ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure  urgenti  in  tema  di
tutela  dei  diritti  fondamentali  dei  detenuti  e   di   riduzione
controllata   della   popolazione   carceraria),   convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.
10, promosso dal Tribunale per i minorenni di  Milano  con  ordinanza
del 10 marzo 2015, iscritta al n. 138 del registro ordinanze  2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2016  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 10 marzo 2015 il Tribunale per i  minorenni
di Milano ha sollevato - in  riferimento  agli  artt.  3,  27,  terzo
comma, e  31,  secondo  comma,  della  Costituzione  -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 23 dicembre
2013,  n.  146  (Misure  urgenti  in  tema  di  tutela  dei   diritti
fondamentali  dei  detenuti  e   di   riduzione   controllata   della
popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n. 10. 
    Il Tribunale procede  quale  giudice  del  reclamo  proposto  dal
detenuto  Z.I.C.  contro   un   provvedimento   del   Magistrato   di
sorveglianza territorialmente competente. Il reclamante e'  ristretto
in esecuzione della pena complessiva della reclusione per dieci  anni
ed otto mesi, inflittagli  per  il  delitto  di  omicidio  volontario
aggravato e per altri reati minori, tutti commessi  nell'ottobre  del
2007, epoca nella quale era persona minore d'eta'. La fine della pena
era prevista, al momento dell'ordinanza  di  rimessione,  per  il  19
febbraio 2017. 
    L'impugnativa concerne un provvedimento del 20 gennaio  2015  con
il quale il Magistrato di sorveglianza, in rapporto al  piu'  recente
semestre di esecuzione della sanzione detentiva, aveva  accordato  al
richiedente  la  liberazione  anticipata  prevista  dalla  legge   di
ordinamento penitenziario, nella misura ordinaria  di  quarantacinque
giorni. Secondo il reclamante, in applicazione dell'art. 4  del  d.l.
n. 146 del 2013, come modificato in sede di conversione, la riduzione
di pena avrebbe dovuto ammontare invece a settantacinque giorni.  Ben
vero, infatti, che la pena in esecuzione era stata inflitta anche per
un reato compreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis  della  legge  26
luglio 1975, n. 354 (Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'),  come
tale escluso dalla previsione speciale di allungamento dei periodi di
liberazione anticipata, tuttavia l'esclusione non dovrebbe operare  -
sempre secondo il reclamante - nei confronti di persone minori d'eta'
al momento del fatto, pena la violazione degli artt. 3 e 27 Cost. 
    Il Tribunale ritiene la questione rilevante e non  manifestamente
infondata. 
    Dopo aver osservato come, nella perdurante attesa di disposizioni
ad hoc, l'esecuzione della pena per reati commessi da  minorenni  sia
tuttora regolata dalle disposizioni generali sulla materia  (art.  79
della legge n.  354  del  1975),  il  giudice  a  quo  rammenta  che,
comunque,  la  giurisprudenza  costituzionale   ha   progressivamente
introdotto alcuni «correttivi», relativamente  a  norme  confliggenti
con  i  «principi  ispiratori  del  diritto  penale  minorile»  (sono
menzionate le sentenze n. 436 del 1999, n. 450 del 1998 e n. 403  del
1997). 
    Il rimettente afferma che nel caso  concreto  si  riscontrerebbe,
«operando   un'interpretazione   costituzionalmente   orientata,   un
contrasto del dettato normativo di cui all'art. 4 della legge 10  del
2014  [...]  con  l'esigenza  di  flessibilita'   e   di   protezione
dell'infanzia e della gioventu' (garantite dagli artt. 3 e 31 II  co.
della Costituzione) che  caratterizza  il  trattamento  del  detenuto
minorenne».  Il  trattamento  di  quest'ultimo,  per  consentirne  il
recupero sociale, dovrebbe infatti essere  differenziato  rispetto  a
quello del detenuto adulto, tenuto conto della parabola  evolutiva  e
della formazione della personalita' del minore. 
