ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma terzo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), come sostituito dall'art. 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, promosso dalla Corte d'appello di Catanzaro nel procedimento vertente tra Rotundo Antonio nella qualita' di socio e legale rappresentante della Cooperativa agricola APOA Demetra societa' cooperativa a responsabilita' limitata e la curatela del Fallimento "Cooperativa agricola APOA Demetra soc. coop. a r.l." ed altra, con ordinanza del 28 aprile 2015, iscritta al n. 192 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 18 maggio 2016 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto in fatto 1.- Chiamata a decidere sul reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di una societa' cooperativa la quale lamentava di non aver potuto partecipare all'istruttoria prefallimentare per non aver avuto notizia della data dell'udienza di convocazione di essa debitrice, l'adita Corte d'appello di Catanzaro - rilevato che il ricorso del creditore ed il pedissequo decreto del giudice delegato di fissazione dell'udienza di comparizione, dopo l'esito di precedenti loro notifiche presso l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) e presso la sede di detta societa', erano stati infine notificati con deposito nella casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese, cosi' come prescritto dall'art. 15, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), come sostituito dall'art. 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 - ha ritenuto, di conseguenza, rilevante, al fine del decidere sul proposto reclamo, ed ha percio' sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 15, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942, nel testo come sopra modificato ed attualmente vigente. Secondo il Collegio rimettente - che dichiaratamente rivolge le proprie censure alla sola ipotesi della notifica ad imprese esercitate in forma collettiva - la possibilita', consentita dalla norma denunciata, che una siffatta notifica, in caso di mancato reperimento del destinatario, si perfezioni con il solo deposito nella casa comunale, senza le ulteriori cautele previste dall'art. 145 del codice di procedura civile per le notifiche a persona giuridica (e cioe' «senza alcuna necessita' di dare conto e notizia di tale incombente» e senza la previsione alternativa di notifica alla persona fisica del legale rappresentante della societa') comporterebbe «una disparita' di trattamento tra le notifiche "ordinarie" e quelle del processo fallimentare [...] ne' ragionevole ne' motivata», in violazione del precetto dell'art. 3 della Costituzione. Sarebbe, inoltre, violato l'art. 24 Cost., per il profilo del diritto di difesa della persona giuridica debitrice, poiche' il mero deposito nella casa comunale «non costituisce un mezzo idoneo a rendere conoscibile l'atto al suo destinatario, mancando qualsiasi altra cautela diretta a rendere edotto il notificato». 2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata. Cio' in ragione della non assimilabilita' delle notifiche ordinarie e di quelle del processo fallimentare, e in considerazione della ratio della norma censurata, la quale, «in definitiva, poggia, senza ledere gli artt. 3 e 24 Cost., sull'insopprimibile esigenza di bilanciamento nella fase istruttoria tra il diritto al contraddittorio dell'imprenditore e le esigenze di celerita' a tutela dei creditori, ai quali deve essere evitato un danno derivabile dalla mancata sollecita instaurazione della procedura». Considerato in diritto 1.- Nel corso del giudizio di cui si e' in narrativa detto, la Corte d'appello di Catanzaro - premessane la rilevanza, e motivatane la non manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - ha sollevato questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 15, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), come sostituito dall'art. 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. 2.- La disposizione denunciata stabilisce che alla notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di fissazione dell'udienza debba procedere la cancelleria e che essa debba essere effettuata all'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario risultante dal registro delle imprese ovvero dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata. Solo nel caso in cui cio' risulti impossibile, o se la notifica abbia avuto esito negativo, della stessa viene onerato il creditore istante che dovra' procedervi a mezzo di ufficiale giudiziario, il quale, a tal fine, dovra' accedere di persona presso la sede legale del debitore con successivo deposito nella casa comunale, ove il destinatario non sia li' reperito. 3.- Secondo la Corte rimettente, che espressamente limita la questione alla ipotesi della notifica ad imprenditore collettivo, la riferita disposizione violerebbe l'art. 3 Cost., per l'«irragionevole ed immotivata disparita' di trattamento», cui darebbe luogo, rispetto alle modalita' richieste per la notifica "ordinaria" a persona giuridica, con riguardo alla specifica evenienza del mancato reperimento del destinatario presso la sede legale. Atteso che il procedimento notificatorio si perfeziona, nel contesto del processo fallimentare, con (e nel momento stesso de) il «deposito dell'atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese», senza le ulteriori cautele previste, invece, dall'art. 145 del codice di procedura civile, per le notifiche a persona giuridica (e cioe' «senza alcuna necessita' di dare conto e notizia di tale incombente» e senza la previsione alternativa di notifica alla persona fisica del legale rappresentante della societa'). Risultando, con cio', sempre ad avviso del rimettente, di conseguenza violato anche l'art. 24 Cost., in quanto la disciplina censurata prevederebbe «modalita' di notifica che non comportano neanche astrattamente la conoscibilita' della pendenza della procedura» a carico dell'impresa collettiva, destinataria della istanza di fallimento. 