ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  83  del
codice  di  procedura  penale,  promosso  dal  Giudice   dell'udienza
preliminare del  Tribunale  ordinario  di  Bolzano  nel  procedimento
penale a carico  di  G.  D.M.,  con  ordinanza  dell'11  marzo  2016,
iscritta al n. 116 del registro ordinanze  2016  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  24,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2016. 
    Visti l'atto di  costituzione  di  G.  D.M.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  dicembre  2017  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato Edgardo Ionata per G. D.M.  e  l'avvocato  dello
Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza dell'11 marzo  2016,  il  Giudice  dell'udienza
preliminare del Tribunale  ordinario  di  Bolzano  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art.  83  del  codice  di  procedura
penale, «nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato  di
citare  in  giudizio  il  proprio  assicuratore,  quando  questo  sia
responsabile  civile  ex  lege  per  danni  derivanti  da   attivita'
professionale». 
    Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale
nei  confronti  di  sette  persone,  alle  quali  e'  contestata   la
violazione degli artt. 223, primo comma - in relazione all'art.  216,
primo comma, numero 1), e secondo  comma  -  e  219,  commi  primo  e
secondo,  numero  1),  del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), per aver posto in  essere,  in  concorso  tra  loro,
mediante la costituzione di un  trust  cosiddetto  liquidatorio,  una
complessa operazione di sottrazione di  beni  di  una  societa',  poi
fallita, ai creditori di quest'ultima. Tra gli imputati figura  anche
il notaio rogante gli atti collegati all'operazione. 
    Il rimettente riferisce, altresi',  che  nel  corso  dell'udienza
preliminare, dopo la costituzione di parte civile del fallimento,  il
pubblico ministero ha  contestato  in  via  suppletiva  a  tutti  gli
imputati anche il reato, «di natura colposa», di cui agli artt.  217,
primo comma, numeri 3) e 4), e 219, secondo  comma,  numero  1),  del
citato r.d. n. 267 del 1942. 
    A seguito della nuova  contestazione,  il  notaio  coimputato  ha
chiesto  di  essere  autorizzato  a  chiamare  in   giudizio,   quale
responsabile civile, la propria compagnia di assicurazione.  Rilevato
che  si  tratta  di  una  assicurazione  per   i   rischi   derivanti
dall'esercizio dell'attivita' professionale obbligatoria  per  legge,
ai sensi dell'art. 3, comma 5, lettera c) [recte:  e)],  del  decreto
legislativo [recte: decreto-legge] 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n. 148, il
notaio ha contestualmente  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 83 cod. proc. pen., nella parte in cui non consente ad esso
imputato la predetta chiamata in giudizio, allo stesso modo di quanto
avviene - in forza  della  sentenza  n.  112  del  1998  della  Corte
costituzionale - per  l'imputato  chiamato  a  rispondere  del  danno
provocato dalla circolazione di  veicoli  soggetti  ad  assicurazione
obbligatoria per la responsabilita' civile a  norma  della  legge  24
dicembre   1969,   n.   990   (Assicurazione    obbligatoria    della
responsabilita' civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a
motore e dei natanti). 
    Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  le   questioni   sarebbero
rilevanti. Risulterebbe, infatti, provato  il  rapporto  assicurativo
tra il notaio  coimputato  e  la  compagnia  di  cui  e'  chiesta  la
citazione, in virtu' della polizza stipulata dal Consiglio  nazionale
del notariato in adempimento dell'obbligo  di  assicurazione  per  la
responsabilita'  civile   derivante   dall'esercizio   dell'attivita'
notarile, stabilito dagli artt. 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913,
n. 89 (Sull'ordinamento del notariato e degli archivi notarili), come
sostituiti,  rispettivamente,  dagli  artt.  1  e   2   del   decreto
legislativo 4 maggio 2006, n. 182 (Norme in materia di  assicurazione
per la responsabilita' civile derivante dall'esercizio dell'attivita'
notarile ed  istituzione  di  un  Fondo  di  garanzia  in  attuazione
dell'articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n.  246).  La
richiesta di citazione dell'assicuratore non potrebbe peraltro essere
accolta, posto che l'art. 83 cod. proc. pen. non comprende l'imputato
tra i soggetti legittimati a chiedere la  chiamata  in  giudizio  del
responsabile  civile.  Ne',  d'altra  parte,  sarebbe  possibile  una
interpretazione  costituzionalmente  orientata   della   disposizione
censurata, sulla base dei principi sottesi alla  citata  sentenza  n.