    Il Tribunale denuncia inoltre una  violazione  del  principio  di
necessaria finalizzazione rieducativa  della  pena  (art.  27,  terzo
comma, Cost.), poiche' l'art. 4  del  d.l.  n.  146  del  2013,  come
convertito, prevederebbe un meccanismo automatico di  esclusione  del
minore dal beneficio della liberazione anticipata  speciale,  elusivo
come tale della necessita' di una valutazione  individualizzata,  che
risponda   alle   esigenze   costituzionali   di   protezione   della
personalita' dello stesso minore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Operando in  funzione  di  giudice  del  reclamo  avverso  un
provvedimento del magistrato di  sorveglianza,  il  Tribunale  per  i
minorenni  di  Milano  ha   sollevato   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146
(Misure urgenti in  tema  di  tutela  dei  diritti  fondamentali  dei
detenuti e di riduzione controllata  della  popolazione  carceraria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  21
febbraio 2014, n. 10. 
    Il primo comma di tale disposizione stabilisce  in  via  generale
che, per un periodo di due anni  dalla  sua  entrata  in  vigore,  la
detrazione  di  pena  ottenuta  in  virtu'  della  concessione  della
liberazione anticipata "ordinaria" (prevista dall'art. 54 della legge
26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario
e  sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative   della
liberta'») sia pari non gia' a quarantacinque (come, appunto, prevede
l'appena ricordato art. 54), ma  a  settantacinque  giorni  per  ogni
singolo semestre di pena scontata. La parte di disposizione in esame,
tuttavia, esclude esplicitamente dall'accesso al maggior beneficio  i
condannati per taluno dei  delitti  indicati  dall'art.  4-bis  della
stessa legge n. 354 del 1975. 
    Osserva, dunque, il giudice a quo che il reclamante -  condannato
anche per un delitto ricompreso nell'elenco di  cui  al  citato  art.
4-bis, commesso quando era minore d'eta' - mentre  puo'  ottenere  la
detrazione   prevista   dalla   liberazione   anticipata   cosiddetta
"ordinaria", e' escluso in radice dal maggior beneficio. Da cio',  il
preteso contrasto  con  gli  artt.  3  e  31,  secondo  comma,  della
Costituzione,    i     quali     imporrebbero     flessibilita'     e
individualizzazione nel trattamento del detenuto minorenne,  al  fine
di tenere conto dell'evoluzione della sua  personalita'.  E  da  cio'
l'ulteriore contrasto della disposizione censurata con  la  finalita'
rieducativa della pena di cui all'art. 27,  terzo  comma,  Cost.,  in
ragione del «meccanismo automatico di esclusione»  dalla  concessione
del  beneficio  dei  condannati  minorenni  (per  delitti  ricompresi
nell'elenco di cui al ricordato art. 4-bis),  che  precluderebbe  una
valutazione necessariamente personalizzata del trattamento del minore
anche nella fase esecutiva della pena. 
    2.- Cosi' impostata, la questione e'  inammissibile  per  ragioni
desumibili dal raffronto tra il tenore della disposizione censurata e
gli argomenti spesi dal rimettente. 
    2.1.- E' necessario, in via preliminare, chiarire che il  giudice
a quo - pur censurando, nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione,
l'intero testo dell'art. 4 del d.l. n. 146 del 2013, come convertito,
«nella parte in cui si applica ai condannati di eta' minore»  -  mira
in realta' ad ottenere una pronuncia relativa  al  solo  primo  comma
della   disposizione,   trattandosi,   nel    giudizio    principale,
dell'applicazione, a un detenuto minorenne (al  momento  del  fatto),
della liberazione anticipata speciale in  relazione  al  semestre  di
esecuzione della pena ricompreso tra l'11 luglio 2014 e il 10 gennaio
2015. 
    2.2.- Originariamente introdotto con il d.l.  n.  146  del  2013,
l'istituto della liberazione anticipata speciale si inserisce tra  le
misure adottate in seguito alla condanna subita dall'Italia ad  opera
della Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza 8  gennaio  2013,
Torreggiani e altri contro Italia), che ha  sanzionato  il  carattere
«strutturale e sistemico» del sovraffollamento delle nostre strutture
carcerarie  e  le  conseguenti  gravi  violazioni  all'art.  3  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata
e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. 
