ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
422, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2014),  promossi  dalla  Regione  Lazio  e  dalla  Regione
Campania con ricorsi, il primo notificato il 25 febbraio-4 marzo 2014
ed il secondo spedito per la notifica il 25 febbraio 2014, depositati
in cancelleria il 28 febbraio 2014 ed il 4 marzo 2014 ed iscritti  ai
nn. 8 e 12 del registro ricorsi 2014. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  17  novembre  2015  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi  gli  avvocati  Massimo  Luciani  per  la  Regione   Lazio,
Beniamino Caravita di Toritto per la Regione  Campania  e  l'avvocato
dello Stato Wally  Ferrante  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Lazio e la Regione Campania propongono, con i  due
distinti ricorsi  in  epigrafe,  plurime  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre  2013,
n. 147  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2014). 
    La disposizione impugnata  cosi'  recita:  «Alla  scadenza  dello
stato di emergenza, le  amministrazioni  e  gli  enti  ordinariamente
competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e
4-quater, della legge 24  febbraio  1992,  n.  225  [Istituzione  del
Servizio nazionale della protezione civile], subentrano  in  tutti  i
rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti,
anche ai sensi dell'articolo 110  del  codice  di  procedura  civile,
nonche'  in  tutti  quelli  derivanti  dalle  dichiarazioni  di   cui
all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre  2001,  n.
343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre  2001,  n.
401, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo  5
della citata legge n.  225  del  1992.  Le  disposizioni  di  cui  al
presente comma trovano applicazione  nelle  sole  ipotesi  in  cui  i
soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della  medesima  legge  n.
225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli  enti
ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». 
    2.- Premette la ricorrente,  nell'esplicare  il  contenuto  della
norma denunciata, come essa delinei un ambito soggettivo ed oggettivo
che, rispettivamente, investe, da un  lato,  i  commissari  delegati,
nonche' i soggetti cui  e'  attribuito  il  potere  di  ordinanza  di
protezione  civile  e,  in  via  estensiva,  lo   stesso   Capo   del
Dipartimento della protezione civile (di seguito anche DPC) istituito
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; dall'altro,  attiene
«al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2,  comma  1,  lett.  c)
[della stessa legge n. 225 del 1992], ovvero nella  loro  imminenza»,
ossia alle «calamita' naturali o connesse con  l'attivita'  dell'uomo
che in ragione della  loro  intensita'  ed  estensione  debbono,  con
immediatezza d'intervento, essere fronteggiate  con  mezzi  e  poteri
straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti  periodi  di
tempo». E sottolinea come la censurata disciplina si estenda anche ai
rapporti «derivanti dalle dichiarazioni di  cui  all'articolo  5-bis,
comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001,  n.  343»  (Disposizioni
urgenti per assicurare il  coordinamento  operativo  delle  strutture
preposte alle attivita' di protezione  civile  e  per  migliorare  le
strutture logistiche nel settore della  difesa  civile),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n.  401,  ossia  alle
dichiarazioni dei «grandi  eventi  rientranti  nella  competenza  del
Dipartimento della protezione civile». 
    La difesa regionale osserva, quindi, che  -  se  pur  i  rapporti
sorti per la gestione di gravi emergenze  implichino  l'esercizio  di
una competenza prettamente governativa, comportante lo svolgimento di
una funzione propria dello stesso  Governo  che,  a  tal  fine,  puo'
utilizzare lo strumento delle ordinanze di  protezione  civile  anche
derogatorie della legge  ed  avere  accesso  a  Fondi  nell'esclusiva
disponibilita' dello Stato - la disposizione  denunciata  ne  imputa,
invece, gli effetti ad Amministrazioni diverse da  quelle  competenti
alla gestione dell'emergenza. 
    2.1.- Il meccanismo successorio previsto dal comma 422  dell'art.
1 della legge n. 147 del  2013,  verrebbe,  per  l'effetto,  cosi'  a
ledere,  sotto  piu'  profili,  gli  interessi  e   le   attribuzioni
costituzionali di essa Regione Lazio. 
    2.2.- Sarebbe, innanzitutto, vulnerato, l'art. 117, terzo  comma,
della  Costituzione,  in  relazione   alla   competenza   legislativa
concorrente nella materia «protezione  civile»,  non  spettando  allo
Stato «imputare ad altre Amministrazioni  gli  effetti  dei  rapporti
attivi e passivi e dei procedimenti  giudiziari  pendenti,  sorti  in
ragione della gestione di uno stato d'emergenza,  cosi'  scaricandone
la responsabilita' e i costi ad essa conseguenti sui soggetti che non
ne sono stati responsabili». 
    Verrebbero, appunto, con cio'  lese  le  attribuzioni  regionali,
giacche': la  discrezionalita'  del  legislatore  regionale  in  tale
ambito materiale sarebbe oggi «vincolata da un'illegittima,  illogica
ed  irragionevole  disciplina  statale»;  sarebbero  accollati   alla
Regione  «oneri  derivanti  dall'azione  di  un  organo   statale   e
responsabilita' connesse ad una res inter  alios  acta»;  si  sarebbe
«determinato lo stravolgimento di tutte le attribuzioni legislative e
amministrative della Regione, costretta a distogliere risorse umane e
materiali  agli  altri  impieghi,  necessari  per  l'esercizio  delle
funzioni regionali costituzionalmente garantite». 
    2.3.- Tali ragioni fonderebbero anche la lesione delle competenze
regolamentari e amministrative affidate alla Regione ai  sensi  degli
artt. 117, sesto comma, e  118  Cost.,  posto  che  il  subentro  nei
rapporti e  nei  giudizi  pendenti,  configurato  dalla  disposizione
denunciata,  sarebbe  «di  per  se'  idoneo  ad  interferire  con  lo
svolgimento delle ordinarie funzioni amministrative regionali». 
    2.4.- Sussisterebbe ulteriore  violazione  dell'art.  118  Cost.,
anche  sotto  il  profilo  del  principio  di   sussidiarieta',   per
l'affidamento ad altre Amministrazioni pubbliche della  gestione  dei
rapporti attivi e passivi e dei giudizi pendenti, sorti e  instaurati
in ragione di uno stato d'emergenza che gli  enti  territoriali  sono
strutturalmente inidonei ad affrontare. 
    2.5.- Vi sarebbe anche la  violazione  dell'art.  119  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 3 Cost., in quanto  la  successione  ex
lege nei rapporti passivi e nei rapporti processuali derivanti  dalla
gestione statale dello  stato  di  emergenza  comporterebbe  nuovi  e
maggiori oneri in capo alle Amministrazioni territoriali (tra cui  le
Regioni), necessari per finanziare spese determinate  dalla  gestione
statale  dell'emergenza  e  imputabili  alla   sola   responsabilita'
statale. 
    2.6.- Sussisterebbe,  altresi',  il  contrasto  con  l'art.  119,
quarto comma, Cost., producendo la norma denunciata  un  «accollo  di
costi supplementari e non previsti»,  anche  per  la  gestione  delle
liti. 
