ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
140, della legge 11 dicembre 2016, n.  232  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il
triennio 2017-2019),  promosso  dalla  Regione  Veneto,  con  ricorso
notificato il 16 febbraio  2017,  depositato  in  cancelleria  il  23
febbraio 2017 e iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2017. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 2018 il Giudice  relatore
Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Luca Antonini e Andrea Manzi  per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16 febbraio 2017, depositato il  23
febbraio 2017 e iscritto al n. 19 del registro ricorsi del  2017,  la
Regione Veneto ha  impugnato  diverse  disposizioni  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
fra le quali l'art. 1, comma 140. 
    Tale  disposizione  stabilisce  quanto  segue:  «Nello  stato  di
previsione del Ministero dell'economia e delle finanze  e'  istituito
un apposito fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di
euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per  l'anno  2018,  di
3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro  per
ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento
degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al
fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure
di infrazione da parte dell'Unione  europea,  nei  settori  di  spesa
relativi  a:  a)  trasporti,   viabilita',   mobilita'   sostenibile,
sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilita' delle  stazioni
ferroviarie; b) infrastrutture, anche relative  alla  rete  idrica  e
alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; c) ricerca;  d)
difesa del suolo, dissesto idrogeologico,  risanamento  ambientale  e
bonifiche; e)  edilizia  pubblica,  compresa  quella  scolastica;  f)
attivita'  industriali   ad   alta   tecnologia   e   sostegno   alle
esportazioni; g) informatizzazione dell'amministrazione  giudiziaria;
h)  prevenzione  del  rischio  sismico;  i)   investimenti   per   la
riqualificazione urbana e per  la  sicurezza  delle  periferie  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni  capoluogo  di  provincia;   l)
eliminazione delle barriere architettoniche. L'utilizzo del fondo  di
cui al  primo  periodo  e'  disposto  con  uno  o  piu'  decreti  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  di   concerto   con   i   Ministri
interessati,   in   relazione   ai   programmi    presentati    dalle
amministrazioni centrali dello Stato. Gli  schemi  dei  decreti  sono
trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti  per  materia,  le
quali esprimono il proprio parere  entro  trenta  giorni  dalla  data
dell'assegnazione; decorso tale termine,  i  decreti  possono  essere
adottati anche in  mancanza  del  predetto  parere.  Con  i  medesimi
decreti sono individuati gli interventi da finanziare  e  i  relativi
importi, indicando, ove necessario,  le  modalita'  di  utilizzo  dei
contributi, sulla base di criteri di economicita' e  di  contenimento
della spesa [...]». 
    Secondo la Regione, «il Fondo e' destinato a finanziare programmi
presentati  dalle  amministrazioni  centrali  dello  Stato,  ma   che
intervengono  anche  in  settori  che   investono   direttamente   le
competenze concorrenti delle Regioni,  senza  pero'  prevedere  alcun
coinvolgimento  delle  Regioni  interessate».  In  particolare,   gli
interventi finanziabili interferirebbero, «salvo quello inerente alla
informatizzazione  dell'amministrazione   giudiziaria,   su   materie
sicuramente di competenza concorrente come la "ricerca scientifica  e
tecnologica", "grandi reti di trasporto e di  navigazione",  "governo
del territorio", "protezione civile", "edilizia scolastica"». Per  la
Regione sarebbe dunque «evidente  [...]  che  l'intervento  normativo
statale  struttura,  abilitando   le   amministrazioni   centrali   a
presentare i relativi progetti, un'avocazione in sussidiarieta' della
funzione amministrativa e delle modalita' di finanziamento relative a
materie rimesse alla competenza concorrente delle Regioni». 
    La  Regione  ritiene  che  la   norma   impugnata   «disattend[a]
completamente  i  presupposti  che  soli,  secondo   la   consolidata
giurisprudenza [...] costituzionale, rendono  legittima  la  suddetta
chiamata in sussidiarieta'» (si  cita  la  sent.  n.  92  del  2011):
infatti, «dal momento che in relazione ai decreti del Presidente  del
Consiglio dei ministri con cui sono  individuati  gli  interventi  da
finanziare, i relativi importi e,  se  necessario,  le  modalita'  di
utilizzo dei contributi, non e' previsto alcun  coinvolgimento  delle
Regioni», si determinerebbe «la violazione degli  articoli  117,  III
comma, 118 e 119 Cost. nonche' del principio di leale  collaborazione
di cui agli articoli 5 e 120 Cost.». 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con memoria depositata il 28 marzo 2017. In essa, pero',  la
difesa erariale non  argomenta  in  relazione  al  terzo  motivo  del
ricorso in questione. 
