ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1,
lettera b), numero 2), del decreto-legge 12 settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 11 novembre  2014,  n.  164,  promosso  dalla
Provincia autonoma di Trento con  ricorso  notificato  il  9  gennaio
2015, depositato in cancelleria il 16 gennaio 2015 e iscritto al n. 9
del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2016  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la
Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello  Stato  Paolo  Grasso
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato  il  9  gennaio  2015,  depositato  il
successivo 16 gennaio 2015 e iscritto al n. 9  del  registro  ricorsi
del 2015, la Provincia autonoma  di  Trento  ha  impugnato,  tra  gli
altri, l'art. 7, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,
la realizzazione  delle  opere  pubbliche,  la  digitalizzazione  del
Paese,  la  semplificazione  burocratica,  l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  11
novembre 2014, n. 164, per violazione di numerosi parametri statutari
e di attuazione statutaria. 
    La disposizione impugnata ha aggiunto all'art.  147  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  il
seguente comma 1-bis: «Qualora gli enti locali  non  aderiscano  agli
enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il
termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e,  comunque,
non oltre  sessanta  giorni  dalla  delibera  di  individuazione,  il
Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale  ad
adempiere  entro  ulteriori  trenta  giorni,  i  poteri  sostitutivi,
ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente. Si applica
quanto previsto dagli ultimi due periodi dell'articolo 172, comma 4». 
    La  ricorrente  lamenta  che  la  norma,  menzionando  anche   le
«province autonome», accanto alle regioni, tra i soggetti chiamati ad
assegnare agli enti locali un termine per  l'adesione  agli  enti  di
governo dell'ambito territoriale ottimale, sarebbe lesiva  delle  sue
prerogative statutarie in  materia  di  organizzazione  del  servizio
idrico. 
    La Provincia  autonoma  ricorda  di  essere  dotata  di  potesta'
legislativa  primaria  in  materia  di  «ordinamento   degli   uffici
provinciali»,  «urbanistica»,  «viabilita',   acquedotti   e   lavori
pubblici di interesse provinciale», «assunzione  diretta  di  servizi
pubblici e  loro  gestione  a  mezzo  di  aziende  speciali»,  «opere
idrauliche  della  terza,  quarta  e  quinta  categoria»,  ai   sensi
dell'art. 8, numeri 1), 5), 17), 19) e  24),  del  d.P.R.  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Aggiunge
di essere titolare, ai sensi dell'art. 9, numeri 9) e  10),  e  degli
artt. 80 e 81 dello  statuto  speciale,  della  potesta'  legislativa
concorrente in materia  di  «utilizzazione  delle  acque  pubbliche»,
«igiene e sanita'» e  «finanza  locale».  Sottolinea,  inoltre,  come
l'art.   14   dello   stesso   statuto    speciale    disponga    che
«[l]'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato e della
provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in  base
a un piano generale stabilito d'intesa  tra  i  rappresentanti  dello
Stato e della provincia in seno a un apposito comitato». 
    Il predetto assetto statutario -  continua  la  ricorrente  -  e'
integrato e  completato  dalle  norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale. Rilevano, in particolare: il d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento  e
di Bolzano dei beni demaniali e  patrimoniali  dello  Stato  e  della
Regione), che trasferisce alle Province autonome, tra l'altro,  tutti
i beni del demanio idrico, in relazione a quanto  previsto  dall'art.
68 dello  statuto;  il  d.P.R.  22  marzo  1974,  n.  381  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche), che  trasferisce  alle
Province  «[l]e  attribuzioni  dell'amministrazione  dello  Stato  in
materia  di  urbanistica,  di  edilizia  comunque  sovvenzionata,  di
utilizzazione delle acque pubbliche, di opere idrauliche, di opere di
prevenzione  e  pronto   soccorso   per   calamita'   pubbliche,   di
espropriazione per pubblica utilita',  di  viabilita',  acquedotti  e
lavori pubblici di  interesse  provinciale»  (art.  1)  e  «tutte  le
attribuzioni inerenti alla titolarita'» del  demanio  idrico  «ed  in
particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle
acque dall'inquinamento» (art. 5); il d.P.R. 26 marzo  1977,  n.  235
(Norme  di  attuazione   dello   statuto   speciale   della   regione
Trentino-Alto Adige in materia di energia), in materia di  energia  e
di grandi derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  nonche'  il  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), in materia di finanza locale. 