    La  circostanza  che  tale  istituto   appartenga   alle   misure
d'emergenza specificamente indirizzate a far cessare la situazione di
sovraffollamento (misure sollecitate dal messaggio  alle  Camere  del
Presidente della Repubblica dell'8  ottobre  2013  ed  evocate  anche
dalla sentenza n. 279 del 2013 di questa Corte) puo'  render  ragione
del suo carattere transitorio (la misura e'  efficace  per  due  anni
dall'entrata in vigore), nonche' di altri  aspetti  della  disciplina
(e' sottolineata, ad esempio, la natura "compensativa" della  valenza
retroattiva dell'incremento di riduzione, riconosciuta anche a coloro
che, alla data del 1° gennaio  2010,  abbiano  gia'  usufruito  della
liberazione  anticipata  "ordinaria",  con   detrazione   applicabile
altresi' al semestre in corso di espiazione a quella data,  ai  sensi
dei commi 2  e  3  dell'art.  4  del  d.l.  n.  146  del  2013,  come
convertito). 
    Nonostante la peculiare occasione che ha  provocato  l'intervento
normativo d'urgenza, e l'evidente finalizzazione della misura da esso
introdotta ad obiettivi di riduzione della popolazione carceraria, la
liberazione anticipata  speciale  si  innesta  nel  solco  di  quella
"ordinaria", disciplinata dall'art. 54 della legge n. 354  del  1975,
partecipando quindi delle finalita' rieducative di quest'ultima. Cio'
e' evidente almeno con riferimento all'unica parte della disposizione
che in questa sede interessa, ossia l'art. 4, comma 1,  del  d.l.  n.
146 del 2013, come convertito, che  non  configura  alcuna  autonomia
della liberazione anticipata speciale rispetto a quella  "ordinaria",
ne' sotto il profilo delle condizioni per accedervi, ne' riguardo  ad
ogni altro aspetto che non consista nell'entita' della  riduzione  di
pena. Non a caso, il comma  in  esame  si  riferisce  direttamente  e
testualmente alla «detrazione di pena  concessa  con  la  liberazione
anticipata prevista dall'articolo 54 della legge 26 luglio  1975,  n.
354», solo  stabilendo  che  la  diminuzione  sia  pari  non  piu'  a
quarantacinque, ma a settantacinque giorni. Il  comma  in  questione,
inoltre, non allude ad  una  valutazione  del  giudice,  ulteriore  e
diversa rispetto a quella compiuta ai sensi del citato art.  54,  che
riguarda la partecipazione del condannato all'opera  di  rieducazione
(secondo i criteri dettati all'art.  103,  comma  2,  del  d.P.R.  30
giugno 2000, n. 230  -  Regolamento  recante  norme  sull'ordinamento
penitenziario e sulle misure privative e limitative della  liberta').
Semplicemente, all'eventuale esito positivo di tale valutazione,  per
un periodo di due anni dall'entrata in vigore della norma, lo  sconto
di  pena  e'  pari  (non  gia',  si  badi,  "puo'"  essere  pari)   a
settantacinque giorni. 
    L'accesso  al  maggior  beneficio  -  cioe'  alla  detrazione  di
settantacinque giorni, restando  viceversa  possibile  l'applicazione
della riduzione di pena nella  misura  ordinaria  -  e'  precluso  ai
condannati per taluno dei  delitti  previsti  dall'art.  4-bis  della
legge  n.  354  del  1975,  disposizione  dedicata   al   trattamento
differenziato  dei  detenuti   dei   quali   si   presume   l'elevata
pericolosita', identificati sulla base dell'intervenuta condanna  per
un complesso, eterogeneo e stratificato elenco di reati (sentenza  n.
239 del 2014). 
    L'originaria disciplina del d.l. n. 146 del 2013, per la verita',
non escludeva in principio  l'applicazione  del  nuovo  istituto  nei
confronti  dei  detenuti  sottoposti  al  trattamento  differenziale:
l'art.  4,  comma  4,  del  d.l.  citato  precisava  infatti  che  la
detrazione, nella misura dei  settantacinque  giorni,  poteva  essere
loro concessa, ma soltanto nel caso in cui avessero «dato prova,  nel
periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da
comportamenti rivelatori del positivo evolversi della  personalita'».
In sostanza, quanto ai condannati per delitti  "ostativi",  l'accesso
al maggior beneficio era condizionato  ad  una  ulteriore,  specifica
valutazione,  sulla  base  di  criteri  distinti  da  quelli,   prima
richiamati, relativi alla concessione  della  liberazione  anticipata
"ordinaria". 
