e assistenziali, ai sensi dell'art. 77 del  d.P.R.
n. 915 del 1978. 
    1.3.3.-  Secondo  la  Corte  rimettente,   le   norme   censurate
violerebbero, in  terzo  luogo,  gli  artt.  3  e  29  Cost.  perche'
comporterebbero un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  i
coniugi. 
    Con riguardo a tale profilo di censura, il giudice a quo  ricorda
che  la  Corte  costituzionale  ha  in   piu'   occasioni   affermato
l'estraneita' della disciplina dei trattamenti pensionistici rispetto
ai diritti e doveri reciproci all'interno della famiglia.  L'art.  29
della Costituzione salvaguarda essenzialmente i contenuti e gli scopi
etico-sociali della famiglia (sentenza n. 70 del 1999). 
    Lo stesso giudice prosegue affermando che: a) l'art. 29 Cost.  ha
trovato  attuazione  nell'introduzione,  da  parte  del   legislatore
ordinario, di una struttura della  famiglia  di  tipo  orizzontale  o
paritario fondata proprio sul  principio  dell'uguaglianza  morale  e
giuridica dei coniugi previsto da tale  disposizione  costituzionale;
b) poiche' la separazione personale non determina la  cessazione  del
matrimonio,  i  principi  costituzionali  che  governano  il  «menage
coniugale sopravvivono, pur venendo meno l'obbligo  di  convivenza  e
fedelta'»; c) in caso di separazione personale, stante la  cessazione
dell'unita' familiare, non  dovrebbero  «trovare  spazio»  i  «limiti
stabiliti dalla legge a garanzia  dell'unita'  familiare»  menzionati
nel secondo comma dell'art. 29 Cost. 
    In considerazione di cio',  ad  avviso  del  rimettente,  non  si
comprenderebbe la ragione della scelta legislativa per cui, mentre il
diritto  del   marito   all'intero   trattamento   pensionistico   e'
subordinato alle gia'  indicate  condizioni  del  raggiungimento  del
limite di eta' di 58 anni oppure dell'inabilita' a qualsiasi  lavoro,
se il suo reddito non supera il  limite  previsto  dall'art.  70  del
d.P.R. n. 915 del 1978, la moglie separata, benche'  equiparata  alla
madre vedova, non possa beneficiare di neanche meta'  della  pensione
solo in quanto percepisca un assegno alimentare  o  di  mantenimento,
anche se inferiore all'indicato limite reddituale. 
    1.3.4.-  Secondo  la  Corte  rimettente,   le   norme   censurate
violerebbero, infine,  l'art.  3  Cost.,  poiche',  condizionando  il
diritto alla pensione della moglie separata alla  mancata  percezione
degli alimenti, introdurrebbero una deroga alla  disciplina  generale
dell'art. 58 del d.P.R. n.  915  del  1978,  in  tema  di  condizioni
economiche per la liquidazione della pensione ai genitori (oltre  che
ai collaterali e assimilati), cosi'  irragionevolmente  discriminando
la madre separata. 
    A tale proposito, il  giudice  a  quo  evidenzia  che  il  limite
reddituale previsto dall'art. 70, primo comma, del d.P.R. n. 915  del
1978, cui fa rinvio il secondo comma del citato  art.  58,  e'  stato
progressivamente elevato,  dapprima  con  decreti  del  Ministro  del
tesoro e, successivamente, dall'art. 2 della legge 18 agosto 2000, n.
236 (Disposizioni varie in materia di pensioni di guerra). 
    Ad avviso del giudice a  quo  non  si  comprenderebbe  per  quale
ragione il «tetto» reddituale,  applicabile  ai  genitori  in  quanto
tali, debba subire una «sostanziale elusione» nel  caso  della  madre
separata, specialmente se quest'ultima, per effetto della  morte  del
figlio e della sopravvenuta separazione,  venga  a  soffrire  di  una
situazione di particolare bisogno e vulnerabilita',  anche  sotto  il
profilo morale. 