    3.- La Regione Veneto ha depositato una memoria integrativa il 12
febbraio 2018. 
    In primo luogo, la ricorrente da' conto delle  novita'  normative
intervenute: il decreto-legge 24 aprile  2017,  n.  50  (Disposizioni
urgenti in  materia  finanziaria,  iniziative  a  favore  degli  enti
territoriali, ulteriori interventi per  le  zone  colpite  da  eventi
sismici e misure per lo sviluppo), che ha introdotto i commi  140-bis
e 140-ter dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, e l'art. 1,  commi
1072 e 1079, della legge  27  dicembre  2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2018-2020).  Tali  disposizioni  dettano
norme collegate a quella  impugnata  ma,  secondo  la  Regione,  «non
incidono in alcun modo sulla lesione dell'autonomia regionale dedotta
nel ricorso». 
    La ricorrente  argomenta  poi  la  riconducibilita'  della  norma
impugnata a diverse materie di  competenza  regionale,  prendendo  in
considerazione i  singoli  settori  di  spesa  da  essa  elencati,  e
ribadisce che l'art. 1, comma  140,  della  legge  n.  232  del  2016
realizza «un'avocazione in sussidiarieta' di  attribuzioni  spettanti
alle Regioni».  La  fattispecie  in  questione  ricalcherebbe  quella
oggetto della sentenza n. 303 del 2003 e la norma sarebbe illegittima
in  quanto  non  prevede   «idonee   procedure   di   concertazione»,
sussistendo l'esigenza «di compensare la  sottrazione  "a  monte"  di
ambiti di competenza regionale da parte dello Stato con la previsione
"a  valle"  di  adeguate   forme   di   raccordo   con   le   Regioni
nell'attuazione delle scelte operate dal legislatore statale». 
    La mancata previsione di un'intesa  con  le  regioni  violerebbe,
oltre agli artt. 117, terzo comma, e  118  della  Costituzione  e  al
principio di leale collaborazione (che  la  ricorrente  ricava  dagli
artt. 5  e  120  Cost.),  l'art.  119  Cost.,  «dal  momento  che  le
disposizioni impugnate strutturano, nella misura in cui  attengono  a
ambiti materiali rimessi alla  competenza  delle  Regioni,  forme  di
finanziamento   non   riconducibili   ad   alcuna   delle   modalita'
costituzionalmente  consentite  dal  suddetto  art.  119  Cost.»  (al
riguardo la Regione richiama le sentenze n. 211 del 2016 e n. 49  del
2004). 
    La ricorrente conclude osservando che la  mancata  previsione  di
un'intesa  con  le  regioni  potrebbe  ingenerare   «la   prassi   di
assegnazioni  di  risorse,  i)  non  solo  sganciate  dalla  puntuale
rilevazione delle esigenze dei territori  in  cui  le  infrastrutture
vengono realizzate [...] ii) ma anche  in  difetto  della  necessaria
trasparenza che deve accompagnare le scelte statali  di  investimento
in tali ambiti: una determinata  realta'  territoriale  puo'  infatti
risultare  favorita  e  un'altra  penalizzata   in   forza   di   una
discrezionalita' politica destinata a rimanere oscura  per  l'insieme
delle Regioni». 
    4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  depositato  una
memoria difensiva il 13 febbraio 2018. In essa evidenzia che uno  dei
settori di spesa interessati dalla norma  impugnata  e'  la  ricerca.