    2.7.- Verrebbe vulnerato ancora l'art. 3 Cost., sotto il  profilo
del principio di ragionevolezza, in relazione agli artt. 117,  118  e
119 Cost., essendo «irragionevole imporre ad  altre  Amministrazioni,
in particolare alla Regione ricorrente,  gli  oneri  derivanti  dalla
precedente gestione di un'emergenza pubblica da parte  dello  Stato»,
la' dove, peraltro, il Presidente della Regione, ove incaricato della
gestione dell'emergenza, agirebbe soltanto da organo statale e con  i
vincoli della normativa statale. 
    2.8.- Vi sarebbe un vulnus anche dell'art. 24 Cost., in relazione
al principio di ragionevolezza e alle attribuzioni regionali ex artt.
117, 118 e 119 Cost.,  collidendo  «con  l'ordinato  esercizio  delle
attribuzioni regionali e col principio di  ragionevolezza  pretendere
che un'altra Amministrazione debba  rispondere  [...]  degli  effetti
determinati  dall'Amministrazione  statale   nello   svolgimento   di
funzioni pubbliche sue proprie, dunque non esercitate in sostituzione
o integrazione dell'Amministrazione regionale o locale». 
    2.9.- Sarebbe leso anche il principio di leale collaborazione tra
Stato e Regione, giacche'  -  tramite  un  provvedimento  puntuale  e
«funzionalizzato al solo  scopo  di  avvantaggiare  l'Amministrazione
statale in danno delle Regioni»  -  lo  Stato  si  sottrarrebbe  agli
impegni contratti nell'esercizio di una  funzione  pubblica  ad  esso
affidata, scaricandone i costi su altre Amministrazioni, tra  cui  la
ricorrente. 
    2.10.- Quanto, segnatamente, alla  disposta  successione  al  DPC
anche in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai  c.d.  «grandi
eventi»,  il  comma  422   denunciato   lederebbe   le   attribuzioni
legislative, regolamentari e amministrative della  Regione,  tutelate
dagli artt. 117, 118 e 119 Cost., giacche', in connessione tra loro e
con  i  parametri  costituzionali  che  definiscono  la  sfera  delle
attribuzioni regionali. 
    Sarebbero,  infatti,  violati  il  «principio  d'irretroattivita'
della  legge,  nella  misura  in  cui  alla  Regione  e  alle   altre
amministrazioni sono affidati ex post costi,  oneri  e  posizioni  di
svantaggio nei giudizi pendenti, nonostante che  questi  oneri  siano
dovuti allo svolgimento di funzioni pubbliche gia' esercitate, per di
piu'  di  competenza  esclusiva  dello  Stato»;  il  principio  della
certezza del diritto e del legittimo affidamento, dovendo la  Regione
«far  fronte  in  via  successiva  agli  oneri  determinati  da   una
precedente gestione  di  un  c.d.  "grande  evento",  che  era  stata
affidata alla potesta' dai competenti organi  statali»;  l'art.  117,
primo  comma,  Cost.,  in  riferimento  agli  artt.  6  e  13   della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  4  agosto
1955, n. 848, in quanto la «precedente gestione dei grandi eventi  e'
stata operata da parte della protezione civile in ragione  di  scelte
discrezionali del legislatore  e  dell'Amministrazione  statale,  ne'
l'imputazione, in  un  successivo  momento,  dei  rapporti  attivi  e
passivi determinati da quella gestione dell'evento e' necessaria  per
servire un "motivo imperativo di interesse generale"». 
    2.11.-  Ed  ancora  la  Regione  Lazio  evidenzia  che,   dovendo
annoverarsi tra i rapporti oggetto di successione anche quelli  ormai
definiti in  base  ad  un  accertamento  giurisdizionale  definitivo,
passato in giudicato, in tal caso «l'accertamento svolto dal  giudice
sarebbe immediatamente travolto dall'individuazione,  retroattiva  ed
in forza di  legge,  di  una  nuova  e  diversa  parte  del  rapporto
giuridico in esame». Donde, la lesione delle  attribuzioni  regionali
tutelate dagli artt. 117, 118 e  119  Cost.  in  connessione  con  la
violazione: dei principi del  contraddittorio  tra  le  parti  e  del
giusto processo, di cui all'art. 111 Cost.; degli  artt.  101  e  102
Cost.,  per  l'evidente  illegittima  interferenza   nella   funzione
giurisdizionale; degli artt. 24 e 113 Cost., stante  la  lesione  del
diritto alla tutela giurisdizionale dei  diritti  e  degli  interessi
legittimi  dell'Amministrazione  subentrante;  dell'art.  117,  comma
primo, Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della  CEDU,  i  quali
tutelano   i   principi   di   non   retroattivita'   della    legge,
dell'affidamento e di certezza del diritto. 
    2.12.- Inoltre, anche la previsione del comma 422  censurato  per
cui «le Amministrazioni (tra cui quella regionale)  diverse  dal  DPC
subentrano anche nel contenzioso pendente relativo alla gestione  pro
praeterito tempore  dei  c.d.  "grandi  eventi"»  determinerebbe  una
lesione delle attribuzioni regionali tutelate dagli artt. 117, 118  e
119 Cost., in connessione con la violazione dei principi e  parametri
sopra richiamati (sub 2.11.), oltre che del principio  della  parita'
delle armi tra le parti processuali,  ricavato  dalla  giurisprudenza
della Corte EDU proprio dai menzionati artt. 6 e 13 CEDU. 
    2.13.-  La  stessa  Regione  deduce,  altresi',  l'illegittimita'
costituzionale anche dell'ultimo periodo del comma 422, che lederebbe
l'art. 3 Cost.,  per  irragionevole  disparita'  di  trattamento,  in
quanto la gestione delle situazioni  di  cui  all'art.  2,  comma  1,
lettera c), della legge n. 225 del 1992 compete in via esclusiva allo
Stato e il fatto che uno dei soggetti nominati ai sensi  dell'art.  5
della stessa legge sia contestualmente  titolare  di  un  mandato  da
parte di una diversa Amministrazione sarebbe «del  tutto  irrilevante
quanto all'imputazione degli effetti derivanti dalla  gestione  dello
stato di emergenza». 
    2.14.- La ricorrente assume, ancora, che  il  comma  422  sarebbe
comunque illegittimo «quantomeno  nella  misura  in  cui  dispone  la
successione nei giudizi pendenti a titolo universale, per  violazione
dell'art. 3 Cost., e precisamente per disparita' di trattamento delle
amministrazioni pubbliche (tra cui e' la ricorrente) cui  si  applica
la disposizione in esame rispetto alla platea generale  dei  soggetti
interessati da fenomeni di successione nei giudizi pendenti». 
    Posto,  quindi,  che  detti  fenomeni  successori  rispondono  al
principio, che costituisce diritto vivente,  del  «venir  meno  della
parte  processuale»,  l'operativita',  nel  caso  di  specie,   della
successione a titolo universale ai sensi  dell'art.  110  cod.  proc.
civ. determinerebbe un vulnus del diritto di  difesa  della  Regione,
dovendo essa «accettare lo stato e il  grado  del  processo,  con  le
decadenze e le preclusioni gia' intervenute, senza  poter  dispiegare
con  pienezza  tutta  l'attivita'  difensiva  consentita  alle  altre
parti». 