    A conclusione dell'ampia descrizione si afferma  che  il  riparto
costituzionale  risultante  dal  complesso  delle  norme  passate  in
rassegna fonderebbe - come avrebbe riconosciuto piu' volte la  stessa
giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 137 del 2014, n.  233  del
2013, n. 357 del 2010, n. 412 del 1994)  -  la  potesta'  legislativa
primaria della Provincia autonoma  di  Trento  di  regolare  tutti  i
diversi   aspetti   del    servizio    idrico.    Ne    conseguirebbe
l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione  impugnata,  la
quale presupporrebbe l'operativita'  di  un  sistema  territoriale  e
organizzativo del servizio idrico che,  secondo  la  ricorrente,  non
trova riscontro sul territorio della Provincia autonoma,  che  lo  ha
autonomamente e diversamente regolato. 
    Sotto  altro  profilo,  la  norma   impugnata,   pretendendo   di
applicarsi direttamente alle province autonome e  imponendo  finanche
lo svolgimento di un'attivita' (l'esercizio del  potere  sostitutivo)
in una materia di competenza provinciale (organizzazione del servizio
idrico), violerebbe altresi' l'art.  2  del  decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e coordinamento), che dispone l'inapplicabilita',  nelle
materie di competenza della Provincia, delle disposizioni legislative
statali, fermo restando l'onere  di  adeguamento  della  legislazione
provinciale vigente a principi che costituiscano limiti statutari. 
    Pur  avendo  cosi'  argomentato  le  ragioni  a  sostegno   della
declaratoria di incostituzionalita' delle disposizioni contestate, la
Provincia autonoma nel contempo rimette  a  questa  Corte  il  dubbio
circa la loro effettiva applicabilita' alle autonomie speciali. 
    Viene sottolineato come l'espresso  riferimento  contenuto  nella
norma  impugnata  alle   province   autonome   sia   specificatamente
contraddetto sia dal comma 9-bis dello  stesso  art.  7,  secondo  il
quale «[l]e disposizioni di cui al  presente  articolo  si  applicano
alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento  e
di Bolzano nel rispetto dei loro statuti e delle  relative  norme  di
attuazione»; sia dalla clausola di salvaguardia "generale"  contenuta
nell'art.  43-bis  del  medesimo  decreto-legge,  secondo  cui  «[l]e
disposizioni del presente decreto sono applicabili  nelle  regioni  a
statuto speciale e nelle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative
norme  di  attuazione».  Su  questa  considerazione,  la   ricorrente
ipotizza che l'espresso riferimento,  nella  disposizione  impugnata,
alle «province autonome» non  esprima  una  deliberata  volonta'  del
legislatore statale rivolta ad imporre alla ricorrente  Provincia  un
determinato modello di gestione del servizio idrico, potendo supporsi
che tale menzione rappresenti un mero lapsus calami. 
    La stessa ricorrente - pur ritenendo preferibile questa soluzione
di interpretazione costituzionalmente conforme delle norme  censurate
- contestualmente avverte che  proprio  l'espresso  riferimento  alle
«province autonome» potrebbe invece essere ritenuto espressione della
volonta' del legislatore di derogare alle  clausole  di  salvaguardia
sopra menzionate, al fine di imporre l'applicazione  nella  Provincia
autonoma di Trento dell'intera  disciplina  contenuta  nel  novellato
art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    La memoria illustrativa, depositata il 2 febbraio 2016,  contiene
ulteriori precisazioni. 
    La Provincia sottolinea come la sussistenza di  un  intreccio  di
competenze in materia di risorse idriche, pur potendo giustificare la
previsione  di  forme  di  collaborazione  tra  i   diversi   livelli
istituzionali, non potrebbe «dare copertura ad una  norma  del  tutto
eccentrica rispetto ad un assetto  di  competenze  consolidato  nelle
norme  statutarie  e  di  attuazione».  Ricorda,  altresi',  che   la
competenza della Provincia in materia di servizio idrico  rimane  una
competenza primaria, non incisa dalla legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), come da ultimo confermato dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 142 del 2015. 
