ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  9  della
legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in  materia  di  pene
detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema  sanzionatorio.
Disposizioni in materia di sospensione  del  procedimento  con  messa
alla  prova  e  nei  confronti  degli  irreperibili),  promosso   dal
Tribunale  ordinario   della   Spezia,   in   funzione   di   giudice
dell'esecuzione, nel procedimento penale nei confronti di A.M.L., con
ordinanza del 29 gennaio  2015,  iscritta  al  n.  118  del  registro
ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 20  aprile  2016  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario della Spezia, in funzione  di  giudice
dell'esecuzione, con ordinanza del 29 gennaio 2015 (r.o. n.  118  del
2015), ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,  24,  111  e  117,
primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n.  848,  una
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della  legge  28
aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di  pene  detentive
non carcerarie e di riforma del sistema  sanzionatorio.  Disposizioni
in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei
confronti degli irreperibili), nella parte in cui «non prevede che la
disciplina ivi recata si applichi anche alla costituzione delle parti
in sede di incidente d'esecuzione ex art. 666  c.p.p.;  cio',  quanto
meno, laddove nei confronti del soggetto interessato a  esercitare  i
propri diritti di difesa venga sollecitata al giudice una statuizione
per lui pregiudizievole». 
    Il giudice rimettente premette di essere investito  del  giudizio
di esecuzione promosso dal pubblico ministero,  che  ha  chiesto,  ai
sensi dell'art. 168, primo comma, numero 2), del  codice  penale,  la
revoca del  beneficio  della  sospensione  condizionale  della  pena,
concesso con la sentenza del 22 novembre 2011  a  una  persona  «gia'
condannata in contumacia». Il giudice rileva  che  il  condannato  e'
stato dichiarato irreperibile con decreto emesso ai  sensi  dell'art.
159 del codice di procedura penale, in  seguito  alla  infruttuosita'
delle  ricerche  disposte  per  la   notificazione   dell'avviso   di
fissazione dell'udienza di esecuzione. 
    Osserva il giudice che con il capo terzo della legge  n.  67  del
2014 e' stata introdotta una disciplina che  prevede  la  sospensione
del procedimento in assenza dell'imputato  per  superare  le  censure
mosse dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei  confronti  della
precedente   normativa.   Le    nuove    disposizioni,    riguardanti
essenzialmente  l'imputato  irreperibile,  consentirebbero  pero'  la
sospensione del procedimento unicamente nella  fase  di  costituzione
delle parti davanti al giudice dell'udienza preliminare o davanti  al
giudice del dibattimento. 
    La legge in questione non conterrebbe un'analoga disciplina per i
procedimenti in assenza che si svolgono  in  sede  esecutiva,  e,  in
particolare, per quelli «promossi dal pubblico ministero a carico del
condannato e volti a ottenere provvedimenti incidenti sul suo  status
libertatis (ad esempio, la revoca della sospensione  condizionale,  o
dell'indulto, ecc.)». 
    La rilevata mancanza di  una  disciplina  sulla  sospensione  del
procedimento di esecuzione nei confronti delle  persone  irreperibili
che non ne hanno avuto conoscenza ha  indotto  il  giudice  a  quo  a
sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale  nei  termini
sopraindicati. 
    Nel caso di specie la persona  condannata  avrebbe  interesse  ad
evitare  la  revoca  della  sospensione   condizionale   della   pena
precedentemente concessa, interesse che  pero'  non  potrebbe  essere
soddisfatto per la sua irreperibilita'  e  la  conseguente  probabile
mancanza  incolpevole  di  conoscenza  del   procedimento   esecutivo
pendente nei suoi confronti. 
    L'art. 9 della legge n. 67 del  2014,  nella  parte  in  cui  non
prevede  che  la  disciplina  ivi  recata  si  applichi  anche   alla
costituzione delle parti nel procedimento di esecuzione, quanto  meno
«laddove nei confronti del soggetto interessato a esercitare i propri
diritti di difesa venga sollecitata al giudice  una  statuizione  per
lui  pregiudizievole»,  lederebbe  «il  principio   di   parita'   di
trattamento  normativo  di  situazioni  simili  (con  riferimento  in
particolare  alla  posizione  dell'imputato   nel   procedimento   di
cognizione), in assenza di ragionevoli motivi  che  giustifichino  la
differenza di statuizioni». 