L'Avvocatura richiama la sentenza n. 423 del 2004, che ha  dichiarato
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 4,  comma  159,
della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2004)», la quale prevede «l'erogazione di  contributi  in
conto  capitale  "per  il  sostegno   e   l'ulteriore   potenziamento
dell'attivita' di ricerca scientifica e  tecnologica",  rinviando  la
determinazione delle misure dei  contributi,  della  tipologia  degli
interventi ammessi e dei destinatari ad un decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri». In tale sentenza la Corte costituzionale  ha
osservato che «[l]a ricerca scientifica deve essere  considerata  non
solo una "materia", ma anche un "valore" costituzionalmente  protetto
(artt. 9 e 33  della  Costituzione),  in  quanto  tale  in  grado  di
rilevare  a  prescindere  da  ambiti  di   competenze   rigorosamente
delimitati», e che «un intervento "autonomo" statale  e'  ammissibile
in relazione alla disciplina  delle  "istituzioni  di  alta  cultura,
universita' ed  accademie"»;  l'art.  33,  sesto  comma,  Cost.  «ha,
infatti,  previsto  una  "riserva  di  legge"   statale   [...]   che
ricomprende in se'  anche  quei  profili  relativi  all'attivita'  di
ricerca  scientifica  che  si  svolge,  in  particolare,  presso   le
strutture universitarie». 
    La Corte ha aggiunto che «[a]l di fuori di questo ambito lo Stato
conserva, inoltre, una propria competenza in relazione  ad  attivita'
di ricerca scientifica strumentale e intimamente connessa a  funzioni
statali, allo scopo di  assicurarne  un  migliore  espletamento,  sia
organizzando direttamente le attivita'  di  ricerca  sia  promuovendo
studi finalizzati (cfr. sentenza n. 569 del 2000)». 
    Secondo l'Avvocatura, dunque, l'art. 1, comma 140, della legge n.
232 del 2016, nella parte in  cui  attribuisce  «a  livello  centrale
poteri amministrativi relativi alla gestione del Fondo in questione»,
non violerebbe le  competenze  regionali,  in  quanto  esso  dovrebbe
essere interpretato come  finalizzato  «a  finanziare  esclusivamente
quei progetti di ricerca in relazione ai quali e' configurabile,  nei
limiti indicati, un autonomo titolo di legittimazione del legislatore
statale». 
    Per  la  difesa  erariale,  inoltre,   le   doglianze   regionali
potrebbero considerarsi superate alla  luce  dell'intesa  sancita  in
sede di Conferenza Stato-regioni il 23 febbraio 2017,  in  base  alla
quale una quota del fondo  previsto  dalla  norma  impugnata  sarebbe
destinata  alle  regioni   ordinarie   «per   la   realizzazione   di
investimenti  nuovi  e  aggiuntivi   negli   ambiti   di   rispettiva
competenza»: cio'  garantirebbe  «un  completo  coinvolgimento  delle
Regioni nella  realizzazione  degli  investimenti  e  nello  sviluppo
infrastrutturale del Paese». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Veneto censura, tra gli  altri,  l'art.  1,  comma
140, della legge 11 dicembre 2016, n.  232  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il
triennio 2017-2019), con riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118
e  119  della   Costituzione,   nonche'   al   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    La disposizione impugnata stabilisce quanto segue:  «Nello  stato
di  previsione  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze   e'
istituito un apposito fondo da ripartire, con una dotazione di  1.900
milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per  l'anno
2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni  di
euro per ciascuno degli anni dal 2020  al  2032,  per  assicurare  il
finanziamento degli investimenti e lo sviluppo  infrastrutturale  del
Paese, anche al fine di  pervenire  alla  soluzione  delle  questioni
oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea,  nei
settori di spesa relativi  a:  a)  trasporti,  viabilita',  mobilita'
sostenibile, sicurezza stradale,  riqualificazione  e  accessibilita'
delle stazioni ferroviarie; b) infrastrutture,  anche  relative  alla
rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura  e  depurazione;
c) ricerca; d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico,  risanamento
ambientale  e  bonifiche;  e)  edilizia  pubblica,  compresa   quella
scolastica; f) attivita' industriali ad alta  tecnologia  e  sostegno
alle   esportazioni;   g)   informatizzazione    dell'amministrazione
giudiziaria; h) prevenzione del rischio sismico; i) investimenti  per
la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle  periferie  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni  capoluogo  di  provincia;   l)
eliminazione delle barriere architettoniche. L'utilizzo del fondo  di
cui al  primo  periodo  e'  disposto  con  uno  o  piu'  decreti  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  di   concerto   con   i   Ministri
interessati,   in   relazione   ai   programmi    presentati    dalle
amministrazioni centrali dello Stato. Gli  schemi  dei  decreti  sono
trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti  per  materia,  le
quali esprimono il proprio parere  entro  trenta  giorni  dalla  data
dell'assegnazione; decorso tale termine,  i  decreti  possono  essere
adottati anche in  mancanza  del  predetto  parere.  Con  i  medesimi
decreti sono individuati gli interventi da finanziare  e  i  relativi
importi, indicando, ove necessario,  le  modalita'  di  utilizzo  dei
contributi, sulla base di criteri di economicita' e  di  contenimento
della spesa [...]». 