    1.4.- Quanto alla rilevanza delle questioni, la rimettente  Corte
dei conti sottolinea che esse si presentano nel ricorso sottoposto al
proprio esame separate e distinte dal petitum  (Corte  costituzionale
n.  38  del  2009  e  n.   4   del   2000).   Quest'ultimo   consiste
nell'accertamento  del  diritto  della  ricorrente  alla  meta'   del
trattamento pensionistico privilegiato  di  reversibilita',  dopo  la
morte del figlio per causa di servizio, nel periodo in cui la  stessa
godeva, in conseguenza della sopravvenuta  separazione,  dell'assegno
di mantenimento corrispostole dal marito. 
    Il giudice a quo precisa inoltre che le disposizioni  in  materia
di pensioni di cui al d.P.R. n.  915  del  1978  sono  rilevanti  per
effetto del rinvio operato dall'art. 92, primo comma, del  d.P.R.  29
dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme  sul
trattamento di quiescenza dei  dipendenti  civili  e  militari  dello
Stato).  In  virtu'  dello  stesso,  la  disciplina  in  materia   di
assegnazione della pensione indiretta di guerra  e'  applicabile  con
riguardo  all'individuazione   dei   requisiti   necessari   per   la
concessione della  pensione  privilegiata  indiretta  in  favore  dei
genitori del dipendente pubblico  deceduto  per  causa  di  servizio.
Conclude il rimettente  che  il  mancato  esercizio  del  diritto  di
opzione previsto dal terzo comma del citato art. 92, «rende attuale e
rilevante la questione di legittimita'». 
    2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le  questioni  siano  dichiarate  manifestamente
inammissibili o infondate. 
    2.1.-  La  difesa  statale  eccepisce  anzitutto   la   manifesta
irrilevanza delle  questioni,  poiche'  l'impugnato  art.  60,  primo
comma, del d.P.R. n. 915 del 1978 condiziona il diritto alla pensione
della madre separata al mancato ricevimento, da parte  della  stessa,
«degli alimenti», mentre la ricorrente nel giudizio a  quo  percepiva
non gli alimenti di cui all'art.  433  cod.  civ.,  ma  l'assegno  di
mantenimento  previsto  dall'art.  156,  primo   comma,   cod.   civ.
Contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di  rimessione,  non
sarebbe  possibile  interpretare   la   menzionata   locuzione   come
comprensiva dell'assegno di mantenimento, stante il  tenore  testuale
della stessa. 
    2.2.- Per il caso  in  cui  si  ritenesse  invece  di  accogliere
l'opposta piu' ampia  interpretazione  del  termine  «alimenti»,  nel
merito delle sollevate questioni, l'Avvocatura generale dello  Stato,
premette che dalla motivazione della gia' menzionata ordinanza n. 275
del 2002 della Corte costituzionale emerge che l'equiparazione  della
madre separata alla madre vedova ha lo scopo di attribuire alla prima
un diritto alla  pensione  autonomo,  eventualmente  concorrente  con
quello del marito. Deduce,  inoltre,  che  le  due  situazioni  della
vedovanza e della separazione non sono tra loro comparabili e che  la
scelta legislativa di attribuire alla  moglie  separata  meta'  della
pensione spettante al marito separato, solo nel caso in cui la  prima
non riceva gli alimenti, appare  ragionevole  e  non  discriminatoria
proprio in ragione delle intrinseche ed evidenti differenze tra i due
status. 
    Infine,  sulla   scorta   di   quanto   affermato   dalla   Corte
costituzionale nell'ordinanza n. 275 del 2002, non sarebbe  possibile
prospettare una disparita' di trattamento tra i coniugi, ne'  sarebbe
utile invocare l'art. 29 Cost., tenuto conto di quanto asserito dalla
stessa Corte costituzionale nella gia'  citata  sentenza  n.  70  del
1999, circa l'esclusione della normativa  pensionistica  dalle  norme
che governano diritti e doveri all'interno della famiglia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la  Regione
Campania, ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.  3  e  29  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  60,
terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23  dicembre
1978, n. 915 (Testo unico delle  norme  in  materia  di  pensioni  di
guerra) e «per connessione» dell'art. 60, primo comma,  dello  stesso
decreto «nella parte in cui subordinano il diritto  della  madre  del
militare deceduto per fatto bellico o a causa del servizio, che  viva
separata  dal  di  lui   padre,   a   beneficiare   del   trattamento
pensionistico  di  reversibilita'  alla  condizione   della   mancata
corresponsione degli "alimenti" a prescindere dalla valutazione della
sua situazione reddituale  complessiva  ex  art.  70,  comma  1,  del
decreto del Presidente della Repubblica 915/1978». 