    Sarebbero violati, inoltre, il diritto di  difesa,  il  principio
del giusto processo, nonche' i «principi di  fair  trial  di  cui  al
parametro  interposto  costituito  dall'art.  6   CEDU   (in   quanto
richiamato dall'art. 117 c. 1 Cost.), poiche' l'ipotesi in esame pone
la  persona  nei  cui  confronti  si  procede  in  executivis   nelle
condizioni di  non  poter  pienamente  esercitare  i  propri  diritti
difensivi, che nella  specie  si  riferirebbero  alla  necessita'  di
evitare  conseguenze,  per  l[e]i  pregiudizievoli  sul  piano  della
liberta' personale, sollecitate dall'ufficio del Pubblico Ministero». 
    La questione sarebbe rilevante, posto che, ove  fosse  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 della  legge  n.  67  del
2014, nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi recata  si
applichi anche nel procedimento di esecuzione,  la  persona  nei  cui
confronti il procedimento e' stato attivato beneficerebbe  della  sua
sospensione fino al momento in cui la stessa non venga rintracciata e
comunque messa nelle condizioni  di  esercitare  i  suoi  diritti  di
difesa in modo pieno e concreto. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. 
    L'Avvocatura generale sottolinea che la legge n. 67 del  2014  ha
introdotto con il nuovo art. 625-ter cod. proc. pen. l'istituto della
"rescissione  del  giudicato",  che  comporta   l'annullabilita',   a
determinate condizioni, del  giudicato  formatosi  su  una  decisione
emessa in absentia,  qualora  il  condannato  dimostri  l'incolpevole
mancata conoscenza del procedimento. 
    Aggiunge la difesa dello Stato che nel  caso  in  esame  dovrebbe
farsi  applicazione  della  previgente  disciplina,  trattandosi   di
giudizio definito prima dell'entrata in vigore della legge n. 67  del
2014.  Secondo  questa  disciplina,  nella  fase  di  cognizione,  su
richiesta dell'imputato,  dovrebbe  concedersi  la  restituzione  nel
termine per l'impugnazione della sentenza di condanna da parte  della
persona giudicata in contumacia, salvo che venga  dimostrato  che  la
stessa ha avuto conoscenza del processo. 
    Il diritto  alla  restituzione  nel  termine  per  l'impugnazione
consentirebbe una tutela ex post, che farebbe salvo  «il  diritto  di
difesa e  contraddittorio  dell'imputato»  giudicato  in  contumacia.
Nella  circostanza  l'interessato   potrebbe   evitare   la   «misura
restrittiva» con l'impugnazione della sentenza di condanna. 
    Sussisterebbe  una  differenza  ontologica   tra   la   fase   di
cognizione,    volta    all'accertamento    della     responsabilita'
dell'imputato, caratterizzata dalla presunzione di non  colpevolezza,
e la fase di esecuzione, preordinata a dare attuazione alla  sentenza
di condanna esercitando la pretesa punitiva dello  Stato.  In  questa
seconda fase, nel caso di  sospensione  del  procedimento  esecutivo,
«l'imputato irreperibile» potrebbe rimanere sine die impunito, si' da
comprimere irragionevolmente le esigenze di difesa sociale. 
    Inoltre, la legge n. 67 del 2014, piu' che un intervento volto  a
conformare il processo alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo,
costituirebbe una scelta del legislatore per impedire che il  ricorso
al rimedio straordinario della restituzione nel termine per impugnare
da parte delle persone giudicate in contumacia possa determinare «una
diseconomica   e   disfunzionale   reiterazione    delle    attivita'
processuali»,  con  un  maggior  carico  di  lavoro  per  gli  uffici
giudiziari gia' fortemente gravati. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario della Spezia, in funzione  di  giudice
dell'esecuzione, dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e  117,
primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, della
legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge 28  aprile  2014,
n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie
e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni  in  materia  di
sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti
degli  irreperibili),  nella  parte  in  cui  «non  prevede  che   la
disciplina ivi recata si applichi anche alla costituzione delle parti
in sede di incidente d'esecuzione ex art. 666  c.p.p.;  cio',  quanto
meno, laddove nei confronti del soggetto interessato a  esercitare  i
propri diritti di difesa venga sollecitata al giudice una statuizione
per lui pregiudizievole». 