    La Regione Lazio lamenta, quindi,  una  violazione  dei  principi
costituzionali e di diritto internazionale che presidiano l'attivita'
giurisdizionale (ossia quelli gia' indicati sub 2.11. e  2.12.),  con
immediato  riflesso  sulle   proprie   attribuzioni   costituzionali,
tutelate dagli artt. 117, 118 e 119 Cost. 
    3.- Anche la Regione Campania, con il proprio ricorso, muove  dal
presupposto che la  competenza  a  disciplinare  gli  eventi  di  cui
all'art. 2, comma 1, lettera c) della  legge  n.  225  del  1992  sia
unicamente dello  Stato,  essendo  il  commissario  delegato  «organo
dell'apparato statale e i  suoi  atti  sono  sempre  riferibili  alla
Presidenza del Consiglio dei ministri». 
    3.1.- Cio' premesso, la ricorrente deduce anzitutto il  contrasto
del denunciato comma 422 con gli artt. 119,  commi  primo,  quarto  e
quinto, Cost. 
    3.1.1.-  La  violazione  del  comma  primo  dell'art.  119  Cost.
sussisterebbe per il pregiudizio arrecato alla autonomia  finanziaria
di spesa delle Regioni, giacche' la successione in tutti i giudizi in
corso di cui sono parte i commissari delegati imporrebbe alle  stesse
Regioni «di farsi carico  della  gestione  di  tutto  il  contenzioso
pendente riferibile ai Commissari delegati» e, dunque, di  utilizzare
le proprie risorse per sostenere oneri finanziari «non preventivati e
non  autonomamente  decisi»,  cosi'  alterandone   le   scelte   gia'
effettuate per scopi diversi. 
    Verrebbe,  inoltre,  pregiudicata  l'autonomia   finanziaria   di
entrata delle Regioni e, segnatamente, della  Regione  Campania,  la'
dove l'ordinanza commissariale 27 dicembre 2013,  n.  17  individuava
ben 76 giudizi pendenti. Sicche', la stessa Regione dovrebbe reperire
le risorse finanziarie per farvi fronte  e,  non  potendo  provvedere
attraverso le dotazioni  previste  a  legislazione  vigente,  sarebbe
«costretta a deliberare  aumenti  fiscali  o  comunque  a  perseguire
politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe  posto  in  essere».
Peraltro,  una  siffatta   nuova   imposizione   fiscale   «peserebbe
irragionevolmente  proprio  sull'ente  nel  cui  territorio   si   e'
verificato  l'evento  calamitoso»,   con   conseguente   "pregiudizio
aggiuntivo" sulle popolazioni colpite dall'evento emergenziale. 
    3.1.2.- Il contrasto con i commi quarto e  quinto  dell'art.  119
Cost. (che consacrano un principio di corrispondenza  fra  risorse  e
funzioni) si apprezzerebbe in ragione del  fatto  che  il  denunciato
comma 422 contempla un meccanismo di  subentro  automatico  dell'ente
territoriale nella gestione  del  contenzioso  intrapreso  da  e  nei
confronti delle ex gestioni commissariali, con immediato aggravio sul
bilancio  dell'ente  stesso  dei   costi   di   interventi   connessi
all'esercizio di funzioni statali. In tal senso deporrebbe  anche  la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale,  ad   opera   della
sentenza n. 22 del 2012, dei  commi  5-quater  e  5-quinquies,  primo
periodo,  dell'art.  5  della  legge  n.  225  del  1992  (introdotti
dall'art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre  2010,  n.
225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative
e di interventi urgenti in materia  tributaria  e  di  sostegno  alle
imprese e alle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla  legge
26 febbraio 2011, n. 10), per violazione proprio dell'art. 119 Cost. 
    3.2.- Il comma 422 censurato  contrasterebbe,  inoltre,  con  gli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., giacche', ponendo a carico della
Regione Campania  tutte  le  spese  derivanti  da  scelte  gestionali
operate dai commissari delegati, imporrebbe «dei precisi  vincoli  di
spesa» ovvero la obbligherebbe «a destinare risorse proprie  a  spese
di giudizio non preventivate e non decise in autonomia». 
    3.3.-  Sussisterebbe  ancora,  ad  avviso  della  ricorrente,  la
violazione degli artt. 118 e 119 Cost., in combinato disposto con gli
artt. 81 e 97 Cost. 
    Posto che la disposizione del comma 422 impone  alla  Regione  di
destinare  talune  somme  a  copertura  di  spese  scaturenti   dalla
«successione nel contenzioso pendente»,  la  perdita  della  gestione
diretta di liquidita', e di  risorse  finanziarie,  si  rifletterebbe
«sulle capacita' operative» degli enti territoriali, con  conseguente
maggiore difficolta' nel fronteggiare i costi connessi  all'esercizio
delle funzioni amministrative di attribuzione regionale. Di  qui,  il
contrasto non solo con l'art. 118 Cost., ma anche con il principio di
buon andamento della pubblica  amministrazione  di  cui  all'art.  97
Cost.,  che  postula  che  l'esercizio  rapido  ed  efficiente  delle
funzioni  amministrative  «sia  adeguatamente  sorretto  da  beni   e
risorse, anche finanziarie». 
    Inoltre, verrebbe in rilievo anche la lesione dell'art. 81 Cost.,
giacche',  attraverso   l'imposizione   del   subentro   degli   enti
territoriali nel contenzioso in  corso  facente  capo  ai  Commissari
delegati e del  conseguente  onere  di  spesa,  si  sarebbero  dovute
prevedere adeguate misure compensative. 
    3.4.- Il comma 422 censurato lederebbe anche gli artt.  3,  97  e
117, terzo comma, Cost. ed il principio di ragionevolezza. 
    La norma impugnata ricondurrebbe irragionevolmente  all'art.  110
cod. proc. civ. (con  riverbero  pregiudizievole  sulle  attribuzioni
costituzionali delle autonomie regionali) il subentro  della  Regione
nei rapporti processuali gia' facenti capo ai commissari delegati,  i
quali, essendo  organi  statali,  non  verrebbero  meno  come  parti,
cosicche'   la   fattispecie   in   esame   avrebbe   dovuto   essere
ragionevolmente, viceversa, assimilata a quella  dell'art.  111  cod.
proc. civ., ossia alla successione a titolo particolare, per  cui  il
processo prosegue tra le parti originarie e cioe', nella specie,  con
la Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    3.5.- Il comma 422 impugnato, lederebbe  anche  il  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., posto che, essendo gli atti  del
commissario  delegato   sempre   e   comunque   atti   del   Governo,
l'applicazione del riferito meccanismo successorio nei confronti  dei
soli enti  territoriali  nel  cui  territorio  agiva  un  commissario
delegato che rivestiva anche un  ruolo  di  rappresentanza  nell'ente
stesso  risulterebbe  priva  di  giustificazione  e  «chiaramente   e
immotivatamente iniqua». 
