ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 337-ter del
codice  civile,  aggiunto  dall'art.  55,  comma   1,   del   decreto
legislativo 28 dicembre 2013, n. 154  (Revisione  delle  disposizioni
vigenti in materia di filiazione, a norma dell'art. 2 della legge  10
dicembre 2012, n. 219), promosso dalla Corte d'appello di Palermo nel
procedimento vertente tra G. D. e P. G., con ordinanza del 31  agosto
2015, iscritta al n. 338 del registro  ordinanze  2015  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale,
dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di G. D. e P. G.,  nonche'  l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2016  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Alberto Figone per G.  D.,  Giancarlo  Pizzoli
per P.  G.  e  l'avvocato  dello  Stato  Gabriella  Palmieri  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un  procedimento  di  volontaria  giurisdizione,
promosso,  ex  art.  737  del  codice  di  procedura  civile,   dalla
ricorrente P.G., per ottenere « - nell'interesse superiore dei minori
S. e M. - un provvedimento volto a  statuire  tempi  e  modalita'  di
frequentazione tra la stessa e i due bambini, figli della ex compagna
G. D. con la quale aveva avuto  una  relazione  sentimentale,  durata
otto anni, nel corso della quale la G. D.  aveva  avviato  -  con  il
sostegno  morale  ed  economico  della  P.  G.  -  un   processo   di
procreazione  assistita  di  tipo  eterologo,   conclusosi   con   la
gravidanza e la nascita dei due  gemelli,  accuditi  e  cresciuti  da
entrambe le donne», la Corte d'appello di Palermo, adita in  sede  di
reclamo  proposto  dalla  madre  biologica  avverso  il  decreto  del
Tribunale di Palermo (con il quale, esclusa la legittimazione  attiva
della P. G., erano state comunque accolte le istanze della  medesima,
fatte proprie  dal  pubblico  ministero  intervenuto  in  causa),  ha
ritenuto rilevante e  non  manifestamente  infondata  ed  ha  percio'
sollevato, con l'ordinanza in epigrafe,  «questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 337 ter codice civile, introdotto  dall'art.
55 D.lgs. n. 154/2013, nella parte in cui - in violazione degli artt.
2, 3, 30, 31 e 117, comma primo (sub specie in violazione dell'art. 8
CEDU, quale norma interposta), della Costituzione - non  consente  al
giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del
minore  conservare  rapporti  significativi  con  l'ex  partner   del
genitore biologico». 
    1.1.-  In  motivazione  della  suddetta   ordinanza,   la   Corte
palermitana ha preliminarmente ritenuto che  correttamente  il  primo
giudice aveva respinto le eccezioni  pregiudiziali  della  resistente
relative  alla  dedotta  incompetenza   per   materia,   ovvero   per
territorio,  di   esso   Tribunale   ordinario   ed   alla   asserita
improcedibilita' del ricorso per violazione del principio del ne  bis
in idem rispetto ad  altra  -  in  realta'  ne'  soggettivamente  ne'
oggettivamente identica - controversia (un precedente,  non  accolto,
ricorso  congiunto  delle  due  conviventi  volto  ad   ottenere   il
riconoscimento in capo alla P. G. di una potesta'  analoga  a  quella
genitoriale). 
    Ha considerato, a sua volta,  provate,  in  punto  di  fatto,  le
circostanze  esposte  nell'atto  introduttivo  del  giudizio  ed   ha
condiviso le risultanze della consulenza peritale, espletata in primo
grado, secondo la quale i bambini riconoscevano  la  P.  G.  «in  una
posizione di seconda mamma». 
    Ha poi affermato di  «condivide[re]  pienamente  l'individuazione
dei parametri costituzionali e  convenzionali  -  operata  dal  primo
giudice - che sanciscono il principio  del  c.d.  best  interest  del
minore (quali la Dichiarazione Universale dei diritti  del  fanciullo
del 1959, gli artt. 7 e  24  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione  Europea  o  c.d.  Carta  di  Nizza,  e  l'art.  8  della
Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo,
nell'interpretazione loro attribuita dalla Corte  EDU,  quali  "norme
interposte" ai fini della verifica del rispetto dell'art. 117,  primo
comma, Cost.)». 