    Le  disposizioni  impugnate  sono  collocate  nell'ambito   della
disciplina del diritto alle pensioni indirette di guerra.  L'art.  60
del d.P.R. n. 915 del 1978 riguarda, in particolare, il diritto  alla
pensione dei genitori separati e della madre vedova passata  a  nuove
nozze. I commi impugnati  stabiliscono,  rispettivamente,  che  «Alla
madre vedova e' equiparata quella che,  alla  data  del  decesso  del
figlio viveva effettivamente separata dal marito, anche se di seconde
nozze, senza comunque riceverne gli alimenti»  (primo  comma)  e  che
«Quando, ferme restando  le  altre  condizioni,  la  separazione  fra
coniugi avvenga posteriormente alla morte del militare o del  civile,
alla madre spetta la meta' della pensione gia' attribuita al padre  o
che potrebbe a questo spettare» (terzo comma). 
    Il giudice rimettente precisa di essere  investito  del  giudizio
sul ricorso per l'accertamento del diritto alla meta' della  pensione
privilegiata di reversibilita', proposto dalla madre  di  un  giovane
deceduto per causa di  servizio  durante  il  servizio  militare.  La
madre,   successivamente   separatasi   dal   marito,   riceveva   da
quest'ultimo un assegno di mantenimento. 
    Secondo il giudice a quo, le disposizioni impugnate, subordinando
il diritto al trattamento pensionistico di reversibilita' della madre
del militare (o del civile) deceduto, che viva separata  dal  marito,
alla condizione che ella non riceva da questi gli alimenti,  si  pone
in contrasto con  i  principi  di  eguaglianza  e  di  ragionevolezza
sanciti dall'art. 3 Cost.  Si  creerebbe,  infatti,  un'irragionevole
discriminazione della madre separata rispetto alla madre  vedova.  Il
diritto  alla  pensione  e'  riconosciuto  ai  genitori   alla   sola
condizione che questi non  superino  il  limite  di  reddito  di  cui
all'art. 70 del d.P.R.  n.  915  del  1978.  Gli  alimenti  sarebbero
irragionevolmente  parificati   al   trattamento   pensionistico   di
reversibilita', nonostante la diversa natura degli emolumenti. 
    Ad avviso dello stesso rimettente, la normativa denunciata  viola
inoltre gli artt. 3 e 29 Cost., in quanto  comporta  un'irragionevole
disparita' di  trattamento  tra  i  coniugi  e,  in  particolare,  un
deteriore trattamento della madre separata rispetto al marito,  padre
del militare deceduto. Al padre il diritto alla pensione  e'  infatti
riconosciuto, una volta raggiunto il limite di  eta'  di  58  anni  o
quando sia divenuto inabile a qualsiasi proficuo  lavoro,  alla  sola
condizione che non superi il limite reddituale di cui al citato  art.
70 del d.P.R. n. 915 del 1978. 
    2.- Preliminarmente vengono in rilievo  alcuni  profili  relativi
all'incidentalita' ed alla rilevanza delle sollevate questioni. 
    2.1.-  Sotto  il  primo  aspetto,  deve  osservarsi  che  -  come
adeguatamente motivato dalla Corte rimettente -  il  petitum  su  cui
essa  e'  chiamata  a  pronunciarsi  e'  separato  e  distinto  dalle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate. Queste ultime  si
configurano come meramente strumentali rispetto alla tutela richiesta
al rimettente e, pertanto, ammissibili (ex plurimis, sentenze  n.  38
del 2009 e n. 84 del 2006). 
    2.2.- Sotto il secondo aspetto,  il  giudice  a  quo  assume,  in
particolare, che per l'individuazione delle condizioni  di  spettanza
della  pensione  privilegiata  di  reversibilita'  ai  congiunti  del
militare deceduto per causa di servizio deve farsi applicazione della
disciplina dettata in materia di pensioni indirette di guerra. 
    2.2.1.- L'interpretazione del  rimettente  non  e'  implausibile.