    4.- In entrambi i giudizi si  e'  costituito  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello  Stato,  che  ha  concluso  per  l'infondatezza  delle
sollevate questioni di legittimita' costituzionale. 
    La difesa erariale osserva - con argomentazioni  in  buona  parte
comuni ai due ricorsi regionali -  che  la  disciplina  recata  dalla
norma denunciata, letta nel contesto della legge  n.  225  del  1992,
come modificata dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 (Disposizioni
urgenti per il riordino della  protezione  civile),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, troverebbe la  sua
ragione d'essere nelle complesse vicende, sostanziali e  processuali,
derivanti dalla «chiusura delle  gestioni  emergenziali  e  dei  c.d.
grandi eventi», la' dove si era intervenuti - proprio con  il  citato
d.l. n. 59 e, segnatamente, con l'art. 5, comma 4-quater - a definire
il passaggio, in capo all'ente subentrante ordinariamente competente,
di funzioni,  compiti  e  risorse  finanziarie  che  residuano  sulla
contabilita' speciale nella persistenza dello  scopo  originariamente
delineato. 
    Nonostante cio', i soggetti subentranti ex  lege  nelle  gestioni
commissariali avrebbero «sostanzialmente rifiutato  o  ostacolato  il
subentro  effettivo»,  tanto  da  rendere  necessario  un  intervento
chiarificatore del legislatore, che si e' avuto con la norma  di  cui
al denunciato comma 422. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri soggiunge, quindi,  che,
nella materia in questione, lo  Stato,  in  forza  del  principio  di
sussidiarieta' e con l'intervento  partecipativo  regionale,  sarebbe
appunto  intervenuto  «in  modo  sostitutivo   rispetto   agli   enti
ordinariamente  competenti»,  con  «temporanea   compressione   delle
competenze [di quest'ultimi] che si espandono nuovamente  al  termine
dello stato d'emergenza». 
    Non sarebbe violata, quindi, l'autonomia  finanziaria  regionale,
considerato che  gli  enti  ordinariamente  competenti,  tra  cui  le
Regioni, subentrando ex lege nelle gestioni commissariali, «sarebbero
tenute di  per  se'  a  sostenere  gli  oneri  afferenti  ai  compiti
istituzionali che sono rientrati nell'ordinario». 
    Ne' vi sarebbe difficolta' nel reperire  le  risorse  finanziarie
per far fronte a costi supplementari  e  non  previsti,  giacche'  il
subentro riguarda non solo le passivita', ma anche le attivita',  che
«viceversa comportano una voce di entrata  per  l'ente».  Le  risorse
finanziarie predisposte dallo Stato  in  favore  della  collettivita'
colpita dall'evento calamitoso, ove dovessero  residuare  al  momento
della cessazione dell'emergenza, sono trasferite per  legge  all'ente
ordinariamente    competente.    E     proprio     nell'ottica     di
responsabilizzazione  di  quest'ultimo  si   porrebbe   la   prevista
applicazione della norma denunciata soltanto nelle ipotesi in cui  «i
soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della  medesima  legge  n.
225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli  enti
ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi delegati». 
    Sarebbe infondata anche la  doglianza  di  violazione  del  comma
terzo dell'art.  117  Cost.,  non  essendo  la  norma  denunciata  di
dettaglio e, peraltro, potendo il legislatore statale  dettare  anche
norme  puntuali  per  realizzare  concretamente  le   finalita'   del
coordinamento finanziario. 
    Quanto, poi, alla censura  che  investe  i  «grandi  eventi»,  la
difesa erariale osserva che la disposizione in parte qua non trovera'
applicazione nei confronti degli enti territoriali, giacche',  «nella
maggior parte dei casi, la figura  del  Commissario  Delegato  per  i
grandi eventi e' stata rivestita  dal  Capo  del  Dipartimento  della
Protezione  Civile  ovvero  da  soggetti   estranei   alla   Pubblica
Amministrazione posti a capo di strutture di  Missione  istituite  ad
hoc nell'ambito della Presidenza del Consiglio», restando, quindi,  i
relativi rapporti giuridici in capo all'Amministrazione statale. 
    In ordine, poi, alla censura di irragionevolezza  del  meccanismo
di subentro ai sensi dell'art.  110  cod.  proc.  civ.,  l'Avvocatura
generale osserva che i commissari delegati  «sono  soggetti  distinti
rispetto all'Amministrazione delegante, in quanto dotati di autonomia
amministrativa e contabile», siccome titolari esclusivi  di  apposite
contabilita'  speciali  ai  medesimi   specificamente   intestate   e
destinate  esclusivamente   alla   realizzazione   degli   interventi
emergenziali. 
    Dunque, ben si attaglierebbe alla fattispecie  in  questione,  in
quanto  ricognitiva  di  un'ipotesi  di  venir   meno   della   parte
processuale, il richiamo all'art. 110  cod.  proc.  civ.,  senza  che
sussista alcuna interferenza con  la  funzione  giurisdizionale,  ne'
violazione del  principio  di  irretroattivita'  della  legge  ovvero
lesione del diritto di difesa. 
    Non sarebbe fondata neppure la doglianza che deduce la disparita'
di trattamento nella distinzione fra gestioni  commissariali  facenti
capo, o meno, a soggetti  rappresentanti  degli  enti  ordinariamente
competenti,  giacche'  proprio  tale  distinzione  consentirebbe   la
responsabilizzazione del vertice istituzionale dell'ente territoriale
coinvolto. 
    5.- In prossimita' dell'udienza  pubblica  la  Regione  Lazio  ha
depositato memoria con  la  quale  insiste  per  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale del comma 422 dell'art. 1  della  legge
n. 147 del 2013. 
    La ricorrente, nel contrastare le difese erariali,  ribadisce  le
proprie ragioni e, segnatamente,  il  fatto  che  l'intervento  dello
Stato nel caso degli eventi di  cui  alla  lettera  c)  del  comma  1
dell'art. 2 della legge n. 225 del 1992  non  sarebbe  nell'interesse
degli enti territoriali, bensi'  volto  a  soddisfare  interessi  che
trascendono quelli delle comunita'  locali  coinvolte  dalle  singole
situazioni di emergenza, dovendosene  lo  Stato  farsene  interamente
carico. 
    La  Regione  Lazio  contesta,  altresi',  che  la  normativa   di
riferimento   possa   garantire   «che   l'ente    subentrante    sia
effettivamente beneficiario delle risorse  necessarie  per  garantire
l'ordinato subentro al Dipartimento della protezione civile, e che la
contabilita' sia effettivamente sufficiente allo scopo». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Lazio - con riferimento agli «artt.  3,  24,  101,
102, 111, 113, 117, 118, 119 Cost., anche in relazione agli artt. 6 e
13 della Convenzione  Europea  dei  Diritti  dell'Uomo,  nonche'  dei
principi   di   ragionevolezza,   di   leale    collaborazione,    di
irretroattivita' della legge, di certezza del diritto,  di  legittimo
affidamento  e   di   "parita'   delle   armi"   nelle   controversie
giurisdizionali» - e  la  Regione  Campania,  «per  violazione  degli
articoli 119, 117, comma 3, 118,  81,  3  e  97  della  Costituzione,
nonche' del principio di ragionevolezza», impugnano  entrambe  l'art.