    Ha aggiunto, pero', la stessa rimettente  che  l'univoco,  e  non
superabile, tenore testuale dell'art. 337-ter del codice civile - che
include nell'area di protezione le  sole  relazioni  del  minore  con
ascendenti  e  parenti  -  non  ne  consentirebbe,  a   suo   avviso,
l'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente adeguata  (a
quei parametri) presupposta, invece, dal Tribunale per  affermare  il
diritto dei minori a mantenere un tal rapporto anche con soggetto non
parente, quale appunto l'ex compagna della loro madre biologica. 
    1.2.- L'ostacolo frapposto dal citato art. 337-ter, alla verifica
e valutazione da parte del giudice della sussistenza in  concreto  di
un interesse del minore a conservare rapporti significativi con  l'ex
partner del genitore biologico «anche  dopo  la  disgregazione  della
coppia», ne giustificherebbe, invece,  sempre  secondo  la  Corte  di
Palermo, lo scrutinio di legittimita' costituzionale, appunto da essa
richiesto. 
    L'art. 337-ter, in ragione di tal profilo denunciato, violerebbe,
innanzitutto, «l'art. 2 Cost. - che ricomprende  tra  le  "formazioni
sociali" anche le  famiglie  di  fatto,  incluse  quelle  riguardanti
coppie formate da persone dello stesso sesso»; risulterebbe, inoltre,
incompatibile con i principi di ragionevolezza ed uguaglianza (art. 3
Cost.) e «con il diritto del minore ad una famiglia (artt. 2, 30 e 31
Cost.), ed in particolare a mantenere rapporti significativi con l'ex
partner  del  genitore  biologico,  compresi  i  casi   di   famiglie
omogenitoriali»; contrasterebbe, infine, «con  l'art.  117,  comma  I
Cost., che obbliga il legislatore italiano  a  rispettare  i  vincoli
giuridici impostigli dal diritto dell'Unione Europea e dagli obblighi
internazionali  (quali  la  Convenzione  sui  diritti  del  fanciullo
adottata a New York il 20.11.1989 e ratificata in Italia  con  L.  n.
176/1991, la  Convenzione  europea  sull'esercizio  dei  diritti  dei
fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25.01.1996
e ratificata con L. n. 77/2003, la  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione Europa del 7.12.2000, adottata il 12.12.2007 a Strasburgo
o c.d. Carta di Nizza),  nonche'  con  l'art.  8  Cedu,  quale  norma
interposta, come viene interpretata in modo costante dalla Corte  EDU
in materia di riconoscimento del diritto dei genitori  e  dei  figli,
nonche' di altri soggetti uniti da relazioni familiari  di  fatto,  a
mantenere  stabili  relazioni,  anche  nell'ipotesi  di  crisi  della
coppia, avuto riguardo sempre al preminente interesse del minore». 
    2.- Innanzi a questa Corte si sono costituite entrambe  le  parti
del giudizio a quo. 
    2.1.- La  G.  D.  (reclamante  in  via  principale)  ha  eccepito
pregiudizialmente  la  manifesta  inammissibilita'  della   sollevata
questione, per asserita inconferenza del petitum, sul presupposto che
- diversamente da quanto prospettato nell'ordinanza di  rimessione  -
il dubbio di incostituzionalita' non avrebbe dovuto essere incentrato
sull'ambito dei poteri decisori del giudice adito ai sensi  dell'art.
337-ter cod. civ., bensi' sulla legittimazione  dell'ex  partner  del
genitore biologico  ad  instaurare  il  procedimento  previsto  dalla
denunciata norma. 