    Aggiunge, a sostegno dell'interpretazione «adeguatrice» nel senso
della  non  applicabilita'  della  norma  impugnata  alla   Provincia
autonoma, la considerazione che l'evocazione (nel corpo del novellato
art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006) delle province autonome solo  in
riferimento al potere di assegnare il termine agli  enti  locali  per
l'adesione agli enti di governo  dell'ambito  e  al  connesso  potere
sostitutivo  sarebbe  assolutamente  eccentrica,  e  frutto  di   una
distrazione piu' che di una volizione del legislatore. 
    2.- Costituitosi in giudizio il 17 febbraio 2015,  il  Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  ricorda  la  costante   giurisprudenza
costituzionale che riconosce l'esistenza di una competenza  esclusiva
della Provincia in materia  di  organizzazione  del  servizio  idrico
integrato provinciale, e rileva che le clausole di salvaguardia delle
competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome
contenute nel d.l. n. 133 del 2014 (nei sopra citati artt.  7,  comma
9-bis, e 43-bis) fungerebbero da  limite  all'applicazione  di  norme
statali incompatibili con gli statuti  speciali  e  con  le  relative
norme  di  attuazione,  escludendo  il  contrasto  con   il   riparto
costituzionale delle competenze. 
    Nella memoria  depositata  in  vista  dell'udienza  pubblica,  la
difesa erariale afferma che il riferimento alle  «province  autonome»
di cui al comma 1-bis non puo'  essere  considerato  un  mero  errore
materiale,  come  prospettato  dalla   ricorrente.   La   fattispecie
normativa andrebbe interpretata nel senso  di  consentire  e  non  di
imporre alle autonomie speciali di adottare  il  modello  statale  di
organizzazione del servizio idrico. La norma,  in  sostanza,  farebbe
comunque salva la facolta' per la Provincia  autonoma  di  Trento  di
scegliere,  nell'ambito  delle  proprie  attribuzioni  inerenti  alla
titolarita'  del  demanio  idrico  e  alla  disciplina  dei  relativi
servizi, il modello  di  gestione  piu'  adeguato  alla  sua  realta'
territoriale: in definitiva, sarebbe libera di applicare  il  modello
integrato ovvero di mantenere quello attualmente in vigore. 
    Sia  nell'atto  di  costituzione,  che  nella   memoria   finale,
l'Avvocatura generale dello Stato richiama ancora  le  considerazioni
svolte dalla questa Corte nella sentenza n. 412 del 1994, secondo cui
la disciplina delle risorse idriche «realizza un complesso  intreccio
di interessi e competenze in cura a diversi  livelli  istituzionali»,
pur rilevando che le fondamentali esigenze di cooperazione fra  tutti
i   soggetti   pubblici   interessati   «non   legittimano   indebite
appropriazioni di competenze». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Provincia  autonoma  di  Trento  ha  impugnato   diverse
disposizioni del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  133  (Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164. 
    Riservata a  separate  pronunce  la  decisione  sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel d.l. n. 133 del 2014,  vengono
in rilievo in questa sede le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 7, comma 1, lettera b), numero 2). 
    Ad avviso della ricorrente, tale disposizione, nella parte in cui
menziona anche le «province autonome», accanto alle  regioni,  tra  i
soggetti chiamati ad  assegnare  agli  enti  locali  un  termine  per
l'adesione agli enti di governo  dell'ambito  territoriale  ottimale,
violerebbe  la  competenza  legislativa  primaria   della   Provincia
autonoma di Trento in materia di organizzazione del servizio  idrico,
desumibile dalla lettura congiunta di numerosi parametri statutari  e
di attuazione statutaria, e segnatamente: l'art. 8,  numeri  1),  5),
17), 19) e 24), l'art. 9, numeri 9) e 10), gli artt. 14, 80 e 81  del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo  unico  delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), cui  si  aggiungono  le  correlative  norme  di
attuazione contenute nel d.P.R. 20 gennaio 1973,  n.  115  (Norme  di
attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di trasferimento  alle  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano dei  beni  demaniali  e  patrimoniali  dello  Stato  e  della
Regione), nel d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
urbanistica ed opere pubbliche), nel d.P.R. 26  marzo  1977,  n.  235
(Norme  di  attuazione   dello   statuto   speciale   della   regione
Trentino-Alto Adige in materia di energia), nel  decreto  legislativo
16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige  in   materia   di   finanza   regionale   e
provinciale). 