Infatti, essa discende dal fatto che l'art. 1, comma 1,  della  legge
17 ottobre 1967, n. 974 (Trattamento pensionistico dei congiunti  dei
militari o dei  dipendenti  civili  dello  Stato  vittime  di  azioni
terroristiche o criminose e dei congiunti dei  caduti  per  cause  di
servizio), rinvia  alle  «disposizioni  in  materia  di  pensioni  di
guerra», nel cui ambito sono compresi i censurati commi primo e terzo
dell'art. 60  del  d.P.R.  n.  915  del  1978.  Analogo  rinvio  alle
«disposizioni in materia di pensioni di guerra» e' operato  dall'art.
92, primo comma, primo periodo,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione  del  testo  unico
delle norme sul trattamento di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e
militari dello Stato), per  l'individuazione  delle  «condizioni»  di
spettanza della pensione privilegiata di reversibilita' ai  congiunti
del dipendente statale che sia deceduto per causa di servizio. 
    Il rimettente da' conto del mancato  esercizio,  da  parte  della
ricorrente, della facolta' di  opzione  prevista  dal  secondo  comma
dell'art. 1 della legge n. 974 del 1967  e  dal  terzo  comma,  primo
periodo, dell'art. 92 del d.P.R. n. 1092 del 1973, che consentono  di
scegliere un trattamento pensionistico diverso da  quello  risultante
dall'applicazione  delle  disposizioni  in  materia  di  pensioni  di
guerra. 
    2.2.2.-   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha    dedotto
l'irrilevanza delle questioni sollevate, in considerazione del  fatto
che la lettera dell'art. 60, primo comma, del d.P.R. n. 915 del 1978,
condiziona il diritto alla pensione della madre separata  al  mancato
ricevimento degli  «alimenti»,  mentre  la  ricorrente  nel  giudizio
principale riceveva dal marito non gli  alimenti  ma  un  assegno  di
mantenimento. L'eccezione proposta dall'Avvocatura  generale  non  e'
fondata. Anche  in  questo  caso,  infatti,  l'interpretazione  fatta
propria dal rimettente, secondo  cui  la  locuzione  «alimenti»  deve
intendersi comprensiva dell'assegno di mantenimento,  deve  ritenersi
non implausibile, alla stregua dell'argomento a fortiori - utilizzato
dallo stesso giudice a quo - per cui l'esclusione  del  diritto  alla
pensione per la madre che riceva dal marito gli alimenti  e,  quindi,
un assegno diretto  a  venire  incontro  alle  sole  piu'  elementari
esigenze di vita, dovrebbe valere, a maggior ragione, anche nel  caso
in cui ella vanti nei confronti del coniuge un diritto  di  contenuto
piu' ampio, quale e'  quello  al  mantenimento,  volto  a  soddisfare
qualsivoglia esigenza di vita, anche non strettamente necessaria alla
sopravvivenza (nel senso  che  l'assegno  alimentare  rappresenta  un
"minus" necessariamente ricompreso in quello di mantenimento,  si  e'
espressa, del resto, anche la prima sezione  civile  della  Corte  di
cassazione; ex plurimis, sentenze  8  maggio  2013,  n.  10718  e  28
gennaio 2008, n. 1761). 
    2.2.3.- Sempre a proposito della rilevanza  delle  questioni,  il
giudice a quo ha precisato che la ricorrente nel giudizio principale,
negli anni per cui ha richiesto l'accertamento  del  proprio  diritto
alla pensione, era in possesso,  ai  fini  dell'imposta  sul  reddito
delle persone fisiche, di un  reddito  complessivo,  al  lordo  degli
oneri deducibili, di ammontare non superiore al limite  stabilito  ai
sensi dell'art. 70 del d.P.R. n. 915 del 1978. 
    3.- Nel merito, la questione sollevata in riferimento all'art.  3
Cost. per l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  della  madre
separata rispetto alla madre vedova e' fondata. 