    Subordinatamente, nel merito, ha contestato la  fondatezza  della
questione con riguardo ad ognuno dei profili prospettati. 
    In particolare, ha sostenuto che, pur non potendosi  negare  che,
in  seno  ad  una  convivenza  di  fatto  possano  crearsi  relazioni
significative tra i figli minori ed il compagno del genitore (e  cio'
a prescindere dall'orientamento sessuale del partner), la  tutela  di
tali relazioni, in caso  di  cessazione  di  quella  convivenza,  non
potrebbe, comunque, essere perseguita mediante l'applicazione di  una
norma relativa alle modalita' di esercizio della  genitorialita'  sui
figli  comuni,  approntando,   al   riguardo,   l'ordinamento   altri
strumenti, anche nell'interesse del minore: tra questi, il rimedio  -
di derivazione giurisprudenziale - dell'adozione del minore "nel caso
particolare" previsto dall'art. 44, lettera d), della legge 4  maggio
1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), e l'intervento del
giudice, ex art. 333 del codice civile - a fronte  di  «condotta  del
genitore pregiudizievole ai figli» - attivabile, in questo  caso,  su
ricorso del pubblico ministero su segnalazione  dell'ex  partner  del
genitore biologico. 
    2.2.- La P. G. (reclamante incidentale) ha viceversa aderito, con
diffuse argomentazioni, alla prospettazione del Collegio  rimettente,
sottolineando, tra l'altro, come,  sia  a  livello  interno  che  nel
panorama europeo, risulti «progressivamente superata  la  tendenziale
unicita'   del   parametro    biologico    nell'attribuzione    della
genitorialita', anche in ragione del ricorso a metodiche  procreative
"artificiali", che aprono la via a livello normativo alla  scelta  di
fondare  il  rapporto  di  filiazione  a  partire  dalla   assunzione
volontaria e consapevole della responsabilita' genitoriale». 
    3.- Si e' costituito, con atto di intervento, anche il Presidente
del Consiglio dei ministri, per il tramite  dell'Avvocatura  generale
dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita'  della  questione
in esame. 
    Cio' sul rilievo che si tratti nella specie di una  questione  di
politica e di tecnica legislativa, di competenza del conditor  iuris,
che porrebbe «un problema di scelte di opportunita'»,  esclusivamente
riservate al legislatore. 
    4.- Nell'imminenza dell'udienza, ciascuna delle parti private  ha
depositato successiva memoria: 
    la G. D. per eccepire l'inammissibilita'  della  questione  sotto
l'ulteriore profilo, fattuale, della insussistenza della comunione di
vita con la P. G., presupposta dalla Corte rimettente, e  che  assume
essere, viceversa, smentita da  successiva  allegata  documentazione,
che comproverebbe che essa G. D. «abitava insieme ai bambini  in  una
casa di proprieta'  della  P.  G.,  ma  non  perche'  convivente  con
quest'ultima, ma perche', dalla P.  G.,  concessale  in  godimento  a
titolo di locazione»; 
    la P. G. per sottolineare come la tutela del minore, nell'ipotesi
considerata,   non   possa   realizzarsi   attraverso   «il   ricorso
all'adozione in casi particolari di cui all'art. 44, lett. d),  legge
184 del  1983  nella  modulazione  che  ne  e'  stata  data  in  sede
applicativa [e che] opera nel perdurare della relazione affettiva tra
l'adottante e il genitore», presupponendo cio' l'assenso del genitore
biologico. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Nel corso del giudizio di cui si e'  detto  nel  Ritenuto  in
fatto, la Corte d'appello  di  Palermo  ha  sollevato,  per  sospetto
contrasto con gli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione e con l'art.
117, primo comma, Cost., in relazione all'art.  8  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  337-ter  del  codice  civile,
aggiunto dall'art. 55 del decreto legislativo 28  dicembre  2013,  n.