    All'esito dei lavori parlamentari, la  legge  di  conversione  ha
tuttavia soppresso il ricordato comma 4 dell'art. 4 del d.l.  n.  146
del 2013, ed  ha  aggiunto  al  comma  1  dello  stesso  articolo  la
previsione,  ora  vigente  ed  applicabile  al  caso  in  esame,   di
esclusione dall'accesso alla maggiore detrazione dei  condannati  per
taluno dei delitti cosiddetti "ostativi". La modifica ha  reso  cosi'
inequivoco il fatto che questi ultimi, per i semestri  di  detenzione
successivi all'entrata in vigore della legge di conversione,  possono
aspirare al solo beneficio della liberazione anticipata  "ordinaria",
nella misura e secondo i criteri dettati dall'art. 54 della legge  n.
354 del 1975. 
    2.3.- Dopo la conversione del d.l. n. 146 del 2013,  e  per  quel
che in questa sede specificamente interessa, risulta dunque che  -  a
parte la condizione dei condannati per delitti  "ostativi"  (riguardo
ai quali valgono le considerazioni appena  esposte)  -  l'accesso  al
maggior beneficio non e' condizionato  ad  una  ulteriore,  distinta,
valutazione,  ma  consegue  automaticamente:  se  il  detenuto   puo'
accedere al beneficio della liberazione anticipata, valutata  secondo
i criteri "ordinari", la detrazione sara' non piu' di quarantacinque,
ma di  settantacinque  giorni  per  ogni  singolo  semestre  di  pena
scontata. 
    Ebbene, di quest'ultimo aspetto  della  normativa  censurata,  in
particolare, il rimettente non sembra consapevole, sicche' il petitum
dell'ordinanza  risulta  contraddittorio  rispetto   alle   premesse,
ambiguo ed alla fine oscuro, conseguendone  l'inammissibilita'  della
questione (ex plurimis, e da ultimo, ordinanze n. 148, n.  104  e  n.
101 del 2015, sentenze n. 220 del 2014 e n. 220 del 2012). 
    Evocando   «l'esigenza   di   flessibilita'   e   di   protezione
dell'infanzia e della gioventu' [...] che caratterizza il trattamento
del  detenuto  minorenne»,  nonche'  richiamando  -  peraltro   senza
adattarle opportunamente al caso di specie, cosi' da  dimostrarne  lo
specifico rilievo - alcune sentenze di questa Corte (n. 436 del 1999,
n. 450 del 1998  e  n.  403  del  1997),  il  giudice  a  quo  sembra
perseguire un recupero di discrezionalita' valutativa in ordine  alla
concessione, in favore del detenuto minorenne al momento  del  fatto,
della piu' estesa riduzione di pena. 
    Ma, come  appunto  risulta  dall'inquadramento  normativo  appena
svolto,  la  disposizione  censurata  non  si  presta  ad  un  simile
obiettivo. Infatti, se questa Corte, accogliendo  la  questione  come
sollevata, stabilisse che il comma 1 dell'art. 4 del d.l. n. 146  del
2013, come convertito, e' illegittimo nella parte in cui non eccettua
i minorenni dal divieto di applicare il nuovo  istituto  in  caso  di
condanna per delitti riconducibili all'elenco di cui  all'art.  4-bis
della legge n. 354 del 1975,  non  ne  conseguirebbe  un'applicazione
flessibile e individualizzata della liberazione anticipata  speciale.
Ne conseguirebbe, invece,  una  sua  applicazione  indiscriminata  ed
automatica a tutti  i  detenuti  minorenni  (al  momento  del  fatto)
condannati per delitti "ostativi". 
    Un effettivo recupero di discrezionalita' implicherebbe, inoltre,
l'introduzione di specifici criteri  valutativi,  non  desumibili  in
alcun modo dal tessuto normativo vigente,  e  la  cui  individuazione
spetterebbe, semmai, alla discrezionalita' del  legislatore  (potendo
essi, ad esempio, coincidere con quelli originariamente previsti  dal
comma 4 dell'art. 4 del d.l. n. 146 del 2013, soppresso  in  sede  di
conversione, riferiti proprio ai condannati per  delitti  "ostativi",
ma restando perfettamente concepibili anche criteri alternativi).