1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2014). 
    2.- I due ricorsi - ai quali resiste,  con  altrettanti  atti  di
intervento, il Presidente del Consiglio dei ministri per  il  tramite
dell'Avvocatura generale  dello  Stato  -  possono  riunirsi,  stante
l'identita' della disposizione denunciata e la parziale coincidenza o
sovrapposizione delle  censure  avverso  di  questa  formulate  dalle
Regioni ricorrenti. 
    3.-  La  norma,  che  viene  cosi'  sottoposta  a  scrutinio   di
costituzionalita', testualmente  dispone  che  «Alla  scadenza  dello
stato di emergenza, le  amministrazioni  e  gli  enti  ordinariamente
competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e
4-quater, della legge 24  febbraio  1992,  n.  225  [Istituzione  del
Servizio nazionale della protezione civile], subentrano  in  tutti  i
rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti,
anche ai sensi dell'articolo 110  del  codice  di  procedura  civile,
nonche'  in  tutti  quelli  derivanti  dalle  dichiarazioni  di   cui
all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre  2001,  n.
343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre  2001,  n.
401, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo  5
della citata legge n.  225  del  1992.  Le  disposizioni  di  cui  al
presente comma trovano applicazione  nelle  sole  ipotesi  in  cui  i
soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della  medesima  legge  n.
225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli  enti
ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». 
    4.- La riferita disposizione si innesta nel sistema, adottato dal
legislatore  del  1992,  di  «organizzazione  diffusa   a   carattere
policentrico» della protezione civile (sentenze n. 129 del 2006 e  n.
327 del 2003) e, in tale contesto disciplinatorio,  si  raccorda,  in
particolare, alle «calamita' naturali», di cui alla  lettera  c)  del
comma 1 dell'art. 2 della legge  n.  225  del  1992;  specificamente,
cioe',  si   riferisce   a   quegli   eventi   (non   fronteggiabili,
singolarmente o in via  coordinata,  dagli  enti  od  amministrazioni
competenti in via ordinaria) «che in ragione della loro intensita' ed
estensione   debbono,   con   immediatezza    d'intervento,    essere
fronteggiate con mezzi e poteri  straordinari  da  impiegare  durante
limitati e predefiniti periodi di tempo». 
    4.1.- Al verificarsi di detti eventi  -  per  come  disposto  dal
successivo art. 5 della stessa legge n. 225 del 1992 - «il  Consiglio
dei Ministri [...] anche su richiesta del  Presidente  della  regione
interessata  e  comunque  acquisitane  l'intesa,  delibera  lo  stato
d'emergenza,  fissandone  la  durata  e  determinandone  l'estensione
territoriale con specifico riferimento alla natura  e  alla  qualita'
degli eventi e disponendo  in  ordine  all'esercizio  del  potere  di
ordinanza». 
    4.2.- «Almeno dieci giorni prima della scadenza  del  termine  di
cui al comma 1-  bis,  [180  giorni,  prorogabili  per  non  piu'  di
ulteriori 180 giorni]  il  Capo  del  Dipartimento  della  protezione
civile emana [...] apposita ordinanza volta a favorire e regolare  il
subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria  a
coordinare gli interventi, conseguenti  all'evento,  che  si  rendono
necessari successivamente alla scadenza del termine di  durata  dello
stato di emergenza» (comma 4-ter, aggiunto, all'art. 5 della legge n.
225 del  1992,  dal  numero  7  della  lettera  c  del  comma  1  del
decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59,  recante  «Disposizioni  urgenti
per  il  riordino   della   protezione   civile»,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100). 
    5.- Ed e', appunto, alla  fase  successiva  alla  chiusura  dello
stato di emergenza che si riferisce la disposizione impugnata, con la
quale (illegittimamente, secondo le  ricorrenti  ovvero,  in  termini
meramente chiarificatori, secondo la difesa dello Stato), gli effetti
degli  atti  risalenti  alle  cessate  strutture  commissariali  sono
imputati alle amministrazioni od enti  ordinariamente  competenti,  a
titolo di successione universale, anche ai sensi dell'art.  110  cod.
proc. civ., con riguardo al subentro nelle controversie pendenti. 
    6.- L'ampio ed articolato ventaglio di  censure  complessivamente
rivolte dalle Regioni Lazio e Campania (quali  piu'  dettagliatamente
riassunte nel Ritenuto  in  fatto)  fa,  comunque,  perno,  per  ogni
profilo,  su  una  premessa  di  fondo:  quella,  cioe',  per  cui  i
provvedimenti posti in essere dal Commissario delegato alla  gestione
dell'emergenza,  come  longa  manus  del  Presidente  del  Consiglio,
debbano essere considerati come  atti  dell'amministrazione  centrale
dello Stato,  finalizzati  a  soddisfare  interessi  che  trascendano
quelli delle comunita' locali colpite dalla calamita'. 
    6.1.- Da tale premessa, in ordine logico,  direttamente  discende
un primo complesso ordine di censure (su cui, in particolare, insiste
la difesa della Regione Lazio), rivolte  all'adottato  meccanismo  di
successione a titolo universale - presupponente, per definizione,  il
"venir meno" del soggetto cui si succede - in  una  situazione  nella
quale  l'amministrazione   o   l'ente   territoriale   ordinariamente
competente  verrebbero,  viceversa,  chiamati  a  subentrare,  a  tal
titolo, «in tutti i rapporti attivi e passivi»  e  «nei  procedimenti
giurisdizionali pendenti»,  derivanti  da  atti  che  -  per  quanto,
appunto, assunto in premessa -  sarebbero  riconducibili  allo  Stato
(che li avrebbe posti in essere, attraverso  la  struttura  delegata,
nell'esercizio di una funzione sua propria) e, quindi, ad un soggetto
del quale non potrebbe dirsi che sia "venuto meno". 