154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a
norma dell'art. 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), «nella parte
in cui [...] non consente al giudice di valutare, nel caso  concreto,
se   risponda   all'interesse   del   minore   conservare    rapporti
significativi con l'ex partner del genitore biologico». 
    1.1.- Il denunciato art. 337-ter cod. civ. (applicabile anche  ai
«procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio», di cui al
precedente art. 337-bis) dispone, al suo primo comma, che «Il  figlio
minore  ha  il  diritto  di  mantenere  un  rapporto  equilibrato   e
continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di  conservare  rapporti
significativi con gli ascendenti e con  i  parenti  di  ciascun  ramo
genitoriale». Ed aggiunge, al secondo comma, che, per realizzare tale
finalita', «il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo  riferimento  all'interesse  morale  e  materiale  di  essa
[...]». 
    1.2.- L'intervento additivo, nel corpus di  tale  norma,  che  la
rimettente chiede  a  questa  Corte,  non  postula  la  parificazione
dell'ex partner del  genitore  biologico  alla  figura  del  genitore
(naturale od adottivo) nei cui confronti il  minore  ha  «il  diritto
[...] di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza  morale»,
ma piu' propriamente auspica che il soggetto che - nell'ambito di una
(poi interrotta) unione (anche omosessuale) con il genitore biologico
di un minore - abbia instaurato un legame  affettivo  con  il  minore
medesimo, sia equiparato ai  "parenti"  ai  fini  della  garanzia  di
conservazione di quel "significativo" rapporto. 
    Una tale equiparazione - premette  la  Corte  palermitana  -  e',
infatti, allo  stato,  preclusa  dall'insuperabile  tenore  letterale
dell'art.  337-ter,  univocamente  riferito  ad  uno   specifico   ed
esclusivo contesto di relazioni parentali. 
    Da cio', quindi, il denunciato contrasto di tale norma con: 
    l'art. 2 Cost., che garantisce le «formazioni sociali»,  in  esse
comprese le famiglie di fatto, anche composte da persone dello stesso
sesso, in ragione del "vuoto di tutela" del minore nell'ambito  delle
stesse, per il profilo in considerazione; 
    gli artt. 2, 30 e 31,  Cost.,  per  il  vulnus  al  principio  di
ragionevolezza ed al precetto dell'uguaglianza, e per  la  disparita'
di trattamento, che ne deriverebbe, tra i figli nati  all'interno  di
una unione eterosessuale e quelli nati nell'ambito di  una  relazione
omosessuale; 
    l'art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  all'art.  8  della
CEDU - oltre che agli obblighi internazionali, genericamente  evocati
in motivazione e non richiamati  in  dispositivo,  discendenti  dalla
«Convenzione sui  diritti  del  fanciullo  adottata  a  New  York  il
20.11.1989, e ratificata  in  Italia  con  L.  n.  176/1991,  [dal]la
Convenzione  europea  sull'esercizio  dei  diritti   dei   fanciulli,
adottata  dal  Consiglio  d'Europa  a  Strasburgo  il  25.01.1996   e
ratificata con L. 77 del/ 2003, [nonche'  dal]la  Carta  dei  diritti
fondamentali  dell'Unione  europea   del   7.12.2000,   adottata   il
12.12.2007 a Strasburgo o c.d.  Carta  di  Nizza»  -  in  materia  di
riconoscimento del diritto dei  genitori  e  dei  figli,  nonche'  di
ulteriori soggetti uniti da vincoli familiari di fatto,  a  mantenere
stabili  relazioni  pur  in  caso  di  crisi  della   coppia   (anche
omosessuale), avuto  sempre  riguardo  al  preminente  interesse  del
minore. 
    2.-  L'eccezione  di  inammissibilita'  formulata   dalla   parte
reclamante nel giudizio a quo - sul rilievo che  la  questione  cosi'
sollevata sia non pertinentemente riferita all'art. 337-ter cod. civ.
- non e' fondata. 