112 del 1998: vi osterebbero, infatti, da un lato, la  lettera  della
norma, non suscettibile di interpretazione estensiva, e,  dall'altro,
soprattutto,  il  principio  per  cui  «gli  effetti  delle  pronunce
dichiarative dell'illegittimita'  costituzionale  [...]  non  possono
essere estesi, sulla base  degli  argomenti  esposti  in  motivazione
dalla Corte costituzionale, a previsioni diverse da  quelle  indicate
nel dispositivo di tali pronunce». 
    In punto di non manifesta infondatezza,  il  rimettente  ritiene,
tuttavia, che le considerazioni poste a base della  sentenza  n.  112
del 1998 della Corte costituzionale debbano valere, allo stesso modo,
anche con riguardo alla fattispecie in esame. Dalla lettura di  detta
sentenza si trarrebbe, infatti, la conclusione che, «ove la fonte  di
responsabilita' del responsabile civile non sia atto negoziale ma  la
legge - tale da integrare la previsione di cui all'art. 185 c.p.  -»,
il mancato riconoscimento all'imputato  della  facolta'  in  discorso
determini la lesione «quantomeno degli artt.  3  e  24  Cost.  e  dei
sottesi principi di eguaglianza e del diritto di difesa, in relazione
alle  diverse  facolta'  offerte  al  danneggiante  convenuto  in  un
processo civile». 
    2.- Si e' costituito in giudizio G.  D.M.,  notaio  imputato  nel
giudizio a quo, chiedendo l'accoglimento delle questioni. 
    Ad avviso della parte privata, il caso di cui si discute  sarebbe
del tutto analogo a quello  dell'assicurazione  obbligatoria  per  la
responsabilita' civile  derivante  dalla  circolazione  dei  veicoli,
relativamente al quale la Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.
112 del 1998, ha ritenuto costituzionalmente  illegittimo  l'art.  83
cod. proc. pen., nella parte in  cui  non  consente  all'imputato  di
chiedere la chiamata in giudizio del proprio assicuratore.  Quel  che
vale per la responsabilita' connessa a sinistri stradali, per i quali
e' obbligatoria la copertura assicurativa, dovrebbe valere anche  per
la responsabilita' professionale di natura colposa, in rapporto  alla
quale la legge parimente impone l'assicurazione del professionista. 
    La norma censurata violerebbe, per questo  verso,  sia  l'art.  3
Cost.,  non  comprendendosi  perche'  mai  l'assicurato,  che  ha  la
facolta' di convenire l'assicuratore in giudizio  civile,  non  possa
farlo  anche  in  sede  penale;  sia  l'art.  24  Cost.,  in   quanto
l'impossibilita' di citare nel processo penale il responsabile civile
porrebbe l'imputato nella condizione di dover sopportare da solo,  in
caso di condanna, le conseguenze civili del reato. 
    3.- E' intervenuto, altresi', nel giudizio  di  costituzionalita'
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il  quale  ha  chiesto  che  le
questioni siano dichiarate infondate. 
    La difesa dell'interveniente rileva che -  alla  luce  di  quanto
affermato a piu' riprese  dalla  stessa  Corte  costituzionale  (sono
citate la sentenza n. 75 del 2001 e l'ordinanza n. 300 del 2004) - le
enunciazioni di principio contenute nella sentenza n.  112  del  1998
debbono  ritenersi  strettamente  connesse  alla  peculiarita'  della
posizione dell'assicuratore chiamato a rispondere dei danni derivanti
dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, ai sensi della legge n.
990 del 1969. 
    Gli artt. 18 e 23 della legge ora citata consentono, infatti,  al
danneggiato di agire direttamente  nei  confronti  dell'assicuratore,
prevedendo,   altresi',   il   litisconsorzio   necessario   tra   il
responsabile del danno e l'assicuratore  nel  giudizio  promosso  dal
danneggiato:  disposizioni,  queste,  che  renderebbero   agevolmente
inquadrabile tale ipotesi di responsabilita'  civile  nell'ambito  di
operativita' dell'art. 185, secondo comma,  del  codice  penale,  che
disciplina l'assunzione  di  una  posizione  di  garanzia  per  fatto
altrui. Inoltre, la facolta', riconosciuta al danneggiante convenuto,
di chiamare in causa  l'assicuratore  risulta  correlata  al  diritto
dell'assicurato di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie,  con
correlativo  potere   di   regresso,   al   contrario   escluso   per
l'assicuratore. 
