ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale, in  via  principale,
dell'art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015,  n.
78  (Disposizioni  urgenti   in   materia   di   enti   territoriali.
Disposizioni  per  garantire  la  continuita'  dei   dispositivi   di
sicurezza e di  controllo  del  territorio.  Razionalizzazione  delle
spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme  in  materia  di
rifiuti e di emissioni industriali), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto  2015,  n.  125,  promosso
dalla Regione Veneto, con ricorso  notificato  il  12  ottobre  2015,
depositato in cancelleria il 19 ottobre 2015 ed iscritto al n. 95 del
registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato Luca Antonini per la Regione Veneto e l'avvocato
dello  Stato  Paolo  Grasso  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Ritenuto che, con ricorso  depositato  il  19  ottobre  2015,  la
Regione Veneto ha promosso questione di legittimita'  costituzionale,
tra l'altro, dell'art. 7, comma  9-quinquies,  del  decreto-legge  19
giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di   enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2015, n. 125, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 117,  terzo
e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione; 
    che la disposizione censurata prevede  che  «[a]l  fine  di  dare
compiuta attuazione al processo  di  riordino  delle  funzioni  delle
province disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, le  regioni  che,
ai sensi dell'articolo 1, comma 95, della medesima legge, non abbiano
provveduto nel termine ivi indicato ovvero non provvedano entro il 31
ottobre 2015 a  dare  attuazione  all'accordo  sancito  tra  Stato  e
regioni in sede di Conferenza  unificata  l'11  settembre  2014,  con
l'adozione in via definitiva delle  relative  leggi  regionali,  sono
tenute a versare, entro il 30 novembre per l'anno 2015 ed entro il 30
aprile per  gli  anni  successivi,  a  ciascuna  provincia  e  citta'
metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle
spese sostenute dalle medesime per  l'esercizio  delle  funzioni  non
fondamentali, come quantificate, su base  annuale,  con  decreto  del
Ministro per  gli  affari  regionali,  di  concerto  con  i  Ministri
dell'interno e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31
ottobre 2015. Il versamento da parte delle regioni non e' piu' dovuto
dalla data di effettivo esercizio della funzione da  parte  dell'ente
individuato dalla legge regionale»; 
    che secondo la ricorrente: 
    -  il  contrasto  con  gli   evocati   parametri   costituzionali
deriverebbe dalla previsione di una forma  di  esercizio  del  potere
sostitutivo del tutto inedita, differente dalle ipotesi ordinarie (di
cui all'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante
«Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59», e all'art. 23 del decreto-legge 6 dicembre  2011,
n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il
consolidamento dei conti pubblici»,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 22  dicembre  2011,  n.  214)  in  cui  esso  si  esplica
attraverso l'emanazione di norme  primarie  statali  sostitutive  del
mancato intervento regionale; 
    - tale potere  sostitutivo  sarebbe  stato  esercitato  senza  le
necessarie garanzie,  ed  in  particolare  senza  osservare  le  fasi
procedimentali previste dall'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3),   richiamato
dall'art. 1, comma 95, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni
sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle  unioni  e  fusioni
dei  comuni),  per  le  ipotesi   di   inerzia   regionale   rispetto
all'attuazione dell'accordo sancito tra Stato e Regioni  in  sede  di
Conferenza unificata l'11 settembre 2014; 
    - violerebbe gli stessi parametri  costituzionali  la  previsione
che la quantificazione delle somme da versare alle province e  citta'
metropolitane  avvenga  con  decreto  del  Ministro  per  gli  affari
regionali, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia  e
delle  finanze,  senza  prevedere  che  siano  sentite   le   Regioni
interessate; 
    - in particolare, la disposizione censurata violerebbe gli  artt.
3 e 97 Cost., in quanto  sarebbe  in  contrasto  con  i  principi  di
proporzionalita'  (non  avendo  il  legislatore  fatto  ricorso  alla
soluzione meno  invasiva),  ragionevolezza  (facendo  ricadere  sulle
Regioni un comportamento ostativo in realta'  imputabile  allo  Stato
che, definanziando le funzioni prima svolte dalle province, ne  rende
impraticabile la  riallocazione)  e  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione (imponendo il finanziamento della spesa storica), con
ridondanza sulle competenze  costituzionali  regionali  di  cui  agli
artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.; 
    - si configurerebbe anche un contrasto con l'art. 119  Cost.,  in
quanto verrebbe introdotto un obbligo di  destinazione  vincolata  di
risorse regionali, con l'art. 120 Cost., in violazione del  principio
di  leale  collaborazione  e  del  corretto  esercizio   del   potere
sostitutivo, e con l'art. 5 Cost., il quale afferma che la Repubblica
«adegua i principi ed i metodi della sua legislazione  alle  esigenze
dell'autonomia e del decentramento»; 
    che, con atto depositato il 17 novembre 2015, si e' costituito il
Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della  questione,  in
particolare  escludendo  che  la  disposizione  impugnata   introduca
un'ipotesi di potere sostitutivo e, quindi, negando la ravvisabilita'
di vizi legati alla  mancata  osservanza  delle  fasi  procedimentali
relative al suo esercizio; 
    che, in data 2 novembre 2016, la  Regione  Veneto  ha  depositato
memoria, ribadendo le  proprie  argomentazioni  ed  insistendo  sulla
riconducibilita' della norma  impugnata  alla  categoria  del  potere
sostitutivo, dovendosi, altrimenti, concludere per la totale  assenza
di un titolo costituzionale  in  grado  di  legittimare  l'intervento
statale. 