    E' proprio, infatti, all'interno  della  suddetta  norma  che  e'
destinata, in tesi, ad incidere la pronuncia additiva, auspicata  dal
Collegio rimettente, a fini  della  sua  reductio  ad  legitimitatem,
nella indicata direzione ampliativa  del  potere  di  intervento  del
giudice a tutela dell'interesse del minore. 
    2.1.- Non pertinente, ed  eccentrica  rispetto  al  contesto  del
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale -  e,  per  cio',
inammissibile - e' l'ulteriore eccezione, formulata (solo in memoria)
dalla medesima parte privata, con cui si  pretende  di  rimettere  in
discussione  (sulla  base,  per  di  piu',  di   elementi   indiziari
sopravvenuti rispetto all'ordinanza di rimessione) il  dato  fattuale
della "convivenza" tra le due donne, oggetto  di  accertamento  nella
sede (propria) di merito, in  ragione  della  quale  e'  motivata  la
rilevanza della questione. 
    2.2.-  Non  suscettibile  di  accoglimento  e',   infine,   anche
l'eccezione  di  inammissibilita'  formulata  dall'Avvocatura   dello
Stato, poiche', diversamente da quanto da essa dedotto,  l'intervento
additivo   richiesto   dalla   Corte   rimettente   e',   nella   sua
prospettazione, "a rima obbligata". 
    3.- Nel merito la questione non e' fondata. 
    3.1.- Muovendo  dalla  corretta  premessa  che  l'intervento  del
giudice a tutela del diritto del figlio minore a «conservare rapporti
significativi» con persone diverse dai  genitori,  quale  previsto  e
disciplinato dall'art. 337-ter cod. civ., abbia esclusivo riguardo  a
soggetti  comunque  legati  al  minore  da  un  vincolo  parentale  -
all'interno, quindi, di  un  contesto  propriamente  familiare  -  il
giudice a quo perviene direttamente alla conclusione  che  esista  un
"vuoto  di  tutela"  quanto  all'interesse  del  minore  a  mantenere
rapporti, non  meno  significativi,  eventualmente  intrattenuti  con
adulti di riferimento che non siano suoi parenti. 
    E conseguentemente ritiene che a cio' non possa altrimenti  porsi
rimedio che attraverso la chiesta pronuncia additiva, la quale -  con
specifico riguardo alla peculiare vicenda per cui e' causa - includa,
appunto, anche l'ex compagna della genitrice biologica nell'area  dei
soggetti le cui relazioni con  il  minore  rientrano  nel  quadro  di
tutela apprestata dal denunciato art. 337-ter cod. civ. 
    3.2.- La Corte rimettente trascura,  pero',  di  considerare  che
l'interruzione ingiustificata, da  parte  di  uno  o  di  entrambi  i
genitori, in contrasto con l'interesse del  minore,  di  un  rapporto
significativo, da quest'ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti
che non siano parenti, e' riconducibile alla ipotesi di condotta  del
genitore "comunque pregiudizievole  al  figlio",  in  relazione  alla
quale l'art. 333 dello stesso codice  gia'  consente  al  giudice  di
adottare "i provvedimenti convenienti" nel caso concreto. E  cio'  su
ricorso del pubblico ministero (a  tanto  legittimato  dall'art.  336
cod.  civ.),  anche  su  sollecitazione  dell'adulto  (non   parente)
coinvolto nel rapporto in questione. 
    In questo senso, nella fase di primo grado del giudizio a quo, si
era, del resto, gia' orientato il Tribunale  di  Palermo  che  -  nel
disporre la frequentazione delle due minori con l'ex  compagna  della
madre biologica - aveva ritenuto a tal fine necessaria una  richiesta
del pubblico ministero. 
    3.3.- Non sussiste, pertanto, il vuoto di  tutela  dell'interesse
del  minore  presupposto  dal  giudice  rimettente.  E  cio'  appunto
comporta  la  non  fondatezza  della  questione  su  tal  presupposto
sollevata.