    Contrariamente  a  quanto  assume  il   giudice   a   quo,   tali
peculiarita' non  sarebbero  riscontrabili  nella  generalita'  delle
ipotesi di responsabilita'  civile  ex  lege  per  fatto  altrui.  In
particolare, dalla disciplina dell'assicurazione obbligatoria per  la
responsabilita'   civile   professionale   non   sarebbe   desumibile
l'esistenza di un  rapporto  interno  di  "garanzia"  tra  l'imputato
danneggiante  e  l'istituto  assicuratore   assimilabile   a   quello
valorizzato dalla sentenza n. 112  del  1998,  tale  da  giustificare
l'accoglimento delle questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario
di Bolzano dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 83  del
codice di procedura penale,  «nella  parte  in  cui  non  prevede  la
facolta' dell'imputato di citare in giudizio il proprio assicuratore,
quando questo sia responsabile civile ex lege per danni derivanti  da
attivita' professionale». 
    Il giudice a quo - investito di un processo penale che vede tra i
coimputati un notaio, assicurato  per  obbligo  di  legge  contro  la
responsabilita' civile per i  danni  derivanti  dall'esercizio  della
propria attivita' professionale - ritiene che debbano estendersi alla
fattispecie   considerata   i   principi   affermati   dalla    Corte
costituzionale con la sentenza  n.  112  del  1998,  con  particolare
riguardo all'assicurazione obbligatoria per la responsabilita' civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Alla
luce della citata pronuncia, la  mancata  previsione  della  facolta'
dell'imputato di chiamare in giudizio il responsabile  civile,  nelle
ipotesi in cui la fonte dell'obbligazione di quest'ultimo non sia  un
atto negoziale,  ma  la  legge,  cosi'  da  integrare  la  previsione
dell'art.  185,  secondo  comma,  del  codice  penale   -   evenienza
riscontrabile, in assunto, nel caso  dell'assicurazione  obbligatoria
contro la responsabilita' civile per i danni  causati  nell'esercizio
di una professione - violerebbe gli artt. 3 e 24 della  Costituzione,
per contrasto con i principi di eguaglianza e del diritto di  difesa,
«in relazione alle diverse facolta' offerte al danneggiante convenuto
in un processo civile». 
    2.- Le questioni non sono fondate. 
    Il  giudice   a   quo   pone   a   fondamento   del   dubbio   di
costituzionalita' una supposta vis espansiva  della  ratio  decidendi
della sentenza n.  112  del  1998,  con  la  quale  questa  Corte  ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art.  3
Cost., l'art. 83 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che,
nel caso di  responsabilita'  civile  derivante  dalla  assicurazione
obbligatoria  prevista  dalla  legge  24  dicembre   1969,   n.   990
(Assicurazione obbligatoria della  responsabilita'  civile  derivante
dalla  circolazione  dei   veicoli   a   motore   e   dei   natanti),
l'assicuratore possa essere citato nel processo  penale  a  richiesta
dall'imputato. 
    Nella prospettiva del  rimettente,  tale  pronuncia  -  ancorche'
riferita espressamente alla sola ipotesi ora indicata - rifletterebbe
un piu' ampio principio decisorio, a fronte del quale la facolta'  di
chiamata in giudizio dell'assicuratore dovrebbe  essere  riconosciuta
all'imputato nella generalita' dei casi di assicurazione obbligatoria
per legge: dunque, anche  in  quello  -  che  viene  in  rilievo  nel
giudizio a quo - dell'assicurazione  per  la  responsabilita'  civile
derivante dall'esercizio  dell'attivita'  notarile,  richiesta  dagli
artt. 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913, n.  89  (Sull'ordinamento
del  notariato  e   degli   archivi   notarili),   come   sostituiti,
rispettivamente, dagli artt. 1 e 2 del decreto legislativo  4  maggio
2006,  n.  182  (Norme   in   materia   di   assicurazione   per   la
responsabilita'  civile   derivante   dall'esercizio   dell'attivita'
notarile ed  istituzione  di  un  Fondo  di  garanzia  in  attuazione
dell'articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246). 
    3.- L'assunto del rimettente non puo' essere condiviso. 
    Questa Corte,  in  effetti,  ha  gia'  avuto  modo  di  precisare
l'esatta portata dei principi affermati dalla  sentenza  evocata  con
successive pronunce, concernenti quesiti di costituzionalita' intesi,
come quello odierno, ad estendere il relativo decisum  a  fattispecie
reputate omologhe (sentenza n. 75 del  2001,  ordinanza  n.  300  del
2004):  pronunce  che,  peraltro,  il  rimettente  non  ha  preso  in
considerazione. 