    3.1.-  Occorre  preliminarmente  chiarire  che  l'esame  di  tale
questione dovrebbe, a rigore, essere  limitato  alla  disciplina  che
subordina alla condizione del mancato ricevimento degli  alimenti  il
diritto alla pensione della madre che si sia separata dopo il decesso
del figlio.  A  cio'  fa  riferimento  la  normativa  che  regola  la
fattispecie oggetto del giudizio principale. Tuttavia, poiche'  anche
il diritto alla pensione della madre che, al momento del decesso  del
figlio, gia' viveva effettivamente separata dal marito, e' sottoposto
a  identica  disciplina,  la  valutazione  di  questa  Corte  involge
necessariamente anche  quest'ultima,  da  intendersi  intrinsecamente
collegata alla prima. Lo stesso petitum del  rimettente,  del  resto,
prescinde dalla circostanza dell'anteriorita' o  della  posteriorita'
della separazione della madre rispetto al decesso del figlio. 
    3.2.- Nell'ordinamento delle pensioni di  guerra,  l'attribuzione
della pensione ai genitori e' regolata, anzitutto, dall'art.  57  del
d.P.R. n. 915 del 1978. Tale disposizione -  espressione  del  rigido
ordine  di   precedenza   nell'attribuzione   del   trattamento   che
caratterizza, con poche eccezioni, il sistema pensionistico di guerra
(sentenza n. 399 del 1994; ordinanza n. 275 del 2002)  -  stabilisce,
al primo comma, che, in mancanza del coniuge o di figli con diritto a
pensione del militare  morto  per  causa  di  servizio  di  guerra  o
attinente alla guerra o del civile deceduto per fatti di  guerra,  il
trattamento pensionistico  e'  attribuito,  in  via  prioritaria,  al
padre, purche' abbia raggiunto l'eta' di 58 anni ovvero sia  comunque
inabile a qualsiasi proficuo lavoro, e, soltanto in  via  successiva,
alla madre vedova, indipendentemente dalla sua  eta'  e  abilita'  al
lavoro (ordinanza n. 275 del  2002).  Il  diritto  della  madre  alla
pensione, dunque, sussiste solo se il  padre  non  e'  piu'  in  vita
(ordinanza n. 275 del 2002). 
    In caso di separazione tra i coniugi, i censurati primo  e  terzo
comma dell'art. 60 del d.P.R. n. 915 del 1978, equiparando alla madre
vedova quella effettivamente separata dal marito - che sia tale  alla
data della morte del figlio (primo comma) o che sia divenuta tale per
effetto di una separazione successiva (terzo comma) -  riconoscono  a
quest'ultima, pur essendo in vita il padre, un autonomo diritto  alla
pensione. Si tratta di un diritto sottoposto alla condizione  che  la
madre separata non riceva  dal  marito  gli  alimenti.  A  norma  del
secondo comma dello stesso art. 60, la pensione deve essere divisa in
parti uguali tra i genitori, nel caso in cui il marito sia  il  padre
del militare o del civile deceduto e possegga i  requisiti  di  legge
per conseguirla. In questa ipotesi si  determina  una  contitolarita'
del diritto alla pensione in capo a entrambi i genitori. 
    In aggiunta ai menzionati requisiti  soggettivi,  l'art.  58  del
d.P.R. n. 915  del  1978  stabilisce  le  condizioni  economiche  che
consentono la liquidazione della pensione ai genitori. Questi ultimi,
a causa  della  morte  del  figlio,  potrebbero  trovarsi  privi  dei
«necessari mezzi di sussistenza,  tenendo  conto  dell'aiuto  che  lo
stesso loro prestava al momento della morte». La ratio della norma e'
tale da configurare una potenziale partecipazione del figlio deceduto
alla conduzione della famiglia, sulla scorta di una presunzione circa
il sostegno economico che  lo  stesso  avrebbe  potuto  fornire.  Per
questo, l'accesso  al  trattamento  pensionistico  privilegiato  deve
essere negato quando le  condizioni  economiche  superano  la  soglia
prevista dall'art. 70. 