4.- La questione non e' fondata in relazione ad entrambi i parametri che si assumono violati. 4.1.- Non sussiste, in primo luogo, infatti, la prospettata violazione dell'art. 3 Cost., attesa la diversita' delle fattispecie poste a confronto, che ne giustifica, in termini di ragionevolezza, la diversa disciplina delle notificazioni. A differenza della disposizione di cui all'evocato art. 145 cod. proc. civ. - esclusivamente finalizzata all'esigenza di assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati ad alle connesse procedure - il riformulato art. 15 della cosi' detta legge fallimentare (come emerge dalla relazione di accompagnamento dell'art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, il cui testo, in parte qua, non e' stato oggetto di modifiche in sede di conversione) si propone, infatti, di «coniugare» quella stessa finalita' di tutela del diritto di difesa dell'imprenditore (collettivo) «con le esigenze di celerita' e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale». E, a tal fine appunto, prevede che «il tribunale e' esonerato dall'adempimento di ulteriori formalita' quando la situazione di irreperibilita' deve imputarsi all'imprenditore medesimo». La specialita' e la complessita' degli interessi (comuni ad una pluralita' di operatori economici, ed anche di natura pubblica in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito), che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare con l'introdotta semplificazione del procedimento notificatorio nell'ambito della procedura fallimentare, segnano, dunque, l'innegabile diversita' tra il suddetto procedimento e quello ordinario di notifica ex art. 145 cod. proc. civ. Cio', dunque, ne esclude la comparabilita' in riferimento al precetto dell'art. 3 Cost. 4.2.- Del pari non fondata e' anche la residua censura di violazione dell'art. 24 Cost. Il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilita', da parte del debitore, dell'attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, e' adeguatamente garantito dalla norma denunciata, proprio in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca della societa'. Questa, infatti, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziata prima presso il suo indirizzo di PEC, del quale e' obbligata a dotarsi, ex art.16 del d.l., 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, ed e' tenuta a mantenere attivo durante la vita dell'impresa; dunque, in forza di un sistema che presuppone il corretto operare della disciplina complessiva che regola le comunicazioni telematiche da parte dell'ufficio giudiziario e che, come tale, consente di giungere ad una conoscibilita' effettiva dell'atto da notificare, in modo sostanzialmente equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari (ufficiale giudiziario e agente postale). Solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso la sede legale dell'impresa collettiva: ossia, presso quell'indirizzo da indicare obbligatoriamente nell'apposito registro ex l. 29 dicembre 1993 n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e successive modifiche, la cui funzione e' proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicita' legale, si' da rendere conoscibili - e percio' opponibili ai terzi, nell'interesse dello stesso imprenditore - i dati concernenti l'impresa e le principali vicende che la riguardano. Per cui, in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, il deposito dell'atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell'imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge. Cio' anche alla luce del principio, piu' volte enunciato dalla Corte di cassazione (seppur con riferimento al testo previgente dell'art. 15 della legge fallimentare), per cui esigenze di compatibilita' tra il diritto di difesa e gli obiettivi di speditezza e operativita', ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale, giustificano che il tribunale resti esonerato dall'adempimento di ulteriori formalita', ancorche' normalmente previste dal codice di rito, allorquando la situazione di irreperibilita' dell'imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico (sezione sesta, sentenze n. 3062 del 2011, n. 32 del 2008). Va conclusivamente poi considerato che il sistema, nel quale si inserisce la disposizione censurata, non e' privo di ulteriori correttivi a tutela della effettivita' del diritto di difesa dell'imprenditore. La riconosciuta natura "devolutiva" del reclamo - come regolato dall'art. 18 della legge fallimentare, nel testo sostituito dall'art. 2, comma 7, del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (Disposizioni integrative e correttive al r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nonche' al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della l. 14 maggio 2005, n. 80) - consente, infatti, al fallito, benche' non costituito innanzi al tribunale, di indicare, comunque, per la prima volta, in sede di reclamo avverso la sentenza di primo grado (che gli viene notificata nelle forme ordinarie), i fatti a sua difesa ed i mezzi di prova di cui intenda avvalersi al fine di sindacare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi che hanno condotto alla dichiarazione di fallimento (Corte di cassazione, sentenze n. 6835 e n. 6300 del 2014, n. 22546 del 2010, ordinanza n. 9174 del 2012).