    Secondo la Regione, gli interventi finanziabili interferirebbero,
«salvo quello inerente  alla  informatizzazione  dell'amministrazione
giudiziaria, su materie sicuramente di competenza concorrente come la
"ricerca scientifica e tecnologica", "grandi reti di trasporto  e  di
navigazione",  "governo   del   territorio",   "protezione   civile",
"edilizia  scolastica"».   Il   comma   140   contemplerebbe   dunque
«un'avocazione in  sussidiarieta'  della  funzione  amministrativa  e
delle modalita' di finanziamento  relative  a  materie  rimesse  alla
competenza concorrente  delle  Regioni»,  disattendendo  tuttavia  «i
presupposti che soli, secondo  la  consolidata  giurisprudenza  [...]
costituzionale,   rendono   legittima   la   suddetta   chiamata   in
sussidiarieta'»,  dal  momento  che  «in  relazione  ai  decreti  del
Presidente del Consiglio dei ministri con cui  sono  individuati  gli
interventi da finanziare, i relativi importi  e,  se  necessario,  le
modalita'  di  utilizzo  dei  contributi,  non  e'   previsto   alcun
coinvolgimento delle Regioni». 
    2.- Va riservata a separate pronunce la decisione delle questioni
vertenti sulle altre disposizioni contenute nella legge  n.  232  del
2016, impugnate dalla Regione Veneto con il medesimo ricorso. 
    3.- La questione e' fondata. 
    La  disposizione  impugnata  prevede  un  fondo   plurisettoriale
destinato a essere ripartito tra i ministeri in base ai programmi  da
essi presentati. Il fondo istituito e'  unico,  ma  e'  destinato  in
realta' a finanziare distintamente plurimi settori di spesa, tanto e'
vero che lo stesso comma 140 ipotizza l'adozione di piu'  decreti  ai
fini della sua attuazione. Si tratta dunque di  un  caso  diverso  da
quello in cui una  norma  prevede  uno  specifico  finanziamento  che
coinvolge  contemporaneamente  interessi  diversi,  facenti  capo   a
materie statali e regionali (sentenze n. 168 e n. 50  del  2008).  Si
deve quindi ritenere corretta l'impostazione del  ricorso  regionale,
che  isola  all'interno  della  disposizione  i  settori   di   spesa
corrispondenti a materie di competenza regionale e afferma l'avvenuta
"chiamata in sussidiarieta'"  della  funzione  di  presentazione  dei
programmi  e  di  gestione  del   fondo,   contestando   il   mancato
coinvolgimento regionale con riferimento ai  decreti  del  Presidente
del Consiglio dei ministri con cui sono individuati gli interventi da
finanziare, i relativi importi e,  se  necessario,  le  modalita'  di
utilizzo dei contributi. 
    E' corretta anche l'affermazione della  competenza  regionale  in
vari settori di spesa menzionati nel comma 140.  In  effetti,  quanto
meno i settori  indicati  nelle  lettere  a),  c),  e),  f),  h),  i)
rientrano nella  competenza  regionale  concorrente  (in  materia  di
governo del territorio, protezione civile, grandi reti di  trasporto,
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno  all'innovazione  per  i
settori produttivi) o residuale (trasporti pubblici locali). 