    Considerato che la Regione Veneto, con il ricorso iscritto al  n.
95 del registro ricorsi 2015, ha impugnato, tra  l'altro,  l'art.  7,
comma  9-quinquies,  del  decreto-legge  19  giugno   2015,   n.   78
(Disposizioni urgenti in materia di enti  territoriali.  Disposizioni
per garantire la  continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del  Servizio
sanitario  nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di
emissioni industriali), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 6 agosto 2015,  n.  125,  per  violazione  degli
artt. 3, 5, 97, 117, terzo e quarto  comma,  118,  119  e  120  della
Costituzione; 
    che,  va  riservata  a  separate  pronunce  la  decisione   delle
questioni vertenti su altre disposizioni impugnate  con  il  medesimo
ricorso; 
    che,  secondo  la  ricorrente,  il  censurato   art.   7,   comma
9-quinques, in violazione  degli  evocati  parametri  costituzionali,
avrebbe configurato una forma di esercizio del potere sostitutivo del
tutto inedita, in  assenza  delle  garanzie  procedimentali  previste
dall'art. 8 della legge 5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),  per  le  ipotesi  di  inerzia
regionale rispetto all'attuazione dell'accordo sancito  tra  Stato  e
Regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014; 
    che va premesso come  la  disposizione  censurata  -  nell'ambito
della riforma che disegna il nuovo assetto degli enti di  area  vasta
introdotta della legge 7  aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle
citta' metropolitane, sulle province,  sulle  unioni  e  fusioni  dei
comuni), la cui realizzazione e' necessariamente affidata allo  Stato
(sentenze n. 159 del  2016  e  n.  50  del  2015)  -  disciplini  uno
specifico passaggio della  «vicenda  straordinaria  di  trasferimento
delle risorse» agli enti che esercitano le funzioni non  fondamentali
delle Province oggetto  di  riordino  (sentenza  n.  205  del  2016),
introducendo una misura tesa ad evitare che l'inerzia  delle  Regioni
impedisca o ritardi il completamento del processo di  riordino  delle
funzioni non fondamentali, la cui gestione non  richiede  l'esercizio
di un potere sostitutivo; 
    che, successivamente al deposito del ricorso, la  Regione  Veneto
ha adottato la legge regionale di riordino 29  ottobre  2015,  n.  19
(Disposizioni  per  il   riordino   delle   funzioni   amministrative
provinciali), la quale dispone che «[l]e province, quali enti di area
vasta [...] continuano ad esercitare le funzioni gia' conferite dalla
Regione alla data di entrata in vigore della presente  legge  nonche'
le attivita' di  polizia  provinciale  correlate  alle  funzioni  non
fondamentali conferite dalla Regione» (art. 2) e che  «[a]lla  Citta'
metropolitana di Venezia sono attribuite le funzioni non fondamentali
confermate in capo alle province dall'articolo 2»  (art.  3),  e,  al
contempo, all'art. 10, prevede la relativa copertura finanziaria; 
    che,  pertanto,  non  si  sono  realizzate  le   condizioni   per
l'applicazione della disposizione censurata,  ovverossia  la  mancata
adozione della legge regionale di  riordino  entro  la  data  del  31
ottobre   2015,   tanto   che   il   decreto   interministeriale   di
quantificazione delle spese non risulta essere stato adottato; 
    che  il  mutamento  del  quadro   normativo   sopravvenuto   alla
proposizione del ricorso incide sulla norma impugnata, impedendo  che
essa trovi applicazione; 
    che puo' quindi essere dichiarata la  manifesta  inammissibilita'
della questione di  costituzionalita'  per  sopravvenuta  carenza  di
interesse concreto ed attuale a  coltivare  il  ricorso  (in  termini
analoghi, sentenze n. 141 del 2016, n. 326  del  2010  e  n.  71  del
2005).