    Il  censurato  art.  83  cod.  proc.  pen.  stabilisce   che   il
responsabile civile - ossia il soggetto  che,  a  norma  delle  leggi
civili, e'  obbligato  a  risarcire  il  danno  provocato  dal  fatto
dell'imputato (art. 185, secondo comma, cod.  pen.)  -  possa  essere
citato  nel  processo  penale  a  richiesta  della  parte  civile  e,
nell'isolata  ipotesi  di  esercizio  dell'azione  civile  ai   sensi
dell'art. 77, comma 4, cod.  proc.  pen.,  anche  su  iniziativa  del
pubblico ministero. 
    Al riguardo, questa Corte ha preliminarmente sottolineato,  nelle
pronunce dianzi richiamate, il «particolare rigore» con  il  quale  -
nel sistema delineato dal codice di rito del 1988  -  «devono  essere
misurate le disposizioni che regolano l'ingresso, in sede penale,  di
parti diverse da quelle necessarie»: e cio' a fronte dell'«accentuata
tendenza», caratteristica del nuovo impianto,  «a  circoscrivere  nei
limiti dell'essenzialita'  tutte  le  forme  di  cumulo  processuale,
stante la maturata consapevolezza che l'incremento delle regiudicande
- specie se, come quelle civili, estranee alle finalita' tipiche  del
processo penale - non possa che aggravarne l'iter»,  con  conseguente
«perdita di snellezza e  celerita'  nelle  cadenze  e  nei  tempi  di
definizione» (sentenza n. 75 del 2001): valori,  questi,  attualmente
oggetto di espressa garanzia costituzionale ad opera  dell'art.  111,
secondo comma, Cost. (ordinanza n. 300 del 2004). 
    In tale prospettiva, le enunciazioni di principio racchiuse nella
sentenza n. 112 del  1998  si  presentano  intimamente  saldate  alle
«specifiche  caratteristiche  che  rendono  del  tutto  peculiare  la
posizione dell'assicuratore chiamato a  rispondere,  ai  sensi  della
legge n. 990 del 1969, dei danni  derivanti  dalla  circolazione  dei
veicoli e dei natanti», implicando «una correlazione tra le posizioni
coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile  il
[...] regime ad esse  riservato,  tanto  in  sede  civile  che  nella
ipotesi di esercizio  della  domanda  risarcitoria  in  sede  penale»
(sentenza n. 75 del 2001). 
    Nella  decisione  del  1998  questa  Corte  pose,   in   effetti,
specificamente in risalto due aspetti. Per un verso, rilevo' come gli
artt. 18 e 23 della legge n. 990 del 1969 (disposizioni ora  trasfuse
nell'art. 144 del decreto  legislativo  7  settembre  2005,  n.  209,
recante  il  «Codice  delle  assicurazioni  private»)  -  prevedendo,
rispettivamente,  l'azione  diretta  del  danneggiato  nei  confronti
dell'assicuratore e il litisconsorzio necessario fra responsabile del
danno e assicuratore nel  giudizio  promosso  contro  quest'ultimo  -
consentissero di collocare la particolare ipotesi di  responsabilita'
civile in discorso fra i casi ai quali si riferisce il secondo  comma
dell'art. 185 cod. pen., tradizionalmente raccordato alla  assunzione
di una posizione di garanzia per il fatto altrui.  Per  altro  verso,
osservo' che la possibilita' di chiamare in  causa  l'assicuratore  -
offerta al danneggiante convenuto  in  sede  civile  dall'art.  1917,
ultimo comma, del  codice  civile  e  dall'art.  106  del  codice  di
procedura civile - risultava connessa «al diritto dell'assicurato  di
vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie, con correlativo  potere
di regresso, al contrario escluso per l'assicuratore» (sentenza n. 75
del 2001). 
    A tale «funzione plurima» del rapporto di garanzia  -  in  quanto
destinato  a  salvaguardare  direttamente  sia  la  vittima,  sia  il
danneggiante -  questa  Corte  ha  ritenuto  dovesse  necessariamente
corrispondere  l'allineamento,  anche  in  sede  penale,  dei  poteri
processuali di «chiamata» riconosciuti in sede civile,  onde  evitare
che l'effettivita' della predetta funzione venga  pregiudicata  dalla
scelta del danneggiato di far  valere  la  sua  pretesa  risarcitoria
mediante costituzione di parte civile nel processo  penale,  anziche'
nella sede naturale. 
    4.- In accordo con quanto ora posto in evidenza, questa Corte ha,
quindi, escluso che la ratio decidendi della sentenza n. 112 del 1998
fosse estensibile  -  contrariamente  a  quanto  mostra  di  ritenere
l'odierno  rimettente   -   alla   generalita'   delle   ipotesi   di
responsabilita' civile ex lege per fatto altrui: ipotesi nelle  quali
le peculiarita' dianzi indicate non risultano affatto riscontrabili. 