    Dal che la violazione de: 
    il «principio d'irretroattivita' della legge»,  nella  misura  in
cui alla Regione e alle altre amministrazioni sarebbe fatto carico ex
post di costi, oneri e posizioni di svantaggio nei giudizi  pendenti,
ancorche' correlati a funzioni pubbliche gia' esercitate, per di piu'
di competenza esclusiva dello Stato; 
    gli artt. 3, 97 e 117, terzo  comma,  Cost.  e  il  principio  di
ragionevolezza, per le motivazioni cui sopra; 
    il  «principio  della  certezza  del  diritto  e  del   legittimo
affidamento», dovendo la Regione «far fronte in via  successiva  agli
oneri determinati da una  precedente  gestione  di  un  c.d.  "grande
evento", che era stata affidata alla potesta' dei  competenti  organi
statali»; 
    l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 6 e  13
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,
che tutelano anch'essi i principi di non retroattivita' della  legge,
dell'affidamento e di certezza del diritto; 
    i «principi  del  contraddittorio  tra  le  parti  e  del  giusto
processo»,  di  cui  all'art.  111  Cost.,   quanto   alla   disposta
successione anche nei rapporti ormai definiti con sentenza passata in
giudicato, con la conseguenza che «l'accertamento svolto dal  giudice
sarebbe immediatamente travolto dall'individuazione,  retroattiva  ed
in forza di  legge,  di  una  nuova  e  diversa  parte  del  rapporto
giuridico in esame»; 
    gli artt. 101 e 102 Cost.,  per  illegittima  interferenza  nella
funzione giurisdizionale; 
    gli artt. 24 e 113 Cost., per lesione  del  diritto  alla  tutela
giurisdizionale   dei   diritti   e   degli    interessi    legittimi
dell'Amministrazione subentrante. 
    Parametri e principi, quelli sin qui elencati, di cui la  Regione
Lazio reitera la censura  di  violazione  con  specifico  riferimento
anche alla successione, come pure prevista dalla norma impugnata, nei
rapporti attivi e  passivi  «derivanti  dalle  dichiarazioni  di  cui
all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre  2001,  n.
343», ossia relativamente ai "grandi eventi" e, dunque, a fattispecie
«gia' consumatesi e regolate da disposizioni non piu' in vigore». 
    6.2.- Anche la violazione dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in
tema di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni  nella
materia «protezione civile» e' motivata dalle ricorrenti muovendo dal
rilievo che la norma denunciata - chiamando le Regioni a  far  fronte
ad oneri derivanti dall'azione di un organo  statale  -  avrebbe  con
cio' travalicato la linea dell'enunciazione di principi fondamentali,
per dettare una disciplina di dettaglio, che andrebbe a comprimere la
discrezionalita' riservata, in tale ambito, al legislatore regionale. 
    Argomentazione,  questa,  che  aggrega  e  sorregge   anche   gli
ulteriori connessi profili di violazione degli artt. 117, commi terzo
e sesto, e 118 Cost., sul rilievo che  il  subentro  nei  rapporti  e
giudizi  pendenti  attinenti  alla  gestione  di  una  situazione  di
emergenza interferirebbe con lo svolgimento delle ordinarie  funzioni
amministrative regionali; dell'art. 118 Cost., anche in ragione di un
prospettato vulnus al principio di sussidiarieta'; e del principio di
leale collaborazione, posto che lo  Stato  si  sottrarrebbe,  in  tal
modo, agli impegni contratti nell'esercizio di una funzione pubblica,
affidatagli   dalla   legge,   scaricandone   i   costi   su    altre
amministrazioni, tra cui quelle ricorrenti. 
    6.3.-  Un  terzo  gruppo  di  censure  attiene  al  vulnus   alla
«autonomia finanziaria di entrata  e  di  spesa»,  riconosciuta  alle
Regioni dall'art. 119, primo comma Cost., ancora una volta  correlato
al  denunciato  accollo  ex  post  a  detti  enti   territoriali   di
obbligazioni assunte ex ante dallo Stato nella fase dell'emergenza. 
    Su questa linea, la Regione Lazio prospetta anche  la  violazione
dell'art. 3 Cost., per esserle irragionevolmente  in  via  automatica
addossate «tutte le conseguenze pregiudizievoli  che,  per  avventura
possono  essere  state  determinate   dall'organo   statale   gestore
dell'emergenza», e quella  ulteriore  dell'art.  119,  quarto  comma,
Cost. (che prevede l'integrale finanziamento  in  base  alle  risorse
disponibili delle funzioni regionali), producendo - a suo avviso - la
norma denunciata «un accollo di costi supplementari e non  previsti»,
anche per la gestione delle liti. 
    Parallelamente, la Regione Campania  lamenta  la  violazione  del
principio di corrispondenza fra risorse e  funzioni,  estraibile  dai
commi quarto e quinto dell'art. 119 Cost.; e quella, altresi',  dagli
artt. 81 e 97, in combinazione con gli artt.  118  e  119  Cost.,  in
quanto,  imponendosi  alla  Regione  di  destinare  talune  somme   a
copertura di  spese  scaturenti  dalla  successione  nel  contenzioso
pendente,  la  perdita  della  gestione  diretta  di  liquidita'   si
rifletterebbe sulle sue capacita'  operative  «riducendo  infatti  le
disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo  agli
stessi la possibilita' di gestire in modo libero  e  responsabile  le
proprie  risorse»,   con   conseguente   maggiore   difficolta'   nel
fronteggiare  i   costi   connessi   all'esercizio   delle   funzioni
amministrative di attribuzione regionale, in assenza per di  piu'  di
adeguate misure compensative. 
    6.4.- L'art.  3  Cost.,  sarebbe,  infine,  violato,  secondo  le
ricorrenti,  anche  in  ragione  della  prevista   applicazione   del
censurato meccanismo successorio alle sole ipotesi in cui  la  delega
alla gestione dell'emergenza sia conferita  a  «rappresentanti  delle
amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti». 
    Cio' sul rilievo che, essendo gli atti del  commissario  delegato
sempre  e  comunque  atti  del  Governo,  la   suddetta   limitazione
risulterebbe  lesiva  del  principio   di   eguaglianza,   priva   di
giustificazione e «immotivatamente iniqua  nei  confronti  di  quegli
enti territoriali nel cui territorio agiva  un  commissario  delegato
che rivestiva anche un ruolo di rappresentanza nell'ente stesso». 
    7.-  Come  piu'  ampiamente  riportato  nel  Ritenuto  in  fatto,
l'Avvocatura generale dello Stato  ha  contestato  la  fondatezza  di
ognuna delle censure rivolte all'art. 1, comma 422,  della  legge  n.
147 del 2013, muovendo dal presupposto che nella fase  dell'emergenza
- diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti -  lo  Stato  non
eserciterebbe funzioni proprie, in via  definitiva,  bensi'  funzioni
provvisoriamente avocate  a  se'  in  via  sostitutiva.  Dal  che  la
conseguenza che le competenze degli enti territoriali  colpiti  dalla
calamita', temporaneamente compresse da quelle esercitate dallo Stato
nella suddetta e temporalmente circoscritta fase,  si  espanderebbero
nuovamente al suo termine. E detti enti  -  in  coerenza  a  principi
fondamentali della materia «protezione civile» e senza  alcun  vulnus
alla propria autonomia finanziaria - naturalmente  e  ragionevolmente
subentrerebbero nei rapporti,  non  solo  passivi  ma  anche  attivi,
risalenti alla cessata gestione commissariale, potendo  per  di  piu'
avvalersi delle risorse finanziarie che residuano nelle  contabilita'
speciali dei Commissari delegati. 
    Cio' anche sul rilievo che la «socializzazione» (id est l'accollo
alla collettivita')  degli  oneri  finanziari  per  far  fronte  alla
calamita' «deve trovare  un  limite  alla  cessazione  dell'emergenza
[...] a maggior ragione per quanto  concerne  gli  eventi  di  ambito
locale, in quanto, diversamente opinando, si  finirebbe  per  operare
una deresponsabilizzazione dell'ente territoriale interessato». 