    La norma impugnata si porrebbe in contrasto anche  con  l'art.  2
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266  (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  concernenti  il
rapporto  tra  atti  legislativi  statali   e   leggi   regionali   e
provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e
coordinamento), che  dispone  l'inapplicabilita',  nelle  materie  di
competenza della Provincia, delle disposizioni  legislative  statali,
fermo restando l'onere di adeguamento della legislazione  provinciale
vigente ai principi costituenti limiti statutari. 
    2.- Prima di passare all'esame dei  motivi  di  ricorso,  occorre
precisare che, ne' la clausola di  salvaguardia  contenuta  al  comma
9-bis dell'art. 7 del d.l. n. 133 del 2014,  con  specifico  riguardo
alla  disciplina  del  servizio  idrico  integrato,  ne',  a  maggior
ragione, quella generale contenuta nel successivo art.  43-bis,  sono
idonee a escludere l'efficacia della norma  censurata  nei  confronti
della Provincia ricorrente. La  presenza  infatti,  in  essa,  di  un
espresso riferimento alle province autonome  quali  destinatarie  del
precetto, comporta che debba farsi applicazione del  principio,  piu'
volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo il quale
l'illegittimita' costituzionale di una previsione legislativa non  e'
esclusa dalla presenza di una clausola  di  salvaguardia  allorquando
tale clausola entri  «in  contraddizione  con  quanto  affermato  nel
seguito della disposizione, con esplicito riferimento alle Regioni  a
statuto speciale e alle Province autonome» (sentenza n. 133 del 2010;
ex plurimis, anche le sentenze n. 1 del 2016, n. 156 del 2015, n. 137
del 2014 e n. 241 del 2012). 
    3.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1.- Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige  attribuisce
alla Provincia autonoma di Trento competenza legislativa primaria  in
materia di «acquedotti e lavori pubblici  di  interesse  provinciale»
(art. 8, numero 17), «assunzione diretta di servizi pubblici  e  loro
gestione  mediante   aziende   speciali»   (art.   8,   numero   19),
«urbanistica» (art. 8, numero  5)  ed  «opere  idrauliche»  (art.  8,
numero 24), nonche' competenza legislativa  concorrente  in  tema  di
«utilizzazione delle acque pubbliche», «igiene e  sanita'»  (art.  9,
numeri 9 e  10).  L'art.  14  dello  statuto  speciale  prevede,  fra
l'altro,  che  l'utilizzazione  delle  acque  pubbliche  deve  essere
realizzata in base ad un Piano generale  stabilito  d'intesa  fra  lo
Stato e la Provincia  autonoma  (approvato  con  d.P.R.  15  febbraio
2006), il quale sostituisce interamente, nel territorio  provinciale,
il Piano regolatore generale degli acquedotti (art. 10, comma 2,  del
d.P.R. n. 381 del 1974). In base alle norme di attuazione  statutaria
contenute nel d.P.R. n. 115 del 1973, la Provincia autonoma di Trento
esercita, inoltre, tutte le attribuzioni  inerenti  alla  titolarita'
del demanio idrico, ivi compresa la polizia  idraulica  e  la  difesa
delle acque dall'inquinamento (sentenza n. 137 del 2014). 
    Muovendo  dalla  ricognizione  complessiva  e  sistematica  delle
menzionate  attribuzioni  statutarie  e  delle  relative   norme   di
attuazione, questa Corte ha riconosciuto in piu'  occasioni  in  capo
alla Provincia autonoma di Trento una competenza primaria in  materia
di  organizzazione  del  servizio  idrico,  comprensiva   della   sua
organizzazione    e     della     sua     programmazione,     nonche'
dell'individuazione dei criteri di determinazione  delle  tariffe  ad
esso inerenti (sentenze n. 137 del 2014, n. 233 del 2013, n. 357  del
2010, n. 412 del 1994). 