    Il giudice rimettente e' chiamato a decidere sulla richiesta  del
pubblico ministero di revocare, ai sensi dell'art. 168, primo  comma,
numero  2),  del  codice  penale,  il  beneficio  della   sospensione
condizionale della pena concesso a un condannato in contumacia. 
    Ai   fini   della   notificazione   dell'avviso   di   fissazione
dell'udienza  del  procedimento  esecutivo  l'interessato  e'   stato
dichiarato irreperibile. 
    Secondo il giudice rimettente, l'art. 9 della  legge  n.  67  del
2014, nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi recata  si
applichi anche alla costituzione  delle  parti  nel  procedimento  di
esecuzione,  quanto  meno  «laddove  nei   confronti   del   soggetto
interessato a esercitare i propri diritti di difesa venga sollecitata
al giudice una statuizione per lui  pregiudizievole»,  lederebbe  «il
principio di parita' di trattamento normativo  di  situazioni  simili
(con riferimento in  particolare  alla  posizione  dell'imputato  nel
procedimento di cognizione), in assenza  di  ragionevoli  motivi  che
giustifichino la differenza di statuizioni». 
    Sarebbero inoltre violati il diritto di difesa, il principio  del
giusto processo,  nonche'  i  «principi  di  fair  trial  di  cui  al
parametro  interposto  costituito  dall'art.  6   CEDU   (in   quanto
richiamato dall'art. 117 c. 1 Cost.), poiche' l'ipotesi in esame pone
la  persona  nei  cui  confronti  si  procede  in  executivis   nelle
condizioni di  non  poter  pienamente  esercitare  i  propri  diritti
difensivi, che nella  specie  si  riferirebbero  alla  necessita'  di
evitare  conseguenze,  per  l[e]i  pregiudizievoli  sul  piano  della
liberta' personale, sollecitate dall'ufficio del Pubblico Ministero». 
    2.- La questione e' inammissibile perche' il Tribunale rimettente
e' incorso in un errore nell'individuazione  della  norma  censurata,
diversa da quella da applicare nel caso in esame. 
    L'articolo 9 della legge n. 67 del 2014, oggetto della  questione
di legittimita'  costituzionale,  ha  novellato  gli  artt.  420-bis,
420-quater  e  420-quinquies   del   codice   di   procedura   penale
introducendo  la  nuova  disciplina  del  procedimento   in   assenza
dell'imputato, in sostituzione di quella precedente del  procedimento
in  contumacia.   Gli   articoli   novellati   riguardano   l'udienza
preliminare e, per effetto dei rinvii operati dagli artt. 484,  comma
2-bis, e 598 cod. proc. pen., si estendono ai giudizi di primo  grado
e di appello, e si collegano con altre norme del codice di  procedura
penale pure modificate dalla legge n. 67 del 2014. 
    Sono  tutte  norme  del  giudizio  di  cognizione;  altra  e'  la
disciplina del procedimento di esecuzione, contenuta,  per  la  parte
che interessa, nell'art. 666 cod. proc. pen., il quale  prevede,  tra
l'altro, le modalita' e i termini di convocazione delle parti,  e  le
forme della loro partecipazione al procedimento. 
    L'art. 9 della legge n. 67 del 2014  (ovvero,  piu'  esattamente,
gli artt. 420-bis, 420-quater e 420-quinquies cod.  proc.  pen.,  che
dall'art. 9 sono stati novellati) non poteva in  alcun  modo  trovare
applicazione da parte del giudice rimettente, il quale  era  chiamato
ad applicare l'art. 666 cod. proc. pen. E' percio' nei  confronti  di
questa norma che  andavano  rivolte  le  censure  per  denunciare  la
mancata previsione della sospensione del procedimento  nei  confronti
del condannato irreperibile. 