    8.- Nessuna delle questioni prospettate e' fondata. 
    8.1.- La disposizione in esame, in primo luogo, non incorre nella
violazione dei  numerosi  parametri  costituzionali  e  convenzionali
evocati sub 6.1. 
    Trattasi, infatti, per questo aspetto, di censure sorrette,  come
detto,  dalla  comune  argomentazione   di   fondo   per   la   quale
illegittimamente e irragionevolmente gli  enti  ricorrenti  sarebbero
chiamati a succedere a titolo universale in rapporti giuridici, anche
contenziosi, risalenti ad attivita' poste in essere  da  un  soggetto
(lo Stato) che non «viene meno» con la  cessazione  dell'emergenza  e
che  dovrebbe  pertanto   restarne   titolare,   e   correlativamente
responsabile, in via definitiva. 
    Argomentazione, questa,  che  e'  pero'  duplicemente  errata  in
quanto, nella specie, con la dichiarata cessazione  della  emergenza,
per un verso, viene effettivamente meno  la  struttura  commissariale
che l'ha gestita e, per altro verso, nei rapporti da questa posti  in
essere, ragionevolmente e' chiamato a subentrare l'ente  territoriale
ordinariamente competente, in virtu' di un radicamento  sia  spaziale
che funzionale (alle  esigenze  dell'ente  stesso)  dei  rapporti  in
questione. 
    8.1.1.- Quanto al primo profilo, va  rilevato  che  e'  pur  vero
(come deducono le ricorrenti) che gli atti dei commissari delegati  a
fronteggiare emergenze di  protezione  civile  «possono  qualificarsi
come  "atti   dell'amministrazione   centrale   dello   Stato   [...]
finalizzati a  soddisfare  interessi  che  trascendono  quelli  delle
comunita' locali"» (cosi' da ultimo, sentenza n. 159 del 2014).  Vero
e' anche, pero', che la funzione statale, che qui viene  in  rilievo,
e' una funzione temporanea, che si origina e si elide (nasce e muore)
in ragione,  rispettivamente,  dell'insorgere  e  del  cessare  della
situazione di emergenza. 
    Essa e' cioe' solo e soltanto correlata allo stato di  emergenza,
rispetto  al  quale  la  Regione  ordinariamente  competente  non  e'
comunque   estranea,   giacche',   nell'ambito    dell'organizzazione
policentrica  della  protezione  civile,  occorre  che  essa   stessa
fornisca l'intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi
in collaborazione leale e solidaristica. 
    8.1.2.- Il "venir meno" della struttura commissariale, per il cui
tramite lo Stato ha in concreto esercitato la funzione  emergenziale,
integra dunque il presupposto  di  una  necessitata  successione  nei
rapporti da questa posti in essere, che risultino ancora in atto,  la
cui riconduzione al fenomeno della successione universale  e'  scelta
legislativa non incongrua rispetto alle premesse che la sorreggono. I
rapporti implicati  da  tale  successione,  infatti,  sono  correlati
all'esercizio di una competenza che si e' dispiegata  su  un  tessuto
fattuale (sociale ed economico)  e  giuridico,  quello  afferente  al
territorio inciso dalla  situazione  emergenziale,  sul  quale  -  in
assenza di detta situazione (e, dunque, non solo in via ordinaria, ma
anche a fronte di eventi calamitosi di minor rilevanza: lettere a e b
del comma 1 dell'art. 2 della legge n. 225 del 1992) -  opera  l'ente
territorialmente  competente  secondo  il   normale   assetto   delle
attribuzioni    costituzionali    (legislative,    regolamentari    e
amministrative). Ed e' percio' ragionevole che  le  conseguenze  (sia
fattuali che) giuridiche, che residuano alla cessazione  dello  stato
di emergenza e insistono ancora sull'anzidetto assetto  territoriale,
siano  governate  nuovamente  in  base   all'ordinario   sistema   di
competenze. 
    Tanto  comporta  che   il   subentro   dell'ente   ordinariamente
competente (ex art. 5, comma 4-ter, della  legge  n.  225  del  1992)
investa appunto in toto la situazione in essere su cui lo  Stato  non
puo' piu' esercitare alcuna competenza giuridica. 
    Da  qui,  la  coerenza  della  disposizione  denunciata  con   il
complessivo sistema di organizzazione della protezione  civile  e  la
sua adeguatezza - e non gia' il contrasto, come a torto denunciato  -
con i parametri evocati dalle ricorrenti. 
    Il subentro dell'ente territorialmente  competente  nei  rapporti
(anche ex iudicato) e nei giudizi pendenti  risalenti  alla  gestione
commissariale non ha, infatti, l'asserito carattere  retroattivo,  ma
regola  il  fenomeno  successorio  in  consonanza  con   i   principi
sostanziali e processuali di riferimento, non potendosi sostenere che
il successore  a  titolo  universale,  in  quanto  tale  (e,  dunque,
titolare dello stesso rapporto sostanziale oggetto di giudicato), sia
vulnerato nelle sue garanzie difensive dalla norma dell'art. 110 cod.
proc. civ., la quale, in ogni caso, si appalesa pertinente a regolare
il fenomeno in luogo dell'art. 111 cod. proc. civ., che attiene  alla
successione a titolo particolare. 
    8.1.3.- Ad analoga conclusione deve pervenirsi  con  riguardo  ai
cosiddetti «grandi eventi», rispetto ai quali - ove non gia'  inclusi
tra gli eventi «per i quali si rende  necessaria  la  delibera  dello
stato di emergenza» - trovano applicazione in toto le disposizioni di
cui all'art. 5 della legge n. 225 del 1992, come previsto dal comma 5
dell'art.  5-bis  del  d.l.  n.  343  del   2001,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001. 
    Vi e',  dunque,  una  piena  sovrapposizione  di  disciplina  (e,
quindi, di competenze) che induce, appunto,  ad  una  coincidenza  di
soluzioni. 
    La circostanza, poi, che la citata norma del  comma  5  dell'art.
5-bis del d.l. n. 343 del 2001 sia stata abrogata  dall'art.  40-bis,
comma 1, del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1  (Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo  delle  infrastrutture  e  la
competitivita') convertito, con modificazioni, dalla legge  24  marzo
2012, n. 27 non conforta le doglianze della Regione Lazio. 
    Non  sussiste,  infatti,  il  vulnus  alle  competenze  regionali
costituzionalmente garantite,  denunciato  in  ragione  dell'asserita
lesione, dei principi di irretroattivita' della legge, della certezza
del diritto e delle garanzie della  difesa  e  del  giusto  processo,
giacche' il censurato comma 422 dell'art. 1 della legge  n.  147  del
2013 non opera - come detto - in via retroattiva,  ma  regola,  dalla
sua  entrata  in  vigore,  un  fenomeno   successorio   di   rapporti
sostanziali e processuali  in  coerenza  con  i  presupposti  che  lo
giustificano. 