    L'art. 70 prevede, infatti, che il trattamento pensionistico  sia
liquidato al richiedente quando lo stesso, in  presenza  degli  altri
requisiti richiesti,  sia  in  possesso,  ai  fini  dell'imposta  sul
reddito delle persone fisiche, di un reddito  annuo  complessivo,  al
lordo  degli  oneri  deducibili,  non  superiore  a  un   determinato
ammontare (piu' volte innalzato e da  ultimo  elevato,  dall'art.  2,
comma 2, della legge 18 agosto 2000, n.  236,  recante  «Disposizioni
varie in materia di pensioni di guerra»). Lo stesso limite reddituale
e' inoltre adeguato automaticamente ogni anno ai sensi  dell'art.  1,
comma 1, lettera g), della legge 6  ottobre  1986,  n.  656,  recante
«Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra»).
Con riguardo alla funzione del limite reddituale  previsto  dall'art.
70 del d.P.R. n. 915 del  1978,  questa  Corte  ha  chiarito  che  la
discrezionalita' del legislatore  nella  materia  e'  correlata  alle
politiche di bilancio e di allocazione della spesa  pubblica.  L'atto
risarcitorio, costituito dalla  pensione  di  guerra,  da  intendersi
quale espressione  della  solidarieta'  nazionale,  ben  puo'  essere
attribuito solo a quanti non abbiano un reddito superiore a una certa
soglia (sentenza n. 405 del 1993). 
    3.3.- Dal quadro normativo  prima  delineato  si  ricava  che  il
trattamento  previsto  per  la  madre  separata  si  discosta   dalle
condizioni per l'attribuzione della pensione ai genitori del militare
o del civile deceduto. Solo per la madre separata si profila, secondo
i censurati commi primo e terzo dell'art. 60 del d.P.R.  n.  915  del
1978, la condizione del mancato ricevimento degli alimenti  da  parte
del marito. 
    Nell'attribuire  rilievo  alla  titolarita'  del   diritto   agli
alimenti, in senso ostativo alla liquidazione della pensione,  quando
ne sia beneficiaria la donna separata e nel caso di obbligo  posto  a
carico del marito di lei, le norme impugnate riflettono una non  piu'
accettabile concezione dei rapporti patrimoniali tra  i  coniugi,  da
ritenersi superata nel costume e  nella  coscienza  sociale  diffusa.
Essa  e'  caratterizzata  dalla  dipendenza  economica  della  moglie
separata dal marito, cui e'  riconosciuto,  in  via  prioritaria,  il
ruolo di provvedere al suo sostentamento. 
    In tutti i casi in cui  -  come  nella  fattispecie  oggetto  del
giudizio principale - l'ammontare degli alimenti (o, secondo  la  non
implausibile interpretazione del rimettente,  del  mantenimento)  sia
inferiore al limite di cui al menzionato art.  70,  il  possesso  del
reddito derivante dagli stessi  viene  a  costituire,  per  la  madre
separata, un vero e proprio elemento ostativo alla concessione  della
pensione. 
    Da questo dato oggettivo si ricava l'ingiustificata disparita' di
trattamento riservata alla madre separata rispetto alla madre vedova.
Una tale  discriminazione  non  trova  idonea  giustificazione  nella
particolare  natura  del  reddito  derivante  dall'assegno  periodico
alimentare (o di mantenimento) corrisposto dal coniuge.  Essa  lascia
trapelare una concezione dei rapporti familiari caratterizzata da una
mancanza di autonomia economica  della  moglie,  superata  dall'ormai
acquisito principio  della  parita'  tra  i  coniugi.  L'origine  del
reddito non puo' costituire una valida ragione  giustificativa  della
ravvisata disparita' di trattamento. 
    Deve,    pertanto,     essere     dichiarata     l'illegittimita'
costituzionale, per violazione del principio di eguaglianza  invocato
dal  giudice  rimettente  quale   parametro   di   costituzionalita',
dell'art. 60, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 915 del 1978,  nella
parte in cui subordinano il diritto alla  pensione  della  madre  del
militare o del civile deceduto, che viva effettivamente separata  dal
marito, alla condizione del mancato ricevimento  dallo  stesso  degli
alimenti, anche nel caso in cui  questi  ultimi,  aggiunti  ad  altri
eventuali redditi diano luogo a un ammontare non superiore al  limite
di reddito stabilito ai sensi dell'art. 70 dello stesso decreto. 
    4.- In conseguenza  dell'accoglimento  delle  questioni  sotto  i
profili scrutinati, resta assorbito l'esame delle  ulteriori  censure
prospettate dal rimettente.