    Tale sistema di attribuzioni  -  nell'esercizio  delle  quali  la
Provincia ha da tempo delineato il quadro organizzatorio del servizio
idrico integrato provinciale, seguendo fra  l'altro  un  modello  non
sovrapponibile a quello prefigurato dal legislatore statale  -  «"non
e' stat[o] sostituit[o] dalla competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela della concorrenza e  di  tutela  dell'ambiente",  a
seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione,
considerato  che  "la  suddetta  riforma,  in  forza  del   principio
ricavabile dall'art. 10 della legge costituzionale 18  ottobre  2001,
n. 3, non  restringe  la  sfera  di  autonomia  gia'  spettante  alla
Provincia autonoma" (sentenza n. 357 del 2010)» (sentenza n. 233  del
2013). E' evidente, quindi, come il «complesso intreccio di interessi
e competenze in cura a diversi livelli istituzionali» in  materia  di
risorse idriche -  evocato  dalla  difesa  erariale,  senza  tuttavia
esplicitarne le implicazioni giuridiche da trarre a scioglimento  del
dubbio di legittimita' costituzionale - non possa  comportare  alcuna
compressione  della  preesistente   autonomia   organizzativa   della
Provincia autonoma in materia. 
    3.2.- Su queste basi, la disposizione impugnata  -  presupponendo
l'applicazione del modello di gestione del servizio idrico  integrato
dettato dal d.lgs.  n.  152  del  2006  anche  sul  territorio  delle
province autonome - ha senza dubbio invaso un ambito che e'  precluso
all'intervento del legislatore statale in  ragione  delle  richiamate
competenze statutarie. 
    La rilevata antinomia non e' superabile in via di interpretazione
conforme. 
    Per un verso, non puo'  essere  accolto  l'argomento  sistematico
prospettato dalla ricorrente, secondo il  quale  «l'evocazione  delle
due Province solo in riferimento al potere di  assegnare  il  termine
agli enti locali  per  l'adesione  agli  ATO  e  al  connesso  potere
sostitutivo (dove peraltro si torna a parlare solo di Regioni) appare
assolutamente eccentrica e anzi frutto di una distrazione piu' che di
una   volizione   del   legislatore».   Nel   rispetto   del   canone
dell'interpretazione letterale,  non  e'  possibile  disconoscere  il
significato  precettivo  del  frammento   normativo   che   considera
espressamente   le   province   autonome,   insieme   alle   regioni,
destinatarie dei  vincoli  imposti  dalla  norma.  Al  contrario,  la
novella non puo' che ritenersi espressiva  dell'intenzione  oggettiva
della legge di estendere innovativamente alle autonomie  speciali  la
disciplina  statale  in  tema  di  organizzazione  territoriale   del
servizio idrico integrato. 
    Per altro verso, la lettura riduttiva  prospettata  dalla  difesa
erariale  -  alla  cui  stregua  la  norma  statale  avrebbe   inteso
"consentire" e "non imporre"  alla  Provincia  autonoma  di  adottare
l'assetto organizzativo del servizio  idrico  integrato,  cosi'  come
disciplinato dal legislatore statale - e' implausibile.  Accedendo  a
tale  impostazione,  infatti,  la  norma  non  avrebbe  alcun  valore
prescrittivo, non  potendo  di  certo  concedere  cio'  che  e'  gia'
garantito (in termini di piena autonomia organizzativa) dallo statuto
speciale. 
    4.- Per i motivi esposti, l'art. 7, comma 1, lettera  b),  numero
2),  del  d.l.  n.  133  del  2014,  deve  quindi  essere  dichiarato
costituzionalmente illegittimo limitatamente  alle  parole  «e  dalle
province autonome». 
    4.1.-  Rimane  assorbita  l'ulteriore  questione  relativa   alla
violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.