    8.1.4.- Nel delineato contesto, perdono di consistenza  anche  le
doglianze sub 6.4., giacche', lungi dal determinare una disparita' di
trattamento, il meccanismo selettivo previsto dalla  norma  impugnata
(che trova, infatti, applicazione esclusivamente nel caso  in  cui  i
commissari delegati «siano  rappresentanti  delle  amministrazioni  e
degli enti ordinariamente competenti  ovvero  soggetti  dagli  stessi
designati») si radica su presupposti, fattuali e giuridici, che, come
visto, rendono ragione del subentro in tutti i rapporti  (sostanziali
e  processuali)  pendenti  proprio  di  quegli  enti   dotati   della
competenza  ordinaria  a  provvedere  in  riferimento  al  territorio
colpito dalla calamita' emergenziale  o  gia'  interessato  dal  c.d.
grande evento. 
    8.2.- Insuscettibili di accoglimento sono anche  le  censure  sub
6.2. 
    Non  vi,  e',  infatti,  lesione   della   competenza   regionale
concorrente nella materia della «protezione civile» (art. 117,  terzo
comma, Cost.), ne' interferenza con  lo  svolgimento  delle  funzioni
ordinarie amministrative (art. 117, sesto comma, Cost.),  ne'  ancora
un vulnus al principio di sussidiarieta' verticale (art. 118 Cost.) o
al principio di leale collaborazione, posto che le competenze e tutte
le  attribuzioni  della  Regione  -  quale  soggetto  gia'  coinvolto
nell'organizzazione  complessiva  dello  stato  di  emergenza  -   si
riespandono naturalmente al cessare di una situazione  transeunte  ed
eccezionale, derogatoria dell'assetto ordinamentale.  La  quale,  pur
sempre, attiva una competenza che la giurisprudenza di  questa  Corte
ascrive ai principi fondamentali della materia (sentenze n.  277  del
2008, n. 284 e n. 82 del 2006, n. 327 del 2003). E il cui venir  meno
non puo' che determinare, in capo all'ente  cui  spetta  la  gestione
dell'"ordinario", l'intestazione dei rapporti  precedentemente  sorti
e, con essi,  degli  eventuali  correlativi  procedimenti  giudiziari
ancora pendenti. 
    8.3.- A non diverso esito vanno incontro le censure sub 6.3. 
    Come si evince dal disposto di cui  ai  commi  4-ter  e  4-quater
dell'art. 5 della l. n. 225  del  1992,  il  subentro  delle  Regioni
ordinariamente competenti nei rapporti  giuridici  sorti  nella  fase
dell'emergenza,  e  nei  processi  pendenti  ad  essi  relativi,   e'
accompagnato, infatti,  dal  parallelo  subentro  degli  stessi  enti
territoriali  nella  contabilita'   speciale,   gia'   intestata   al
Commissario delegato o al soggetto altrimenti individuato (rivestente
un  ruolo  di   rappresentante)   dell'ente   subentrante.   E   tale
contabilita'  e'  alimentata  -  ai  sensi   del   successivo   comma
5-quinquies dell'art. 5 - da risorse statali, ossia dal Fondo per  le
emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio  dei
ministri - Dipartimento della protezione civile,  ex  art.  18  della
legge 31 dicembre 2009, n.  196  (Legge  di  contabilita'  e  finanza
pubblica)  e,  ove  occorra,  dal  Fondo  di  riserva  per  le  spese
impreviste, di cui all'art. 28 della citata legge n.  196  del  2009,
nonche' dal Fondo centrale di garanzia per la  copertura  dei  rischi
derivanti dalle operazioni di credito a medio termine a favore  delle
medie e  piccole  imprese  industriali,  di  cui  al  comma  5-sexies
dell'art. 28 del decreto-legge 18 novembre 1966,  n.  976  (Ulteriori
interventi e provvidenze  per  la  ricostruzione  e  per  la  ripresa
economica  nei  territori  colpiti  dalle  alluvioni   e   mareggiate
dell'autunno 1966), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  23
dicembre 1966, n. 1142. 
    E' dato, inoltre, evincere, dai commi 1 e 5-bis dell'art. 5 della
stessa legge n.  225,  che  le  risorse  inizialmente  stanziate  per
fronteggiare l'emergenza possono essere  integrate  ove  si  rivelino
insufficienti: integrazione che ben potrebbe essere sollecitata dalla
rendicontazione cui sono tenuti i commissari delegati,  non  soltanto
nell'imminenza della cessazione della gestione (o alla chiusura della
stessa), ma anche  alla  chiusura  di  ciascun  esercizio,  dovendosi
mettere in rilievo, attraverso il  rendiconto,  tutte  le  entrate  e
tutte le spese riguardanti l'intervento. 
    Per cui non conferente risulta il richiamo, operato dalla Regione
Campania, al precedente di cui alla sentenza n. 22 del 2012, la quale
ha bensi' dichiarato l'illegittimita' in parte qua (commi 5-quater  e
5-quinquies, primo periodo) dell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
ma in quanto si imponeva, ivi, alle Regioni  di  reperire  (esse)  le
risorse per far fronte alla situazione post-emergenza. 
    Il comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147 del  2013  -  oggetto
dell'odierna impugnazione - disegna invece un meccanismo  successorio
che   presuppone   una   tendenziale   capienza   strutturale   della
contabilita'  speciale,  in  cui  subentra  l'ente   territorialmente
competente, rispetto agli impegni di spesa correlati alla  situazione
emergenziale. E con cio' risulta rispettato il principio fondamentale
della finanza pubblica per cui, in ambito di  esercizio  di  funzioni
volte al perseguimento di interessi collettivi,  il  subentro  di  un
ente nella gestione di un altro ente soppresso  (o  sostituito)  deve
avvenire in modo tale che l'ente subentrante sia salvaguardato  nella
sua posizione finanziaria, necessitando al  riguardo  una  disciplina
(che nella specie, per  l'appunto,  sussiste)  la  quale  regoli  gli
aspetti finanziari dei relativi rapporti attivi e passivi e,  dunque,
anche il finanziamento della spesa necessaria per l'estinzione  delle
passivita' pregresse (tra le altre, sentenza n. 364 del 2010). 
    Per cui l'incapienza che,  in  talune  contingenze,  dovesse  (in
concreto) verificarsi, si risolverebbe in un inconveniente di  fatto,
come tale non attinente  al  profilo  (astratto)  della  legittimita'
costituzionale della norma, ma solo a quello (fattuale appunto) della
correlativa applicazione, in relazione alla quale - ove  l'incapienza
stessa  sia  cosi'  grave  da  incidere   in   modo   pregiudizievole
sull'equilibrato rapporto tra complessivi bisogni regionali e insieme
dei mezzi finanziari per farvi fronte (tra le tante, sentenze  n.  82
del 2015 e n. 246 del 2012) - soccorrono, e potrebbero essere  dunque
attivati  dalla  Regione,  i  rimedi   generali   all'uopo   previsti
dall'ordinamento.