    Volendo rendere  applicabili  gli  artt.  420-bis,  420-quater  e
420-quinquies cod. proc. pen.  nel  procedimento  di  esecuzione,  il
giudice  rimettente  avrebbe  dovuto  sollevare  una   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  666  cod.  proc.  pen.,  nella
parte in cui non prevede l'applicazione di quegli articoli, invece di
denunciare direttamente la loro illegittimita' costituzionale. 
    Anche se il  giudice  avesse  fatto  cio',  pero',  difficilmente
sarebbe stato possibile estendere al procedimento  di  esecuzione  le
norme degli artt. 420-bis,  420-quater  e  420-quinquies  cod.  proc.
pen., relative al processo in assenza e specificamente congegnate per
il giudizio di cognizione. 
    Come e' stato rilevato, infatti, «non puo' ignorarsi  il  divario
strutturale tra giudizio di  cognizione  e  giudizio  di  esecuzione,
tenuto  conto  delle  peculiarita'  "di  accertamento  giudiziale   a
contenuto  limitato"  di  quest'ultimo,  le  quali  ostano   ad   una
trasposizione tout court di concetti e istituti propri  del  processo
penale di cognizione,  contraddistinto  dall'accertamento  del  fatto
oggettivo  e  della  sua  riferibilita'   all'imputato»   (Corte   di
cassazione, sezioni unite penali, 21 gennaio 2010, n. 18288). 
    Il tasso di manipolativita' richiesto a questa Corte, al fine  di
rendere operante in sede esecutiva la disciplina del procedimento  in
assenza, concreterebbe l'invasione di un campo,  quale  quello  della
conformazione   degli   istituti    processuali,    riservato    alla
discrezionalita' del legislatore, con il solo limite della  manifesta
irragionevolezza. Inoltre, il rimedio auspicato eccederebbe lo  scopo
perseguito, rischiando anche di creare  "frizioni",  perche'  sarebbe
difficile la trasposizione integrale delle  norme  in  questione  nel
procedimento esecutivo. In altri termini,  la  soluzione  sollecitata
dal giudice a  quo  non  sarebbe  l'unica  possibile  e  risulterebbe
eccedente rispetto all'obiettivo perseguito  (ordinanza  n.  193  del
2009), che e' quello di far sospendere il procedimento di  esecuzione
nei confronti del condannato irreperibile. 
    Al riguardo occorre ricordare che la disciplina posta dall'art. 9
della legge n. 67 del 2014 si inserisce coerentemente in un  contesto
piu' ampio nell'ambito del processo penale, che coinvolge anche altre
parti del  codice  di  rito,  come  quelle  relative  all'impedimento
dell'imputato e del difensore,  alla  restituzione  nel  termine,  al
dibattimento, al giudizio di appello e di cassazione, al  ricorso  ex
art. 625-ter cod. proc. pen., o anche del codice penale, come  quella
relativa ai termini di prescrizione del reato, al fine  di  stabilire
la eventuale durata massima della sospensione del processo (art. 159,
ultimo  comma,  cod.  pen.),  parti  estranee  al   procedimento   di
esecuzione. 
    Prive di pertinenza con questo procedimento sono  anche  numerose
norme specificamente richiamate dagli  artt.  420-bis,  420-quater  e
420-quinquies cod. proc. pen., quali,  ad  esempio,  quelle  relative
alle misure cautelari o precautelari,  all'«acquisizione  di  atti  e
documenti ai sensi  dell'articolo  421,  comma  3»,  al  «diritto  di
formulare richiesta  di  prove  ai  sensi  dell'articolo  493»,  alla
«rinnovazione di prove gia' assunte» (art. 420-bis cod. proc.  pen.),
alla pronuncia della  «sentenza  a  norma  dell'articolo  129»  (art.
420-quater e art. 420-quinquies), o ancora alla «richiesta  ai  sensi
degli articoli 438 e 444» (art. 420-quinquies). 
    Tutto cio' considerato, deve  concludersi  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale  ordinario  della
Spezia, in funzione di giudice dell'esecuzione, e' inammissibile.