    In   particolare,   si   e'   escluso    che    alla    posizione
dell'assicuratore ai sensi della legge n. 990 del 1969 potesse essere
assimilata quella dell'esercente l'aeromobile, tenuto a  risarcire  i
danni provocati da un sinistro in base all'art. 878 del regio decreto
30 marzo 1942, n.  327  (Codice  della  navigazione).  In  tal  caso,
infatti,  all'azione  diretta  del  danneggiato  non  corrisponde  un
rapporto interno di «garanzia» tra imputato  e  responsabile  civile,
nei termini delineati dal richiamato art. 1917 cod.  civ.,  ne'  puo'
intravedersi il correlativo e automatico  diritto  di  regresso,  che
caratterizza la posizione del danneggiante «garantito»  (sentenza  n.
75 del 2001; con riferimento, altresi', alla  responsabilita'  civile
derivante dalla normativa in tema di infortuni sul lavoro e  in  tema
di previdenza sociale, nonche' alla  responsabilita'  dello  Stato  e
degli enti pubblici per i fatti dei dipendenti, prevista dall'art. 28
Cost., ordinanza n. 300 del 2004). 
    Per  quanto  qui  piu'  da  vicino  interessa,  questa  Corte  ha
parimente negato l'esigenza costituzionale di attribuire all'imputato
la facolta' di chiamare in giudizio  il  proprio  assicuratore  della
responsabilita' civile, nel caso di  assicurazione  facoltativa.  Con
l'ordinario contratto di assicurazione, infatti,  l'assicuratore  non
assume alcun obbligo di risarcimento  nei  confronti  dei  terzi,  ma
soltanto un obbligo di tenere  indenne  l'assicurato  che  ne  faccia
richiesta ai sensi dell'art. 1917, secondo comma, cod.  civ.  Mancano
pertanto,    nel    processo    penale,    sia     il     presupposto
oggettivo-sostanziale (obbligo del  risarcimento  ex  lege),  sia  il
presupposto   soggettivo-processuale   (destinatario   del    diritto
all'indennizzo) per l'esercizio diretto dell'azione civile  da  parte
del  danneggiato:  donde  l'evidente   diversita'   della   posizione
dell'assicuratore rispetto a quella che caratterizza  la  figura  del
responsabile civile, a norma dell'art. 185, secondo comma, cod.  pen.
Di conseguenza, una pronuncia additiva nei sensi poco sopra  indicati
non solo avrebbe riguardato una «ipotesi  eccentrica»  rispetto  alla
fattispecie esaminata nella sentenza n. 112 del 1998, ma  si  sarebbe
addirittura risolta «in una prospettiva  profondamente  innovativa  e
riservata alla scelta  discrezionale  del  legislatore»,  mirando  la
relativa «richiesta a consentire l'inserimento eventuale di una nuova
figura processuale nel  procedimento  penale»  (sentenza  n.  75  del
2001). 
    5.- Tale ultimo rilievo e' riferibile,  mutatis  mutandis,  anche
all'assicurazione per la responsabilita' civile del  notaio  connessa
all'esercizio dell'attivita' professionale. 
    In tal caso, si tratta, bensi', di assicurazione obbligatoria  ai
sensi  delle  disposizioni  in  precedenza  richiamate:   dunque   di
assicurazione che, se per  un  verso  garantisce,  come  ogni  altra,
l'assicurato, per altro  verso  e'  destinata  -  negli  intenti  del
legislatore - a tutelare  anche  l'interesse  del  terzo  danneggiato
dall'attivita' notarile alla certezza  del  ristoro  del  pregiudizio
patito, in cio' proprio risiedendo la precipua ragione del regime  di
obbligatorieta'. In questo caso, nondimeno, il legislatore non si  e'
spinto sino a prevedere la  possibilita'  di  un'azione  diretta  del
danneggiato nei confronti dell'assicuratore,  analoga  a  quella  che
contraddistingue la responsabilita' civile automobilistica:  elemento
che resta, dunque, dirimente al fine, per un verso, di escludere  che
la posizione dell'assicuratore possa essere inquadrata nel  paradigma
del responsabile civile  ex  lege,  quale  delineato  dall'art.  185,
secondo  comma,  cod.  pen.,  e,  per  altro  verso,  di   attribuire
correlativamente anche alla  pronuncia  additiva  oggi  richiesta  la
valenza di innovazione sistematica, riservata  alla  discrezionalita'
del legislatore. 
    Restano, con cio', superati i dubbi di costituzionalita' espressi
dal rimettente in rapporto ad entrambi i parametri evocati. 
    Le questioni vanno dichiarate, pertanto, non fondate.