    Questa Corte giustifica la previsione con legge statale di  fondi
settoriali in materie regionali in applicazione del meccanismo  della
"chiamata in sussidiarieta'",  richiedendo  tuttavia  che  la  stessa
legge  preveda   contestualmente   il   coinvolgimento   degli   enti
territoriali nell'adozione dell'atto che regola l'utilizzo del  fondo
(sentenze n. 71 del 2018, n. 79 del 2011, n. 168 del 2008, n. 222 del
2005  e  n.  255  del  2004).  Secondo  la  costante   giurisprudenza
costituzionale, infatti, lo Stato puo' attribuire al livello centrale
una funzione amministrativa e allo stesso tempo regolarne l'esercizio
con propria legge, anche in materie regionali, a condizione  che  sia
assicurato il coinvolgimento  del  livello  di  governo  territoriale
interessato (singola regione,  Conferenza  Stato-regioni,  Conferenza
Stato-citta' o Conferenza unificata) tramite  un'intesa  (ex  multis,
sentenze n. 170 e n. 114 del 2017, n. 142, n. 110 e n. 7 del 2016, n.
262 del 2015, n. 278 del 2010, n. 6 del 2004 e n. 303 del  2003).  E'
cosi' garantito il rispetto  del  «principio  di  leale  cooperazione
quale sistema di composizione dialettica tra esigenze  di  interventi
unitari ed esigenze di garanzia per l'autonomia e la  responsabilita'
politica  delle  Regioni  in   una   prospettiva   di   funzionalita'
istituzionale» (sentenza n. 61 del 2018). 
    Alla luce di questa giurisprudenza, l'impugnato  comma  140,  che
disciplina finanziamenti  gestiti  unilateralmente  dallo  Stato,  e'
illegittimo nella parte in cui non richiede un'intesa  con  gli  enti
territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei
ministri riguardanti settori di spesa  rientranti  nelle  materie  di
competenza regionale, per violazione degli artt. 117, terzo e  quarto
comma, 118 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione. 
    Il carattere plurisettoriale del fondo  e  l'eterogeneita'  degli
investimenti da finanziare non consentono a questa Corte di precisare
qui  se  l'intesa  debba  essere  conclusa  con  la  singola  regione
interessata o  con  una  delle  conferenze  menzionate.  L'intervento
additivo cosi' disposto deve quindi essere limitato  alla  previsione
dell'intesa, mentre  l'individuazione  in  concreto  del  livello  di
governo territoriale interessato  -  e  conseguentemente  della  sede
dell'intesa - dovra' essere compiuta in relazione  al  contenuto  del
decreto o dei decreti attuativi della norma impugnata. 
    Lo stesso carattere plurisettoriale  del  fondo  e  il  contenuto
sostanzialmente  indeterminato  del  comma   140   rendono   altresi'
difficile valutare l'impatto che la pronuncia  di  accoglimento  puo'
avere sui diritti costituzionali delle persone,  come  e'  confermato
dal decreto attuativo della disposizione in  questione  (decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  21  luglio  2017,  recante
«Riparto del fondo per  il  finanziamento  degli  investimenti  e  lo
sviluppo infrastrutturale del Paese, di  cui  all'articolo  1,  comma
140, della legge  11  dicembre  2016,  n.  232»),  che  si  limita  a
ripartire le risorse per settori e per ministeri,  senza  individuare
gli specifici interventi  da  finanziare.  Nel  censurare  previsioni
istitutive di fondi statali settoriali, questa Corte ha fatto  talora
salvi i procedimenti di spesa in corso, per evitare il pregiudizio di
diritti costituzionali (sentenze n. 50 del 2008, n. 423 del 2004 e n.
370 del 2003), oppure ha precisato che «la caducazione di tale  norma
[...] non comporta diretto e  immediato  pregiudizio  per  i  diritti
delle persone» (sentenza n. 16 del 2004; nello stesso senso, sentenza
n. 49 del 2004). Poiche' anche il comma  140  interviene  in  diversi
settori e su diversi tipi  di  investimenti  che  possono  variamente
incidere su  diritti  costituzionali  delle  persone  (si  pensi  per
esempio agli interventi antisismici nelle scuole  o  all'eliminazione
delle barriere architettoniche), si precisa che la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale, nei termini indicati, della previsione
in esso contenuta non produce  effetti  sui  procedimenti  in  corso,
qualora questi riguardino detti diritti.